l’Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana (1919-1923)
2.3. Un sostegno ineludibile: gli apparati dello Stato
Il bisogno di rendere noto a un pubblico il più numeroso possibile il lavoro dell’Istituto non poteva guardare solo all’iniziativa privata o a promesse senza fondamento concreto da parte di singoli soggetti (come Gramatica di Bellagio) e si fece via via più stringente nel corso del 1920, mentre esso consolidava la propria posizione e si avviava ad una sinergia sempre più intensa con l’apparato statale. L’editore si rapportò in particolar modo con il Ministero degli Esteri, per ampliare lo spettro di diffusione delle iniziative e delle pubblicazioni legate all’attività dell’ente facendo uso anche dei canali ufficiali. Era infatti già in produzione dal 1919 una collana di titoli pensati appositamente per accompagnarsi alla diffusione della cultura italiana, ovvero le “Guide Bibliografiche”: il progetto, concepito da Formiggini, fu presentato sotto forma di relazione al sottosegretario Gallenga Stuart nell’ambito della Commissione per la propaganda del libro italiano all’estero, di cui l’editore era stato chiamato a fare parte. Esso prevedeva una serie di panorami
58 AEF, fasc. Fondazione Leonardo, doc. 8, estratto a stampa da «Nuova Antologia», 01.12.1919. La bozza
dattiloscritta dell’articolo con le revisioni autografe di Formiggini è conservata nel fasc. Istituto per la Propaganda
della Cultura Italiana, doc. 26.
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esaustivi della produzione libraria nazionale – affidati alle penne più autorevoli, note anche a livello internazionale – riguardanti alcune discipline di studio ritenute fondamentali, composti da «un esordio prospettico e sintetico, ossia un “profilo” che potrà essere tradotto in varie lingue nelle diverse edizioni» e «un’appendice puramente bibliografica che nelle edizioni straniere non sarà tradotta». L’intento era di «costituire un vero e proprio bilancio del contributo che gli scrittori italiani hanno portato alla civiltà negli ultimi decenni»,60 che consentisse un’agevole traduzione e la massima circolazione oltre confine dei volumetti, come lui stesso spiegava nella prefazione alla prima “guida-modello”, ovvero La Geografia, compilata da Roberto Almagià.61 La relazione era stata approvata a pieni voti dalla Commissione, che aveva nominato una sottocommissione (formata da Angiolo Orvieto, Ettore Romagnoli e Volterra) che lo coadiuvasse in una scelta imparziale di redattori competenti per i diversi profili bibliografici; Formiggini aveva così apprezzato la relazione ufficiale che decise di riprodurla per intero sul numero di ottobre 1918 dell’ICS, all’interno di un articolo a sua firma dal titolo Profili bibliografici della «Italia che
scrive». In tal modo, rendeva partecipi fin da subito i lettori dei legami ufficiali a sostegno
dell’iniziativa, da lui presentata come «qualche cosa di nuovo nella storia della nostra cultura».62 Il
terreno pubblico, esterno all’organizzazione editoriale vera e propria, che avrebbe dovuto offrire il palcoscenico ideale al programma di divulgazione della cultura, del lavoro e del libro italiano, usciva così sempre più allo scoperto sulle pagine dell’organo ufficiale dell’Istituto.
Nel giugno del 1920, l’editore scrisse ad Amedeo Giannini, di lì a poco incaricato della gestione dell’Ufficio stampa del Ministero degli Esteri:63 «Il poter diffondere all’estero le
pubblicazioni dell’Istituto nelle principali lingue straniere sarebbe, come già le dissi, la massima attuazione del programma prefisso» e che «il Capo Gabinetto di S.E. Sforza, dottor Roddolo, si manifestò favorevole all’idea di far avere in abbonamento regolare le pubblicazioni dell’Istituto agli Agenti Consolari e Diplomatici».64 Essi rappresentavano l’approdo ufficiale più efficace per la conquista dell’opinione pubblica al di fuori d’Italia e andavano pertanto necessariamente coinvolti nell’opera di propaganda, come già il conte Carlo Sforza aveva intuito, indirizzando loro
60 Prefazione di A.F. Formiggini a ROBERTO ALMAGIÀ, La Geografia, Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana
(Tipografia L’Universale), Roma, 1919, riportata in E.MATTIOLI,A.SERRA, Annali delle edizioni Formiggini (1908-
1938), cit., p. 153.
61 Seguirà, nello stesso anno, Il teatro, di Cesare Levi; tra il 1920 e il 1923, anno della frattura definitiva tra
Formiggini e la Fondazione Leonardo, saranno pubblicate altre dieci guide, tra cui, ad esempio, La critica di Luigi Tonelli (1920), Lingua e lettere latine di Vincenzo Ussani (1921), La storia medievale di Pietro Egidi (1922) e La
bibliografia di Giuseppe Fumagalli (1923).
62 A.F.FORMIGGINI, Profili bibliografici della «Italia che scrive», «L’Italia che scrive», I, 7, ottobre 1918, p. 103. 63 Già nel gennaio 1919, Giannini era stato chiamato da Vittorio Emanuele Orlando all’Ufficio stampa della
presidenza del Consiglio dei Ministri e inviato a Parigi, presso la delegazione italiana alla conferenza della pace. Nel luglio 1920 venne istituito un apposito Ufficio stampa anche presso il Ministero degli Esteri e Giannini, grazie alle precedenti esperienze, fu incaricato della sua organizzazione.
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una circolare in data 3 marzo 1920. Sforza richiamò l’attenzione sul nuovo Istituto, «che, con mezzi opportunamente studiati, si propone di far meglio conoscere l’Italia», e il cui «altissimo fine» voleva essere raggiunto «con l’esporre nel modo più obiettivo e sereno, evitando ogni pesante amplificazione, quanto da noi si produce nei campi scientifici, letterari, artistici, facendoci conoscere insomma la nostra vita attraverso il nostro pensiero». Chiese pertanto ai rappresentanti dell’Italia in terra straniera di adoperarsi per diffondere le pubblicazioni dell’Istituto, di comunicare «ad Associazioni, Circoli di lettura, ecc. quanto convenga associarsi all’Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana», e di inviare in Italia «indirizzi di enti e di persone ai quali giovi inviare fascicoli di saggio» e «suggerimenti e consigli che saranno sempre bene accolti».65
L’instancabile Formiggini si era pertanto rivolto anche al Ministro degli Esteri Sforza, il quale aveva dianzi versato la quota prevista per l’adesione, come mostrava la sua comunicazione puntualmente riportata nella sezione dedicata all’Istituto del numero di marzo 1920 dell’ICS.66 A
fine maggio, l’editore ricevette la lettera di Lodovico Mortara, ex Guardasigilli e Ministro della Giustizia, in cui fu sancito ufficialmente che l’Istituto «di cui Ella ha preso l’iniziativa con quell’ammirabile fervore che caratterizza ogni intelligente di lei impresa» aveva tutti «i requisiti sostanziali all’uopo richiesti» e pertanto poteva ottenere «il riconoscimento della personalità giuridica mediante decreto reale promosso dal Ministero dell’Istruzione».67 Il placet istituzionale conferì a Formiggini rinnovata energia e, incoraggiato da tale attestato di fiducia nel suo operato e grato per l’ausilio fornito attraverso la circolare indirizzata «Ai Reali Agenti Diplomatici e Consolari», l’editore contattò nuovamente il ministro Sforza, per renderlo edotto del «parere che nulla si opponga al mio desiderio di provvedere all’erezione in Ente morale di questo Istituto» espresso da Mortara, e per esprimere il desiderio «che la iniziativa per le pratiche del caso fosse assunta dal Ministro degli Esteri d’accordo con quello della P[ubblica] I[struzione]».68
Formiggini condivise con Sforza la grande soddisfazione nel constatare che «gli organi legislativi dello Stato cominciano ad appassionarsi ai problemi della propaganda della cultura italiana all’estero» e sottolineò altresì che la sua iniziativa «è tale che ha il raro pregio di completare quante altre potranno essere assunte senza che la sua opera possa in nessun modo
65 La circolare è riprodotta su «L’Italia che scrive», III, 4, aprile 1920, p. 64.
66 «Signor Consigliere Delegato, Le mando qui unita la somma di lire mille con preghiera di voler iscrivere tra i soci
promotori di codesto Istituto il Ministero degli Affari esteri. Sto anche studiando il modo più pratico per diffondere all’estero «L’Italia che scrive» specialmente nei maggiori centri di cultura italiana. Desiderando poi dimostrare personalmente tutta la mia simpatia all’Istituto, le accludo altre duecentocinquanta lire per la mia quota d’associazione. Con ben distinta stima» (lettera di Sforza riportata in «L’Italia che scrive», III, 3, marzo 1920, p. 48). L’importo di L. 250 poneva la sua persona tra i soci perpetui.
67 AEF, fasc. Mortara, Lodovico, doc. 1, lettera del 29.05.1920.
68 AEF, fasc. Ministero degli Affari Esteri, doc. 3, minuta indirizzata a “S.E. il conte Sforza, Ministro degli Esteri”,
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intralciare l’altrui o esserne intralciata». Chiese poi a Sforza di accettare, insieme col Ministro della Pubblica Istruzione, la Presidenza onoraria dell’Istituto, precisando la sua volontà di annoverare all’interno del Consiglio direttivo un membro in rappresentanza di ciascuno dei due ministeri, poiché «mi sembra utile che gli organi dello Stato, che hanno favorito l’affermarsi di questa iniziativa, possano in perpetuo avere sopra di essa un’azione di controllo e di cooperazione». Suggerì inoltre di «inviare regolarmente le pubblicazioni del nostro Istituto a tutti i nostri funzionari all’estero che ricevettero la circolare dell’E.V. in data 3 marzo, affinché vedendo ciascuno quale effetto tale circolare abbia prodotto nell’animo di alcuni si senta stimolato a fare qualche cosa per contribuire alla maggiore affermazione della nostra iniziativa».69 Concluse poi la missiva con i migliori propositi per l’immediato futuro:
.
è nostro proposito non appena avremo mezzi adeguati di fare le nostre pubblicazioni anche in lingue straniere e soltanto allora potremo dare alla nostra azione tutta l’ampiezza che abbiamo vagheggiato. E al suo Capo Ufficio Stampa che ci ha interpellati in proposito abbiamo detto che con un contributo di 75.000 lire all’anno potremmo provvedere ad una edizione in francese o in inglese o in tedesco. Ritengo che, una volta consolidata la personalità giuridica dell’Istituto non sarà difficile trovare mezzi sufficienti per dare all’iniziativa tutti gli sviluppi che potranno essere opportuni e ritengo che potremo in breve tempo disporre davvero di un organismo quale nessuna altra Nazione possiede.70
Si può vedere in più passaggi della lettera come Formiggini avesse bene in mente gli sviluppi dell’Istituto verso una formalizzazione e statalizzazione, con la massima interazione dei Ministeri degli Esteri e della Pubblica istruzione che, a suo parere, dovevano esercitare un compito di «controllo e cooperazione» sull’attività dell’ente. Tra i due elementi, la cooperazione avrebbe dovuto prevalere sul controllo, nell’ottica di Formiggini e, in quel momento, egli vedeva in modo positivo l’«appassionarsi» dello Stato ai problemi legati alla diffusione della cultura italiana all’estero, che potevano agilmente sovrapporsi alle tensioni nazionalistiche che gli organi ufficiali preposti alla stampa e alla propaganda andavano rinforzando dalla fine della guerra.
A conferma di ciò, nel giro di un mese giunse in risposta l’approvazione del ministro in persona all’erezione in ente morale dell’Istituto, «affinché esso possa così avere quella vita rigogliosa e quello sviluppo pei quali gli venga assicurato il pieno conseguimento dello scopo che si prefigge», e l’accettazione della Presidenza onoraria e della nomina di un rappresentante del ministero di cui era a capo all’interno del Consiglio, «sempre che lo stesso sia fatto anche per il
69 Ibidem.
70 Ibidem. Il riferimento è alla missiva a Giannini del 26 giugno sopra citata, in cui Formiggini scriveva anche che
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Ministro dell’Istruzione Pubblica».71 Subito dopo, Sforza insisté nuovamente sul tasto già toccato,
rivolgendo una nuova circolare Ai RR. Agenti Diplomatici e Consolari in cui comunicava loro innanzitutto di aver accettato «la presidenza onoraria dell’“Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana” che sta per essere eretto in Ente morale e sulla nobile opera del quale ho già richiamato in modo particolare l’attenzione della S.V. con la circolare 3 marzo corrente anno»; proseguiva poi segnalando i buoni risultati finora conseguiti dall’ente, «di cui va dato merito principalmente all’attività di quegli Agenti Diplomatici e Consolari che, consci dell’importanza nazionale degli intenti perseguiti dal suddetto Istituto, si sono adoperati personalmente o per mezzo di circolari per renderli noti ai connazionali ed agli elementi italianofili sollecitandoli a dare la loro adesione ed il loro contributo».72 Tra questi ultimi, Sforza segnalò pubblicamente:
il Sig. Ambasciatore di Rio de Janeiro; i Sigg. Ministri Plenipotenziari di Bucarest e di Praga; i Sigg. Consoli ed Agenti Consolari di Casilda di Santa Fè, Calcutta, Corfù, Digione, Glasgow, Harrar, Rio de Janeiro, S. Francisco di California, Stoccolma, Wilmington, augurando che il loro esempio sia ovunque eseguito.73
Si noti, in tale elenco, l’assenza di importanti sedi diplomatiche europee, quali Parigi, Londra o Madrid e l’assenza totale dell’Austria e della Germania, usciti sconfitti dalla Grande Guerra. Al di là dei già noti contatti con la Romania – risalenti alla militanza nella “Corda fratres” – e della partecipazione di Formiggini, di lì a pochi anni, alla prima Fiera internazionale del libro italiano che si svolse a Rio de Janeiro, importante baluardo di italianità in Sud America, attualmente dalle carte dell’archivio editoriale non emergono nomi o carteggi che confermino rapporti diretti tra Formiggini e i burocrati menzionati, ma il coinvolgimento a così ampio spettro effettuato da Sforza restituisce la fiducia che egli riponeva nella buona riuscita dell’impresa di Formiggini. In chiusura di circolare, il ministro si appellava alla perseveranza e allo zelo dei rappresentanti ufficiali dell’Italia all’estero nell’«assecondare un’iniziativa che mi sta tanto a cuore», allegando «alcune copie di un nuovo opuscolo nel quale sono esaurientemente esposti i fini ed i propositi della geniale organizzazione».74 L’opuscolo citato da Sforza era un fascicolo dal titolo Facciamoci
conoscere!,75 stampato dallo stesso Formiggini in nome e per conto dell’Istituto, che illustrava in poche pagine (solo sette, a cui si aggiungevano i moduli per l’adesione) gli scopi dello stesso, riportando anche la lettera aperta inviata alla «Nuova Antologia», alcuni estratti da giornali e
71 AEF, fasc. Ministero degli Affari Esteri, doc. 4, dattiloscritto con firma autografa dell’On. Sforza, su c.i. del
Ministero degli Affari Esteri, datato 24.07.1920.
72 AEF, Circolari, vol. 3, 1918-1927, c. 70, circolare datata 14 agosto 2[0]. La comunicazione è riprodotta interamente
su «L’Italia che scrive», III, 10, ottobre 1920, p. 162.
73 Ibidem. 74 Ibidem.
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riviste riguardanti l’ente e il progetto del futuro statuto e le menzionate circolari ministeriali, a prova del sostegno istituzionale e di pubblico di cui esso godeva. L’opuscoletto non riporta la data di stampa, ma della sua esistenza abbiamo una prima segnalazione nella sezione dedicata all’Istituto dell’ICS di giugno 1920 (III, 6, p. 96) e già nel numero di luglio (III, 7, p. 110), nella sezione Rubrica delle rubriche, viene annunciata la spedizione di 100.000 copie. L’azione concreta e capillare di promozione era ufficialmente iniziata. Ora si trattava, per Formiggini, di uscire dalle sfere istituzionali romane per diffondere personalmente ideali e progetti della sua creatura in giro per l’Italia.
2.4 «Non si può far nulla di milanese dall’alto del Campidoglio»: la vicenda dello «sproloquio» al Circolo Filologico
La spinta a farsi conoscere e, in tal modo, attirare sempre più soci potenziali in vista della investitura dell’ente prevista per l’inizio del 1921, portò Formiggini a incrociare la propria strada (o, per lo meno, tentare di farlo) con quella di una prestigiosa istituzione, il Circolo Filologico di Milano.76 Sorto per iniziativa di tredici cittadini, prendendo a modello il già esistente Circolo di Torino, attivo dal 1868, da subito espresse in modo chiaro le finalità sottese alla propria nascita, esplicitate nella circolare del 21 marzo 1872, redatta dai membri fondatori:
Le prospere condizioni commerciali della città nostra e la copiosa affluenza di forestieri che di loro presenza l’onorano, esigono un’istituzione di tal natura, la cui necessità si fa più viva se si riflette al crescente intrecciarsi di rapporti internazionali, vogliamo avere un luogo dove ci riuniremo per studiare le lingue con la scorta di valenti maestri, ove troveremo giornali e libri italiani ed esteri... vogliamo che il Circolo diventi ritrovo della gente colta, garbata e studiosa e de’ forestieri che bramano di imparare la nostra lingua. Letture e conferenze: feste no.77
76 Il Circolo Filologico è la più antica associazione culturale della città ed è ancora attivo ai giorni nostri, nella storica
sede milanese di via Clerici, inaugurata il 3 maggio 1908, ad un passo dal Duomo e dal teatro La Scala. Ha ottenuto, negli anni, vari riconoscimenti: Ente morale per Regio Decreto del 1905, premiato nel 1962 con la Medaglia d’oro di Benemerenza del Comune di Milano, Ente culturale di interesse regionale con Decreto del 1995. È del gennaio 2008 il prestigioso riconoscimento del Comune di Milano che assegna al Circolo, insieme con altri cinque enti milanesi, il ruolo storico di caposaldo della formazione linguistica nella città (fonte: sito internet ufficiale dell’associazione <http://www.filologico.it>).
77 ALBERTO VANDELLI, ROBERTO BIANCHI, GINO CAPPELLETTI, Un modello di lungimiranza: il Circolo Filologico
Milanese, in L’alchimia del lavoro: i generosi che primi in Milano fecondarono le arti e le scienze, a cura di Amilcare
Bovo [et al.], Raccolto, Milano, 2008, p. 54-69: 54. Il saggio è anche scaricabile gratuitamente in formato PDF sul sito ufficiale del circolo <http://www.filologico.it>. Il tono severo della lapidaria sentenza in chiusura del passo era probabilmente volto a distinguere in modo chiaro fin dall’origine il Circolo da altre associazioni allora piuttosto diffuse nella città lombarda e nate «per una sorta di clubmania anglofila o francofila, che durante la Cisalpina e il Regno italico era divampata a Milano come un’epidemia di ritrovi più o meno clandestini, più o meno politici ma tutti
81
La costituzione ufficiale, insieme con l’approvazione dello Statuto, avvenne il 12 giugno del medesimo anno, di fronte a 97 dei 173 membri che avevano già sottoscritto versando la quota associativa. Partendo dall’asserzione che «la cultura non potesse essere monopolio di pochi, ma dovesse divenire patrimonio di tutti»,78 il Circolo si adoperò in tale direzione: organizzò cicli di conferenze, eventi e corsi sia di lingua e letteratura italiana sia di lingue straniere; aprì un gabinetto di lettura come luogo di incontro e discussione, mettendo a disposizione degli avventori una biblioteca molto fornita e via via implementata;79 appoggiò o patrocinò le principali manifestazioni di carattere cittadino e nazionale. Considerati la missione di diffusione della cultura nazionale e lo spirito di apertura internazionale espressi dall’istituzione milanese, non stupisce che Formiggini avesse individuato proprio in essa un palcoscenico idoneo a presentare il programma dell’Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana. Senza dimenticare che l’ambiente era ricco di personalità di spicco della città lombarda, sia dal punto di vista intellettuale sia da quello economico, che rappresentavano un allettante bacino di potenziali soci per l’Istituto romano.
Setacciando l’archivio editoriale modenese si può ritrovare una serie di lettere, disseminate tra vari corrispondenti e mai raggruppate da Formiggini in un fascicolo tematico come in altri casi,80 che delineano un approccio dell’editore al Filologico, rivelatosi però piuttosto difficoltoso e dagli esiti oscuri. La prima imbeccata (come spesso accadeva, vista la profonda amicizia che legava i due intellettuali) venne da Fernando Palazzi, ancora nel marzo del 1920; il letterato si trovava a Milano in quel periodo ed era ben conscio della genesi e dello sviluppo dell’Istituto formigginiano di cui aveva a cuore le sorti.81 Pertanto, si interrogava sulla via più efficace per introdurre l’amico nei circoli intellettuali della città lombarda, individuando la figura di
spenderecci e goderecci». Sull’argomento, cfr. anche LUIGI CERNEZZI, I cinquant’anni del Circolo Filologico
Milanese (1872-1922), Arti Grafiche Gustavo Modiano & C., Milano, 1922.
78 Ibidem.
79 Fondamentale per l’ampliamento del patrimonio librario fu Alessandro Casati, poi divenuto senatore e Ministro
della Pubblica istruzione (1924-1925), il cui contributo consentì l’acquisizione di un consistente nucleo librario, comprendente edizioni di pregio e collezioni di classici.
80 Esiste infatti una seconda serie dell’archivio editoriale strutturata non secondo l’ordine alfabetico per
corrispondente ma per fascicoli “tematici” (denominata nell’inventario Corrispondenza per materie) come ad esempio
Anonima Formiggini, o Biblioteca circolante Formiggini, o Festa tassoniana, o Collaborazione del Pubblico, per un
totale di 63 unità archivistiche.
81 Sopra l’originale di una delle lettere inviate da Formiggini al fratello Emanuele a fine 1918, quando ancora l’idea
dell’Istituto era appena abbozzata ma già era chiaro il grande dispendio di energie e denaro che avrebbe comportato ed era motivo di profonda preoccupazione per i fratelli, in calce alle rassicurazioni dell’editore si trova un’aggiunta autografa proprio di Palazzi, il quale scriveva: «Egregio Signore, Suo fratello ha un eccessivo timore che la sua idea sia sfruttata da altri. Io lo tranquillizzo, perché ciò non è possibile: quest’idea come le altre sue portano troppo l’impronta della sua spiccata personalità e non sono facilmente copiabili. […] D’altra parte per poter fare quello che egli ha pensato occorre come base indispensabile l’ICS. E di questa ce n’è una sola» (AFamF, b. 21, fasc. 243, cit., appunto di Palazzi del 16.12.1918 apposto sul doc. 16). Questo dimostra come il letterato fosse stato coinvolto fin dall’inizio nelle vicende preliminari dell’Istituto.
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Margherita Sarfatti quale potenziale apripista, «perché ha molte conoscenze ed è ascoltata» e