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Sezione II: Il controllo del giudice.

3. Il vaglio ex art 129 c.p.p

Una volta che il giudice ha effettuato il controllo preliminare sull'ammissibilità della richiesta sotto il profilo formale-rituale,

(127) Commento alla l. n°69/2015: D. VIGONI, Patteggiamento e delitti contro la P.A nella legge 27 Maggio 2015 n°69: gli effetti di chiaroscuro della riforma, in www.lalegislazionepenale.eu.

(128) S. MARCOLINI, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziata, Milano, 2005, pag 114.

procede a verificare se ci sono le condizioni richieste dall'art 444, secondo comma, c.p.p.

Innazittuto, ai sensi dell'art 444, secondo comma, c.p.p il giudice è chiamato a verificare che, allo stato degli atti, non possa essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'art 129 c.p.p. Questo richiamo funge da clausola di salvarguardia: in quanto, nonostante la richiesta delle parti sia volta all'applicazione della pena, non è esclusa la verifica da parte del giudice sulle condizioni per un proscioglimento, allo stato degli atti. In pratica, rimangono intatti i poteri del giudice in chiave di garanzia laddove si prospetti un esito più favorevole per l'imputato, e ciò in virtù dell'applicazione dei criteri di giudizio derivanti dall'art 27, comma 2, Cost.

La clausola di garanzia viene ad operare quando lo stato degli atti, ossia la piattaforma probatoria fino a quel momento acquisita, renda palese l'obiettiva esistenza di una causa di proscioglimento: in questo caso, il giudice non potrebbe che disattendere la soluzione prospettata delle parti per un esito, quello ai sensi dell'art 129 c.p.p, in linea con il principio del favor innocentiae.(129)

Poi, bisogna precisare che, il proscioglimento ai sensi dell'art 129 c.p.p, non opera quando le cause di non punibilità siano suscettibili di emergere nel corso del dibattimento, proprio perchè con la richiesta concordata le parti vi hanno rinunciato.(130) Altresì va condivisa la tesi

per cui il giudice debba procedere d'ufficio a tale esame, non essendo riconosciuta alle parti la possibilità di indicare il proscioglimento nel patto.(131)

(129) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 281.

(130) Cass, sez. IV, 4 Ottobre 1994, Pozzati, in Cass.pen, 1996, 1912; Cass, sez. IV, 13 Febbraio 1996, Trebeschi, in Cass.pen, 1997, pag 1836.

(131) Cass, sez.VI, 18 Aprile 1991, Sputore, in Giur.it, 1992, II, 503; Cass, sez. IV, 12 Gennaio 1993, Favretto, in Cass.pen, 1994, 998; Cass, sez. I, 23 Aprile 1993, Russo, in Cass.pen, 1995, pag 650.

Rispetto al vaglio che il giudice deve svolgere ex art 129 c.p.p, ci si è chiesti se debba configurarsi come un vaglio in negativo della presenza di una base fattuale a sostegno della responsabilità dell'imputato, con conseguente rilevanza delle sole situazioni affermative di elementi di proscioglimento; oppure se questo apprezzamento preliminare sia da equipararsi a quello proprio del giudizio, con l'estensione delle regole decisorie di cui agli artt. 529, 530 e 531 c.p.p.

Il discrimen tra le due opzioni si basa sull'interpretazione inerente l'operatività nel patteggiamento delle regole di giudizio degli art 529 ss c.p.p.(132)

Si propende, in virtù delle caratteristiche del patteggiamento, quale rito incompatibile con adempimenti istruttori e per contro ancorato alla piattaforma degli atti d'indagine, ad escludere l'operatività delle suddette regole di giudizio.(133)

Anche le Sezioni Unite della Cassazione sembrano ormai essersi assestate sulla teorica dell' "accertamento in negativo" che, invece di valorizzare l'accertamento sulla responsabilità quale momento forte e

condicio sine qua non, lo svilisce sino a renderlo un semplice controllo

di routine.(134)

Secondo la Suprema Corte il controllo del giudice è bifasico: si procede prima a quello "negativo" che riguarda l'applicabilità o meno dell'art 129 c.p.p e si effettua allo stato degli atti, poi, una volta accertata l'insussistenza delle cause di proscioglimento, si svolge il controllo "positivo" che ha ad oggetto la verifica degli aspetti formali e sostanziali dell'accordo, ossia la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione/comparazione delle circostanze e la congruità della pena

(132) F. PERONI, La sentenza di patteggimanto, CEDAM-Padova, 1999, pag 31 ss. (133) Cass, sez. Un., 9 Giugno 1995, Cardoni, in Cass.pen., 1996, pag. 473; Cass,

sez. Un, 26.2.1997, Bahrouni, in Dir.pen.e.proc, 1997, pag 1484.

(134) Cass, sez. Un, 21 Giugno 2000, Franzo, in Dir.e.giustizia, 2000, fasc 33, pag 21; Cass, sez. Un, 25 Novembre 1998, Messina, in Cass.pen, 1999, pag 1746.

proposta, ed è volto a sciogliere l'alternativa tra rigetto e applicazione della pena.

Alla luce dell'impostazione accolta, per un verso, la verifica giudiziale si arresta alla soglia dell'aerea negoziale-dispositiva riconosciuta alle parti, per altro verso, il proscioglimento resta prerogativa giudiziale, non risultando l'operatività dell'art 129 c.p.p condizionata dall'accordo.(135)

Di conseguenza, il giudice non deve effettuare un accertamento positivo sulla responsabilità dell'imputato, ma, all'esito di una rapida scorsa del materiale probatorio, deve pronunciare proscioglimento quando riscontri l'insussistenza della colpevolezza. E laddove non ricorrono le condizioni per l'immediato proscioglimento dell'accusato ai sensi dell'art 129 c.p.p, è sufficiente che si enunci in modo semplice di aver svolto con esito negativo i controlli ex art 129 c.p.p. Una verifica più approfondita risulta necessaria solo quando dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultassero elementi in ordine alla concreta possibilità di pronunciare il proscioglimento.(136)

Quindi, la verifica ex art 129 c.p.p è un operazione preliminare avente ad oggetto un accertamento negativo, svolto "allo stato degli atti" che può condurre ad una pronuncia di proscioglimento soltanto se la piattaforma probatoria renda palese l'obiettiva esistenza di una causa di non punibilità, indipendetemente dalla valutazione compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni.(137)

Bisogna specificare, però, che il termine "negativo" non è da rifersi all'iter bensì all'accertamento. Quando la giurisprudenza parla di

(135) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 285.

(136) S. MARCOLINI, Il patteggiamento nel sistema della giustizia penale negoziale, Giuffrè editore, 2005, pag 118 ss.

accertamento negativo allude non al percorso volto a ricostruire il fatto storico ma alla valutazione conclusiva del giudice sul medesimo fatto. Di conseguenza il percorso conoscitivo che precede la decisione ai sensi dell'art 129 c.p.p non è diverso da quello che viene seguito dal giudice del dibattimento prima di emanare una decisione conclusiva. Entrambi sono chiamati a sciogliere l'alternativa condanna-assoluzione e opteranno per la prima solo in assenza di cause di non punibilità. Differenti sono però i parametri ai quali devono rifarsi: il giudice del dibattimento deciderà alla luce delle regole ex art 529 ss c.p.p, quello del patteggiamento dovrà fare ricorso alle più avare indicazioni dell'art 129 c.p.p.

L'art 129 c.p.p elenca le formule che il giudice dovrà adottare quando

ex actis ritiene sussistente una causa di proscioglimento in fatto o in

diritto, ma non specifica il quantum di prova necessario e sufficiente perchè questa causa possa essere riconosciuta dal giudice. In altre parole, non si individua la regola di giudizio capace di individuare il contenuto della decisione quando manca o sia incompleta la prova.(138)

Al fine di colmare questa lacuna si sono avanzate tre diverse soluzioni: una prima soluzione giurisprudenziale ritiene che il giudice debba rigettare la richiesta delle parti; una seconda soluzione ritiene che si debbano applicare le regole degli art 529 ss c.p.p che impongono il proscioglimento ed un'ultima soluzione ritiene che si deve comunque applicare la pena concordata.

Quest'ultima impostazione(139) risulta coerente con l'anima "transattiva"

del rito, però suscita una serie di dubbi perchè rischia di applicare le

(138) A. SANNA, L'applicazione dell'art 129 c.p.p e regole di giudizio: gli spazi per la verifica sul fatto nel patteggiamento, in Ind.pen, 2009, pag 144.

(139) R. ORLANDI, Procedimenti speciali, in G. CONSO, V. GREVI (a cura di), Compendio di procedura penale; III, CEDAM-Padova, 2006, pag 540. In senso critico G. LOZZI, Lezioni di procedura penale, Giappichelli editore, 1994, pag 416 ss.

regole ex art 530 c.p.p in senso sfavorevole all'imputato e appare in contrastro con il sistema, in particolare con il principio dell'art 27, 2 comma, Cost.

Se si accoglie la seconda opzione si rischia invece di andare a favorire sia comportamenti strumentali dell'imputato sia un uso disinvolto in chiave deflattiva del rito da parte del p.m. Questa impostazione sembra incompatibile con la ratio del rito, che consente alle parti di chiedere l'applicazione della pena, e ammetterebbe inoltre l'esercizio dell'azione penale in un caso in cui l'art 125 disp att. c..p.p legittimerebbe invece la richiesta di archiviazione.

Dunque, alla luce delle incongruenze che si avrebbero laddove venissero adottate queste due soluzioni, non resta altro che accogliere la prima: ossia il rigetto della richiesta delle parti in caso di prova insufficiente o contraddittoria.

Questa soluzione va a privilegiare la giurisdizione sulle possibili scelte dispositive delle parti e va anche ad accreditare l'idea che al rito sia ricollegabile una certa fondatezza dell'accusa, sia pur accertata allo stato degli atti.(140)

La tesi è stata accolta con una sentenza delle Sezioni Unite(141)con

riguardo al procedimento per decreto penale, dove si afferma che le categorie previste dal 2 comma dell'art 530 c.p.p "possono avere rilevanza soltanto quando le parti abbiano potuto esercitare compiutamente, nella sede a ciò destinata, il loro diritto alla prova, di tal che non si vede come possa anticiparsi un esito processuale che, per sua natura è proprio di una certa fase del processo."

Con specifico riferimento al patteggiamento, le Sezioni Unite hanno precisato che, trattandosi di un procedimento di deflazione del

(140) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 295.

dibattimento, non "si potrà opporre la mancanza, la insufficienza e la contraddittorietà della prova per respingere la richiesta, per pervenire ad una conclusione processuale ontologicamente collegata ad una determinata fase del processo", che qui è assente.

Dunque, la regola di giudizio dettata dall'art 530 c.p.p non opera in sede di controllo sull'ammissibilità della richiesta di pena concordata.(142)

Anche in dottrina si ritiene che l'assoluzione dell'imputato per essere il materiale probatorio insufficiente o discordante sia riservata a quei segmenti processsuali dove è istituzionalmente previsto uno spazio per il contraddittorio, non nel patteggiamento, invece, dato che le parti hanno rinunciato alla dinamica dialettica del diritto alla prova.(143)

In senso critico, la dottrina più sensibile al rispetto dei dettami costituzionali ha invece affermato che si deve riconoscere nelle ipotesi di patteggiamento un accertamento di responsabilità, anche se incompleto. Si è sostenuto che "di accertamento incompleto si può parlare con riferimento alla decisione conseguente al patteggiamento, solo per indicare che il giudice deve valutare la situazione probatoria esistente nel momento in cui si è definito il patteggiamento sulla pena", ma non anche nel senso che l'insufficienza o la contraddittorietà della prova possa esimere dal prosciogliere l'imputato ai sensi dell'art 129 c.p.p.

Nel caso di insufficienza degli elementi probatori "risulta impossibile applicare la pena patteggiata posto che, stante l'equiparazione tra prova negativa e carenza di prova, si renderebbe obbligatoria l'applicazione dell'art 129 c.p.p"(144). In sostanza, il giudice nel caso di "incompletezza (142) M.VESSICHELLI, Prova insufficiente o incompleta e proscioglimento a

norma dell’art. 129 c.p.p, in Cass.pen, 1996, pag 479.

(143) P. PITTARO, G. DI CHIARA, F. RIGO, F. PERONI, G. SPANGHER, Il patteggiamento, Giuffrè editore, 1999, pag 49.

delle indagini" deve emettere sentenza di proscioglimento ex art 129 c.p.p.

Tale dottrina fa leva anche sulla presunzione di non colpevolezza sancita dall'art 27 comma 2 Cost, quale regola generale dell'intero sistema processuale volta a condizionare le modalità di accertamento del fatto controverso, cosi da ritenere che, anche nel patteggiamento, le circostanze di insufficienza e contradittorietà probatoria debbano risolversi in situazioni favorevoli per il reo.(145)

Questa soluzione, rispettosa dei principi costituzionali, collide però con la funzionalità del rito e infatti la strada seguita dalla giurisprudenza è più conforme alle caratteristiche del rito e alle esigenze di economia processuale, volte a garantire una rapida definizione del processo.

Allora con il rinvio all’art. 129 c.p.p si vuole garantire l'emanazione di una sentenza di proscioglimento solo quando emergano in modo chiaro ed univoco elementi positivi che il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il reato è estinto o manca una condizione di procedibilità.(146)

Ancora le Sezioni Unite hanno previsto che quando il giudice rilevi la prova negativa della colpevolezza dell’imputato, nel senso radicale dell’impossibilità di acquisirla, deve emettere sentenza di proscioglimento e non restituire gli atti al p.m.(147)

Riv.it.dir.proc.pen, 2004, pag 673.

(145) G. LOZZI, Il patteggiamento e l'accertamento di responsabilità: un equivoco che persiste, in Riv.it.dir.proc.pen, 1998, pag 1401; G. LOZZI, Una sentenza sorprendente in tema di patteggiamento allargato, in Riv.it.dir.proc.pen, 2004, pag 673.

(146) F. CALLARI, Patteggiamento e canone decisorio "oltre ogni ragionevole dubbio": i termini di un binomio "impossibile", in

www.dirittopenalecontemporaneo.it, 2010, pag 8.

(147) Cass, sez. Un., 9 giugno 1995, Cardoni, (in tema di decreto penale di condanna) in Cass.pen, 1996, pag 473.

Dunque in caso di "mancanza della prova di colpevolezza" il giudice, esclusa la capacità del dibattimento di integrare l'impianto accusatorio, dovrà prosciogliere in ossequio a "evidenti ragioni di economia processuale."(148)

Inoltre le Sezioni unite(149) hanno specificato che nel caso in cui la

prova sia insufficiente o contraddittoria o mancante, ma astrattamente acquisibile, il giudice non pronuncerà il proscioglimento, bensì dovrà rigettare l’accordo delle parti e restituire gli atti al p.m. in modo da non privare l’imputato della futura possibilità di trovare tutela nelle più ampie garanzie dibattimentali previste dall’art 530, 2 comma, c.p.p. L'ambito operativo dell'art 129 c.p.p così delineato viene confermato anche in altre decisioni(150): tale previsione deve essere applicata

quando dagli atti si desuma "una chiara e univoca ricostruzione dei fatti tale da dimostrare l'innocenza dell'imputato" mentre nel caso di "carenza allo stato del quadro probatorio" l'unica strada praticabile è il rigetto della richiesta di patteggiamento, dunque la prosecuzione nelle forme ordinarie.

Con riferimento, poi, all'art 533 c.p.p. che prescrive ai fini di una pronuncia di condanna il criterio “dell'oltre ogni ragionevole dubbio”, ci si è chiesti se questo trovi applicazione anche al rito in esame.

(148) A. SANNA, L'applicazione dell'art 129 c.p.p e regole di giudizio: gli spazi per la verifica sul fatto nel patteggiamento, in Ind.pen, 2009, pag 160.

(149) Cass, sez. Un., 9 Giugno 1995, Cardoni, in Cass.pen, 1996, pag 473.

(150) Cass, sez. Un, 28 Maggio 1997, Lisuzzo, in Foro.it, 1997, II, pag 670, Cass, sez. II, 28 Ottobre 2003, Rallo, in Cass.pen, 2005, 902 dove si ribadisce che "deve escludersi che, nel caso di accordo sulla pena, ai sensi e nei termini indicati dall'art 444 c.p.p, possa darsi rilevanza, ai fini del proscioglimento o dell'assoluzione dell'imputato, ai sensi dell'art 129 c.p.p, alla mancanza, insufficienza o contradittorietà della prova" si conclude chiarendo che "a fronte di una richiesta di patteggiamento, il giudice ha davanti a se tre possibilità: a) immediato e preliminare proscioglimento dell'imputato quando ne risultino incontrovertibilmente i presupposti; b) recepimento del patto in caso di insussistenza dei presupposti per il proscioglimento e positività delle verifiche di cui al secondo comma art 444 c.p.p; c) prosieguo del procedimento nelle forme ordinarie in ogni altro caso."

Chi riconosce nella sentenza di patteggiamento l'esistenza di un accertamento di responsabilità ritiene applicabile il criterio in questione anche nel patteggiamento. Secondo tale prospettativa ciò che cambia rispetto "al giudizio dibattimentale, non è la regola di giudizio, ma la qualità dell'accertamento condotto dal giudice e dalle parti sulle questioni di fatto."(151)

Ma, in realtà, il problema non è tanto che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti pretenda verifiche della colpevolezza meno penetranti, quanto piuttosto che risulta difficile che il materiale raccolto nella fase delle indagini preliminari, spesso lacunoso e non sottoposto al contraddittorio, possa consentire l'operatività del criterio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio".

Le peculiarità del patteggiamento, ossia le contrazioni procedurali, incidono sulla configurazione della regola di giudizio, prospettandone una modulazione che risulta condizionata dalla "speciale" morfologia dell'accertamento.

Dunque, se nel processo ordinario il dubbio ragionevole sulla colpevolezza è sufficiente a liberare l'imputato dall'accusa, nel patteggiamento il medesimo dubbio non basta per bloccare il procedimento e prosciogliere l'imputato.

La sommarietà dell'accertamento, che determina una decisione "allo stato degli atti" e la rinuncia ad esercitare il contraddittorio, limitano la conoscenza del fatto di reato e l'operatività dell' "oltre ogni ragionevole dubbio". La regola di giudizio del rito speciale non può che essere conforme e funzionale ad un procedimento in cui il giudice deve decidere allo stato degli atti e quindi rispetto a elementi informativi sommari e qualitativamente diversi da quelli che escono dalla dinamica

(151) M. CAPUTO, Il diritto e il problema del patteggiamento, Jovene, 2009, pag 554.

dialettica, tipica delle udienze dibattimentali.

Inoltre non bisogna dimenticare che esiste un nesso funzionale tra il criterio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" ed il contraddittorio: infatti solo attraverso l'esplicazione di ques'ultimo si può escludere che permanga un margine di "ragionevole dubbio" sulla prova della colpevolezza dell'imputato.

Si può concludere che il criterio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" ha ragion d'essere solo se collegato a decisioni penali precedute dalla dinamica del contraddittorio tra le parti in grado di suscitare la falsificazione delle ipotesi e la nascita di dubbi ragionevoli intorno alla colpevolezza dell'imputato.(152)

Di conseguenza, la richiesta di patteggiamento comporta la rinuncia all'esercizio del contraddittorio e, per suo tramite, determina anche quella del criterio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio".

Peraltro l'eventuale applicazione dell'art 533 comma 1 c.p.p al patteggiamento potrebbe determinare conseguenze negative per l'operatività concreta del procedimento speciale.

Con la richiesta della prova della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio si andrebbe a pregiudicare la finalità deflattiva poichè difficilmente il p.m concederebbe il proprio consenso durante la fase delle indagini preliminari ad una pena ridotta su richiesta dell'indagato, temendo che l'imputato sia prosciolto, nonostante abbia siglato il patto sulla sanzione che lo attende.(153)