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La disputa sulla sottoponibilità a revisione della sentenza patteggiata

Sezione II: Il controllo del giudice.

4. La disputa sulla sottoponibilità a revisione della sentenza patteggiata

La revisione è un mezzo di impugnazione straordinario che può essere esperito in ogni tempo da parte dei condannati ed è configurato come tipica azione di annullamento, di cui il codice si occupa al IX libro negli art 629 ss c.p.p. Questo strumento di impugnazione rappresenta una riparazione ex lege dell'errore giudiziario.(285)

L'ammissibilità della revisione nel patteggiamento è stata per molto tempo oggetto di dibattito.

Il problema di sottoporre a revisione la sentenza patteggiata discende dal fatto che il legislatore ha ancorato questo mezzo di impugnazione alla presenza di una sentenza di condanna divenuta irrevocabile: l'applicazione del rimedio straordinario alla sentenza patteggiata può, quindi, realizzarsi solo attraverso la sua equiparazione ad una pronuncia di questo tipo.

Di conseguenza, la questione è stata da sempre affrontata con riferimento alla natura da attribuire alla sentenza patteggiata: se di condanna oppure no. Ma tale soluzione non è mai stata pacifica. Infatti, come già esaminato nel precedentemente capitolo, non sono mancati contrasti tra dottrina e giurisprudenza sulla natura da attribuire alla sentenza di patteggiamento.(286)

La dottrina però ha riconosciuto fin da subito l'operatività della

(284) S. ZIRULIA, L. MATARRESE, Il governo presenta alla camera un articolato pacchetto di riforme del codice penale, del codice di procedura penale e dell'ordinamento penitenziario, in www.penalecontemporaneo.it.

(285) In questi termini Cass, sez. V, 3 Maggio 2000, Ragusa, in C.E.D Cass, n°217449.

(286) A. DE CARO, Patteggiamento allargato e sistema penale, Giuffrè editore, 2004, pag 160.

revisione anche per la sentenza patteggiata, superando le problematiche connesse al difficile raccordo tra i due istituti con il ricorso all'art 629 c.p.p che prevede la revisionalibilità del decreto penale di condanna, istituto che al pari del patteggiamento si pone in un rapporto di incongruenza con la struttura della revisione.(287)

Nella giurisprudenza, invece, si colgono diversi orientamenti.

Un primo orientamento(288), quello dominante, ammette la possibilità di

sottoporre a revisione la sentenza patteggiata facendo leva sia sulla clausola di equiparazione ex art 445 c.p.p tra sentenza di condanna e sentenza patteggiata sia sulla ratio della revisione, che è volta ad evitare il distacco tra la verità formale e la verità reale, escludendo la realizzazione di situazioni inique.

Un altro orientamento(289)ritiene di non eslcudere completamente il

rimedio straordinario della revisione, che incontrerebbe dei limiti alla sua operatività laddove si deducano, in concreto, motivi volti a disattendere l'accordo manifestato dalle parti attraverso la richiesta di applicazione della pena. Di conseguenza, la revisione non viene esclusa a priori bensì è condizionata dal motivo concretamente addotto, cioè l'esito positivo del relativo giudizio dipenderebbe dal motivo allegato.

(287) Si noti che il controllo effettuato dal giudice nel patteggiamento non è molto diverso da quello riconosciutogli nell'ambito del procedimento per decreto penale di condanna. In questo senso: CARCANO, La sentenza di patteggiamento non è titolo per la revoca di una precedente sospensione condizionale della pena: una soluzione da rimeditare? in Cass.pen, 1997, pag 2677.

(288) Cass, sez. IV, 7 Gennaio 1998, Ranieri, in Giur.it, 1999, pag 587, con nota di GRABBI, Patteggiamento e revisione; Cass, sez. VI, 1 Settembre 1994, Castagliola, in Arch.n.proc.pen, 1994, pag 672; Cass, sez. VI, 26 Ottobre 1996, Trommacco, in Cass.pen, 1995, 2643, pag 1590.

In dottrina: BUSETTO, Davvero incompatibili "patteggiamento e revisione? In Gazz.giur, 1998, n°44, 5; NORMANDO, Il sistema dei rimedi revocatori del giudicato penale, Torino, 1996, pag 106.

(289) Cass, Sez. II, 12 Aprile 1995, Muffari, in Riv.pen, 1996, 119; F. PERONI, Modelli probatori e nozione di novum nel giudizio di revisione: un rapporto da ridefinire, in Cass.pen, 1994, pag 28; F. PERONI, La sentenza di patteggiamento, CEDAM-Padova, 1999, pag 208-213.

Questa soluzione intermedia sembra rispondere sia all'esigenze di giustizia, nella prospettiva del favor rei, sia all'esigenze di economia- processuale tipiche del rito.

Infine, si fa riferimento all'orientamento(290)che nega l'operatività della

revisione nell'ambito del patteggiamento in virtù della incompatibilità del confronto tra fatti oggetto della sentenza "patteggiata" e fatti stabiliti nella sentenza dibattimentale.(291)Allo scopo di salvaguardare la

"evidente e insopprimibile esigenza di giustizia sostanziale" si suggerisce di risolvere la questione in sede di esecuzione, facendo leva sull'applicazione analogica dell'art 669, comma 8, c.p.p, che indurebbe il giudice a ordinare l'esecuzione della sentenza di proscioglimento, revocando quella che applica la pena.(292)

Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite che, con una pronuncia del 1998,(293)accolsero la soluzione radicale, che nega la sottoponibilità a

revisione della sentenza patteggiata.

A fondamento di tale pronuncia si colloca l'orientamento giurisprudenziale che da un lato ha affermato la diversità genetica tra sentenza patteggiata e sentenza di condanna, a cui è accomunata solo per l'applicazione della pena; e dall'altro ha ritenuto il patteggiamento un rito "senza giudizio", dove l'applicazione della pena prescinde dall'accertamento pieno dei fatti e delle responsabilità. Ebbene, in forza di queste considerazioni, la Corte ha escluso la revisione per il fatto che la sentenza patteggiata non impone alcun accertamento di

(290) Cass, sez. III, 10 Luglio 1996, Petrino, in Riv.pen, 1997, 517 e in Cass.pen, 1998, 854, 1410.

(291) Nell'ambito dei contrasti di giudicato rileva l'ipotesi per cui la sentenza patteggiata si ponga, quale primo termine di riferimento, viceversa, parebbe da escludere la possibilità di considerarla come provvedimento di confronto, e quindi come secondo termine di paragone. Al riguardo, in dottrina: SPANGHER, Revisione, in Dig.disc.pen, vol XII, Torino, 1997, pag 135.

(292) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 403.

responsabilità e perciò non può rappresentare una sentenza di condanna.

Si afferma che l'inconciliabilità tra il patteggiamento e la revisione è dovuta ad alcuni limiti ontologici del rito speciale; in particolare, quello dell'implicito profilo "abdicativo" del rito stesso, cui consegue la rinuncia ad alcuni diritti processuali per ottenere i benefici connessi alla scelta del rito patteggiato.

Le Sezioni Unite, quindi, hanno fatto prevalere l'anima negoziale del rito rispetto a quella giurisdizionale.(294)

Nella sentenza poi si sottolinea come i nova non avrebbero capacità di incidere sulla sentenza patteggiata dato che il procedimento in discorso, si conclude sulla base di elementi probatori incompleti, acquisiti nella fase delle indagini, e prescinde da un controllo pieno sulla fondatezza dell'accusa.

L'incapacità di recepire i nova è determinata dalla natura della sentenza, dalla componente negoziale e, soprattutto, dall'irrevocabilità del consenso prestato dalle parti. Proprio la natura dell'accordo, volto alla definizione del merito, sarebbe causa della "esigenza di staticità" della pronuncia che ne recepisce il contenuto, la quale confliggerebbe con le "esigenze dinamiche" sottostanti la revisione.

Il giudizio e l'acquisizione di prove, conseguenti alla revisione, comportano una "evidente contraddizione nel sistema" visto che con il patteggiamento le parti vi hanno rinunciato.

Si esclude l'ammissibilità della revisione alla sentenza patteggiata in quanto quest'ultima non tollera il "dinamismo sostanzial-processuale" che si svolge al di là dell'applicazione della pena.

Dunque, la precarietà dell'accertamento conduce ad una sentenza

(294) A. DE CARO, Patteggiamento allargato e sistema penale, Giuffrè editore, 2004, pag 163.

stabile e statica, che resiste alla revisione.(295)

La dottrina(296) criticò la posizione delle Sezioni unite, ritenendola

incostituzionale nella parte in cui escludeva l'accertamento di responsabilità dalla sentenza di patteggiamento e affermò che quest'ultima esprime un accertamento di responsabilità sia pur incompleto e fondato unicamente sul materiale raccolto nella fase delle indagini preliminari.

Altra voce dottrinale(297) cercò di dimostrare punto per punto la poca

plausibilità delle argomentazioni utilizzate dalle Sezioni unite. Si disse che è vero che la legge non ha risolto il problema dell'eterogeneità delle forme dell'accertamento e della revisione dei riti speciali senza dibattimento, ma a questa lacuna di disciplina si può rimediare consentendo al pubblico ministero di chiedere prove utili all'accusa che mettano in evidenza la necessità di approffondimento istruttorio. Si fece notare(298) che ciò che è neccessario ai fini dell'ammissibilità

della revisione è il contenuto dispositivo di pregiudizio della pronuncia, poco importa se essa contenga o meno un accertamento pieno di responsabilità. La sentenza patteggiata ha un dispositivo di condanna in quanto applica una pena, quindi, il carattere negoziale della pronuncia non rende superflue le iniziative successive volte a dimostrare l'ingiustizia della pronuncia.

(295) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 407.

(296) G. LOZZI, Il patteggiamento e l'accertamento di responsabilità: un equivoco che persiste, in Riv.it.dir.e.proc.pen, 1998, pag 1396. Sottolinea come senza l'accertamento di responsabilità il patteggiamento conseguirebbe ad un accordo delle parti consentendo di fatto l'esercizio di un potere dispositivo sulla libertà personale. Poi, la presunzione di non colpevolezza implica che debba sempre provarsi la responsabilità dell'imputato e che, invece, l'innocenza vada dichiarata anche in mancanza di prove.

(297) M. D'ORAZI, La revisione del giudicato penale-Percorsi costituzionali e requisiti di ammissibilità, CEDAM-Padova, 2003, pag 504ss.

(298) G. SANTALUCIA, I limiti alla revisione per nuove prove della sentenza di patteggiamento, in Cass.pen, 2007, III, pag 2730ss.

Il fatto di aver accettato il rischio di una pronuncia "allo stato degli atti" non esclude la possibilità di attivarsi per dimostrare il mutamento della situazione, che può portare ad una decisione contraria.

Infatti, la soluzione delle Sezioni unite non è stata più seguita, tant'è che la legge n°134/2003 ha dissolto ogni dubbio, ammettendo la revisionalibilità della sentenza emessa ex art 444 c.p.p.

5. La revisione dopo la legge n°134/2003 con particolare attenzione al caso della sopravvenienza di nuove prove.

La legge n°134 del 2003 ha ammesso la revisione per le sentenze di patteggiamento, ma si è limitata a novellare il testo originario dell'art 629 c.p.p.

Il legislatore non si è preoccupato nè di individuare i limiti alla revisione nè di risolvere la questione della corrispondenza logica e sistematica tra le peculiari caratteristiche della sentenza di patteggimento, oggetto dell'istanza di revisione, e il tipo di accertamento da effettuare in sede di giudizio di revisione della sentenza stessa.

La revisione è un mezzo di impugnazione straordinario che può essere esperito in ogni tempo dai condannati avverso le sentenze di condanna e di patteggiamento per i motivi tassativamente previsti dall'art 630 c.p.p. Quest'ultimi sono riconducibili alle ipotesi: di conflitto fra giudicati, di pronunce di condanna basate su altra sentenza del giudice civile o amministrativo successivamente revocata che abbia deciso una delle questioni previste dall'art 479 c.p.p, di sopravvenienza o scoperta di nuove prove successivamente all'intervenuta condanna idonee a dimostrare che il condannato deve essere prosciolto, di acclarata condanna pronunciata in conseguenza di falsità di atti o in giudizio o di

un altro fatto previsto dalla legge come reato.

Appare controversa l'esperibilità della revisione per l'ipotesi del conflitto teorico di giudicati. Riguardo a questo motivo, risulta corretta l'opinione(299) secondo la quale la sentenza di patteggiamento possa

costituire unicamente provvedimento soggetto a revisione e non invece provvedimento di confronto. Quest'ultimo si sostanzia nella sentenza penale emessa all'esito del dibattimento, con l'esclusione della sentenza di non luogo a procedere, del decreto penale, della sentenza di patteggiamento nonchè della sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato.

Sulla stessa linea si è collocato l'approfondimento critico di chi(300) ha

osservato che, se si accoglie la ricostruzione che la sentenza di patteggiamento contenga solo un accertamento negativo in ordine alla mancanza delle condizioni di applicabilità dell'art 129 c.p.p, non si capisce come si possa ammettere la revisione per il contrasto con l'accertamento contenuto in una sentenza di condanna "tipica". Questo contrasto farebbe sì che anche la sentenza patteggiata contenga un giudicato sul fatto.

Più problematica è invece l'ipotesi della lett c) dell'art 630 c.p.p, in quanto esige che ci si soffermi sul significato da attribuire al concetto di "prova nuova", scoperta o sopravvenuta in seguito alla sentenza di condanna, capace di rendere ammissibile il giudizio di revisione. Parallelemente, risulta controverso anche il profilo attinente alla distinzione tra prove noviter productae e prove noviter repertae ed, in particolare, la collocazione tra queste ultime di quelle già acquisite ma non valutate nel giudizio di cognizione.

(299) G. SPANGHER, Revisione, in Digesto.pen, Utet, Torino, 1997, vol XII, pag 135.

(300) S. LORUSSO, Il patteggiamento "allargato" tra limiti all'accertamento della verità ed esigenze di deflazione processuale, in Dir.pen.proc, 2004, pag 665.

Tale questione era già stata illustrata nel corso dei lavori preparatori all'emanazione del nuovo codice, ma il legislatore non l'aveva affrontata.

La giurisprudenza,(301) sotto la vigenza del codice abrogato, si era

mostrata propensa a recuperare elementi di prova esistenti, ma non valutati, nel corso del giudizio di cognizione. Ma tale orientamento è stato abbandonato dalla giurisprudenza di legittimità che ha avanzato una lettura più restrittiva.(302)

Al contrario, la dottrina(303) ha offerto un interpretazione estensiva in

linea con l'intento riparatorio del rimedio straordinario; nello specifico, rientrano nel concetto di "nuova prova" anche gli elementi già acquisiti al processo, purchè non valutati dal giudice a quo. Ciò sulla base della considerazione che la contrapposizione operata dal legislatore nell'art 630 lett c) c.p.p si riferisce alla mancata valutazione della prova e non alla sua mancata acquisizione.(304)

Tali ausipici dottrinali sono stati accolti dalle Sezioni Unite(305) che

hanno affermato che con nuove prove devono intendersi "non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neppure implicitamente", e ciò in piena indipendenza dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte del giudice "sia imputabile a

(301) Cass, sez. V, 19 Febbraio 1987, Avogaro, in Cass.pen, 1988, pag 1077; Cass, sez. I, 29 Ottobre del 1984, Trencia, in Cass.pen, 1984, pag 1151.

(302) Cass, sez.Un, 11 Maggio 1993, Ligestri, in Cass.pen, 1993, pag 2499; con tale orientamento la giurisprudenza intendeva recuperare nel giudizio di revisione le sole prove non conosciute, nè conoscibili dal giudice a quo, e non quelle preesistenti al giudicato e non dedotte a causa imputabile ad inerzia dell'interessato.

(303) G. DEAN, La revisione, in Le impugnazioni penali, a cura di A.GAITO, II, Torino, 1998, pag 795.

(304) A. DE CARO, Patteggiamento allargato e sistema penale, Giuffrè editore, 2004, pag 174.

comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario."

Inteso in questo modo il novum non è altro che il dato a cui le parti hanno consapevolemente rinunciato nel momento della scelta del rito. Dunque, siccome l'imputato con il patteggiamento ha accettato i rischi che conseguono alla rinuncia del dibattimento ed all'acquisizione delle prove nel contraddittorio, non può, mediante la revisione, impugnare una pena che è proprio il risultato della contrazione dell'accertamento sul fatto e sulla responsabilità. Il rimedio straordinario, in questo modo, si trasformerebbe in un giudizio ordinario di seconde cure, a dispetto della previsione dell'inappellabilità.(306)

La valorizzazione di prove non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, non è logicamente conciliabile con la struttura del procedimento in esame. Infatti nel patteggiamento non si può parlare di "acquisizione di prove in senso stretto" poichè il giudice compie due verifiche che prescindono dal momento di acquisizione probatoria. Egli deve verificare l'inesistenza di elementi che giustificano la pronuncia di proscioglimento ex art 129 c.p.p e, se tale verifica non ha portato al proscioglimento, deve compiere il controllo sulla congruità della pena. Non c'è spazio per un'attività acquisitiva nel senso proprio delle ordinarie sentenze di condanna.

Comunque il fatto che non si possa parlare di prove in senso stretto e che non vi sia un momento di acquisizione probatoria in senso proprio, non significa che le nuove prove prodotte con la richiesta di revisione non possano combinarsi con gli elementi posti a fondamento della

(306) G. SANTALUCIA, I limiti alla revisione per nuove prove della sentenza di patteggiamento, in Cass.pen, 2007, III, pag 2733-2734.

sentenza patteggiata per la prospettazione di una soluzione opposta. L'imputato, con il patteggiamento, rinuncia al giudizio ordinario e all'acquisizione delle prove nella pienezza del contraddittorio così che, una volta emessa la sentenza patteggiata, non può chiedere lo sviluppo cognitivo sugli elementi che preesistevano al giudizio, però nulla impedisce, secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite(307), che

avanzi la richiesta di revisione per prove sopravvenute alla sentenza o per prove scoperte successivamente.

Quindi la prova preesistente non acquisita e quella acquisita e non valutata non possono essere oggetto dell'impugnazione straordinaria, la prima perchè la non acquisizione è diretta conseguenza della scelta negoziale; l'altra, perchè l'imputato usufruisce dell'impugnazione ordinaria del ricorso per cassazione per far valere l'omessa valutazione di "preesistenti evidenze degli atti".

Rispetto a quest'ultima ipotesi si sono però avanzati dei dubbi. Si è affermato che il controllo della Cassazione sul vizio derivante dalla omessa valutazione degli elementi già acquisiti è difficile, dati i limiti dell'obbligo di motivazione. La motivazione si articola in una deliberazione positiva e negativa: è positiva per quanto riguarda l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto: l'accertamento della sussistenza dell'accordo sulla pena, le valutazioni sulla correttezza della qualificazione giuridica del fatto nonchè sull'applicazione delle circostanze e sulla congruità della pena; è negativa per quanto riguarda l'esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Stando così le cose, si può affermare che il controllo della Corte Cassazione sul vizio, derivante dall' omessa valutazione, è complicato.

(307) Cass, sez. VI, 4 Dicembre 2006, n°8957, Tambaro, in Cass.pen, 2007, III, pag 2725.

Quindi non si capisce perchè escludere un controllo di merito che risulta più adeguato ad accertare e correggere questo vizio.(308)

La valutazione che il giudice è chiamato a svolgere sulla richiesta di revisione di una sentenza di patteggiamento presenta delle peculiarità. Egli deve stabilire se le prove sopravvenute e quelle scoperte successivamente alla sentenza definitiva siano tali da dimostrare "da sole" la necessità di un proscioglimento oppure se siano in grado di gettare una nuova luce e di fornire una chiave di lettura alternativa degli "atti" del procedimento concluso con il patteggiamento, atti che di per sè non avevano suscitato una pronuncia ai sensi dell'art 129 c.p.p.(309)

Infine la sentenza del 2006 offre anche una riflessione sui criteri di giudizio da seguire nella revisione.

Innazitutto bisogna sottolineare che, l'art 631 c.p.p stabilisce che "gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inamissibilità, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli art 529, 530, 531 c.p.p."

Tale norma, rinviando a questi articoli, ha voluto far riferimento a tutte le ipotesi di sentenza di proscioglimento (la sentenza di non doversi procedere, la sentenza di assoluzione, la dichiarazione di estinzione del reato), aprendo la strada, in sede di giudizio di revisione, ad una rivisitazione della responsabilità penale secondo i canoni ordinari. Nel testo originario del codice si individuava una perfetta corrispondenza tra "l'aerea della revisione", prevista dall'art 629 c.p.p, ed i "limiti della revisione" fissati dall'art 631 c.p.p, che consentiva che nel procedimento di revisione si effettuasse una rivalutazione della

(308) G. SANTALUCIA, I limiti alla revisione per nuove prove della sentenza di patteggiamento, in Cass.pen, 2007, III, pag 2731-2732.

(309) Cass, sez. VI, 4 Dicembre 2006, n°8957, Tambaro, in Cass.pen, 2007, III, pag 2725.

responsabilità penale secondo i criteri ordinari.(310)

In sede di patteggiamento, il giudice non deve applicare tali parametri e non deve neppure svolgere un giudizio in positivo sulla sussistenza del fatto e della responsabilità dato che non dispone di un quadro probatorio completo. Egli è chiamato a valutare esclusivamente se "sussistono cause di non punibilità che potrebbero condurre ad un proscioglimento a norma dell'art 129 c.p.p", ed anche la revisione della sentenza di patteggiamento dovrà essere effettuata allo stesso modo, "facendo riferimento alla stessa regola di giudizio ed agli stessi parametri applicabili nel procedimento investito dalla procedura di revisione". Sicchè gli elementi allegati dalla parte "dovranno essere tali da dimostrare che il soggetto a cui è stata applicata la pena concordata deve essere prosciolto per la presenza di una delle cause elencate