A MBROSINI ALLA C OMMISSIONE PER LA C OSTITUZIONE
3. L A RELAZIONE ALL ’ ASSEMBLEA COSTITUENTE DELL ’O N M EUCCIO R UINI SUL PROGETTO DI STATO REGIONALE
Nella sua relazione all’assemblea costituente, in occasione della presentazione in aula del progetto di Costituzione, avvenuta il 6
Costituzione, esordì con queste parole: «L’innovazione più profonda introdotta dalla Costituzione è nell’ordinamento strutturale dello stato, su basi di autonomia; e può aver portata decisiva per la storia del Paese»6. Inoltre proseguiva dicendo: «Sarebbe stato naturale e logico che, all’atto dell’unificazione nazionale, si mantenesse qualcosa delle preesistenti autonomie; ma prevalsero il timore e lo “spettro dei vecchi Stati”; e si svolse irresistibilmente il processo accentratore».
Non è dunque un caso che nell’art. 5 cost., sia stata impiegata l’espressione «riconosce e promuove le autonomie locali». L’utilizzo del verbo riconoscere e non già, ad esempio, del verbo istituire, risulta ampiamente espressivo del fatto che il legislatore costituzionale fosse chiaramente consapevole della preesistenza delle autonomie locali, rispetto all’ordinamento stesso dello stato. Pertanto, le autonomie locali non nacquero come istituzioni poste dall’ordinamento giuridico, ma vennero dallo stesso riconosciute.
Un altro passaggio chiave della relazione dell’On. Ruini furono le parole: «La Commissione è stata unanime per l’istituzione della regione. Questa non sorge federalisticamente. Anche quando adotta con sua legge lo statuto di una regione, lo stato fa atto di propria sovranità. L’autonomia accordata eccede quella meramente amministrativa; ma si arresta prima della soglia federale e si attiene al tipo di stato regionale formulato dal nostro Ambrosini». 6 I passi della relazione citati nel presente paragrafo sono tratti da M. RUINI, Relazione al progetto di Costituzione della Repubblica Italiana in Atti dell’Assemblea Costituente, Roma, Archivio storico della Camera dei Deputati, http://archivio.camera.it, p. 13‐14.
regioni, il legislatore costituzionale aveva ben chiaro il discrimine fra stato federale e stato regionale e scelse quest’ultimo quale tipo di stato da applicare alla neonata Repubblica Italiana, come manifestazione della propria volontà giuridica costituente.
A buon diritto, dunque, la Corte Costituzionale, con la citata sent. 365/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della rubrica e di alcuni articoli della l.reg. 7/2006 della regione Sardegna, limitatamente alle parole «e sovranità», «e di sovranità», «e elementi di sovranità», determinandone così la rimozione dal testo di legge regionale impugnato, nonché dal mondo giuridico.
Nella sua relazione l’On. Ruini proseguiva menzionando le due tesi di stato regionale, che si erano confrontate in seno alla Commissione per la Costituzione.
La prima tesi era stata sostenuta da coloro che propugnavano l’attribuzione alle regioni di «una potestà legislativa soltanto d’integrazione ed attuazione dei principî e delle norme delle leggi dello stato, per adattarle ai bisogni locali», nonché un passaggio di servizi alle regioni che avvenisse in modo graduale e moderato.
La seconda tesi, che era poi prevalsa in Commissione, accordava alle regioni «facoltà legislative più ampie, in una scala che va da una sfera di materie di competenza diretta ed esclusiva delle leggi regionali, ad un’altra di competenza concorrente e suppletiva, perché anche lo stato vi può, quando crede, legiferare, ed infine alla sfera d’integrazione e di applicazione delle leggi statali».
riservate alla facoltà di legislazione esclusiva o concorrente – per le quali sole avviene il passaggio dei corrispondenti servizi all’ente regionale – sono in realtà di misurata importanza e non incidono nel tessuto connettivo dell’unità economica ed amministrativa dello stato».
Anche la stessa competenza esclusiva veniva ad essere limitata, in quanto le leggi regionali non potevano essere in contrasto «con i principi generali dell’ordinamento dello stato, con gli obblighi internazionali, con gli interessi della nazione e delle altre regioni».
Inoltre, la relazione dell’On. Ruini evidenziava l’importanza della possibilità, attribuita al governo centrale, sia di promuovere la questione di legittimità innanzi alla Corte Costituzionale, contro le leggi regionali ritenute in contrasto con le previsioni della Costituzione, sia di sollevare la questione di merito innanzi al parlamento, contro le leggi regionali che fossero state comunque ritenute lesive degli interessi dello stato o delle altre regioni. «Così che il campo lasciato alla legislazione regionale è per ogni aspetto vigilato e contenuto».
Nella relazione veniva quindi messa in luce l’importanza di attribuire condizioni particolari di autonomia alle due grandi isole e alle zone mistilingue di frontiera, cosa che aveva anche trovato unanimemente concorde la Commissione per la Costituzione. Gli statuti di tali regioni, tuttavia, avrebbero dovuto essere coordinati con la Costituzione e non contrastanti con i suoi principi fondamentali.
La relazione dell’On. Ruini affermava inoltre che un’analoga procedura di omologazione costituzionale avrebbe dovuto essere
anche per lo statuto di autonomia della regione Sicilia, già approvato dalla Consulta nazionale e promulgato con r.d.lgs. 455/1946.
In realtà, in seno all’assemblea costituente l’omologazione dello statuto siciliano non avvenne. Pressata dal tempo e da ragioni di opportunità, l’assemblea stessa lo approvò senza modifiche, allo scadere del proprio mandato il 31 gennaio 1948.
Lo statuto di autonomia speciale della regione Sicilia venne quindi promulgato con l.cost. 2/1948, nonostante in molti punti si presentasse in contrasto con le norme costituzionali.
Proprio per agevolarne il pronto adeguamento, nella legge costituzionale di conversione fu prevista la possibilità di aggiornamento mediante legge ordinaria, dopo aver acquisito il parere dell’Assemblea regionale. Questa norma, tuttavia, con sent. 4/1948 fu dichiarata illegittima dall’Alta Corte per la regione siciliana, che continuò ad operare fino al 1955, anno in cui entrò in funzione la Corte Costituzionale.
Per l’adeguamento dello statuto speciale della regione Sicilia si dovette quindi attendere la l.cost. 2/2001, che in verità vi pose rimedio non tanto a seguito dei perduranti contrasti con la Costituzione, quanto piuttosto per estendere anche alla Sicilia l’elezione del presidente della regione a suffragio universale e diretto, già introdotta in tutte le regioni di diritto comune con la l.cost. 1/19997.
Per tornare alla relazione in esame, dopo aver evidenziato quali
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secondo l’On. Ruini nelle due grandi isole e nelle zone mistilingue di frontiera, permaneva comunque l’incertezza su quali sarebbero dovute essere le altre regioni, in quanto, come veniva messo in luce nella relazione «Alle più tradizionali, che hanno riflessi anche in ordinamenti come il giudiziario o nelle classifiche statistiche, si sono affiancate regioni nuove che invocano pur esse giustificazioni storiche e di opportunità; ed al riguardo la Commissione ha disposto ricerche ed ha chiesto agli organi locali di esprimere la propria opinione. Dell’esito delle indagini, ancora in corso, sarà data comunicazione alla Costituente».
Riguardo l’autonomia finanziaria delle regioni, la relazione dell’On. Ruini evidenziava che «non potrà fare a meno d’un riparto delle imposte che implichi un contributo di solidarietà delle regioni provviste di maggiori mezzi a quelle che con le proprie risorse non sarebbero in grado di adempiere i loro servizi essenziali».
Infine, la relazione si concludeva, mettendo in guardia l’assemblea costituente: «Pericolo da evitare e che, mentre si tende ad un alleggerimento della macchina amministrativa, il decentramento non dia origine ad una nuova moltiplicazione di burocrazia nelle regioni, senza toccare quella centrale».
4. IL DIBATTITO SULL’ORDINAMENTO REGIONALE IN ASSEMBLEA COSTITUENTE E I