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Il destino delle opere formigginiane all’estero: sentieri interrotti e success

fra autori stranieri, traduttori ed editor

3.4 Il destino delle opere formigginiane all’estero: sentieri interrotti e success

L’impegno profuso da Formiggini per riconoscere e diffondere la dignità e qualità della produzione intellettuale italiana anche al di là dei confini nazionali, incanalato all’interno del suo Istituto per quanto concerneva le vie istituzionali, era rispecchiato nel contempo dalla gestione del catalogo editoriale sul fronte più prettamente imprenditoriale. La strada a doppio senso di interazione con l’estero si sviluppò da un lato – come già visto – nell’inclusione di opere straniere

192 AEF, Circolari, vol. 3, 1918-1927, c. 168, cit. 193 AEF, Circolari, vol. 3, 1918-1927, c. 168, cit.

194 AEF, fasc. Albertazzi, Adolfo, doc. 18, lettera del 30.12.1922. 195 AEF, fasc. Biagi, Guido, doc. 10, cartolina del 09.04.1923.

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in traduzione all’interno delle proprie collane e, dall’altro, nei tentativi ripetuti di oltrepassare le frontiere dello stivale con le opere stampate dai suoi torchi. Formiggini si diede da fare, di concerto con gli autori, per la traduzione e circolazione al di fuori dell’Italia di diversi titoli appartenenti al proprio catalogo; seppur non riuscì sempre a portare a compimento le trattative in modo fruttuoso, l’interesse dimostrato nei confronti delle sue intraprese editoriali da parte di realtà straniere è indice dell’efficace diffusione e della fruttuosa promozione di informazioni bibliografiche, anche e soprattutto dopo il 1918, con l’apporto fondamentale dell’«Italia che scrive».

Tra i progetti mai andati in porto di cui è rimasta traccia vi sono, ad esempio, i contatti con New York per pianificare l’edizione americana de La sordità di Beethoven di Guglielmo Bilancioni,196 o la richiesta da parte di una casa editrice del Colorado di poter pubblicare la traduzione inglese o francese dell’opera di Leo Wollemborg Elena. Diario di una signorina

moderna.197 Nel primo caso, si trova un riferimento alla questione all’interno del carteggio con

l’autore stesso, Bilancioni, che già nel 1922 mise al corrente Formiggini «della domanda della signora Mackenzie, corrispondente di autorevoli giornali inglesi, la quale vorrebbe tradurre in inglese La sordità di Beethoven. È persona seria e naturalmente sarebbe bene parlarne insieme».198

Nessun altro accenno alla questione o alla traduttrice menzionata, però, occorse nella corrispondenza successiva tra i due e l’argomento venne sollevato nuovamente soltanto alcuni anni dopo l’effettiva pubblicazione del saggio, con l’arrivo di una lettera da oltreoceano. Il dottor Gustavo De Luca, del quale ben poco si sa,199 scrisse infatti a Formiggini da New York, con il medesimo intento, chiedendo alcune delucidazioni:

1) se il detto libro è stato o no mai tradotto in Inglese

2) se vuole a me concedere il diritto di esclusiva traduzione in Inglese 3) in caso affermativo, a quali condizioni.200

Nel frattempo, tuttavia, a soli tre anni dall’uscita della sua opera Bilancioni era prematuramente scomparso per le complicazioni di una nefrite cronica; nel rispondere, l’editore si rivolse dunque anche ai familiari dell’autore defunto, ai quali inviò copia della missiva indirizzata a De Luca:

196 L’opera, uno studio di otologia, fu pubblicata da Formiggini nel 1921 (E. MATTIOLI, A. SERRA, Annali delle

edizioni Formiggini (1908-1938), cit., p. 173-174).

197 Romanzo in forma di diario pubblicato nel 1932 (Ivi, p. 361). 198 AEF, fasc. Bilancioni, Guglielmo, doc. 25, lettera del 14.02.1922. 199 Non esiste una voce a lui dedicata neanche nel Chi è? formigginiano.

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Suppongo che anche la famiglia Bilancioni sarà come me lieta del proposito della S.V. manifestato e che anch’essa per le stesse ragioni sentimentali non porrà limitazioni di sorta. […] Se una quindicina di giorni dopo la presente ella non avrà ricevuto comunicazioni in senso contrario potrà perciò pubblicare in versione inglese l’opera sopracitata non omettendo d’indicare la casa che ha dato in luce la edizione originale e d’inviarne copia alla famiglia del compianto Prof. Guglielmo Bilancioni – Rimini, e copia a me perché possa darne annuncio nella mia “Italia che Scrive”.201

L’aspirante traduttore, consapevole di dover ottenere il placet degli eredi dell’autore per poter immettere sul mercato una traduzione autorizzata, riscrisse a Formiggini, puntualizzando quanto lui fosse fermamente convinto che il libro meritasse «di essere conosciuto al di là della ristretta cerchia dei lettori e conoscitori di lingua Italiana», poiché «è tale che può interessare egualmente lo scienziato, il critico, l’artista, il bibliofilo». Pertanto, si dichiarava «deciso ad incontrare il rischio della traduzione e pubblicazione presso un Editore Americano che abbia prestigio e larga clientela», e pronto a intraprendere «il ponderoso lavoro di traduzione» non appena avuta la conferma «che la distinta famiglia Bilancioni si assocerà al permesso che Lei mi ha già concesso».202 Formiggini si

affrettò a fare da tramite, girando la comunicazione ad Amelia Biasini, cognata di Bilancioni con cui aveva già avuto contatti epistolari in quanto tutrice dei figli minorenni rimasti orfani e interlocutrice in merito ai diritti d’autore,203 per poi annunciare al traduttore che «la famiglia Bilancioni, coerente a

quei sensi di illimitato disinteresse che furono caratteristici del compianto scienziato e scrittore, le consente, senza pretendere consenso che Ella degnamente traduca e faccia degnamente pubblicare la maggiore o per lo meno la più conosciuta opera di lui».204

De Luca accolse la notizia con entusiasmo, promettendo «di fare ogni cosa degnamente affinché lo scienziato e scrittore, Prof. Bilancioni, sia ampiamente conosciuto e degnamente apprezzato fra i popoli che parlano l’Inglese». Quest’ultimo si lanciò poi nell’ipotesi di un «piano» che, a suo parere, sarebbe servito per far ottenere alla traduzione «un rapido e vasto successo librario»:

Il M[aestr]o Toscanini tornerà in New York il prossimo inverno per dirigere (e forse per l’ultima volta) un ciclo di Concerti Beethoveniani. Egli è qui ritenuto l’unico e insuperato interprete delle opere di

201 AEF, fasc. Bilancioni, Guglielmo, doc. 45, minuta di Formiggini del 09.08.1937, indirizzata sia a De Luca sia alla

famiglia Bilancioni. Il figlio del defunto, Giorgio Bilancioni, non mancò di ringraziare sentitamente l’editore per «il gentile pensiero di subordinare alla nostra approvazione il Suo consenso alla richiesta del Dott. De Luca» e gli comunicò di essere «ben lieto che l’apprezzamento delle opere paterne sopravviva all’autore» e di attendere dunque una copia della futura traduzione (AEF, fasc. Bilancioni, Guglielmo, doc. 46, lettera di Giorgio Bilancioni del 14.08.1937).

202 AEF, fasc. Bilancioni, Guglielmo, doc. 47, lettera di De Luca da New York del 20.08.1937.

203 L’originale della lettera di De Luca viene inviato alla Biasini con una nota autografa di Formiggini scritta

direttamente in calce alla stessa, datata 30.08.1937.

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Beethoven. Inoltre Egli figura nel Libro del Prof. Bilancioni in luce “geniale”. Orbene: io penso 1) di dedicare la traduzione al M[aestr]o Toscanini, 2) di lanciare il Libro durante i concerti ch’Egli darà al Carnegie Hall, 3) di invitare il Maestro a scrivere una breve lettera-prefazione alla mia traduzione. Tale lettera avrà l’effetto di incoraggiare il mio Editore Americano, di accrescere il prestigio del Libro e di favorirne una copiosa vendita. Pertanto io prego Lei e la Sig.ra Biasini di assumersi l’incarico (non so se facile o arduo) di ottenere al più presto possibile la preziosa lettera-prefazione.205

La strategia di marketing ideata dal traduttore fu supportata da Formiggini – che, come si è visto, era sensibile a una tipologia originale di rèclame – il quale preparò personalmente una bozza di lettera da inviare al figlio del noto direttore d’orchestra, Walter Toscanini, che al tempo lavorava a Milano presso la casa editrice Mondadori:

Carissimo Toscanini,

Il dott. Gustavo De Luca […] mi ha chiesto di tradurre per il mondo inglese la più bella e nota opera del compianto otorinolaringojatra Guglielmo Bilancioni che mi era cariss<imo> e che si intitola LA SORDITÀ DI BEETHOVEN. […] Il traduttore, per quanto si può vedere dal modo con cui scrive, è persona degna e seria e si propone di varare il libro in occasione di un grande concerto Beethoveniano che, egli dice, il tuo illustre PAPÀ dovrà tenere in America. Egli ci terrebbe a fare omaggio della sua traduzione appunto al tuo Papà: io penso che tale omaggio non debba riuscirgli sgradito.

Ma il traduttore vorrebbe una lettera del Papà da poter pubblicare in testa al volume.206

La fece poi recapitare alla Biasini perché fosse lei, in qualità di referente per conto degli eredi, a sottoscriverla e inviarla, anche a nome suo. La buona volontà di tutti si scontrò, tuttavia, con il disinteresse di Toscanini, che per tramite del figlio rifiutò la proposta di scrittura della prefazione; a dicembre De Luca inviò a Formiggini un’altra missiva in cui si doleva «per l’indifferenza del Maestro verso la bella opera del Prof. Bilancioni», poiché una sua lettera prefatoria «avrebbe avuto un valore ed un significato particolari e poteva pesare moltissimo sull’Editore e sul pubblico». Invitò in ogni caso Formiggini a segnalare sull’ICS l’imminente uscita dell’opera, essendo la traduzione «già a buon punto».207 In realtà, anche in questa circostanza il progetto editoriale alla fine cadde nel vuoto: la corrispondenza sia con New York sia con gli eredi Bilancioni si interruppe (o non ne è stata tenuta traccia) e non esiste, attualmente, una effettiva pubblicazione in inglese dell’opera di Bilancioni. Non avendo rintracciato notizie biografiche sulla figura di De Luca, è difficile spiegarsi

205 AEF, fasc. Bilancioni, Guglielmo, doc. 51, lettera di De Luca da New York del 16.09.1937. Amelia Biasini era la

cognata di Bilancioni.

206 AEF, fasc. Bilancioni, Guglielmo, doc. 53, minuta di Formiggini del 30.09.1937 indirizzata «Al Chiar.mo Signor

Toscanini Junior, Ufficio Stampa della casa editrice Mondadori, Milano».

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il motivo dell’abbandono repentino della traduzione (se, davvero, come dichiarato da lui stesso, era già in atto). Dall’utilizzo dell’appellativo di dottore si può pensare che fosse un medico, e che, seppure le competenze professionali potessero essere all’altezza del compito forse quelle linguistiche non lo erano, dal momento che il suo nome non è risultato associato ad alcuna traduzione. O, ancora, che l’indifferenza di Toscanini gli avesse aperto gli occhi sul potenziale disinteresse di pubblico che un’opera del genere poteva suscitare, quand’anche, magari, lui ne fosse appassionato per motivi personali o lavorativi. Forse, per tutelarsi da ciò, aveva poi chiesto a Formiggini un potenziamento preventivo della rete di promozione e distribuzione del volume negli Stati Uniti (se lo fece, Formiggini non ne tenne traccia), richiesta che l’editore modenese non sarebbe stato in grado di ottemperare nel ’37, con la casa editrice ormai ridotta a «un ramo secco»208

e la produzione stabilizzata su livelli bassissimi.209

La stessa sorte toccò, alcuni anni prima, a Elena. Diario di una signorina moderna, romanzo d’esordio di Leo J. Wollemborg, figlio del più noto economista e politico di origine ebrea Leone Wollemborg.210 L’anno successivo alla pubblicazione del volume era giunta una missiva da

Denver, Colorado, con la richiesta di poter tradurre il libro in lingua inglese o francese:

Gentlemen, May I ask for the favor of a press-copy, in view of translation at New York, of your “Elena” by Leo Wollemborg? Indeed I should be very pleased to receive any other book of your publications which you would select for translation here or at Paris.

Car, Messieurs, je suis nou seulement Americaine, par ma mère, mais Française & Parisienne par mon père, et déja j’ai en trois traductions acceptées à Paris (chez Gallimard, Redier & Fayard). Excusez-moi, je vous prie, de ne pouit aujourd’hui vous écrire en Italien – j’ai trop parlè l’Espagnol ces temps-ci pour oser le faire, crainte de mélange. Donc – may I also ask for your calalogue, with the favor of any selection, recomendation, or suggestionyou may wish to mark.211

Non ci sono sufficienti elementi per l’identificazione della firmataria, «Miss L.M. Laforgue», ma l’utilizzo di entrambe le lingue nella lettera, passando in modo disinvolto dall’una all’altra, voleva mostrare all’editore la padronanza linguistica della donna, che si proponeva come traduttrice

208 La definizione è dello stesso Formiggini, nel suo testamento olografo del 04.09.1938 (conservato in AFF, b. 22,

fasc. 249).

209 Solo 15 titoli editi in quell’anno, ricorda Montecchi nel suo citato intervento L’Azienda Formiggini (in Angelo

Fortunato Formiggini. Un editore del Novecento, cit., p. 198).

210 La famiglia Wollemborg si era trasferita a Padova da Francoforte nel XVIII secolo. Leo J. Wollemborg (1912-

2000), giornalista e scrittore, fuggì dall’Italia pochi anni dopo la pubblicazione di Elena a causa della promulgazione delle leggi razziali, nel 1939 (anno successivo al suicidio di Formiggini) e trovò asilo negli Stati Uniti.

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esperta, accolta in Francia da case editrici come Gallimard.212 L’annotazione autografa di Formiggini sulla lettera stessa, in lapis blu – «Con molti saluti AFF» – sembrerebbe la prova dell’avvenuto invio del volume richiesto da parte dell’editore, ma non vi sono altri residui di accordi concreti tra i due e, difatti, non è stata rintracciata alcuna edizione in inglese o francese del libro di Wollemborg.

Si rivelò invece fruttuosa la trattativa per la traduzione inglese e francese del libro Dal

socialismo al fascismo di Ivanoe Bonomi. L’opera era uscita nel 1924 in due edizioni successive,

a meno di un mese di distanza l’una dall’altra, e fu di grande importanza, poiché rappresentò «una analisi lucida delle origini del fascismo e una posizione critica molto netta» da parte del politico – ex parlamentare e tra i fondatori del Partito socialista riformista italiano –, che già bollava il fascismo come dittatura, il suo leader Mussolini come «opportunista della politica» ed esprimeva «la povertà concettuale della dottrina fascista».213 La pubblicazione, di stampo marcatamente

antifascista, potrebbe sembrare un azzardo da parte di un Formiggini che aveva cercato, per quanto possibile, di mantenersi su una linea di neutrale accettazione e collaborazione con le istituzioni al Governo. Egli si trovava, tuttavia, in una fase particolare della sua vita personale: a novembre del 1923, quando Bonomi gli scrisse per chiedere un consiglio su quale editore italiano fosse il più adatto ad accogliere il suo scritto, Formiggini aveva appena licenziato la sua Ficozza, a seguito della «marcia sulla Leonardo». Non stupisce più di tanto, in tale frangente, l’immediata proposta di assumere lui stesso l’onere della pubblicazione del libro di Bonomi. Addirittura, ancora prima dell’uscita dell’edizione italiana, Formiggini già esprimeva all’autore la volontà di «cercare di collocare il libro presso editori stranieri come è stato fatto per altri scritti di altri uomini parlamentari italiani».214

D’altronde, l’argomento di scottante attualità non poteva che suscitare curiosità fuori dai confini nazionali. Già agli inizi di febbraio 1924, Bonomi inoltrò a Formiggini la lettera dattiloscritta della casa editrice Dorrance & Company Inc. di Philadelphia, la quale «desidera esaminare il mio libro prima di altri editori americani, e ciò ai fini della traduzione in inglese»:215

Sir, we are informed that you have written a book on Italian political conditions […]. Our agents state that the book may appear in English, and we wish to tell you that it would give us real pleasure to have an opportunity of examining this work before any other American Publishers may see it. When the

212 A riprova della padronanza delle due lingue sfoggiate nella missiva, la donna compare, ma sempre senza

l’esplicitazione del nome completo, in veste di traduttrice dall’inglese in francese di due romanzi dell’autore americano Nevil Gratiot Henshaw, entrambi editi nel 1937 dalla casa editrice Mame di Tours.

213 E.MATTIOLI,A.SERRA, Annali delle edizioni Formiggini (1908-1938), cit., p. 214. 214 AEF, fasc. Bonomi, Ivanoe, doc. 2, minuta di Formiggini del 06.11.1923.

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volume has appeared in Italy, will you not bear this in mind, as we are prepared to extend you not only a friendly interested reading, but an almost immediate report.216

La missiva della casa editrice americana – a firma di Gordon Dorrance, presidente e fondatore della stessa nel 1920 – precedeva l’effettiva data di pubblicazione della prima edizione del volume, dando prova di un interesse concreto; pertanto, Bonomi chiese all’editore il «grosso favore» di inviare una copia oltreoceano non appena l’opera fosse stata ufficialmente immessa sul mercato. Formiggini provvide con tempestività, come testimoniato dall’appunto autografo dell’editore sulla lettera stessa: «ho spedito copia del libro il giorno 8.II.[1]924».

Nel frattempo, la traduzione in francese era già in cantiere. In un biglietto del 24 febbraio, Bonomi informò Formiggini: «Il sig. Emanuel Audisio sta traducendo in francese il volume. Pare abbia trovato l’editore Stock. Io manderei da Lei l’Audisio per le trattative. Vuole occuparsene?».217 Audisio e Formiggini si incontrarono a Roma e l’editore ebbe di lui, come in seguito riportò a Bonomi, «una impressione molto positiva»; Formiggini sottopose poi all’attenzione dell’autore «copia di una lettera che per suggerimento di Audisio ho spedito insieme col volume a tre editori di Parigi per sentire se accettano di pubblicare il suo libro e a quali condizioni», specificando che sarebbe stato lieto, per quanto possibile, di «contribuire a farle ottenere condizioni buone».218

Tutte e tre le case parigine contattate – Stock, Payot e Bossard – risposero entro la fine di marzo, ma nessuna accolse la proposta dell’editore italiano. Il direttore delle Éditions Bossard, F. Mochez, dichiarò di non poter includere il libro di Bonomi tra i propri titoli in quanto solo quindici giorni prima aveva dato alle stampe un’opera francese inerente al fascismo, Le Dictateur di Alphonse Séché; quella del Bonomi risultava «trés spécialement italien, j’entends d’intérêt italien», inducendolo a pensare che «le public français a pour le moment tant de souci qu’il lui reste peu de loisir pour s’occuper de problèmes intérieurs italiens, remontant à 1920».219 Le Éditions Stock addussero svariate giustificazioni all’impossibilità di assumersi tale onere, a prescindere da un eventuale interesse per l’opera: «notre programme est trop chargé, nos engagements en cours trop nombreux, l’instabilité de l’edition trop grande».220 Il medesimo

216 AEF, fasc. Bonomi, Ivanoe, doc. 14, lettera del 21.01.1924, allegata alla missiva di Bonomi. 217 AEF, fasc. Bonomi, Ivanoe, doc. 16, biglietto del 24.02.1924.

218 AEF, fasc. Bonomi, Ivanoe, doc. 17, minuta di Formiggini del 07.03.1924.

219 AEF, fasc. Bonomi, Ivanoe, doc. 19, lettera del 18.03.1924 a firma di F. Mochez. Le Éditions Bossard erano state

fondate a Parigi nel 1916; non si sono reperite informazioni relative al direttore e firmatario della lettera.

220 AEF, fasc. Bonomi, Ivanoe, doc. 20, lettera del 21.03.1924. Le Éditions Stock erano state fondate da André

Cailleau nel XVIII secolo, assumendo il nome corrente solo con il passaggio all’editore Pierre-Victor Stock nel 1877. Nel 1921, in seguito a grosse difficoltà finanziarie, la casa editrice era stata rilevata da Maurice Delamain e Jacques

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scenario è prospettato nella risposta del portavoce delle Éditions Payot: «nous sommes trop chargés en ce moment pour qu’il nous soit possible de nous en occuper. Nous vous remercions d’avoir bien voulu songer à notre maison pour cet ouvrage, et nous déplorons que les circonstances ne nous soient pas plus favorables».221

Bonomi e Formiggini, tuttavia, non si arresero all’isolamento culturale in cui l’editoria italiana si dibatteva, quando cercava di entrare nel mercato estero per il tramite delle traduzioni. Ad aprile, dopo essere stato informato dei rifiuti parigini, Bonomi sottopose all’editore un nuovo contatto: un «ex-deputato liberale che ha letto il mio libro e mi consiglia di farlo tradurre in lingua inglese», a cui l’autore del volume aveva risposto «che mi cerchi un editore inglese ed io sarò felicissimo di consentire»;222 inoltre, Bonomi aveva scritto anche ad amici a Parigi per farsi consigliare un editore francese da sostituire a quelli a cui si erano infruttuosamente rivolti. Tali referenti si rivelarono più affidabili; già in settembre Bonomi poteva rivolgersi nuovamente a Formiggini sia per inviargli copia della ultimata traduzione in francese di Audisio, sia per informarlo della uscita imminente di quella inglese, portando alla sua attenzione la questione della distribuzione:

Ora uscirà (entro settembre) la traduzione inglese, e l’editore inglese vorrebbe da me suggerimenti circa il modo di far conoscere il libro agli inglesi di passaggio per l’Italia (avvisi in negozi italiani che