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Il diritto al colloquio col difensore

un’informazione puntuale sulla natura e sui motivi dell’accusa

4.9 Il diritto al colloquio col difensore

Il diritto di conferire con il proprio difensore, riconosciuto implicitamente dall’art. 111 Cost., assume particolare rilevanza nel caso in cui l’indagato si trovi in vinculis, sottoposto, quindi, ad una misura cautelare, quale la custodia, ovvero il fermo o l’arresto, disciplinata dall’art. 104 c.p.p. Difatti, anche in tale situazione, l’accusato deve essere nelle condizioni di poter interloquire con il suo assistente legale, al fine di decidere la linea difensiva da porre in essere in occasione dell’interrogatorio successivo con l’autorità giudiziaria.

I commi 1 e 2 della norma dispongono che tale diritto sia concesso sin dall’inizio dell’esecuzione della misura cautelare; il difensore, difatti, deve essere immediatamente avvisato da parte dell’autorità dell’avvenuta esecuzione, come disposto dagli art. 293, comma 1 cp.p., relativamente all’ipotesi di custodia cautelare e 386, commi 1 e 2, in caso di arresto o fermo della persona indiziata.

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Secondo la giurisprudenza di legittimità260, la norma in analisi,

secondo la rubrica del codice, ha il merito di aver sancito una regola generale in forza della quale il rapporto con il difensore costituisce un diritto dell’imputato e, in particolare, un’estrinsecazione del diritto di difesa immediatamente esercitabile sin dal momento dell’esecuzione.

Per prevenire il pericolo di inquinamento delle prove, il quale potrebbe derivare direttamente dal colloquio tra il soggetto in vinculis e il suo difensore, il legislatore ha previsto un’ipotesi di eccezione al colloquio immediato ai commi 3 e 4 dell’art. 104 c.p.p., prevedendo una dilazione di tempo non superiore a cinque giorni, per la custodia cautelare, ovvero di 24 ore, per il fermo e l’arresto. È bene ricordare che, nel caso di esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere, ai sensi dell’art 294 c.p.p., l’interrogatorio di garanzia deve avvenire immediatamente e non oltre cinque giorni, secondo il comma 1, ovvero entro 24 ore, se il P.M. ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare, come previsto dal comma 1 ter; nel caso di arresto o fermo, l’udienza di convalida, di fronte al giudice, deve essere svolta entro le 48 ore successive alla richiesta di convalida del P.M., a seguito dell’interrogatorio del soggetto, svolto entro le 24 ore seguenti all’arresto o fermo effettuato dalla polizia giudiziaria. In virtù del differimento, il primo contatto tra accusato e difensore si avrebbe contestualmente allo svolgimento dell’interrogatorio.

193 La Riforma Orlando, l. n. 103/2017, è intervenuta sul punto. Precedentemente ad essa, il differimento era disposto nel caso di “specifiche ed eccezionali ragioni di cautela”, dovendo sussistere, pertanto, il fondato pericolo di pregiudizio per le indagini, derivante dal colloquio tra accusato e difensore. Il differimento in questione era stato, a più riprese, ritenuto conforme sia alla Costituzione sia alla C.e.d.u, le cui clausole non precludono minimamente una ragionevole

posticipazione del primo contatto tra difensore e assistito261. La Corte di

Cassazione ha precisato, inoltre che, il colloquio con il proprio difensore rappresenta un diritto e, in quanto tale, è rimesso alla volontà del suo titolare, di modo che il soggetto in vinculis può rifiutarsi di attuarlo senza che il fatto possa essere valutato come integrativo di un’invalidità. Da tale affermazione è stato erroneamente desunta la non obbligatorietà del colloquio, ma si deve tener conto che tale rifiuto proviene da una scelta libera e consapevole dell’interessato riguardo ad un suo diritto e non da una volontà imposta dall’autorità.

La dottrina262, riguardo al differimento, ha criticamente sostenuto

che la disposizione in esame si presta ad “un’univoca chiave di lettura rappresentata dalla diffidenza del legislatore per la figura del difensore e per il suo intervento, astrattamente configurabile in termini di concorso

261 Corte di Cassazione penale, sez, I, Sentenza n. 4479/1994; Corte di Cassazione

penale, sez. VI, Sentenza n. 3651/1995; Corte di Cassazione penale, sez. IV, Sentenza n. 15113/2006.

262 In particolare, Corso, Diritto al silenzio: garanzia da difendere o ingombro

194 o di favoreggiamento in un eventuale disegno di inquinamento delle

prove raccolte sino a quel momento dagli organi inquirenti”263. Le

coordinate normative avevano portato, quindi, ad una lettura mortificatrice del diritto di difesa, basata su pericolo astratto ed infondato di inquinamento delle prove, non idoneo a dimostrare la fondatezza e la necessità assoluta del differimento.

La riforma, come anticipato, è intervenuta, apportando una modifica di particolare significatività, “stante la sua natura di scelta legislativa di (tentato) adeguamento e (tentata) risposta alle critiche formulate dai giuristi italiani nel confronti della previsione dell’art. 104 c.p.p.”264, in virtù dell’aggiunta dell’inciso “per i delitti di cui agli

articoli 51, commi 3 bis e 3 quater”, dopo le parole “indagini

preliminari” al comma 3265. La novella legislativa ha cercato di

circoscrivere la possibilità di dilazione alle sole ipotesi di reati di particolare allarme sociale; gli articoli di riferimento introdotti si riferiscono, difatti, a delitti di associazione a delinquere, associazioni di stampo mafioso o con finalità di terrorismo.

Sul punto sono state avanzate obiezioni, in particolar modo dall’Unione delle Camere Penali Italiane, che ha palesato la propria

263 T. Caboni, Modifiche alla disciplina delle indagini preliminari, in A. Conz, L.

Levita, La riforma della giustizia penale, pag. 48.

264 T. Caboni, op. cit., pag. 487.

265 Il comma alla luce della riforma è il seguente: “nel corso delle indagini

preliminari per i delitti di cui all’art. 51, commi 3 bis e 3 quater, quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto, dilazionare per un tempo non superiore a cinque giorni, l’esercizio del diritto di conferire con il difensore.

195 contrarietà delle novità introdotte, arrivando a suggerire l’integrale abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 104 c.p.p. In particolare ha precisato come si trattasse non “di una valutazione circa la pericolosità del soggetto arrestato o sottoposto a custodia cautelare in carcere, quanto piuttosto di una inaccettabile manifestazione di totale sfiducia nei confronti del difensore e del suo ruolo”.

La nuova previsione rappresenta una grave compressione del diritto di difesa, nella sua accezione sia di difesa materiale sia tecnica, dimostrandosi nettamente “in contrasto con i fondamentali principi su cui si basa un ordinamento democratico, liberale ed evoluto e portando con sé il rischio di creare una situazione per cui il differimento possa

diventare una prassi comune per i reati di maggiore allarme sociale”266,

a discapito totale della difesa.