4. L E FAVOLE MORALI DI F ABIO G LISSENT
4.4 Personificazioni e personaggi allegorici nelle favole moral
Protagonista indiscusso delle favole morali è l'Uomo: riprendendo una tradizione che trova il proprio fondamento nell'Everyman tardo-medievale, incarnazione del genere umano nel suo complesso ed emblema di un destino che
249 Ivi, c. 356r.
accomuna gli uomini di ogni tempo, Fabio Glissenti rinuncia alla costruzione di personaggi individuali preferendo adeguare alle norme strutturali del teatro classicista motivi e forme ampiamente diffusi nel Medioevo. Perseguendo quel distacco da ogni intento mimetico che, secondo Werner Helmich, caratterizza il teatro morale medievale, il medico bresciano affianca all'Uomo – personaggio simbolico, categorizzazione del gruppo “umanità”250 – personificazioni che
proiettano all'esterno del soggetto la sua dimensione interiore.
Le favole morali vedono così avvicendarsi le componenti spirituali e quelle materiali dell'Uomo, legate ad esso secondo rapporti gerarchici che rinviano metaforicamente alla concezione coeva della psicologia umana. Tendenzialmente l'Uomo, che può chiamarsi anche Andrio, Antropo o Androtoo, è circondato dai propri servitori, più o meno fedeli: nella Ragione sprezzata compaiono individualmente i cinque Sensi (Udito, Riso, Odorato, Gusto, Tatto); nell'Andrio l'Intelletto e il Senso (rispettivamente chiamati, con erudito riferimento all'etimo greco, Fronimo ed Estisi) intervengono quali cameriere e servo del protagonista; al Senso (Estisi) si affianca invece il Discorso (Fradmo) come paggio dell'Uomo nella Morte innamorata; Androtoo, nell'omonima favola, può avvalersi del consiglio di Discorso, Arbitrio, Senso, Pensiero e Ricordo, ma deve anche fare i conti con la governatrice della casa, Coscienza, ed il suo paggio Rimorso.
Nella Ragione sprezzata l'Uomo, monarca del Mondo, è sposato all'Anima, affiancata dalle proprie serve Memoria, Volontà e Ragione. Altrove, come nella Sarcodinamia, la contrapposizione tra componente spirituale e componente terrena è rappresentata attraverso il rapporto conflittuale tra i coniugi Spirito e Carne: il primo, chiamato Pneumo, è spalleggiato dal maggiordomo Arbitrio (Procremo), dal segretario Intelletto (Fronimo) e dal coppiere Pensiero (Frontido); la seconda, sotto il nome di Sarca, è sostenuta dalle serve Vanità (Mateota) e
250 Cfr. HELMICH, Die Allegorie im französischen Theater des 15. und 16 Jahrunderts, cit.; STRUBEL,
Grant senefiance a, cit., p. 313, ricorda la felice definizione di Helmich che, per il personaggio
simbolico dell'Uomo, inteso come rappresentativo dell'Umanità, parla di «nom conceptuel». 169
Sensualità (Estesia). Anche in questo frangente, la casa è nelle mani delle governatrici Ragione (Logia) e Coscienza (Sinideta).
I personaggi delle favole morali non si esauriscono tuttavia nelle personificazioni che danno corpo all'interiorità dell'Uomo. Quando la scena del dramma è quella mondana, fanno la loro comparsa altre figure già proprie della tradizione allegorica medievale. Nell'Andrio il Mondo (Cosmo) e la Pompa (Pompilia), genitori della Carne (la principessa Sarcodonta), seguiti da un corteggio di servitori e paggi che incarnano le lusinghe terrene (Diletto/Idonì, Fasto/Filotimo, Oziosità/Ergia, Crapula/Filopotia) rappresentano gli avversari dell'Uomo. Analogamente il Mondo, sposato ora alla Fraude (Sofisma), ora alla Comodità, fa la sua comparsa rispettivamente nella Morte innamorata e nel Mercato overo la fiera della Vita humana. Si tratta, spesso, di emanazioni luciferine: alle personificazioni allegoriche si affiancano infatti talvolta Lucifero e i demoni impegnati nel tentativo di indurre l'Uomo al peccato. I danteschi Calcabrina, Malacoda e Farfarello assistono il principe infernale nella Ragione sprezzata. Cacodemone, Astaroth, Sarcodemone, Asmodeo e Cosmodemone lo accompagnano invece nell'Andrio.251
Non mancano infine personaggi che, sebbene non propriamente allegorici, rappresentano declinazioni particolari dell'onnipresente Uomo. Proprio il Mercato, secondo una modalità già sperimentata da Glissenti nei Discorsi morali ed impiegata anche nel triumphus mortis della Ragione sprezzata, vede muoversi in scena personaggi che incarnano categorie specifiche di mortali: il Nobile, il Barone, il Mercatante, l'Artigiano e il Capitano, proprio come nella Totentanz di Holbein che già forniva spunti numerosi alla Athanatophilia, si lasciano ingannare dal Mondo e finiscono senza possibilità di riscatto tra le braccia della Morte. L'ordine universale è rappresentato da figure allegoriche come il Tempo, l'Esperienza, la Natura, la Giustizia e, sopra tutte, la Morte stessa che, dalla
251 Cacodemone e Lucifero compaiono anche tra i personaggi dell'Androtoo.
Ragione sprezzata al Mercato, rischia costantemente di sottrarre all'Uomo il suo ruolo di protagonista.
Come si evince da questo breve excursus sui personaggi delle favole morali, Glissenti attinge alla tradizione medievale che, apparentemente oscurata dalla rinascita italiana del teatro classicista, costituisce un importante elemento di lunga durata nella drammaturgia della prima età moderna. D'altro canto, in linea con il gusto erudito che anima un termine di nuovo conio come Athanatophilia e i titoli dei cinque dialoghi che compongono l'opera maggiore (Filologo, Estisiphilo, Eleuthero, Filodoxo, Alithinoo), Glissenti sceglie di fornire per molti dei suoi personaggi allegorici nomi costruiti sui termini greci corrispondenti a quelli volgari. L'espediente non è nuovo: occorre citare almeno il precedente di Giovan Battista Leoni che, nei suoi drammi spirituali, adotta un sistema onomastico analogo. Nella Conversione del peccatore, testo che Fabio Glissenti conosce e cita esplicitamente nel secondo dialogo dei Discorsi morali, la lista dei personaggi è costruita secondo il medesimo principio che sarà impiegato dal medico bresciano nei propri drammi:252 gli «interlocutori» sono «Fisia cioè Natura», «Icomèno cioè
Mondo», «Zoi cioè Vita humana», «Andro cioè Huomo», «Fronimo cioè Intelletto», «Idonèo cioè Senso», «Estico cioè Virilità», «Astenèo cioè Infirmità», «Martano cioè Peccato», «Eusebia cioè Religione», «Metania cioè Penitenza», «Aidia cioè Vita eterna», «Pseuda cioè Falsa religione».253 Si tratta, com'è chiaro,
252 Cfr. GLISSENTI, Discorsi morali, c. 160r. G.B. LEONI, La conversione del peccatore a Dio.
Tragicomedia spirituale, Venezia, Francesco de Franceschi, 1591. L'autore, poligrafo padovano
attivo a Venezia sullo scorcio del Cinquecento, noto con lo pseudonimo di Lauro Settizobio, fu tra i fautori della “seconda” Accademia veneziana ed intervenne a più riprese su temi di filosofia politica legati alla gestione della Serenissima (cfr. le sue Considerationi sopra
l'Historia d'Italia di messer Francesco Guicciardini, Venezia, Giovanni Giolito, 1583). Tra gli
altri testi teatrali dei quali fu autore, La falsa riputatione della Fortuna (Venezia, G.B. Ciotti, 1596) è definita nel frontespizio, analogamente ai drammi di Glissenti, «favola morale». Recitata dagli Accademici Generosi del Seminario Patriarcale di Venezia: essa rivela un'affinità con i testi del medico bresciano anche sul piano della destinazione. Cfr. gli altri titoli:
L'Antiloco. Tragicomedia, Ferrara, Benedetto Mammarelli, 1594; Roselmina favola tragisatiricomica, Venezia, G.B. Ciotti, 1595.
253 LEONI, La conversione del peccatore a Dio, cit., c. A3r. Il medesimo espediente onomastico è
utilizzato ne La falsa riputatione di Fortuna, cit.; si veda la lista dei personaggi, ivi, c. A3r: 171
di una modalità di nominatio che, seppur finalizzata a stemperare la connotazione simbolica degli interlocutori, avvicinandoli il più possibile allo statuto di personaggi, non nasconde la valenza marcatamente allegorica dell'intera operazione.
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Non potendo fornire in questa sede un'analisi dettagliata di tutti i drammi di Fabio Glissenti, si è scelto di concentrare l'attenzione su due testi rappresentativi del progetto culturale che anima l'intero corpus: La Ragione sprezzata e l'Androtoo.
Neandro cioè Huomo; Patrigea cioè Patria, madre di Neandro; Icha cioè Casa, nodrice; Isichio cioè Ozio, maggiordomo; Fimeo cioè Fama, coppiere; Filotimo cioè Ambizione, segretario; Tolmo cioè Ardire, cameriere; Filoprammosino cioè Curiosità, cameriere; Aulia cioè Corte; Dulia cioè Servitù, figliuola di Aulia; Elpidia cioè Speranza, nodrice di Dulia; Areteo cioè Virtù, maggiordomo di Aulia; Anecho cioè Pazienza, segretario; Ticho cioè Fortuna, tesoriere; Ftono cioè Invidia, paggio; Gongismo cioè Mormorazione, paggio.
5. LEFAVOLEMORALICOMETEATRODELLAVANITAS