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6. Il reato è stato commesso da persona non imputabile o non

6.1 Il difetto di imputabilità

Analizzando la prima delle due ipotesi, ossia il difetto di imputabilità, questa, ponendo l’accento sul soggetto non imputabile, esige una riflessione preliminare circa la posizione della non imputabilità nella teoria generale del reato; è discusso, infatti, se l’imputabilità sia presupposto della colpevolezza, o se si possa individuare la colpevolezza nei soggetti non imputabili. La questione non è irrilevante, poiché, nella prima delle due ipotesi la mancanza di imputabilità porterebbe a ritenere inesistente il reato, mentre la seconda escluderebbe solamente l’applicazione della pena. Basandosi sul dato testuale, che vede l’imputabilità inserita nel titolo IV del codice penale dedicato al reo, una parte della dottrina232 ritiene l’imputabilità

A tal proposito appare pienamente condivisibile l’opinione di G. Pecorella, Ieri oggi e domani delle formula di proscioglimento, in Legisl. pen., 2005, p. 651 il quale auspica una revisione dei rapporti tra processo penale e processo civile in vista di una piena autonomia ‘’ visto che la formula terminativa del processo penale non da alcuna indicazione su una eventuale responsabilità civile.’’

231 P. Tonini op. cit p. 763 232 F. Antolisei op. cit. p. 287

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un elemento estraneo alla teoria generale del reato, considerandola, invece, oggetto di studio della teoria del reo. Secondo tale impostazione, che trova fondamento nella concezione psicologica della colpevolezza233, imputabilità e colpevolezza esprimono concetti

differenti, con la conseguenza che la prima non farà venire meno il reato ma comporterà, esclusivamente, l’impossibilità di punire il soggetto responsabile. Questa interpretazione troverebbe conferma negli articoli del codice penale che prescrivono l’applicazione di una misura di sicurezza al soggetto non imputabile: gli articoli 222 e 224 c.p. fanno, infatti, riferimento sia alla gravità del fatto, che agli elementi del dolo e della colpa, i quali sarebbero quindi applicabili anche al non imputabile. Un’altra parte della dottrina ritiene l’imputabilità parte integrante della teoria generale del reato, da collocarsi nella categoria della colpevolezza, all’interno della quale rappresenterebbe la prima condizione per esprimere la disapprovazione dell’ordinamento nei confronti del fatto tipico e antigiuridico commesso dall’agente234 :

mancherebbe nel soggetto non imputabile la possibilità di comprendere l’illeceità del comportamento tenuto, non essendo possibile muovere nei confronti di questo alcun rimprovero235. Al di là

233 R. Giovagnoli, Studi di diritto penale parte generale, Giuffrè 2008 p. 427 il quale

spiega come ‘’La concezione psicologica della colpevolezza concepisce quest’ultima come relazione psichica tra fatto e autore, presente allo stesso modo nel soggetto imputabile e in quello non imputabile’’.

234 G. Fiandaca E. Musco op. cit. p. 327 ss.

235 In questo senso G. Francesco op. cit. p 365 ss il quale fa riferimento a due

importanti sentenze. La prima è la sentenza Costituzionale 364/1988, dalla quale, sembra si possa trarre trarre - ragionando a contrario rispetto alle affermazioni della Corte - la considerazione che un soggetto ‘’ non sano e maturo di mente’’ non sia in grado di rappresentarsi il contenuto illecito della propria condotta. La seconda è invece la sentenza Cass. pen. sez. un. 25 Gennaio 2005 la quale, trattando espressamente il tema della imputabilità, arriva ad affermare che: ‘’ l’imputabilità non si limita ad essere una “mera capacità di pena” o un “semplice presupposto o aspetto della capacità giuridica penale”, ma il suo “ruolo autentico” deve cogliersi partendo, appunto, dalla teoria generale del reato; se il reato è un fatto tipico, antigiuridico e colpevole e la colpevolezza non è soltanto dolo o colpa ma anche, valutativamente, riprovevolezza, rimproverabilità, l’imputabilità è ben di più che non una semplice condizione soggettiva di riferibilità della conseguenza del reato data

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delle tesi appena illustrate, la scelta del legislatore di inserire l’imputabilità in un’apposita formula non sembra volta a prendere posizione circa l’una o l’altra impostazione, quanto piuttosto dettata da motivi prevalentemente pratici e, se vogliamo, di tutela dell’imputato. La previsione in esame postula, infatti, la commissione di un reato ad opera dell’imputato, non potendosi, quindi, prescindere dal verificare, preliminarmente, l’esistenza dello stesso e di tutti i suoi elementi costitutivi236. Anche in Giurisprudenza si sostiene come il

proscioglimento pronunciato a causa dell’inimputabilità del soggetto, e in particolar modo quando questo risulti essere affetto da vizio totale e parziale di mente, sia pregiudizievole. La Corte Costituzionale ha sul punto dichiarato: ‘’ (…) lungi dall’assumere una valenza pienamente liberatoria, detta pronuncia postula l’accertamento della sussistenza del fatto di reato, della sua riferibilità all’imputato – in termini tanto materiali che psicologici – e dell’assenza di cause di giustificazione: non distinguendosi, dunque, sotto tale profilo, da una sentenza di condanna”237. Sarebbe, inoltre, proprio il proscioglimento, pronunciato

a causa di vizio totale o parziale di mente, a causare al soggetto un pregiudizio particolarmente intenso, considerato perfino superiore a quello che potrebbe derivare da una sentenza di condanna238. La

dalla pena, divenendo piuttosto la condizione dell’autore che rende possibile la rimproverabilità del fatto (…) nella sua “propedeuticità soggettiva rispetto al reato, presupposto della colpevolezza”, non essendovi colpevolezza senza imputabilità’’.

236 P. Mirto op. cit. p 77 : ‘’ La distinzione di tale formula dalle altre si impone altresì

per esigenze di indole tecnica e scientifica , perché la valutazione dell’imputabilità attiene ad un momento tipico , che si differenzia e si distacca da ogni altra valutazione attinente al fatto, al reato e alla procedibilità, e concerne un indagine non confondibile con altre’’.

Potremmo aggiungere che, non solo, tale accertamento se ne differenzia ma certamente presuppone che l’accertamento su tutti gli altri elementi sia stato esperito.

237 Corte Costit. 274/2009 http://www.gazzettaufficiale.it

238 In questo senso sono molteplici in Giurisprudenza le sentenze ad affermarlo. La

più risalente è la sentenza della Corte Costituzionale 151/1967 la quale arriva a sostenere come la sentenza di proscioglimento , in casi quali l’intossicazione cronica

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necessità di un accertamento completo è confermata anche dall’assenza della formula in esame nella disciplina del proscioglimento immediato; questa scelta, operata dal legislatore, non può essere ritenuta casuale, avendo una ratio ben precisa: garantire che il proscioglimento perché il soggetto non è imputabile, sia conseguenza di un accertamento completo circa la sussistenza del fatto e la commissione dello stesso da parte dell’imputato, verifica che non può avvenire tramite una sentenza emessa nell’immediatezza, in ogni grado e stato del procedimento, quale quella di proscioglimento immediato239.

Il pregiudizio che può derivare dalla formula in esame non si limita agli aspetti fin qui considerati. Infatti, quella in esame è l’unica ipotesi assolutoria dalla quale possono derivare conseguenze di tipo penale: l’articolo 530 quarto comma c.p.p. prescrive che possano essere applicate misure di sicurezza nei casi previsti dalla legge. La formula che stiamo esaminando può, quindi, portare all’applicazione di una misura di sicurezza nel caso in cui sia accertata la pericolosità sociale dell’imputato assolto240. Le misure di sicurezza concretamente

applicabili al non imputabile sono quelle previste dagli articoli 222 c.p. e 224 c.p., il primo prevede che il soggetto prosciolto a causa di un’infermità psichica sia ricoverato in un ospedale psichiatrico

da alcool o da stupefacenti, può essere più infamante di una sentenza di rinvio a giudizio. Più recente la sentenza Costituzionale 85/2008 .

239 Le stessa ragione che portò la Corte costituzionale, con la sentenza 41/1993, a

dichiarare illegittimo l’articolo 425 comma primo c.p.p. che permetteva, ad esito di udienza preliminare, la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere anche nel caso in cui il soggetto non fosse imputabile. In questa occasione la Corte dichiarò: ‘’Il sistema delineato dall'art.425 del codice di procedura penale finisce infatti per imporre al giudice la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità (…) all'esito e sulla base di un accertamento di responsabilità che si fonda solo sull'etereo presupposto della non evidente infondatezza dell'addebito’’.

240 L’articolo 205 c.p. dispone al comma primo che la misura di sicurezza venga

ordinata dal giudice o nella stessa sentenza di condanna o in quella di proscioglimento, oppure possono essere comminate in un momento successivo sempre che sia stata accertata la pericolosità sociale.

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giudiziario241, mentre il secondo prescrive per il minore il riformatorio

giudiziario; entrambi i provvedimenti rientrano nel novero delle misure di sicurezza di tipo detentivo. Proprio la possibilità che al soggetto vengano applicate misure restrittive della libertà personale ha indotto il legislatore a prevedere sia che tale tipo di proscioglimento possa essere pronunciato solo dopo la fase dibattimentale, sia che tale decisione segua al raggiungimento di una piena cognizione da parte del giudice circa la reale sussistenza di un reato. Se nell’ipotesi di comminazione di una misura di sicurezza è certamente indispensabile che sia accertata la commissione di un fatto costituente reato, restano dubbi circa il pregiudizio che rappresenta tale accertamento per colui al quale non venga applicata una misura restrittiva della libertà, soprattutto là dove si segua la tesi secondo la quale il fatto commesso dal non imputabile non sia meramente esente da pena, quanto, piuttosto, insussistente per l’incapacità del soggetto non imputabile di coglierne il disvalore.