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Il divieto di presentare il soggetto come colpevole : il rapporto tra

3. Le nuove coordinate della presunzione di innocenza

3.3 Il divieto di presentare il soggetto come colpevole : il rapporto tra

Dalle fonti internazionali, in particolar modo dall’interpretazione che della presunzione di innocenza ha offerto la Corte Europea dei Diritti Dell’uomo, emerge una particolare attenzione per un aspetto peculiare: la rappresentazione del presunto reo ad opera sia della collettività, tramite i canali di informazione, sia degli stessi organi giurisdizionali. Al di là, infatti, del divieto di trattare l’imputato come colpevole prima dell’accertamento giurisdizionale della sua colpevolezza, viene ritenuto fondamentale anche che lo stesso non sia rappresentato, pure al di fuori del processo penale, come colpevole. Abbiamo già avuto modo di notare come molteplici siano le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’uomo nelle quali esternazioni colpevoliste, espresse dalle stesse autorità giudiziarie, siano state ritenute in contrasto con l’articolo 6§2 della Convenzione. Manifesto risulta, nel nostro ordinamento, il delicato rapporto che intercorre tra

presunzione di innocenza sostiene come sia necessario abbandonare le varie formule di proscioglimento e ritornare al binomio colpevole-innocente.

Dello stesso avviso M. chiavario ivi. p. 666

164 E. Marzaduri Verso l’abolizione delle formule di proscioglimento? In Criminalia,

2007, p. 424 fa discendere, direttamente dalla disposizione che impedisce la condanna là dove non sia stato eliminato ogni ragionevole dubbio, la conseguenza di un epilogo assolutorio unico senza alcuna specificazione motivazionale nel dispositivo.

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il procedimento penale e l’informazione che di esso viene fornita alla collettività. La criticità si riscontra nel fatto che entrambi i valori in gioco, il diritto all’informazione e la presunzione di innocenza, sono costituzionalmente tutelati, perciò, nessuno di questi potrà interamente soccombere.

Il diritto di cronaca è costituzionalmente protetto dall’articolo 21 della Costituzione, quale diritto alla manifestazione del pensiero, nella duplice accezione passiva e attiva: diritto ad essere informati e diritto di informare. Il diritto all’informazione riguardante il procedimento penale è, poi, da ritenere diretta conseguenza della sovranità popolare, è infatti, nel nome del popolo che deve essere amministrata la giustizia165. Risulta, perciò, impensabile che la collettività possa

rimanere estranea al modo in cui questa viene gestita. La stessa previsione, sempre in Costituzione166, dell’obbligo di motivazione di

tutti i provvedimenti giurisdizionali , altro non è che uno strumento a disposizione dei cittadini per verificare l’operato degli organi giudiziari. Così pure la Convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo, all’articolo 10, annovera, tra i diritti tutelati, quello alla libertà di espressione, ed è la CEDU ad attribuire alla stampa il compito di informare i cittadini circa l’amministrazione della giustizia, a partire dalla più risalente sentenza 26 aprile 1979, Sunday Times c. United Kingdom, nella quale essa espressamente afferma: ‘’ se è vero che i mezzi di comunicazione non devono superare i limiti stabiliti per la buona amministrazione della giustizia (tra i quali rientra il principio della presunzione di innocenza) è loro compito comunicare informazioni e idee sulle questioni di cui si occupano tribunali, cosi come su quelle relative ad altri settori di

165 Art. 101 comma 1 Cost.

166 Articolo 111 Cost. comma sesto: ‘’Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono

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pubblico interesse. Accanto alla loro funzione di fornire informazioni sta il diritto del pubblico ad essere informato’’167. Il diritto all’informazione

viene , però, sempre accompagnato da specifici confini , ed è proprio la presunzione di innocenza a rappresentare il limite entro il quale è ritenuta lecita la divulgazione di informazioni circa il procedimento penale168. Nella sentenza 18 Ottobre 1984 n. 5259, la Cassazione si

preoccupa di illustrare schematicamente quando il diritto di stampa sia legittimamente esercitato e, a contrario, tale non potrà dirsi quando: non può essere giudicato civile, poiché eccedente lo scopo informativo o lesivo del minimo di dignità umana, quando esso risulta poco chiaro, poiché il giornalista, per sottrarsi ad ogni tipo di responsabilità, utilizza determinate espressioni che, nel particolare contesto di tempo e di luogo, è consapevole potranno essere dal pubblico travisate e che comunque risultino sfavorevoli. Non lo è, inoltre, quando il giornalista utilizza espressioni sfavorevoli che, in astratto, sembrano non poter essere attribuite ad alcuna persona in particolare ma che, nel dato contesto, permettono al lettore il chiaro riferimento a persone determinate, oppure, quando egli si esprima con un tono sproporzionato, scandalizzato, tale da indurre il lettore quasi ad attribuire più valore al modo in cui la notizia viene presentata piuttosto che alla notizia stessa. Il Consiglio D’Europa emana nel 2003169 una

raccomandazione rivolta a dettare ‘’Principi relativi alle informazioni fornite attraverso i mezzi di comunicazione in rapporto a procedimenti penali’’: articolata in 18 punti, denominati principi, viene ritenuto un diritto quello del pubblico ad essere informato riguardo l’attività

167 Disponibile all’indirizzo https://www.echr.coe.int

168 per P. Paulesu op. cit. p. 160, il quale individua nel diritto alla riservatezza un

ulteriore limite. Quest’ultimo, infatti, entra in gioco nel caso in cui ad essere pubblicati siano atti segreti , mentre , la presunzione di innocenza verrebbe violata ogni qual volta la divulgazione avvenisse con modi tali da ingenerare giudizi colpevolisti nella collettività.

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dell’autorità giudiziaria e di polizia attraverso i mezzi di comunicazione, ma limite invalicabile rimane sempre la presunzione di innocenza quale parte integrante di un giusto processo170. Ai punti successivi sono

fornite direttive circa il modo in cui le informazioni devono essere divulgate e se, da un lato, la raccomandazione mira a garantire la piena informazione e partecipazione attiva degli organi di stampa, dall’altro contempla adeguati contrappesi posti a tutela delle parti stesse del procedimento penale, proteggendo il diritto alla riservatezza dell’imputato, e il buon andamento della giustizia. Inoltre la raccomandazione prevede tra gli altri, l’onere in capo alla polizia di fornire informazioni che possano compromettere la correttezza del procedimento.

Dal quadro che emerge, l’informazione in merito alle vicende processuali è un’arma a doppio taglio: da un lato è indispensabile ma, dall’altra, se non sapientemente gestita, può pregiudicare la riuscita stessa del procedimento penale. Il contesto attuale è tutt’altro che rassicurante: si assiste ad un vero e proprio sdoppiamento processuale, al processo celebrato nelle aule di tribunale di affianca, e spesso si sovrappone quello mediatico gestito da regole del tutto peculiari e, possiamo dire, anche opposte a quelle che disciplinano il processo penale. Nella coscienza collettiva la presunzione di innocenza ha ‘’ uno scarsissimo peso nel linguaggio e nella rappresentazione mediatica (…) dove a dominare è l’opposto canone in dubio contra reum’’ 171, il tutto

aggravato dalla lentezza processuale, che certamente dilata nel tempo la presunzione di innocenza che finisce, in questo modo, per svanire.

170 Al numero due si può leggere: ‘’Il rispetto del principio della presunzione di

innocenza costituisce parte integrante del diritto ad un giusto processo. Ne consegue che pareri e informazioni relativi a procedimenti penali in corso dovrebbero essere comunicati o diffusi dai mezzi di comunicazione soltanto se ciò non pregiudica la presunzione di innocenza della persona sospettata o imputata di un reato.’’

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Distorta appare, poi, la distribuzione delle informazioni diffuse dai media, le quali non solo sono spesso accompagnate da inopportune ‘’affermazioni colpevoliste’’, ma si concentrano in particolare misura sulla fase iniziale del procedimento penale, quella delle indagini, e nello specifico su particolari atti compiuti dalle autorità giudiziarie quali ‘’atti garantiti’’ o l’applicazione di misure cautelari, per poi scemare l’attenzione nel susseguirsi delle fasi processuali. A questo si aggiunga come la maggior parte dei fruitori delle informazioni non ha sufficienti conoscenze degli istituti processuali e, quindi, essi tendono ad attribuire, indotti a tale risultato dai media, significati anche contrari al senso dell’istituto. Un esempio su tutti è dato dalle specifiche formule proscioglitive: se con queste viene fornita alla collettività, fin dalla lettura del dispositivo, una conoscenza immediata almeno delle articolazioni principali della condanna o del proscioglimento, risulta però difficile che il quisque de populo riesca a cogliere l’esatto significato di ogni formula assolutoria, senza attribuire ad esse una valenza distorta a seconda anche del contesto sociopolitico del momento172. Non sempre, quindi, maggior pubblicità nel

procedimento penale significa maggiore trasparenza, dato che, molto spesso, il messaggio risulta distorto. Quello che viene posto in discussione è la qualità della comunicazione che intercorre tra il procedimento penale e la collettività: ‘’si pone l’esigenza di un’informazione, oltre che libera e pluralista, anche sorretta da un’adeguata competenza giuridica’’173. Le soluzioni prospettate sono

molteplici: in primo luogo , sembra indispensabile intervenire a livello culturale, in quanto è manifesto come la presunzione di innocenza non sia radicata nella coscienza collettiva, mentre, quest’ultima, invece,

172 In questi termini G. Mantovani, Informazione giustizia penale e diritti della

persona, Jovene 2011 pp. 202, 203

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andrebbe indirizzata verso la corretta interpretazione del principio poiché ‘’quando nei cittadini non è salda la consapevolezza dell’importanza dei principi fondamentali, è vano sperare che il legislatore possa sentirsi a questi vincolato in maniera sostanziale’’174.

Le soluzioni pratiche, per regolare correttamente il rapporto tra il processo penale e la collettività, si concentrano sull’imporre ai giornalisti la qualità e il controllo delle fonti e, soprattutto, una maggior adesione possibile alla realtà dei fatti, risultato che potrebbe essere ottenuto affidando direttamente agli organi giudiziari175 il compito di

fornire le notizie circa il procedimento in atto.

Simile soluzione è stata prospettata anche per regolare la fase ultima del processo penale, quello della decisione e della divulgazione della stessa: si tratterebbe della diffusione di comunicati stampa, sotto la responsabilità collegiale della camera di consiglio, contenenti gli estremi della motivazione per evitare di incorrere negli equivoci a cui formule rigide e tassative possono portare176. Infatti, anche il tema

degli effetti della decisione deve essere ripensato nell’ottica

174 G. Illuminati op. cit. p. 9

Un esempio su tutti proviene proprio dalle formule proscioglitive: la loro funzione può essere in gran parte ricondotta a soddisfare l’esigenza della collettività di conoscere le motivazioni della sentenza, tuttavia, sembra che, nel far ciò, il legislatore abbia ignorato le ripercussioni che sulla presunzione di innocenza tali formule avrebbero comportato. Emblematica è la pratica, più volte menzionata, del riferimento al secondo comma dell’articolo 530 c.p.p. nel dispositivo della sentenza: qui il contesto sociopolitico influisce sulla stessa struttura del dispositivo arrivando a ‘’forzare il dato legislativo’’, a sostenerlo G. Mantovani op. cit. p. 207

175 A tale proposito il Dlgs 106/06 rubricato ‘’Disposizioni in materia di

riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25 luglio 2005, n. 150", nel disciplinale l’organizzazione degli uffici del PM, regola i rapporti tra Procuratore e gli organi di informazione : all’articolo 5 è previsto che esso mantenga personalmente, o tramite un magistrato delegato, i rapporti con gli organi di informazione, avendo esso anche una funzione di vigilanza sul comportamento dei magistrati cui è fatto espresso divieto di divulgare informazioni circa l’attività giudiziaria dell’ufficio.

176 La soluzione è proposta da C. Chiavario op. cit. p. 669 , se pur posta sotto la forma

della provocazione. Avalla tale espediente, almeno per i casi di maggior impatto sociale, G. Mantovani ibidem.

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dell’accresciuto peso che ha assunto la dimensione pubblica o sociale delle vicende giudiziarie177. In questo contesto di evidente sensibilità

manifestata dalla collettività per la tematica giudiziaria, si pone, ancora più forte, l’esigenza del soggetto di dimostrare la propria, totale, estraneità ai fatti oggetto di accertamento penale; ed è ormai riconosciuto come nella diversità degli esiti assolutori, non tutti abbiano la medesima capacità di dissipare le ombre che l’avvio di un procedimento penale proietta sul soggetto178. Per questo, anche

nell’ottica del diritto internazionale, che vieta di attribuire al soggetto assolto alcuna conseguenza pregiudizievole, l’istituto deve essere certamente rivisitato179.

177 L. Scomparin, Il proscioglimento immediato nel sistema processuale penale,

Giappichelli, 2008, p. 356

178 Letteralmente G. Mantovani op. cit. p. 192; L. Scomparin ibidem

179 G. Mantovani, op. cit. pp. 262 ss. non ravvisa, nella previsione di una pluralità di

formule, una vera e propria violazione della presunzione di innocenza e ne ribadisce, invece, l’utilità. Tuttavia l’Autrice propone alcune soluzioni che tutelino gli interessi ‘’metagiuridici’’ del soggetto, al fine di operare un bilanciamento di valori contrapposti.

Più netto si presenta F. Morelli, op. cit. p. 418 ss. a detta del quale, la premura di conoscere immediatamente la ragione del proscioglimento deriva dalla presenza stessa di epiloghi assolutori meno favorevoli di altri, in mancanza dei quali il soggetto assolto non avrebbe un reale interesse a conoscere immediatamente le motivi della decisione.

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Capitolo terzo

Le specifiche formule proscioglitive.