Sezione II: Il controllo del giudice.
3. Il ricorso per Cassazione
La sentenza patteggiata, così come indicato dallo stesso art 448 c.p.p, 2 comma, c.p.p, che ne esclude l'appellabilità, può essere oggetto solo di ricorso per cassazione. Tale possibilità non è disciplinata a livello codicistico, ma si desume dalle garanzie costituzionali tra cui quella ex art 111 Cost.
La ricorribilità in cassazione potrebbe risultare irragionevole se si ragionasse in un ottica meramente negoziale: in quanto si consentirebbe di attivare un rimedio avverso una sentenza "che corrisponde esattamente all'accordo delle parti e quindi all'interesse che le parti stesse hanno ritenuto di soddisfare con la richiesta di patteggiamento."
In realtà, l'assetto degli interessi delle parti è il frutto della loro libertà
personale ed è proprio per questo che è necessario il controllo giurisdizionale. Di conseguenza, la ricorribilità in cassazione è un tassello fondamentale dello schema di disponibilità controllata elaborato dal codice su indicazione delle disposizioni costituzionali.(260)
Nel patteggiamento, il ricorso per Cassazione, oltre ad essere circoscritto dai motivi contenuti nell'art 606 c.p.p, è anche influenzato dai tratti fisionomici del rito.(261)
Infatti, le peculiarità strutturali incidono sulla praticabilità del meccanismo di controllo, nel senso di conformarne e ridurne lo spazio di operatività in rapporto alle caratteristiche negoziali e in relazione al profilo funzionale, che risponde all'esigenza di economia processuale. Ferma restando tale considerazione, però, adattare la disciplina del giudizio di legittimità alle specificità del rito non significa delimitare il controllo di legalità nell'ambito dell'area negoziale, quanto piuttosto evitare abusi dello ius negotiandi e degli strumenti in cui esso si esprime, considerando e verificando fino a che punto e dove lo schema incide sulla disciplina delle impugnazioni tanto da ridurne l'accesso.(262)
Nella prassi, l'orientamento dominante della giurisprudenza di legittimità è teso a delimitare la possibilità di far valere le censure della sentenza di patteggiamento in cassazione, ribadendo il principio guida dell'intangibilità dell'accordo raggiunto dalle parti in ordine all'applicazione della pena. Tuttavia, non può negarsi come la ricorribilità in cassazione della sentenza patteggiata abbia negli ultimi tempi subito un'ampliamento, in conseguenza all'intervento delle Sezioni Unite circa la possibilità di proporre ricorso per denunciare
(260) M. GIALUZ, Applicazione della pena su richiesta delle parti, in Annali di Enciclopedia del diritto, II, Milano 2008, pag 42.
(261) Per una visione d'insieme: VIGGIANO, Patologie nel giudizio abbrevviato e nell'applicazione della pena su richiesta: il controllo della Corte di Cassazione, in Riv.it.dir.e.proc.pen, 1997, pag 509ss.
(262) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 384.
l'erronea qualificazione giuridica del fatto.(263)
La Corte si è pronunciata sul punto alla luce del contrastro tra due orientamenti: uno volto ad escludere l'errata qualificazione del fatto, quale oggetto del ricorso in cassazione, l'altro volto ad ammettere tale motivo per ricorrere in cassazione.
Così, secondo un primo filone giurisprudenziale(264), il carattere
negoziale del rito e il principio di intangibilità dell'accordo e della sentenza che lo recepisce inducono ad escludere il controllo del giudice sul contenuto e i termini del patto. Di conseguenza, si ritiene inamissibile il ricorso per far valere una diversa qualificazione giuridica del fatto.
Per contro, un secondo orientamento(265) sostiene che i profili negoziali
non incidono sulla possibilità di ricorrere in cassazione, quando la violazione di legge riguardi quanto prospettato dalle parti: è il caso in cui il giudice abbia ritenuto erroneamente corretta la qualificazione del fatto, la applicazione/comparazione delle circostanze, l'entità della pena.
Ed è quest'ultimo indirizzo che le Sezioni Unite hanno accolto.(266)
Si arriva a sostenere la ricorribilità in Cassazione considerando che "nel caso in cui il giudice emetta sentenza di applicazione della pena ritenendo erroneamente corretta la qualificazione giuridica del fatto contestato all'imputato, l'accordo è da considerarsi caducato in quanto fondato, in un punto essenziale, su di un evidente errore di diritto."
(263) G. BRIZI, Il patteggiamento, Giappichelli editore, 2008, pag 192.
(264) Cass, sez. I, 21 Novembre 1997, Aufiero, in Cass.pen, 1999, 1894 ;Cass, sez. III, 13 Gennaio 1996, Canna, in Riv.pen, 1996, 767; Cass, sez. I, 18 Dicembre 1996, Milanese, in Cass.pen, 1998, 893, 530.
In dottrina: DELLA MARRA, Controlli sulla ritualità dell'applicazione della pena negoziata, in Giur.it, 1991, pag 553.
(265) Cass, sez. I, 26 Settembre 1995, Alessio, in Cass.pen, 1996, 3424, 1916; Cass, sez. V, 5 Novembre 1998, Gaita, in Cass.pen, 2000, pag 142, 126.
Dunque, l'errore sulla qualificazione giuridica costituisce un chiaro errore di diritto che consente il ricorso in cassazione nei casi di errore manifesto, ossia quando c'è il rischio che l'accordo sulla pena diventi un accordo sui reati. Inoltre, si ritiene il relativo controllo "sottratto alla disponibilità delle parti" e affidato al giudice, essendo posto "a presidio dell'obbligatorietà della legge penale" e trattandosi di un "potere indissolubilmente connesso allo ius dicere".(267)
La Corte, poi, si è soffermata sulla questione inerente la titolarità del diritto all'impugnazione.
La Cassazione, in alcuni casi, aveva sostenuto che, al di là di quanto sancito dall'art 570 c.p.p, non andasse riconosciuta ai titolari dell'ufficio sovraordinati la possibilità di rimettere in discussione l'adeguatezza della pena, in quanto verrebbe "frustrata la finalità tipica del rito di favorire la speditezza dei processi."(268)
In altri casi, invece, è prevalsa la regola del 570 c.p.p con il conseguente riconoscimento del diritto all'impugnazione da parte del procuratore generale, anche con riferimento all'erronea qualificazione del fatto.(269)
A riguardo le Sezioni Unite riconoscono l'interesse ad impugnare la sentenza di patteggiamento, relativamente alla non corretta qualificazione giuridica del fatto, sia in capo al procuratore generale sia al pubblico ministero. Si ritiene infatti sussistente l'interesse ad impugnare la sentenza patteggiata in capo al procuratore generale, secondo quanto dispone l'art 570, 1 comma, c.p.p, e al pubblico ministero, sulla base della generale disposizione di cui all'art 73
(267) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 389.
(268) Cass, sez. I, 26 Ottobre 1995, Scano, in Riv.pen, 1996, 767; Cass, sez. VI, 8 Ottobre 1996, Cremonin, in Cass.pen, 1998, 892, 529; Cass, sez. IV, 10 Luglio 1996, Busai, in Arch.n.proc.pen, 1996, pag 208.
(269) Cass, sez. IV, 2 Aprile 1990, Linari, in Foro.it, 1991, II, 223; Cass, sez. I, 18 Gennaio 1993, Giovanelli ed altri, in Arch.n.proc.pen, 1993, pag 610.
ord.giud, che prevede che tale organo "vegli sull'osservanza delle leggi." Viceversa, per quanto riguarda l'imputato, nella pronuncia si osserva che, l'interesse del medesimo ad impugnare sul punto "non si presta, invece, ad una affermazione di principio, dovendo essere accertato di volta in volta."(270)
L'ambito del ricorso, oltre ad essere limitato alle ipotesi contenute nell'art 606 c.p.p, risulta influenzato dalla struttura del giudizio rebus
sic stantibus. Infatti, alla luce della decisione "allo stato degli atti" e
dell'accettazione delle parti del materiale fino a quel momento acquisito, è inamissibile il ricorso fondato sulla lamentela della "mancata assunzione di una prova decisiva" (lett d) ex art 606 c.p.p). Per le stesse ragioni, non risulta possibile dedurre ad esempio l'insussistenza del reato in base "a fatti non risultanti dagli atti del procedimento"(271), e in generale l'incompletezza dell'attività
probatoria(272), che è accettata dalla parti attraverso il consenso al rito
ed è quindi riconducibile ad una loro scelta.(273)
Più delicata è la questione dell'ammissibilità del ricorso in relazione all'art 129 c.p.p.
L'orientamento giurisprudenziale maggioritario(274) esclude il ricorso
quando esso non miri a far rilevare i vizi della sentenza ex art 444 c.pp, che si traducono nella prospettazione di situazioni che avrebbero imposto il proscioglimento ai sensi dell'art 129 c.p.p, ma piuttosto miri "unicamente a porre in discussione la propria richiesta al giudice e il
(270) G. BRIZI, Il patteggiamento, Giappichelli editore, 2008, pag 198.
(271) Cass, sez. VI, 13 Febbraio 1991, Baccei, in Cass.pen, 1992, 1291, 678; Cass, sez, 16 Luglio 1990, Cotani, in Cass.pen, 1991, II, pag 264, 750.
(272) Cass, sez. IV, 10 Giugno 1993, Balsamo, in Giust.pen, 1994, II, 249 con nota di SAMMARCO, Ammissione di colpevolezza e rinuncia al proscioglimento ex art 129 c.p.p nella richiesta di applicazione della pena da parte dell'imputato. (273) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore,
2000, pag 400.
(274) Cass, sez. VI, 16 Luglio 1991, Cotani, in Cass.pen, 1991, 750, 264; Cass, sez. I, 20 Marzo 1995, Buosi, in Cass.pen, 1996, pag 1324, 2326.
conseguente consenso alla pronuncia."
Inoltre, bisogna esaminare l'impugnazione fondata sul vizio della volontà dell'imputato nella prestazione del consenso. A tal proposito il legislatore ha elaborato un "rimedio preventivo", costituito dalla possibilità di convocare l'imputato ai sensi dell'art 446 c.p.p, che consente in caso di contrasto tra la volontà effettiva e il consenso prestato di rigettare la richiesta. Diversa è l'ipotesi in cui il vizio di volontà venga fatto valere dopo la pronuncia della sentenza ex art 444 c.p.p: in questo caso l'impugnazione non è ammissibile sotto il profilo dell'errore, tenuto conto dei vincoli dell'art 606 c.p.p e dell'impossibilità di ricondurre tale situazione nella categoria delle nullità.(275) Si potrebbe ammettere eventualmente la revisione ex art
630, lett d), quando il consenso fosse l'effetto del dolo, della violenza o di un comportamento altrui integrante il reato.(276)
Il vizio di motivazione assume rilievo rispetto ai punti della sentenza non coperti da negozialità: come per la determinazione delle spese a favore della parte civile o per l'applicazione della confisca facoltativa, non accompagnata dalla dovuta motivazione sulla sussistenza dei presupposti che legittimano l'adozione della misura di sicurezza patrimoniale. Viceversa, per quel che riguarda l'illogicità o la contraddittorietà della motivazione, la Cassazione assume un orientamento restrittivo(277): se il giudice è chiamato a valutare la
plausibilità dell'accordo o l'insussistenza della cause di non punibilità appare difficile poter censurare la mancanza, la contraddittorietà e
(275) GAITO, Solo revocabile o anche invalida la richiesta di patteggiamento viziata da errore? in Dir.proc.pen, 1996, pag 1145; secondo il quale ritenere che "la volontà viziata sottesa ad un atto processuale lo invalidi equivarebbe ad introdurre un'ipotesi di nullità non prevista dall'ordinamento."
(276) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 402.
(277) Cass, sez. IV, 3 Novembre 2004, in Guida al diritto, 2005, n°7, pag 74; Cass, sez. IV, 8 Luglio 2002, Leone, in Riv.pen, 2003, pag 785.
l'illogicità della motivazione.(278)
La quantificazione della pena potrà essere motivo di ricorso per cassazione solo nel caso di trattamento sanzionatorio illegale. La Corte non può modificare la quantificazione della pena, tranne nel caso in cui essa sia desumibile dall'accordo delle parti.
Infine, per quanto riguarda gli esiti del giudizio, si è concordi nel ritenere che la sentenza non possa essere oggetto di rettificazione in base all'art 619 c.p.p, in quanto soltanto il giudice di merito ha il potere di verifica sull'accordo e sulla pena, mentre una ridefinizione d'ufficio contrasterebbe con la volontà delle parti.
Con riguardo all'annullamento, invece, è controversa la questione se questo debba essere disposto con o senza rinvio.
Si propende per la prima soluzione(279), in virtù della considerazione
che il giudice a quo, dopo l'annullamento della prima decisione, dovrà pronunciarsi sulla richiesta concordata, rigettandola con ordinanza, in conformità del principio in base al quale le parti potranno rivalutare i termini dell'accordo e l'eventualità di un nuovo patteggiamento. Dato che quest'ultimo si basa sull'accordo fra le parti in ordine ad una determinata pena, a fronte dell'applicazione di una pena diversa da quella concordata, potrebbe mutare anche l'interesse e la volontà delle parti.(280)
Ma l'orientamento prevalente(281) opta per l'annullamento senza rinvio,
che determina semplicemente la trasmissione degli atti al giudice a
(278) M. GIALUZ, Applicazione della pena su richiesta delle parti, in Annali di Enciclopedia del diritto, II, Milano 2008, pag 43.
(279) Cass, sez. V, 13 Luglio 1998, Folicori, in Cass.pen, 1999, pag 1844; Cass, sez. V, 18 Aprile 1998, Deshir, in C.E.D Cass, n°2110849; Cass, sez. V, 22 Ottobre 1993, Bulagna, in Cass.pen, 1994, pag 2505.
(280) Cass, sez. III, 21 Settembre 1990, Maccario, in Cass.pen, 1991, II, 114, pag 37. (281) P. PERONI, La sentenza di patteggiamento, CEDAM-Padova, 1999, pag 207; Cass, sez. I, 6 Febbraio 1992, Angeloni, in Arch.n.proc.pen, 1992, 565; Cass, sez. IV, 1 Giugno 1992, Gallorini, in Cass.pen, 1994, 365, pag 264.
quo per il proseguimento del processo secondo le vie ordinarie.
Dunque si propende per l'annullamento senza rinvio, tranne nel caso in cui il giudice applichi una pena diversa da quella richiesta dalle parti o una pena illegale per cui la Cassazione dovrebbe annullare con rinvio. Una volta trasmessi gli atti al giudice di merito, è possibile riproporre l'accordo in termini diversi, nel rispetto dei limiti temporali, o proseguire nelle forme ordinarie.
Si è espressa anche l'opinione(282) che, nell'ipotesi di annullamento, il
giudice possa esaminare atti acquisiti successivamente alla originaria richiesta di applicazione della pena: la limitazione del giudizio "allo stato degli atti" non vincolerebbe il giudice, in quanto "il consenso espresso dalle parti non implica alcuna cristallizzazione vincolante dei dati processuali, ove sia nullo l'esito decisorio che ne sia stato effetto."(283)
Da ultimo, il D.D.L 2067 recante "Modifiche al codice penale, modifiche al codice di procedura e all'ordinamento penitenziario" incide anche sulla disciplina dei riti speciali.
Per quanto riguarda il patteggiamento l'art 14 del D.D.L 2067 intende limitare il ricorso in cassazione, prevedendo che sia proponibile esclusivamente per i motivi riguardanti la volontà dell'imputato, la correlazione tra richiesta e decisione, l'erronea qualificazione giuridica del fatto e l'illegalità della pena o della misura di sicurezza. La proposta di riforma vuole sia scoraggiare i ricorsi defatigatori sia accelerare la formazione del giudicato. In tale prospettiva si prevede anche una più agile procedura di correzione di errori materiali nei casi di erronea determinazione della sanzione che non determini una
(282) Cass, sez. VI, 1 Maggio 1994, Tura, in Cass.pen, 1995, pag 1942, 1197, con riferimento ad un annullamento per difetto di motivazione circa l'insussistenza delle cause di proscioglimento ex art 129 c.p.p.
(283) D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, Giuffrè editore, 2000, pag 393-395.
modificazione essenziale dell'atto.(284)
4. La disputa sulla sottoponibilità a revisione della sentenza