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Sezione II: Il controllo del giudice.

5. La deliberazione del giudice

Terminata la verifica sulla richiesta di applicazione della pena, ai sensi del secondo comma dell'art 444 c.p.p, il giudice deve procedere o all'accoglimento o al rigetto della stessa.

Il giudice procederà al rigetto con ordinanza non autonomamente impugnabile, in presenza di una causa di non punibilità ex art 129 c.p.p o quando mancano i presupposti e le condizioni richieste dall'art 444 secondo comma c.p.p o, nel caso di richiesta della sospensione condizionale della pena, quando non ritenga di poter formulare sull'imputato la prognosi favorevole alla quale l'art 164 comma 1 c.p subordina l'applicabilità della sospensione condizionale della pena. A seguito dell'ordinanza di rigetto, il giudice resistuisce gli atti al

(166) E. DOLCINI, Razionalità nella commisurazione della pena: un obiettivo ancora attuale? Note a margine dell'art 444 c.p.p in Riv.it.dir.proc.pen, 1990, pag 797.

pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento nelle forme ordinarie. In caso di rigetto, il giudice non può però limitarsi ad una mera affermazione di diniego o inamissibilità, ma deve indicare i motivi per i quali la richiesta non è meritevole di accoglimento(167) per

consentire un successivo controllo da parte del giudice del dibattimento o del giudice dell'impugnazione ai sensi dell'art 448 c.p.p. Invece quando l'esito delle verifiche svolte ai sensi del 2 comma dell'art 444 c.p.p è positivo (ossia è corretta la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti nonchè congrua la pena), il giudice accoglie la richiesta e dispone con sentenza l'applicazione della pena, enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Pertanto il giudice procederà all'esito della camera di consiglio con la deliberazione, pronunciando la decisione mediante la lettura del dispositivo, a cui seguirà il deposito della motivazione.(168)

Infine, alla luce dell'art 448 c.p.p, è possibile recuperare ex post l'epilogo patteggiato in caso di originario insuccesso.

Si prevede che nel caso di dissenso del p.m o di rigetto della richiesta da parte del giudice (sia g.i.p che g.u.p), l'imputato avrà la possibilità di rinnovare la richiesta entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza.

Bisogna precisare che la manifestazione della richiesta in tale fase del processo deve costituire una riproposizione di altra avanzata precedentemente, poichè sarebbe inamissibile una richiesta formulata per la prima volta in limine iudicii.

Infine, l'ultima parte dell'art 448 c.p.p riconosce all'imputato la stessa

(167) Cass, pen, sez. VI, 10 Dicembre 1993, Simoncini, in Cass.pen, 1995, pag 1586. (168) G. BRIZI, Il patteggiamento, Giappichelli editore, 2008, pag 148-149.

possibilità di veder riconosciuta l'emissione di una sentenza applicativa dell'accordo, anche dopo chiusura del dibattimento a condizione che il giudice valuti ingiustificati i motivi su cui siano fondati il dissenso del pubblico ministero o il rigetto del giudice concernenti la richiesta originaria.

Dunque, la sentenza che accoglie la richiesta può essere pronunciata: o immediatamente ai sensi dell'art 444, 2 comma c.p.p quindi in anticipo al rito accusatorio in contraddittorio tra le parti o ope iudicis quando,

ex art 448, il giudice ritiene ingiustificato il dissenso del p.m o il

rigetto della richiesta, una volta concluso il giudizio di primo grado o nel giudizio di impugnazione. (169)

(169) A.M. ANCA, Applicazione della pena su richesta delle parti, in Digesto discipline penalistiche, vol. IX, Torino 1995, pag 395.

CAPITOLO III

LA NATURA DELLA SENTENZA

SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. La natura del patteggiamento disciplinato dall'art 77 legge n°689/81 – 3. L'impostazione della Corte Costituzionale - 4. L'orientamento della giurisprudenza negli anni '90 – 5. Le novelle legislative in materia di giustizia negoziata - 6. Le pronunce dopo le modifiche legislative: in particolare la virata delle Sezioni Unite - 7. Le critiche della dottrina.

1. Introduzione.

L'identificazione della natura giuridica della sentenza che irroga la pena concordata non è una semplice disquisizione dogmatica-teorica, ma è un tema centrale che tocca l'essenza stessa del rito.

La soluzione sulla natura da attribuire alla sentenza (se si tratti o meno di una sentenza di condanna) non è fine a sè stessa, ma incide su una serie di aspetti: sulla compatibilità costituzionale del rito, sulla sua efficacia applicativa, sulla dinamica interna (in particolare sulla motivazione della sentenza e sull'impugnazione del provvedimento), sugli effetti premiali e sull'impatto della sentenza di patteggiamento in altre sedi giurisdizionali.

La disputa circa l'identità della sentenza si ha a causa della ambiguità e della lacunosità dei riferimenti normativi.(170)

Nello specifico, l'art 445 comma 1-bis stabilisce che "salve diverse disposizioni di legge la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna".

Già la scelta semantica porta in sè tutte le premesse dell'ambiguità. Se

(170) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 308.

infatti il termine "equiparazione" evoca il procedimento logico di "attuazione o riconoscimento di parità o equivalenza" ed, a sua volta, il concetto di "equivalenza" individua "il rapporto tra due oggetti che abbiano lo stesso valore", si coglierà come il quesito in ordine alla natura della sentenza di patteggiamento si presti a soluzioni antitetiche. Chi intendesse privilegiare il profilo dinamico della nozione di equivalenza arriverebbe a sostenere che la sentenza di patteggiamento tende a essere di condanna, senza però identificarsi completamente in essa; la diversità si sostanzierebbe nella mancanza di accertamento dei fatti del rito alternativo. Viceversa, chi privilegiasse l'approccio statico riconoscerebbe la corrispondenza tra sentenza di condanna e sentenza patteggiata.(171)

Dunque, la questione inerente la natura giuridica della sentenza rappresenta uno snodo fondamentale in quanto risulta collegata ai problematici profili dei rapporti tra negozialità ed accertamento.(172)

Se si attribuisce un gran peso alla verifica giurisdizionale sarà difficile affermare che la sentenza ex art 444 c.p costituisca una species di provvedimento decisorio diverso da quello disciplinato dall'art 533 c.p.p, al contrario, se si ritiene che il giudice svolga solo un controllo sulla correttezza della richiesta avanzata dalle parti, senza che abbia un potere-dovere di accertare i fatti e le responsabilità, si dovrà concludere che la sentenza "patteggiata" non può dirsi accomunata ad una sentenza di condanna per ogni profilo distinto dall'applicazione della sanzione.

Da qui sorgeva l'esigenza di individuare la natura della sentenza, attraverso l'individuazione del peso da attribuire alla componente

(171) P. PITTARO, G. DI CHIARA, F. RIGO, F. PERONI, G. SPANGHER, Il patteggiamento, Giuffrè editore, 1999, pag 143.

(172) Le implicazioni sono puntualmente ricostruite da F. PERONI, La sentenza di patteggiamento, Padova, 1999.

negoziale rispetto alla funzione di accertamento dei fatti e delle responsabilità.(173)

2. La natura del patteggiamento disciplinato dall'art 77 legge