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Le determinanti della corruzione nelle Regioni Italiane prima e dopo Mani Pulite

2 Determinanti della corruzione in Italia nel periodo 1980-

La diffusione della corruzione nelle regioni può essere compresa attraverso l’analisi empirica di una serie di ipotesi sviluppate nella letteratura economica sulle determinanti.

2.1 Descrizione delle variabili e dei dati

La variabile dipendente. Misurare un fenomeno per sua natura sommerso non è

un’impresa facile3. In assenza di una serie storica di misure alternative a quella

giudiziaria, utilizziamo, come in Glaeser and Saks (2006), il numero di reati contro la

Pubblica Amministrazione commessi da pubblici ufficiali e denunciati all’Autorità

Giudiziaria in ciascuna regione rispetto al totale della popolazione della stessa nel periodo 1980-2002. I dati sui procedimenti giudiziari sono a nostro avviso preferibili rispetto a

3 Per un’analisi delle problematiche legate alla misurazione della corruzione si veda Gnaldi, M. (2018), Indicatori di corruzione e nuovi indicatori di prevenzione della corruzione, in M. Gnaldi e B. Ponti (a cura di), Misurare la corruzione oggi, Franco Angeli, Milano.

quelli delle condanne in quanto le denunce sono in grado di catturare i fatti corruttivi nel momento in cui si verificano e di evitare le conseguenze distorsive della prescrizione.

Il limite fondamentale della misura giudiziaria consiste nel fatto che essa cattura solo la corruzione emersa, lasciando pertanto nascosta una parte del fenomeno. Un primo sguardo alla tabella 1 evidenzia questo problema. La tabella mostra, nelle prime due colonne, le denunce pro capite medie per il periodo 1980-2002 per 100.000 abitanti. Le regioni settentrionali risultano meno corrotte delle regioni del Centro e del Sud nell'opinione generale 'percepite' più corrotte. Per tenere conto della corruzione nascosta ed evitare potenziali distorsioni tra statistiche ufficiali e dati reali, consideriamo il legame esistente tra corruzione e reati associativi (reati ex 416 e 416 bis della legge penale italiana). I processi di Mani Pulite, infatti, hanno evidenziato che, nel periodo di nostro interesse, la corruzione è emersa in Italia non solo come pratiche corruttive ma anche come reati associativi nelle regioni considerate più corrotte. Sulla base di queste argomentazioni, costruiamo un indice composito illustrato nelle colonne 3 e 4 della tabella 1 e calcolato ogni anno per ogni regione come prodotto tra le denunce pro-capite per corruzione e quelle per reati associativi, illustrato nelle colonne 3 e 4 della tabella 1.

Le variabili esplicative. Verifichiamo l'ipotesi di Lipset (1960) secondo cui nei paesi con livelli di reddito e istruzione più elevati la corruzione si riduce in quanto i cittadini dispongono di maggiori strumenti di controllo e di denuncia delle pratiche corruttive dei pubblici ufficiali. Misuriamo il grado di sviluppo economico e il livello di istruzione delle regioni utilizzando rispettivamente il PIL regionale pro capite e il tasso di iscrizione alla scuola secondaria. Il segno atteso di entrambe queste variabili è negativo. Una più ampia dimensione del settore pubblico crea un potenziale per la corruzione in quanto maggiori sono le risorse da sottrarre e le regole che i privati possono utilizzare a proprio vantaggio (Tanzi, 1994; Glaeser e Shleifer, 2003). Testiamo questa ipotesi utilizzando la spesa pubblica in conto capitale, il numero di leggi regionali e il numero dei legislatori (McCormick e Tollison, 1981). Poiché inoltre le regioni italiane mostrano rilevanti differenze nella distribuzione del reddito tra il Nord e il Sud, verifichiamo anche l'ipotesi che elettori con reddito meno elevato sono più interessati a misure redistributive che all’onestà dei politici (Mauro, 1995; Alesina et al., 2002). Ci aspettiamo pertanto che un aumento nella disuguaglianza di reddito abbia un impatto positivo sui livelli di corruzione. Misuriamo la disuguaglianza del reddito con l'indice Gini calcolato a partire dai dati sul reddito familiare per regioni. Quanto al legame tra corruzione e regole elettorali, misuriamo la frammentazione politica prodotta dal cambiamento delle regole elettorali introdotto nel 1995 attraverso l'indice di concentrazione di Herfindhal4. Persson

e Tabellini (1999) e Persson et al. (2003) argomentano che il sistema maggioritario riduce le maglie della corruzione in quanto l'esito di una elezione o rielezione del candidato dipende maggiormente dalle sue caratteristiche personali e competenza. Diversamente, Lijphart (1999) sostiene che il sistema proporzionale garantisca maggiore accountability in quanto conduce a decisioni politiche più vicine alle preferenze degli elettori, scoraggiando la corruzione. Il segno atteso di questa variabile pertanto è ambiguo. I sistemi decentrati sono stati considerati alternativamente come una potenziale fonte o di corruzione come conseguenza di una maggiore facilità e frequenza di rapporti tra i cittadini e gli amministratori pubblici (inter alia, Tanzi, 1995) o di onestà ed efficienza dei governi sub-nazionali come conseguenza virtuosa della concorrenza tra politici e funzionari nella fornitura dei servizi pubblici (inter alia, Weingast, 1995). A partire dalla

4 La riforma del 1995 introduce un meccanismo misto di ripartizione dei seggi, che affianca alla componente proporzionale un numero massimo di seggi da attribuire alla coalizione vincente.

194 Fiorino N e Galli E.

metà degli anni '90 e a seguito della riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001 l'Italia ha sperimentato un processo graduale di decentramento che catturiamo attraverso due diverse variabili: 1) una dummy che assume il valore di 1 dal 1995 in avanti e 0 negli anni precedenti; 2) la quota delle imposte locali pro-capite rispetto al totale delle entrate. Infine, controlliamo l’impatto del grado di civismo della popolazione5 sulla

corruzione attraverso una misura di democrazia diretta, la partecipazione degli elettori ai referendum. Il segno atteso è negativo.

Una tabella riassuntiva in appendice riporta per ciascuna delle variabili le fonti, la media e la deviazione standard.

Media annuali reati di corruzione pro-capite per 100.000 abitanti

Media annuali reati associativi pro-capite

per 100.000 abitanti

Emilia Romagna 34 Emilia Romagna 34

Lombardia 35 Lombardia 35 Veneto 38 Veneto 38 Marche 39 Marche 39 Piemonte 42 Piemonte 42 Umbria 45 Umbria 45 Puglia 48 Toscana 49 Basilicata 49 Abruzzo 59

Toscana 49 Friuli Ven. Giulia 60

Campania 53 Sardegna 60

Abruzzo 59 Molise 89

Friuli Ven. Giulia 60 Lazio 96

Sardegna 60 Puglia 97 Sicilia 61 Basilicata 98 Calabria 64 Liguria 153 Liguria 76 Campania 159 Molise 89 Calabria 192 Lazio 96 Sicilia 244

Tabella 1: Reati di corruzione e associativi (1980-2002)

3 Risultati e discussione

Il modello empirico delle determinanti che stimiamo sui dati regionali è il seguente: Corruzione = a PIL + b Istruzione + Altri Controlli

5 Sebbene non si occupi specificamente della corruzione, Putnam (1993) mostra che il rendimento delle amministrazioni regionali in Italia è inferiore laddove il grado di fiducia e di civismo risulta inferiore.

Il campione include le regioni italiane ad eccezione della Valle d'Aosta e del Trentino Alto Adige per le quali il set di dati è incompleto. Poiché la legge penale italiana identifica il locus dei reati di corruzione come il luogo in cui avviene lo scambio di denaro (o altra utilità), nel Lazio possono emergere fenomeni di ‘esportazione’ di pratiche corruttive essendo il Lazio la regione in cui si colloca il cuore dell'attività e del potere politico e burocratico italiano. Per tenere conto di questa possibilità, eseguiamo le stime con e senza il Lazio (queste ultime disponibili su richiesta).

Inoltre, dal momento che la presenza simultanea di reddito e istruzione nelle stime OLS rischia di renderle distorte in quanto queste due variabili sono probabilmente correlate ed endogene, eseguiamo le stime mediante il metodo di variabili strumentali (IV) utilizzando come strumenti gli investimenti nell'industria e i valori ritardati dell’istruzione. Le stime IV includono effetti fissi regionali per evitare distorsioni generate da eventuali variabili omesse.

La Tabella 2 riporta i risultati ottenuti attraverso questo stimatore6. Come previsto, il

reddito è negativo e significativo. Anche gli investimenti pubblici sono in linea con le previsioni teoriche. L’istruzione secondaria si rivela molto più robusta del reddito benché mostri un segno positivo, confermato in tutte le regressioni. Tale evidenza suggerisce che la corruzione degli anni '80 e '90 nelle regioni italiane sia essenzialmente un fenomeno diffuso tra i ‘colletti bianchi’, riguardando pertanto le classi istruite. Questo risultato sembra essere supportato dalla evidenza fornita dai processi di Mani Pulite, in cui emerge il passaggio in quegli anni da un sistema clientelare (di political patronage) ad un sistema di corruzione più diffuso che coinvolge legislatori, burocrati e uomini d'affari. Il decentramento delle funzioni di spesa (dum95) aumenta le opportunità di corruzione. Verosimilmente per i responsabili delle politiche locali la probabilità di essere rieletti era legata più al numero di favori che potevano offrire ai loro ‘clienti’ che all'efficienza nella fornitura di politiche pubbliche. La disuguaglianza di reddito così come il grado di civismo non sembrano avere un impatto sulla corruzione.

Mentre nella colonna (1) approssimiamo la regolamentazione utilizzando gli investimenti pubblici, nelle ulteriori specificazioni (colonne 2 e 3) introduciamo l'output dell'attività legislativa e le dimensioni delle assemblee legislative regionali al fine di catturare rispettivamente la dimensione procedurale e politico-istituzionale della regolamentazione. Il numero di leggi regionali non risulta significativo, mentre il numero di legislatori, espressione dell'attività dei gruppi di interesse, ha un impatto positivo sulla corruzione. Le colonne (1) e (2) della Tabella includono una dummy 1995, significativa e positiva, come variabile che cattura l'inizio del processo di decentramento in Italia. Tuttavia, come accennato in precedenza, il 1995 è anche l'anno della riforma elettorale che introduce un sistema elettorale regionale misto. Al fine di individuare più chiaramente l’impatto di questi due eventi istituzionali nella colonna (3), utilizziamo la quota delle entrate proprie delle regioni sul totale delle entrate come misura del grado di decentramento e l'indice di frammentazione politica come proxy delle regole elettorali. Il livello di corruzione non risulta influenzato dal grado di autonomia fiscale, probabilmente perché quest'ultimo è abbastanza uniforme nelle regioni italiane durante il periodo di interesse. È piuttosto la frammentazione politica dei governi regionali che, attraverso il suo impatto sulle decisioni di spesa, fa aumentare la corruzione.

196 Fiorino N e Galli E.

Variabile dipendente: Corruzione (1) (2) (3)

Costante 3.42E-08

(0.687) -3.47E-07(0.2711) -2.09E-07(0.0313)

Pil pro capite -7.63E-06

(0.017) -1.70E-05(0.0635) -1.56E-06(0.02410)

Istruzione 2.42E-06

(0.000) 3.51E-06(0.0035) 4.95E-07(0.0284)

Democrazia diretta -6.93E-08

(0.213) 1.76E-08(0.8356) -1.03E-08(0.5662)

Diseguaglianza del reddito -3.00E-08

(0.873) -2.50E-07(0.1174) 2.94E-08(0.3103)

Investimenti pubblici 3.40E-05

(0.10)

Dum95 4.14E-08

(0.017) 1.15E-07 (0.0288)

Legislatori 9.17E-09

(0.1001) 3.58E-09 (0.0602)

Numero delle leggi -4.39E-10

(0.0924) -7.25E-11(0.1466)

Frammentazione politica 5.25E-08

(0.0138)

Imposte locali 6.64E-06

(0.3974)

N. Oss. 342 396 374

Adj. R2 0.45 0.42 0.42

Tabella 2: Risultati IV (Nota: p-value in parentesi.)