A MBROSINI ALLA C OMMISSIONE PER LA C OSTITUZIONE
4. I L DIBATTITO SULL ’ ORDINAMENTO REGIONALE IN ASSEMBLEA COSTITUENTE E I RAPPORTI DEL MODELLO REGIONALE ITALIANO DEL 1948 CON IL MODELLO
REGIONALE SPAGNOLO DEL 1931
dell’assemblea costituente sul progetto di Costituzione.
Riguardo l’ordinamento che avrebbe dovuto assumere il futuro assetto regionale, l’assemblea costituente si trovò a dibattere l’importante questione riguardante l’adozione del regionalismo differenziato.
Da un lato, risultava pressoché pacifica la necessità di mantenere, per ragioni di opportunità, gli ordinamenti autonomi già esistenti nelle regioni Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta.
Dall’altro, risultava necessario adottare un nuovo ordinamento autonomo relativamente al Trentino‐Alto Adige/Südtirol, per adempiere all’accordo firmato con l’Austria il 5 settembre 1946 e divenuto parte integrante del trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947.
Non era infine di minore importanza la delicata questione multietnica del Friuli‐Venezia Giulia, cui si aggiungeva, quale pesante eredità lasciata dalla seconda guerra mondiale, il contenzioso aperto con l’Jugoslavia, avente ad oggetto il circondario di Trieste e la penisola d’Istria.
Se dunque risultava chiara la necessità di adottare un regionalismo differenziato, quanto meno con riguardo alle due isole maggiori e ai territori mistilingue di frontiera, non risultava altrettanto chiaro se, e in che misura, si sarebbe dovuta estendere la regionalizzazione anche al resto del territorio nazionale e se vi sarebbe dovuta essere una forma di autonomia identica per tutte le restanti regioni, oppure condizioni di autonomia differenziata da regione a
L’unico modello di stato regionale, cui poteva direttamente ispirarsi l’assemblea costituente nel 1947, era stato recato dalla Costituzione della seconda repubblica spagnola del 1931, che però, essendo stata spazzata via prematuramente dalla dittatura franchista nel 1936, non aveva avuto il tempo di dimostrare, alla prova dei fatti, tutta la sua validità.
In primo luogo, la Costituzione spagnola del 1931, che fu poi ripresa dall’attuale Costituzione spagnola del 1978, aveva istituito un modello regionale con autoidentificazione dal basso.
Essa, infatti, aveva riconosciuto alle province, quali enti territoriali preesistenti, la facoltà di aggregarsi in regioni, denominate comunidades Autónomas, sussistendo i presupposti costituzionalmente richiesti e cioè la contestuale presenza di «caratteristiche storiche, culturali ed economiche comuni», secondo la formulazione adottata dall’art. 11, integralmente ripresa dall’art. 143 della Costituzione del 1978.
Tale modello, che fu alla base dell’asimmetria che caratterizzò fin dall’origine il regionalismo spagnolo, aveva reso il regionalismo stesso un processo meramente spontaneo ed eventuale. Sebbene la Spagna fu, in effetti, interamente regionalizzata, il processo di regionalizzazione, per come era stato costituzionalmente congegnato, avrebbe anche potuto non riguardare necessariamente l’intero territorio nazionale.
Spagna entità regionali artificiali, prive di qualsiasi fondamento antropologico e culturale.
Non fu questa la soluzione adottata dall’assemblea costituente italiana, che, all’opposto, nel 1947 scelse di accogliere il modello giacobino dell’identificazione autoritativa dall’alto delle regioni, la cui istituzione fu la pura espressione della volontà giuridica del legislatore costituzionale.
Nell’art. 131 cost., infatti, fu inserito l’elenco tassativo delle diciannove regioni italiane8, per la cui redazione erano state riprese semplicemente le circoscrizioni territoriali, costituite a tavolino nel 1863 per finalità d’indagine puramente statistica.
All’utilizzo delle suddette circoscrizioni, qualificate nell’ordine del giorno degli On.voli deputati Targetti, Lami Starnuti, Cevolotto e Grieco come «regioni storico‐tradizionali di cui alle pubblicazioni ufficiali statistiche», si oppose l’On. Costantino Mortati, che formulò anche la proposta, bocciata dalla II sottocommissione, di affidare l’identificazione delle regioni italiane ad un’apposita Commissione d’inchiesta.
Il risultato di questa scelta autoritativa dall’alto fu che, mentre in alcune regioni risultò effettivamente presente un substrato storico, economico, culturale e sociale adeguatamente omogeneo, in altre regioni tale substrato mancò del tutto.
8 Le regioni italiane, inizialmente stabilite in diciannove nella Costituzione del 1948, divennero
successivamente venti, allorquando la regione «Abruzzi e Molise» fu divisa nelle due regioni «Abruzzi» e «Molise», con l.cost. 3/1963.
istituzioni riuscirono col tempo a radicarsi, creando un legame con le collettività sottostanti, rimase comunque emblematico il caso della collettività molisana che chiese ed ottenne, con la l.cost. 3/1963, la separazione dalla comunità abruzzese, portando alla divisione dell’unica regione «Abruzzi e Molise» nelle due attuali regioni «Abruzzi» e «Molise».
Ulteriori iniziative, peraltro molto circoscritte, furono anche portate avanti dalle richieste di aggregazione a regioni ad autonomia speciale da parte di comuni confinanti, ubicati in regioni ad autonomia ordinaria9.
Un’altra importante caratteristica del modello regionale spagnolo del 1931, successivamente ripresa dall’attuale Costituzione spagnola risalente al 1978, fu quella riguardante la modalità di definizione del riparto di competenze fra lo stato centrale e le regioni.
La Costituzione spagnola del 1931 non individuava direttamente le materie di competenza regionale, ma dopo aver elencato le materie spettanti inderogabilmente alla competenza statale, riportava separatamente un elenco di materie eventualmente acquisibili da parte delle singole regioni e riservava quindi ai rispettivi statuti, approvati con legge ordinaria dello stato, la concreta individuazione delle competenze ad esse effettivamente spettanti, come risultato dell’accordo fra le singole comunidades Autónomas e il legislatore statale.
La collocazione delle competenze regionali all’interno dei
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costituzionali a favore delle comunidades Autónomas, dal momento che gli statuti stessi costituivano un corpo unico con la Costituzione, ovvero il bloque de constitucionalidad, utilizzato come parametro di riferimento da parte del Tribunale costituzionale spagnolo.
Diversamente dal modello regionale spagnolo del 1931, l’assemblea costituente italiana del 1947, per quanto concernette il riparto di competenze fra lo stato centrale e le regioni, decise di accogliere una soluzione mista: se da un lato scelse di rifarsi molto da vicino al modello regionale spagnolo del 1931, dall’altra scelse di contaminare questo modello con logiche di riparto delle competenze prettamente tipiche dei sistemi federali.
Molto vicina al modello regionale spagnolo fu senz’altro la soluzione adottata per il riparto di competenze delle cinque regioni ad autonomia differenziata, che furono rese titolari di «forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali».
Analogamente, vicina al modello regionale spagnolo fu anche la mancata istituzione di una Camera delle regioni, solitamente prevista invece nei modelli federali, dal Bundesrat tedesco e austriaco, al Senato statunitense, al consiglio degli Stati svizzero.
Di matrice squisitamente federale fu invece la scelta di dotare tutte le regioni ad autonomia ordinaria di identiche competenze, rigidamente enumerate nella Costituzione, nonché la scelta di approvare gli statuti delle regioni ad autonomia speciale con più forti leggi costituzionali, invece che con meno rigide leggi ordinarie.
autonomia speciale furono configurate come enti a competenze enumerate e non già come enti a competenza generale.
Infine, anche la potestà legislativa concorrente attribuita a tutte le regioni, abilitate a legiferare nel rispetto di leggi cornice emanate dallo stato centrale, si richiamava chiaramente alle note esperienze federali della Costituzione di Weimar del 1919 e della Costituzione Austriaca del 1920.
In conseguenza di questa scelta, nel modello regionale italiano del 1948 prevalse l’autonomia ordinaria, laddove nel modello regionale spagnolo del 1931 era risultata prevalente l’autonomia speciale.
Per riprendere quindi un’immagine molto espressiva impiegata dalla dottrina spagnola, nella costituzione italiana del 1948 il modello prevalente fu quello del cafè para todos, ovvero del caffè per tutti, mentre nella costituzione spagnola del 1931 il modello prevalente era stato quello della tabla de quesos, ovvero del vassoio dei formaggi10
Parafrasando l’immagine sopra citata, il legislatore costituzionale italiano aveva imposto a tutte le regioni, fuorché a quelle a statuto speciale, di avere le medesime competenze, cioè di bere lo stesso caffè, mentre il legislatore costituzionale spagnolo si era invece limitato ad elencare le competenze attribuibili alle varie comunidades Autónomas, cioè a riempire il vassoio con i formaggi, lasciando poi che fossero le successive intese fra il legislatore ordinario e le singole comunidades Autónomas a scegliere quali competenze attribuire a ciascuna, ovvero
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seguire.