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4. L E FAVOLE MORALI DI F ABIO G LISSENT

4.1 Destinazione e finalità: dalla scena alla lettura

Per cogliere appieno il senso della produzione teatrale di Fabio Glissenti, occorre anzitutto chiarirne la destinazione. In mancanza di notizie diverse da quelle che si evincono dagli apparati paratestuali delle edizioni a stampa, è d'obbligo una certa cautela nella formulazione di ipotesi di ricostruzione. D'altro canto, le indicazioni offerte dalle epistole di dedica di alcune favole morali sono esplicite e consentono di delineare un primo quadro di riferimento.

Dedicando nel 1606 La Ragione sprezzata a Eleonora de' Medici, duchessa di Mantova dal 1587 al 1611, Fabio Glissenti ricorda una rappresentazione della pièce «ad opera di alcune virginelle qui in Venetia» che, «ancorché povere di scena, d'apparato e di luogo conveniente», le hanno acquistato «molta riputatione» e, «quello che più importa», hanno ridotto a miglior vita «molti trascurati del suo bene».202 Oltre a fornire un primo esempio di quella purgazione degli affetti cui si

è fatto riferimento poc'anzi, la dedica alla duchessa individua una destinazione concreta – anche se non specificata – per il testo teatrale. La rievocazione dell'allestimento realizzato dalle «virginelle» veneziane offre peraltro all'autore l'occasione per invitare la destinataria a farsi, anche in virtù dei mezzi che le sono propri, promotrice di un'esperienza analoga.203

La natura della rappresentazione veneziana del dramma viene specificata nella nota Alli lettori che Glissenti antepone al testo della Ragione sprezzata,

202 F. GLISSENTI, La Ragione sprezzata, Serravalle, Marco Claseri, 1606, c. [A4]r. Cfr. l'appendice

documentaria per il testo dell'epistola.

203 Ivi, c. [A4]r-v: «[...] nondimeno io non curandomi del primo effetto, ma del seguito profitto,

mandandola alle stampe a V. Altezza l'ho voluto offerire; sicuro, che a lei non manca né sapere, né potere di farla nel decoro conveniente a beneficio del prossimo interamente rappresentare».

documento di estrema importanza poiché unico spazio che l'autore consacra a dichiarazioni di poetica nella sua intera produzione teatrale. La nota, su cui torneremo, spiega che la favola fu composta dall'autore durante un Carnevale «con animo di consignarla [...] a certe dongelle dell'Hospitale di San Giovanni e Paulo, che fra loro la recitassero, come usano di fare in tempo di ricreatione».204

L'informazione è di notevole importanza poiché mette a fuoco la genericità del riferimento alle «virginelle» veneziane nella dedica alla duchessa Eleonora. Sulla rappresentazione della Ragione sprezzata nell'Ospedale dei Santi Giovanni e Paolo, meglio noto come Ospedale di Santa Maria dei Derelitti o Ospedaletto, Glissenti torna poco oltre, affermando che la favola drammatica «dalle suddette damigelle recitata», per quanto scorciata ed adattata all'occasione, ha ottenuto un successo inatteso:

Perché essendo ella, nello spatio di giorni vinti, stata recitata almeno otto fiate, quantunque in più luoghi da quelle sconcertata, et abbreviata, ha nondimeno così piacciuto a quelli, che l'hanno udita la prima fiata, che (dove io la stimai novella da raccontarsi a feminelle) non se ne sono contentati se non l'hanno udita la seconda, la terza, e la quarta volta; e se tutto l'anno fosse stata recitata per il numeroso concorso senza dubbio havrebbe havuto sempre concitata udienza.205

Al di là della dimensione panegirica, la nota dell'autore è importante perché riporta l'attenzione su un fenomeno – quello del teatro scolastico all'interno delle strutture assistenziali veneziane – su cui la bibliografica critica tace. Che non si sia trattato di un evento sporadico è dimostrato da altri due documenti relativi alla produzione di Fabio Glissenti. Nella dedica dell'Andrio a Bartolomeo Buontempelli del Calice, caro amico dell'autore, l'umanista e letterato Giovan Giunio Parisio ricorda un allestimento della favola ad opera delle «figliuole dell'Hospital de gl'Incurabili».206 Ad una rappresentazione non specificata, svoltasi

204 Ivi, c. A6r. 205 Ivi, c. A6v.

206 GLISSENTI, L'Andrio, cit., c. A3v; il riferimento alla prima destinazione del dramma è funzionale

alla celebrazione dell'umiltà del destinatario della stampa: «Ultimamente essend'ella stata dettata a studio dall'autore in stile così dimesso, e humile, per accommodarlo al genio et

alla presenza del destinatario, si riferisce invece Elisabetta Glissenti Serenella, nipote del medico bresciano, nella dedica della Morte innamorata a Henry Wotton, ambasciatore inglese presso la Serenissima dal 1604 al 1624.207

Le favole morali di Fabio Glissenti – o almeno alcune di esse – sono destinate ad un contesto molto particolare com'è quello degli ospedali veneziani che, soprattutto dalla metà del Cinquecento, avevano incrementato la propria attività assistenziale nei confronti degli orfani e, soprattutto, delle orfanelle.208 Il

dato è di estremo interesse poiché, proprio come enti di formazione, gli ospedali grandi di Venezia vedono sullo scorcio del Cinquecento un intervento attivo da parte di ordini religiosi (Gesuiti, Somaschi, Barnabiti) che trovano nella dimensione retorico-teatrale uno degli aspetti più caratteristici dei loro programmi pedagogici. L'importanza dei Gesuiti a Venezia fino al bando del 1606 è in tal senso determinante: tanto Ignazio di Loyola quanto Francesco Saverio ebbero legami importanti con gli Incurabili e i Derelitti, sedi presso le quali svolsero parte della loro attività di apostolato e assistenza.209 Tracce significative di tale presenza capacità delle recitanti, che doveano essere le figliuole dell'Hospital de gl'Incurabili, a chi più si conveniva di voi? che tanto aborrite le pompe, che sembrate l'humiltà istessa, poi che facendo tesser così superbi panni d'argento, e d'oro, per vestir Regi, e Imperatori, ve n'andate voi coperta di pura e schietta lana?». Al Buontempelli è dedicata, con toni analoghi, anche la favola Il Diligente, cit. (cfr. appendice documentaria per il testo delle due epistole).

207 F. GLISSENTI, La Morte innamorata, Venezia, Giovanni Alberti, 1608, c. A2r: «La Favola della

Morte innamorata, di cui V.S. Illustrissima s'è molto compiacciuta, quando la vidde rappresentare, a me donata dall'autore, ho preso ardire di mandar alle stampe, per farne dono a V.S. Illustrissima non perché io stimi che tale dono, come humile parto d'un mio zio, degno appaia, d'esser gradito da lei; ma per mostrarle qualche segno del mio grand'animo con cui riverentemente l'osservo e l'ammiro».

208 Un'ottima panoramica sulle maggiori strutture assistenziali veneziane agli inizi dell'età

moderna nel volume Nel regno dei poveri. Arte e storia dei grandi ospedali veneziani in età

moderna. 1474-1797, a c. di B. Aikema e D. Meijers, Venezia, Arsenale editrice, 1989 (con

ricca bibliografia alle pp. 285-297); ma cfr. anche F. SEMI, Gli ospizi di Venezia, Venezia,

Edizioni Helvetia, 1983, che include anche schede sugli ospedali minori. Per un inquadramento generale della questione, B. PULLAN, Rich and Poor in Renaissance Venice. The Social

Institutions of a Catholic State, to 1620, Oxford, Blackwell, 1971; ed alcuni capitoli della Storia di Venezia, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1991-2002, 14 voll.: D. ROMANO,

L'assistenza e la beneficenza, ivi, V, pp. 355-406; L. BONUZZI, Medicina e sanità, ivi, V, pp.

407-440; M. COSTANTINI, Le strutture dell'ospitalità, ivi, V, pp. 881-912; G. SCARABELLO, Le

strutture assistenziali, ivi, VI, pp. 863-874.

209 SEMI, Gli ospizi di Venezia, cit., pp. 120, 273. Più in generale, sull'attività di Gesuiti e Somaschi

sono individuabili nell'opera drammatica di Fabio Glissenti che, oltre a trovare nel modello teatrale gesuitico uno dei suoi punti di riferimento, risente fortemente delle pratiche disciplinanti di matrice ignaziana (vedremo addirittura come, in una soluzione ai limiti del surreale, Loyola sia evocato come personaggio all'interno di uno dei drammi su cui ci soffermeremo più dettagliatamente).210 Figura chiave

nella storia dell'Ospedale dei Derelitti era inoltre stato San Girolamo Miani (1486- 1537), fondatore dei Somaschi, animato da forti istanze pedagogiche.211 Se

l'attività ospedaliera dei Gesuiti contemplava l'allestimento di veri e propri tableaux vivants,212 il Miani era stato ai Derelitti promotore di esercizi mnemonici

di carattere dialogico con finalità catechistiche che portano in sé lo spunto per esperienze drammatiche più complesse.213

Quanto alle comunità femminili interne agli ospedali, esse funzionavano come monasteri in miniatura, regolamentate da statuti molto puntuali in materia d'istruzione.214 Mentre esistono ormai una documentazione ricca ed una serie di

a Venezia, cfr. M. SANGALLI, Cultura, politica e religione nella Repubblica di Venezia tra

Cinque e Seicento. Gesuiti e Somaschi a Venezia, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere

ed Arti, 1999.

210 Si tratta de L'Androtoo, per cui cfr. qui, § III.6.2.

211 Sulla figura di Miani, cfr. almeno gli atti del convegno San Girolamo Miani nel V centenario

della nascita, a c. di G. Scarabello, Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1986 (si veda in

particolar modo G. ELLERO, San Girolamo Miani e i Somaschi all'Ospedale dei Derelitti, ivi,

pp. 39-54); G. BONACINA, Origine della congregazione dei Padri Somaschi. La compagnia

pretridentina di San Girolamo Miani elevata ad ordine religioso, Roma, Curia generale Padri

Somaschi, 2009.

212 La pratica, affine a quella più propriamente teatrale coltivata dai Gesuiti nei collegi, è attestata

per l'ospedale romano degli Incurabili; cfr. B. PULLAN, La nuova filantropia nella Venezia

cinquecentesca, in Nel regno dei poveri, cit., pp. 19-34: 32 («l'istituto degli Incurabili di Roma

stabilì di offrire, per l'edificazione di pazienti e visitatori, “quadri viventi” con la narrazione delle sofferenze di Giobbe mentre “sua moglie si turava il naso, non sopportando il fetore del marito, e i suoi tre amici piangevano e lamentavano il suo caso”»).

213 G. ELLERO, Personaggi e momenti di vita, in Nel regno dei poveri, cit., pp. 109-120: 111

(«L'iniziativa di riunire gli orfani e i ragazzi derelitti in reparti separati degli ospedali per far loro apprendere un mestiere e specialmente per istruirli nel catechismo attraverso un metodo mnemonico fatto di brevi domande e risposte, con la speranza di farne dei buoni chierici o almeno degli onesti artigiani, è una prerogativa del Miani, e ben può andar fiera Venezia per aver diffuso, attraverso questo suo tipico e genuino patrizio, in tutto il Veneto, in Lombardia e, tramite i Somaschi, nell'Italia intera tale iniziativa»).

214 Ivi, pp. 114-117.

studi approfonditi sull'attività musicale femminile all'interno degli ospedali veneziani (l'Ospedaletto costituisce in tal senso l'esempio più celebre), poco o nulla si sa sull'attività teatrale svolta con finalità pedagogiche in quei luoghi.215

Mentre il teatro gesuitico ha goduto negli ultimi anni di una notevole fortuna critica che ha permesso di mettere a fuoco il fenomeno nelle sue coordinate storico-geografiche, l'ambito del teatro confessionale in volgare resta per lo più inesplorato. In margine al suo pionieristico contributo sull'attività teatrale nei conventi femminili fiorentini, Elissa Weaver ha fornito alcune indicazioni generali, ma solo approfondimenti specifici potranno chiarire il fenomeno nel suo complesso.216 Il caso degli ospedali veneziani, di cui la produzione teatrale di

Fabio Glissenti rappresenta probabilmente solo un capitolo, dovrà essere studiato nel suo insieme, confrontando i testi con la documentazione d'archivio oggi disponibile.217

La fortuna delle favole morali del medico bresciano non è però esclusivamente legata alla pratica teatrale degli ospedali veneziani. Come appare chiaro ad un primo confronto con i testi, la qualità strettamente drammatica dei drammi di Glissenti non è elevata. A fronte di momenti in cui l'autore pare ben consapevole dei coevi sviluppi della drammaturgia profana, con echi che vanno dal teatro colto a quello dei Comici dell'Arte, le favole morali presentano spesso

215 Cfr. D. ARNOLD, L'attività musicale, in Nel regno dei poveri, cit., pp. 99-108; più specificamente

dedicati all'esperienza musicale nell'Ospedaletto: Arte e musica all'Ospedaletto. Schede

d'archivio sull'attività musicale degli ospedali dei Derelitti e dei Mendicanti di Venezia (sec. XVI-XVIII), Venezia, Stamperia di Venezia, 1978; G. ELLERO-S. LUNARDON, Guida

all'Ospedaletto. Itinerario storico, artistico e musicale della Chiesa e Ospedale dei Derelitti,

Venezia, I.R.E., 2005.

216 WEAVER, Convent theatre in early modern Italy, cit. Si vedano soprattutto i capitoli introduttivi

(Renaissance Culture in Italian Convents, 1450-1650, ivi: 9-48; The Convent Theatre

Tradition, ivi: 49-95), nonché l'ultimo, dedicato ad uno sguardo oltre i limiti della Toscana

(Beyond Tuscany, ivi: 216-237).

217 Un approfondimento della ricerca non potrà prescindere da una verifica dei materiali raccolti

presso l'Archivio delle Istituzioni di Ricovero e di Educazione (I.R.E.) di Venezia. Si tratta di un vasto fondo archivistico che raccoglie i documenti relativi agli ospedali veneziani; cfr. per un primo approccio la guida di G. ELLERO, L'archivio IRE. Inventari dei fondi antichi degli

ospedali e luoghi pii di Venezia, Venezia, I.R.E., 1987.

lunghe sezioni in forma di monologhi che, pur rivelando affinità coi moduli della predicazione, tradiscono un dettato più adatto alla lettura che alla messa in scena (il dato è coerente con la genesi dei testi che nascono come riscritture drammatiche delle novelle incluse dall'autore nella Athanatophilia). Le vicende editoriali del corpus ne confermano del resto la destinazione femminile e, più specificamente, conventuale.

Le favole stampate tra il 1606 ed il 1616 (La Ragione sprezzata, L'Andrio, Il bacio della Giustitia e della Pace, Il Diligente, La Morte innamorata e l'Androtoo) sono introdotte da documenti paratestuali strettamente connessi all'autore: se non è Glissenti a firmare le epistole di dedica, esse sono scritte da parenti o amici molto vicini al medico bresciano. Come si è visto, La Ragione sprezzata è dedicata alla duchessa di Mantova; Il bacio della Giustitia e della Pace è invece inviata dall'autore alla signora Contarina Leoni con esplicito riferimento ad una destinazione femminile che, oltre a tradire la componente narrativa del testo, ne suggerisce l'intenzione didattica: «Eccovi Clarissima Signora la Novelluccia, per le vostre fanciulle da me promessa».218 Le altre

stampe di questa prima serie sono dedicate a Bartolomeo Buontempelli (L'Andrio, Il Diligente), Henry Wotton (La Morte innamorata) e Marino Zane (L'Androtoo). Le quattro favole morali, pubblicate dopo la morte di Fabio Glissenti, presentano invece dediche degli editori, Marco e Bartolomeo Ginammi, a personaggi non direttamente legati all'autore: La giusta Morte a Bernardo Giordani da Venezia, guardiano di San Francesco della Vigna; Lo Spensierato a Pietro Contarini; Il Mercato overo la fiera della vita humana a Ottavio Rivarola; La Sarcodinamia a Giovanni Stanauser.219

Il fatto che l'editore Ginammi, specializzato in opere di devozione cristiana,

218 F. GLISSENTI, Il bacio della Giustitia e della Pace, Venezia, Giovanni Alberti, 1607, c. [A2]r.

Cfr. l'appendice documentaria per il testo completo della dedica, che individua più avanti nella destinataria e in «tutte l'altre Gentildonne» il pubblico più adatto alla materia morale trattata.

219 Cfr. l'appendice bibliografica e documentaria per i dettagli relativi alle prime edizioni delle

favole morali di Fabio Glissenti.

decida di ripubblicare quasi per intero il corpus delle favole morali di Fabio Glissenti a poco meno di vent'anni dalla sua morte fa pensare ad un'effettiva fortuna di tali testi.220 Eliminate le tracce degli amici e dei familiari coinvolti nella

prima serie di edizioni, Ginammi sembra rivolgersi ad un pubblico ancor più settorializzato di quello cui erano indirizzati i testi nelle intenzioni dell'autore. L'edizione dell'Andrio del 1634 è molto eloquente. Il volumetto è dedicato a Suor Maria Perpetua da Camoro, monaca professa nel monastero veneziano di San Zaccaria. La breve epistola alla suora rileva, forse a scopo pubblicitario, la straordinaria fortuna dei testi di Glissenti:

L'opere del Signor Fabio Glissenti si sono rese ammirabili all'universale, inserendo la dottrina col diletto, e la moralità con le piacevolezze. Le stampe, gareggiando con le scene, l'hanno portate infinite volte alla luce sempre con applausi. Ma crescendo il desiderio di così degna lettura, ne sono mancate le coppie [sic], ed in particolare della presente, intitolata l'Andrio, ch'io consagro al merito di V.S. Illus. e M.R.221

Similmente, l'edizione dello Spensierato dello stesso anno è dedicata a Suor Maria Franceschina Coccina, monaca professa nel monastero di San Rocco e Santa Margherita. La dedica individua nelle monache il pubblico ideale per il testo e giustifica la sua ripubblicazione facendo riferimento alla grande richiesta dell'operetta, ormai esaurita. Le monache, in particolare, la richiedono «per la moralità et per il dilettevole che in essa si ritrova».222 Il rilievo che la «materia

s'accompagna con i suoi religiosi pensieri» conferma infine una fruizione del testo

220 NAPOLI, L'impresa del libro..., cit., pp. 58-68. Cfr. ivi, p. 62, dove la studiosa compara la

produzione teatrale di Glissenti a quella di Vincenzo Piccino, autore di sacre rappresentazioni, anch'esse stampate da Ginammi: «queste opere, oltre ad essere destinate alla recitazione, potevano anche essere semplicemente oggetto di lettura. Spesso, però, le funzioni, quella teatrale e quella letteraria, si fondevano. Così, per esempio, i racconti morali del Glissenti sono novelle edificanti, destinate ad un pubblico femminile e, per essere scritte sotto forma di dialogo, si prestavano ad essere recitate dalle stesse fanciulle di buona famiglia nei teatrini di casa. Il Parto della Vergine [di Piccino], invece, nacque come opera teatrale, rappresentata nel monastero delle Monache di San Matteo di Lecce e recitata dalle nobili che vi dimoravano, e poi fu divulgata, attraverso la stampa, anche come opera letteraria ed educativa».

221 F. GLISSENTI, L'Andrio cioè l'huomo virile, Venezia, Tommaso Ginammi, 1634, c. A2r.

222 F. GLISSENTI, Lo Spensierato fatto pensoroso, Venezia, Giov. Antonio Ginammi, 1634, c. A2r-v.

teatrale che, prescindendo ormai dall'allestimento, si configura piuttosto come lettura personale e meditata, finalizzata alla messa in scena interiore di quelle forme di teatro mentale cui si è fatto riferimento a proposito dei drammi spirituali di Andreini, del Romito Pellegrino e di Bonaventura Morone.