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1.1: Premessa: la classificazione dei funzionari – 1.2: le origini: il modello cd “a responsabilità ministeriale” – 1.3: Il modello a distinzione tra politica ed amministrazione; 1.3.1: I titolari di organi politici; 1.3.2: I funzionari professionali;

1.3.3: I soggetti con incarico fiduciario

1.1 – Premessa: classificazione dei funzionari

Per comprendere al meglio l’importanza delle novità introdotte dalla legge Severino, risulta necessaria una rassegna della disciplina previgente, osservando le problematiche e le carenze di cui soffriva l’impianto. La disciplina previgente era caratterizzata dal trattare in maniera differente i funzionari in base alla loro provenienza e alle loro caratteristiche; perciò sembra rivelarsi assai utile, prescindendo da qualsiasi percorso evolutivo della materia, una breve disamina su cosa possa rientrare nella categoria di “funzionario pubblico”, per capire le peculiarità che hanno portato ad una differenziazione della disciplina.

Rientra nella categoria di funzionario pubblico chiunque svolga attività di esercizio di funzioni pubbliche1; sicuramente il dualismo più lampante e immediato è quello tra politica e amministrazione: è possibile quindi ricomprendere nella categoria i titolari di organi politici (membri del Governo, ad esempio), i quali svolgono la funzione di indirizzo, ed i loro opposti, i funzionari professionali (i proverbiali burocrati), a cui sono affidate le funzioni di gestione. In mezzo a questi due poli, esiste poi la figura del funzionario onorario, ossia un soggetto con incarico fiduciario che può svolgere compiti attinenti ad ambedue i fronti (componenti di uffici di diretta collaborazione, soggetti con incarichi fiduciari amministrativi di vertice…). I funzionari professionali, poi, si distinguono in dipendenti, che

1La definizione non è affatto banale: essa è diretta derivazione del principio di imparzialità da cui

scaturisce la distinzione tra politica e amministrazione . Infatti, comunemente, si usa rivolgersi col termine di “funzionario” alla sola categoria dei funzionari professionali, in contrapposizione alla figura del politico (come si può vedere, a titolo esemplificativo, alla pagina “funzionario” su

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coadiuvano nell’attività di gestione, e dirigenti, effettivi titolari di funzioni amministrative gestorie. Quest’ultimi poi possono essere interni, cioè avente rapporto d’impiego con l’amministrazione, o esterni, ossia soggetti estranei, a cui viene conferito l’incarico professionale, non sottostanti al normale rapporto di pubblico impiego.

Dunque la categoria del funzionario pubblico racchiude un vulnus di variegate situazioni, legate alle modalità di accesso (elezione, concorso, nomina), ai compiti (indirizzo, gestione, coadiuvante), alla natura (professionale, fiduciario) e alla durata (temporaneo, indeterminato) del rapporto. Il tratto comune da garantire per tutte queste figure rimane l’esclusione di conflitti di interessi2

che possano minare il corretto esercizio della funzione. Nei prossimi paragrafi vedremo l’evoluzione (o, meglio, sarebbe più corretto dir subito, la staticità) della garanzia dell’imparzialità soggettiva ( che, ricordiamo, ricomprende sia i requisiti di accesso e di mantenimento delle cariche o incarichi pubblici, sia i doveri di comportamento, cioè regole da tenersi durante lo svolgimento della funzione) di questi soggetti e le relative mancanze della regolamentazione in tema.

1.2 – Le origini: il modello a responsabilità ministeriale

Il tema della imparzialità soggettiva è strettamente correlato all’indipendenza soggettiva del funzionario; il dirigente avrà più spazio di agire là dove il legame con l’organo politico è meno stringente, quindi l’analisi non potrà prescindere nuovamente da una congrua osservazione del rapporto politica – amministrazione, già trattato in linea di massima in precedenza, in relazione al conflitto di interessi, a cui si rimanda per le parti qui tralasciate3.

Fatta questa premessa, possiamo evincere come in Italia, fino alla riforma degli anni 1992-1993, si sia adottato, pur con alcune modifiche di dubbia rilevanza e

2Gli interessi impropri devono essere esclusi tanto per il funzionario professionale, che potrebbe

distorcere la sua attività per la realizzazione di questi, tanto per il politico, che potrebbe fare pressioni sul funzionario per l’adozione di atti di suo interesse (si rimanda genericamente al Capitolo III della Sezione scorsa).

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portata4, il modello cd “a responsabilità ministeriale”, fin dai tempi preunitari5. Il sistema si basava sul concetto della totale supremazia del Ministro, che riassumeva in se sia le funzioni politiche che quelle amministrative, unico referente verso l’esterno, sia tramite responsabilità politica nei confronti del Parlamento, sia come capo dell’amministrazione. I dipendenti svolgevano in questo modello attività preparatoria ed istruttoria per una migliore decisione dell’organo politico, ma non avevano poteri di adozione di alcun atto6. Il funzionario professionale intratteneva con l’organo di vertice un rapporto di servizio (intesa come una prestazione continuativa professionale) anziché un rapporto di ufficio (inteso come esercizio della funzione)7: esso era un coadiuvante all’attività amministrativa, accostabile alla figura, nonostante la presenza di interne distinzioni tra alta e bassa burocrazia, dell’odierno dipendente pubblico, sia per ruolo che per come era disciplinata la sua imparzialità; a tal proposito, vista la sua mansione meramente sussidiaria, le regole in tal senso erano nulle: vi era la considerazione che particolari requisiti di accesso all’impiego non fossero necessari, e che l’imparzialità e l’indipendenza fossero garantite implicitamente dallo status del funzionario: l’accesso meritocratico tramite concorso, il tempo indeterminato del rapporto, in contrapposizione alla temporaneità dei titolari degli organi politici, l’esclusiva dedizione all’attività pubblica, tramite un totale regime di incompatibilità con qualsiasi altro lavoro, permettevano al funzionario professionale di essere, secondo tale considerazione, neutrale ed imparziale; la sua attività di sussidio all’organo di vertice sarebbe stata espletata correttamente a prescindere da qualsiasi compagine governativa (parafrasando un detto inglese: “il funzionario serve fedelmente e neutralmente il Governo attuale così come ha servito fedelmente il Governo precedente, e servirà

4Si pensi al D.P.R. 748 del 1972, istituente la dirigenza, malamente disatteso nella sua

configurazione del rapporto tra essa ed il Ministro.

5Precisamente, la legge Cavour (1483 del 1853) ; si veda C. Colapietro (docente coordinatore) ” Il

Rapporto tra politica e amministrazione nella più recente giurisprudenza costituzionale” Corso

presso la SSAI.

6E. Follieri: “Politica ed Amministrazione nella Costituzione” in S.Lorusso (a cura di)

“Costituzione e Ordinamento Giuridico. Convegno per il decennale della facoltà di

giurisprudenza”, 24-25 Novembre, Foggia, Giuffrè Editore, pag 64.

7F. Merloni: “Organizzazione amministrativa e garanzie dell’imparzialità. Funzioni amministrative

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fedelmente quello successivo”8

). In caso ciò non bastasse, il sistema prevedeva blandi doveri di comportamento e di astensione per prevenire lievi conflitti d’interessi, dalla cui violazione scaturiva responsabilità disciplinare quasi del tutto non effettiva9. Se possibile muovere una critica, possiamo dire che un impianto del genere pone molta fiducia sulla subalternità del dipendente, a discapito di una effettiva normazione; questo tralascio sulle regole d’imparzialità e neutralità ha portato il funzionario professionale, almeno nel nostro ordinamento, a “restare nel cono d’ombra del politico, se non per politicizzarsi esso stesso”10

.

Diversa era la posizione del titolare dell’organo politico: esso era responsabile di ogni fase del procedimento amministrativo; stabiliva i programmi e gli indirizzi a cui l’amministrazione doveva orientarsi, e ne dava diretta attuazione tramite l’adozione di atti amministrativi. Si costruisce intorno ad esso la figura del “funzionario onorario”, inteso come il soggetto che esercita la funzione amministrativa, sia tramite atti di amministrazione generale, che singoli provvedimenti puntuali, per un determinato periodo di tempo e senza un sottostante rapporto di servizio, non percipiente una retribuzione, ma soltanto una indennità per mancati introiti durante l’espletamento dell’incarico. Tale caratteristiche portavano, secondo la concezione dell’epoca, a non essere un garante implicito di indipendenza ed imparzialità: per questo la legislazione dava molto peso, a prescindere dall’effettiva qualità della normazione, ai requisiti preventivi di accesso alle cariche (ineleggibilità, incompatibilità, incandidabilità) per escludere soggetti in conflitto di interessi, e ai doveri d’astensione, per risolvere conflitti di interessi in corso di carica; scarsa invece la disciplina sui doveri di comportamento, dovuta alla convinzione che l’inesistenza di un rapporto di servizio a tempo indeterminato rendesse inutile qualsiasi forma di responsabilità disciplinare11.

8

Con altri termini F. Merloni “L’etica dei soggetti con incarico fiduciario” in F.Merloni R.Cavallo Perin (a cura di) “Al servizio della Nazione. Etica e statuto dei funzionari pubblici”; Franco Angeli editore 2009, pag 88.

9F. Merloni “Introduzione. Etica dei funzionari pubblici” in F.Merloni R.Cavallo Perin (a cura di)

“Al servizio della Nazione. Etica e statuto dei funzionari pubblici”; Franco Angeli editore 2009 pag 22.

10Supra nota 7. 11Supra. nota 7.

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Possiamo capire quindi come, nel modello a responsabilità ministeriale, così almeno come costruito nell’esperienza italiana12

, la situazione fosse alquanto squilibrata: da un lato il personale politico, che svolge incarichi temporanei, prescindendo da qualsiasi professionalità, sono in via di principio compatibili con l’esercizio di attività private e sono esclusi da responsabilità disciplinare in luogo di una responsabilità politica (il corpo elettorale o il nominante possono punire il suo cattivo operato tramite mancata rielezione o cessazione dell’incarico): ciò rende il funzionario onorario suscettibile di essere condizionato da interessi impropri che devono essere esclusi tramite normazione; dall’altro lato il funzionario professionale, scelto tramite concorso pubblico che permette la verifica dei requisiti tecnici e morali, legato da un esclusivo rapporto di impiego, subordinato al controllo del titolare dell’organo di vertice e regolamentato da doveri d’ufficio la cui violazione comporta responsabilità disciplinare, è sicuramente garante di neutralità ed indifferenza da qualsiasi orientamento politico13. Abbiamo così una specularità nella disciplina: per l’organo politico attenzione alle regole preventive ad impedimento dell’assunzione della carica, per quanto foriere di spunti problematici (quali l’affidamento dell’applicazione di ineleggibilità ed incompatibilità a giurisdizioni domestiche delle assemblee elettive che quindi si basano il più delle volte su logiche politiche), e scarsa attenzione ai doveri di comportamento; per il funzionario professionale, di converso, nulla considerazione di una disciplina per l’accesso agli incarichi, mentre prevista una generale applicazione dei doveri di comportamento e di astensione, per quanto scarsamente incisivi14.

1.3 – Il modello a distinzione tra politica e amministrazione

Benché vi furono deboli tentativi di modifica, il rapporto tra organo di vertice e dipendenti era troppo stretto affinché il sistema cambiasse davvero; la supremazia

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Per una dimensione comparatistica si rimanda a C. Colapietro (docente coordinatore) ” Il

Rapporto tra politica e amministrazione nella più recente giurisprudenza costituzionale” Corso

presso la SSAI, specificatamente alla Sezione 3, e a di F.Merloni, R.Cavallo Perin (a cura di) “Al

servizio della Nazione. Etica e Statuto dei funzionari pubblici” in relazione alla sezione 3.

13G. Sirianni “L’etica del personale politico. Parlamentari e titolari di cariche di governo” in

F.Merloni, R.Cavallo Perin (a cura di) “Al servizio della Nazione. Etica e Statuto dei funzionari

pubblici” ,Franco Angeli editore, 2009, pagg 39-40.

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del ministro impediva una riforma del sistema, era or dunque necessaria una forte volontà politica. Il cambiamento è avvenuto durante i primi anni ’90, contestualmente alla crisi politica dovuta allo scandalo di Tangentopoli e conseguente operazione Mani Pulite15. La particolare innovazione del nuovo sistema si basa sul passaggio di competenza della gestione ed adozione di atti in capo alla dirigenza amministrativa: l’organo politico rimane titolare delle funzioni di indirizzo, ma la decisione finale ora spetta al dirigente. Rinviando ad altri lidi per un commento più specifico sulla distinzione tra politica ed amministrazione16, qui risulta necessario analizzare l’impatto che questa “rivoluzione copernicana” ha apportato nell’ambito soggettivo della disciplina, in specifico nelle diverse garanzie di imparzialità che si son rese quanto mai opportune.

Sicuramente, questa risuddivisione delle competenze ha portato a rivalutare il concetto di funzionario: in esso adesso vien ricompreso ogni soggetto che esercita una qualsiasi funzione pubblica: sia di indirizzo e programmatica, sia di concreta amministrazione. Così, le categorie createsi nel precedente sistema si frantumano e vengono rielaborate: il titolare dell’organo politico perde la funzione di attuare i programmi da lui stesso emanati, ciò non toglie che debba essere garantita la sua imparzialità (ossia l’essere scevro da interessi impropri), vista la sua capacità di indirizzare ed emanare regole generali che dirigano l’operato dell’amministrazione: in altre parole, gli atti di indirizzo, seppur scegliendo assetti di interessi, devono poter essere attuati in modo imparziale17; il funzionario professionale, d’altro canto, si rimpolpa e acquisisce rilevanza esterna passando dall’essere un mero collaboratore ad un soggetto che esercita delle vere funzioni. Va da sé che la disciplina dell’imparzialità del precedente sistema risulti decisamente superata, e che sia quanto mai necessaria una nuova normazione che tenga conto delle diverse gradazioni e partecipazioni all’emanazione degli atti. Tra questi due estremi si inserisce la figura rivisitata del funzionario onorario; un collante tra l’organo

15Si veda, per una ricostruzione della vicenda G.Barbacetto, P. Gomez , M. Travaglio, “Mani pulite.

La vera storia”, Roma, Editori Riuniti, 2002; P. Davigo “Il sistema della corruzione”, editori

laterza, 2017.

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Supra nota 2.

17F. Merloni “Introduzione. Etica dei funzionari pubblici” in F.Merloni e R.Cavallo Perin (a cura di)

“Al servizio della Nazione. Etica e statuto dei funzionari pubblici”; Franco Angeli editore 2009, pag 24.

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politico e l’amministrazione, consistente in un soggetto di fiducia del politico che collabora con esso e coordina l’attività dei dirigenti professionali. Anche per lui risulta importante una disciplina sull’imparzialità soggettiva parametrata al tipo di funzione che andrà a svolgere.

1.2.1 – I titolari di organi politici

Il tema dell’imparzialità del politico è legato a doppio filo con quello dell’indipendenza del funzionario professionale: più i componenti degli organi di indirizzo saranno scevri da impropri interessi, meno possibilità vi saranno che esercitino pressioni ed influenze sul dirigente preposto alla gestione; risulta quindi conveniente svolgere una breve rassegna delle mancanze della disciplina. Si può ben dire che, anche dopo la cessazione del modello a responsabilità ministeriale, per il personale politico mancava qualsivoglia riferimento a codici etici, doveri di trasparenza e di astensione, a contrario di altre realtà internazionali18, concentrandosi l’azione riformatrice nella soppressione dell’uso distorto e sistematico delle immunità che molti di questo hanno dall’inizio della Repubblica da sempre perpetrato19. Unico sistema di garanzia di non condizionamento da interessi impropri era il tradizionale mezzo delle ineleggibilità e delle incompatibilità, il quale si dimostrava quanto mai vecchio, incompleto ed intricato: si pensi ai problemi di sovrapposizione tra ineleggibilità e incompatibilità dei parlamentari (un dpr e una legge rispettivamente del 1957 e del 1953), sfociante in una disciplina confusa che cercava di prevenire alle volte conflitti di funzioni, alle volte conflitti di interessi; allo stesso modo, mancava un profilo di ineleggibilità per le cariche di Governo, con rimessione alla prudenza ed al buon senso del capo dello Stato, e lasciando disciplinata la sola incompatibilità, tramite la legge 215 del 2004, che prevedeva sì incompatibilità con qualsiasi attività lavorativa, ma non per soggetti la cui situazione patrimoniale ed il controllo che esercitano su imprese e società possano portare interessi privati confliggenti col mandato governativo (in

18Si consulti B. G. Mattarella “Il diritto dell’onestà. Etica pubblica e pubblici funzionari” Il Mulino

Vol 429 n 1, 2007.

19G. Sirianni “L’etica del personale politico. Parlamentari e titolari di cariche di governo” in

F.Merloni e R.Cavallo Perin (a cura di) “Al servizio della Nazione. Etica e statuto dei funzionari

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pratica, non poteva essere Ministro l’amministratore di una società, ma poteva esserlo il suo azionista di maggioranza); nonostante la sua imperfezione, un tale regime di esclusività “simil legge Frattini”, mancava del tutto, comunque, per gli amministratori Regionali e locali, che avrebbero dovuto disporne tramite i propri ordinamenti. Altro spinoso problema era quello dell’incompatibilità successiva: la legge Frattini prevede il divieto, per l’anno successivo alla cessazione della carica, di assumere cariche e incarichi in enti di diritto pubblico e in enti privati, nonché svolgere attività professionali, ma solamente se svolgono attività prevalente in settori connessi con la ex carica di governo. Infine, il controllo dell’ AGCM si è rivelato un’arma spuntata, vista la sua mancanza di potere forte e della possibilità di infliggere sanzioni serie20. Come già anticipato a suo tempo, un disegno di legge (in corso di esame in commissione a data 4 Ottobre 2016) si prefigge di superare l’inefficace disciplina Frattini: esso accoglie molte delle proposte avanzate in dottrina sul tema21, e supera alcune delle problematiche appena esposte: conferisce all’antitrust ampi poteri di controllo sui soggetti, loro congiunti e relative dichiarazioni (tramite modalità non dissimili a quelle a disposizione dell’agenzia dell’entrate, potendosi avvalere tra l’altro dell’ausilio della Guardia di finanza), oltre alla possibilità di esercitare un sostanzioso potere sanzionatorio (pari al doppio e alle volte il quadruplo del vantaggio patrimoniale ottenuto, per quanto alle volte non sia così facilmente quantificabile); rende più rigorosi i profili di incompatibilità e di ineleggibilità (quest’ultima solo per i parlamentari), prevedendo il conflitto di interessi patrimoniale (ossia la rilevante partecipazione in importanti tipologie di impresa22 ), in più l’incompatibilità successiva di un anno dopo la cessazione della carica governativa si estende a qualsiasi impresa privata, pubblica o in controllo pubblico, senza farla rientrare nel settore specifico in cui il soggetto esercitava le sue funzioni, salva l’autorizzazione data dall’Autorità antitrust, quando ritiene che non sussistano conflitti di interessi ; per superare la presenza di tali conflitti, è prevista la possibilità di affidare i beni del soggetto “influenzabili” tramite la funzione pubblica ad una gestione fiduciaria. Ove essa

20G. Sirianni “I titolari di organi politici” in F.Merloni, L.Vandelli (a cura di) “La corruzione

amministrativa. Cause, prevenzione e rimedi”, ASTRID, 2010.

21 B. Valensise “Il tentativo di proporre una soluzione efficace al conflitto di interessi” in astrid-

online.it.

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non bastasse, vien previsto il drastico rimedio della scelta tra il vendere i beni o la decadenza dall’incarico; prevede l’estensione della disciplina anche alle Regioni e province autonome, se esse entro un termine di 6 mesi non disciplinano le situazioni di conflitti di interesse delle cariche politiche regionali. Le incompatibilità si applicano anche alle Autorità amministrative indipendenti; sul rispetto delle disposizioni da parte dell’Antitrust vigila l’ANAC, creando quindi un curioso meccanismo di controllo reciproco. Orbene ad uno sguardo preliminare la disciplina risulta pregevole, andando a costruire un sistema serio di prevenzione del conflitto di interessi; non mancano però alcune pecche, quali l’esclusione dei conflitti di interessi non economici (lo stesso articolo 4 del ddl definisce il conflitto di interessi disciplinato dalla legge “i casi in cui il titolare di una carica di governo

sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”), creando un sistema dove viene salvaguardata più

l’uguaglianza tra imprese concorrenti che l’effettivo sradicamento del traffico di influenze che possano minare l’indipendenza, per quel che a noi interessa, del funzionario. Altro punto a sfavore, la mancata previsione di un obbligo di reinvestimento e trasformazione dei beni in caso di gestione fiduciaria: in questo modo, anche se il soggetto in conflitto di interessi non ha più l’amministrazione diretta dei suoi beni influenzati, in ogni caso egli mantiene la conoscibilità di questi, e potrebbe impropriamente avvantaggiarsi tramite l’utilizzo distorto dei suoi poteri programmatici e di indirizzo23. Tuttavia, a parte questi difetti, la normativa sarebbe comunque un ottimo punto di partenza, sperando possa tale legge vedere la luce.

1.3.2 – I funzionari professionali

Il funzionario professionale acquisisce, con la distinzione tra politica e amministrazione, un nuovo ruolo che va salvaguardato dagli interessi politici e

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privati24. Ovviamente tale salvaguardia deve essere consona a seconda delle mansioni effettivamente svolte dal funzionario.

Partendo dal pubblico dipendente non dirigente, la presenza di una disciplina generalizzata e unica è inaccettabile: lo status del dipendente dovrebbe essere parametrato in base a quanto il dipendente incide sullo svolgimento della funzione (si pensi al responsabile del procedimento). È verso quest’ultimi che va garantito una adeguato sistema di imparzialità. Si deve sicuramente garantire l’indipendenza delle commissioni giudicatrici nei concorsi pubblici; prevedere maggiori garanzie per i dipendenti con contratto a tempo determinato, più a rischio di abusi e pressioni, tramite magari un limite chiaro di proroga; per quel che riguarda l’incompatibilità, il regime dell’esclusività del lavoro pubblico del dipendente, salvo autorizzazione a svolgere altri lavori, può essere mantenuta, necessaria però è l’estensione della disciplina anche ai dipendenti con contratto a tempo determinato, e l’istituzione di un organo indipendente dall’amministrazione che abbia come compito il concedere l’autorizzazione; da introdurre, infine una disciplina sulle incompatibilità successive, necessarie visto comunque la rilevanza delle informazioni che i dipendenti possono aver acquisito durante la propria esperienza lavorativa nell’amministrazione, a condizione che essa si sia protratta per un