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3 2 Un possibile attrito con le scelte dell’ordinamento

Capitolo 4: Gli spazi dell’autodifesa nel processo penale italiano

4.5 Le dichiarazioni spontanee

Un differente metodo di intervento, all’interno del procedimento, da parte dell’indagato o imputato, è costituito dal rilascio di dichiarazioni spontanee; anch’esse sono definibili come atti personalissimi, potendo essere compiute dall’interessato senza alcun ausilio del suo difensore, e, per questi motivi, costituiscono espressione dell’autodifesa.

Le dichiarazioni spontanee possono essere rilasciate

dall’indagato, in sede di indagini preliminari alla polizia giudiziaria o al P.M, ovvero dall’imputato in udienza preliminare e durante la fase dibattimentale.

Le dichiarazioni spontanee che possono essere rilasciate durante la fase investigativa, sono disciplinate dall’art. 350 c.p.p., congiuntamente alle sommarie informazioni. Gli istituti necessitano di essere distinti: le sommarie informazioni possono essere ottenute dalla polizia giudiziaria “dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo”, come disciplinato

149 dal comma 1 dell’articolo citato ed è prevista la presenza obbligatoria del difensore, tempestivamente avvisato dall’autorità inquirente, come dispone il comma 3, ad esclusione del caso in cui le informazioni siano assunte “sul luogo o nell’immediatezza del fatto” secondo il comma 5; per le dichiarazioni spontanee non è previsto, al contrario, dal comma 7, nessun obbligo di assistenza tecnica, dal momento che queste sono inutilizzabili durante il dibattimento, salvi i casi previsti dall’art. 503, comma 3 c.p.p.

Requisito essenziale della fattispecie disciplinata al comma 7 è la spontaneità: l’indagato, infatti, di sua volontà e senza stimoli o induzioni da parte del personale della P.G., deve volontariamente rilasciare le dichiarazioni. La dottrina e la giurisprudenza dominante ritengono che non sussista, altresì, l’obbligo di avvertimento ex art. 64, comma 3 c.p.p., per il fatto che queste “non sono assimilabili all'interrogatorio in senso tecnico in quanto quest'ultimo presuppone la contestazione specifica del fatto oggetto dell'imputazione ed è costituito da domande

e risposte raccolte in verbale sottoscritto dall'interessato”201. In questo

caso, infatti, è necessario che l’autorità inquirente non abbia posto alcuna domanda e l’iniziativa provenga esclusivamente dall’indagato.

Parte della giurisprudenza202 e della dottrina ha ritenuto che le

dichiarazioni debbano essere, in ogni caso, assunte in modo garantito e

201 Corte di Cassazione penale, sez. IV, Sentenza n. 15018/2011.

202 Corte di Cassazione penale, sez. III, Sentenza n. 24944/2015 e Sentenza n.

150 che la presenza del difensore sia in ogni caso necessaria, anche se non espressamente prevista dalla norma, in quanto la regola prevista dall’art. 63, comma 2 c.p.p. ha portata generale.

Tuttavia, questo pensiero, come ha ribadito la Corte di Cassazione recentemente, non può essere condiviso per diversi motivi. In primo luogo, “la lettera dell'art. 350 c.p.p., comma 7, è esplicita nel prevedere

l'inutilizzabilità ‘relativa’, ovvero solo dibattimentale delle

dichiarazioni spontanee, il che impedisce di ritenere che la regola specifica in essa prevista possa essere ‘vanificata’ dalla disciplina generale che sancisce l'inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rese

dall'indagato senza garanzie”203; la norma si configurerebbe come

un’espressa eccezione alla regola dell’inutilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni rese in assenza del difensore, legittimata dalla volontà e spontaneità dell’indagato o imputato. In secondo luogo, il sistema, così delineato, sarebbe conforme sia al diritto europeo, in particolare alla direttiva n. 2012/13/UE, e alle indicazioni giurisprudenziali della Corte e.d.u.

Le dichiarazioni spontanee sono sottoposte a limiti di utilizzabilità, come previsto dall’art. 350, comma 7, dal momento che queste possono essere utilizzate in fase dibattimentale, esclusivamente con la funzione di contestazione probatoria, per valutare la credibilità dell’imputato, secondo l’art. 503, comma 4. Si ritiene pacificamente che

151 tali dichiarazioni possano essere utilizzate, precedentemente alla fase

dibattimentale, per l’applicazione di una misura cautelare204 e in

occasione del giudizio abbreviato205.

Le dichiarazioni possono essere assunte, inoltre, dal P.M., come previsto dall’art. 374 c.p.p., nel caso in cui l’indagato si presenti spontaneamente; anche in questo caso non è prevista la necessaria presenza del difensore e le informazioni ottenute potranno essere utilizzate in dibattimento ai fini delle contestazioni.

L’imputato ha la facoltà di effettuare dichiarazioni spontanee altresì durante l’udienza preliminare; questa possibilità assume particolare rilevanza in riferimento all’ipotesi in cui il procedimento si svolga nelle forme del giudizio abbreviato. In tale sede, difatti, l’imputato può chiedere al giudice di rendere dichiarazioni spontanee ovvero di essere sottoposto all’interrogatorio e, in virtù di tali atti, contribuirebbe ad un incremento dell’apporto conoscitivo del giudice, dal momento che questo si trova a decidere allo stato degli atti.

Altra sede per le dichiarazioni spontanee è il dibattimento; l’art. 494 c.p.p. prevede la facoltà di rilasciarle in ogni stato del dibattimento, ponendo allo stesso tempo due condizioni, secondo cui queste devono essere pertinenti all’oggetto dell’imputazione e non intralciare l’istruzione dibattimentale, pena l’ammonizione e, in caso di persistenza, la perdita della parola. L’art. 494 c.p.p. deve essere

204 Corte di Cassazione penale, sez. III, Sentenza n. 21855/2011. 205 Corte di Cassazione penale, sez. II, Sentenza n. 44874/2011.

152 necessariamente coordinato con l’art. 523, comma 6 c.p.p., in base al quale l’interruzione della discussione può essere giustificata solo dall’assoluta necessità di assunzione di nuove prove; ne consegue che, non essendo le dichiarazioni assimilabili a tale categoria, in sede di discussione finale, deve ritenersi insussistente la facoltà dello stesso imputato di intervenire, fermo restando il suo diritto di avere parola per ultimo, se lo richiede206.

Il diritto di rendere dichiarazioni spontanee, nell’opinione del giudice di legittimità, sarebbe riconosciuto esclusivamente all’imputato

presente all’udienza207.

Le dichiarazioni dell’imputato assumono rilevanza in virtù dei principi di oralità e del contraddittorio ed è lo stesso giudice che, esaurita l’esposizione dei fatti che le parti intendono provare e delle richieste di ammissione delle prove, deve informare l’imputato della sua facoltà di rendere le dichiarazioni che ritiene più opportune. Esse “anche se rese in assenza del difensore e senza l'avviso di poter esercitare il diritto al silenzio sono utilizzabili nella fase procedimentale, nella misura in cui emerga con chiarezza che l'indagato abbia scelto di renderle

liberamente, senza alcuna coercizione o sollecitazione”208.

Rappresentando uno strumento di autodifesa, le dichiarazioni sono rese liberamente dall’imputato senza l’intervento del difensore,

206 In tal senso Corte di Cassazione penale, sez. I, Sentenza n. 1708/1993. 207 Corte di Cassazione penale, sez. fer., Sentenza n. 35729/2013.

153 delle altre parti o del giudice, tramite domande e/o contestazioni; tuttavia, non è precluso al giudice l’intervento per richiedere precisazioni e chiarimenti in ordine al significato e alla portata di dichiarazioni che possono apparire oscure o equivoche.

Le dichiarazioni spontanee devono essere tenute distinte dall’esame, in quanto” l’imputato non si offre al controesame della parte avente un interesse opposto; e pertanto non rischia di essere messo in

difficoltà da domande della controparte”209. La giurisprudenza ha,

inoltre, ritenuto che queste sono rimesse all’esclusivo potere discrezionale del dichiarante, titolare dello ius dicendi et postulandi, che quindi può articolare le sue azioni difensive nel modo che ritiene più opportuno.

Le dichiarazioni rese spontaneamente possono legittimare la revoca all’ordinanza di ammissione delle prove, l’esercizio da parte del giudice del potere di indicare alle parti temi nuovi o più ampi ovvero l’ammissione di nuove prove.

È bene ricordare che l’art. 62 c.p.p. pone il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni effettuate dall’imputato “nel corso del procedimento”; la ratio di tale norma, da un punto di vista oggettivo, è quella di salvaguardare le modalità di formazione degli atti attraverso la verbalizzazione e, da un punto di vista soggettivo, tutelare il diritto di difesa dell’imputato/indagato. La Corte di Cassazione ha precisato che,

154 con la locuzione “nel corso del procedimento”, il legislatore abbia

voluto intendere all’interno del procedimento e non durante esso210.

Le esigenze che si vogliono tutelare attraverso il divieto testimoniale possono essere agevolmente colte dalla Relazione al progetto preliminare del nuovo codice, dove il legislatore ha dichiarato che “si vuole (…) che di tali dichiarazioni faccia fede la sola documentazione scritta, da redigersi e da utilizzarsi con le forme ed entro i limiti previsti per le varie fasi del procedimento; e si vuole altresì evitare che, attraverso il duplice meccanismo delle `dichiarazioni spontanee' e della `testimonianza de auditu', venga aggirato il diritto al silenzio dell'inquisito”211.

La norma rappresenterebbe, secondo la dottrina, un

“compromesso tra l'esigenza, tipica del processo accusatorio, di escludere l'interrogatorio dell'imputato come ‘atto dovuto’ e l'esigenza di impedire che il prevedere soltanto l'esame ‘facoltativo’ dell'imputato - in quanto subordinato alla richiesta o al consenso dell'imputato medesimo - finisca con il giocare ‘un ruolo potenzialmente negativo’, per il pericolo di interpretare il rifiuto di sottoporsi all'esame incrociato

come confessione”212. Le dichiarazioni spontanee devono infatti

210 Corte di Cassazione penale, sez. I, 23 novembre 1993.

211 Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in G.U., 24

ottobre 1988, cit., p. 32.

212 N. Triggiani, Dichiarazioni spontanee dell’imputato ex art. 494 c.p.p. e

discussione finale ex art. 523 c.p.p.: un opportuno chiarimento della Corte di Cassazione, in Cass. Pen., 1995, fasc. 4, pag. 968.

155 intendersi come un contributo chiarificatore affidato esclusivamente all’autodifesa dell’imputato.