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Il percorso storico della formula “il fatto non è previsto dalla legge come reato” si contraddistingue da quello delle altre ipotesi liberatorie, in quanto è stata introdotta solo con il codice Rocco, tuttavia non comparendo tra gli esiti proscioglitivi posti a conclusione del giudizio, ma esclusivamente nell’articolo 152220 c.p.p. abr., quale caso di

proscioglimento immediato. La novità di questa formula, nonché la peculiarità di non essere prevista in tutte le ipotesi di cessazione del procedimento, determinarono, sotto il vigore del codice previgente, un notevole sforzo interpretativo per attribuirne il giusto significato. In un primo momento, l’interpretazione preferibile sembrò quella di assegnare alla formula ‘’il fatto non è previsto dalla legge come reato’’ un significato volto a ricomprendere quelle ipotesi contemplate ad esito del giudizio ma lasciate fuori dall’articolo 152 c.p.p. abr., vale a dire i casi in cui l’imputato non fosse stato imputabile o non punibile

220 L’articolo 152 c.p.p. abr. era l’equivalente dell’attuale articolo 129 c.p.p. il quale

disciplina l’istituto del proscioglimento immediato: un meccanismo a tutela dell’imputato, ma in particolar modo volto a favorire l’economia processuale, che impone , in presenza di determinate cause, la pronuncia di ufficio del proscioglimento in ogni stato e grado del processo.

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perché il fatto non costituiva reato o per un’altra ragione221. Non fu

però questa l’impostazione seguita, ma venne attribuito alla formula un significato autonomo. Tale accezione fu riproposta, con l’entrata in vigore del codice Vassalli, nell’attuale articolo 530 c.p.p. L’ambito di applicazione oggetto di studio abbraccia oggi quelle situazioni in cui, pur sussistendo un fatto accertato nella sua materialità, esso non sia riconducibile ad alcuna fattispecie incriminatrice, o perché questa non è mai esistita, o perché è venuta meno a causa di un fenomeno abrogativo o, ancora, per l’avvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale ad opera del Giudice delle Leggi222. Con riguardo alle due

ultime ipotesi richiamate, è l’articolo 673 c.p.p. a confermare il valore di questa impostazione, in quanto prescrive che il giudice dell’esecuzione revochi, in caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la sentenza di condanna o il decreto penale, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato. Sembra che, con riferimento a questa formula , venga invertito il ragionamento: se nel sintagma ‘’il fatto non sussiste’’ il punto di vista è quello della fattispecie penale, la quale non è integrata poiché non esiste alcun fatto materiale, nell’ipotesi ‘’ il fatto non è previsto dalla legge come reato ‘’ il punto di vista è quello di un fatto storico, il quale non trova,

221 Ricorda questa interpretazione E. Marzaduri op. cit. pp. 510, 511 secondo il quale

la bontà di questa tesi non era pacifica e , comunque, era contingente alla peculiarità normativa.

Diversamente F. Morelli op. cit. p. 151 ss. per il quale sembra l’interpretazione più giusta, argomentando con elementi a favore di una tesi che escludesse l’attribuzione a tale ipotesi di un significato ulteriore , ed autonomo.

222 Sono da aggiungere quelle ipotesi in cui la normativa nazionale non è applicabile

poiché in contrasto con quella comunitaria, come statuito con la sentenza Cass. sez. VII 6 marzo 2008 in Dejure . Con questa sentenza la Suprema corte ha annullato, senza rinvio, la sentenza impugnata e assolto ‘’perché il fatto non costituisce reato’’ l’imputato, in quanto non si poteva ritenere da egli violato l'art. 171 ter comma 2 lett. a), della legge 22 aprile 1941 n. 633 poiché in contrasto con la normativa comunitaria che imponeva all’Italia di informare la Comunità circa le norme tecniche relative all’applicazione del contrassegno Siae, obbligo che, a detta della Corte, non era stato rispettato.

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però, riscontro in alcuna fattispecie incriminatrice223. Le difficoltà che

si ravvisano nell’interpretazione dell’ipotesi in esame sono date dal rischio di allargarne troppo le maglie, erodendo lo spazio applicativo della formula ampliamente liberatoria ‘’il fatto non sussiste’’: sembra uno scenario improbabile quello del Pubblico ministero che formuli un’imputazione sulla base di un fatto completamente sprovvisto del crisma della tipicità224; mentre, le altre ipotesi - quali, a titolo di

esempio, quella del pubblico ministero che dilata in modo eccessivo la norma incriminatrice, facendovi rientrare un comportamento non tipicamente previsto225- sembrano meglio riconducibili

all’insussistenza del fatto, che certamente tutela al meglio un soggetto il quale comportamento è del tutto lecito. Ad avviso di chi scrive, non è privo di fondamento il suggerimento di Stefano Fiore, il quale ipotizza l’aggiunta della locuzione ‘’più’’ alla formula ‘’il fatto non è previsto come reato’’, così da permettere di distinguerla dalle altre formule e restringere il reale campo di applicazione alle ipotesi di illeciti successivamente abrogati o dichiarati incostituzionali226. La proposta è

da parte della dottrina respinta, in quanto considerata mortificante per l’imputato, poiché verrebbe reso manifesto, tramite questa formula, come non sia stato possibile emettere una condanna soltanto per l’emergere di un successivo fenomeno abolitivo227. Al di là

dell’impostazione seguita, il lemma in esame appartiene al novero dei proscioglimenti in iure, cioè in punto di diritto, poiché smentisce

223 S. Fiore op. cit. p. 119

224 Si ritiene condivisibile quanto sostenuto da S. fiore ibidem : ‘’ non è pensabile, se

non come ipotesi totalmente aberrante, la elevazione di una contestazione per un fatto che davvero non sia previsto dalla legge come reato (…) infatti la contestazione deve sempre contenere l’indicazione della norma penale che si assume violata , per cui sarà sempre il fatto storico ad essa riferito nel caso concreto che eventualmente non corrisponderà al tipo normativo’’.

225 Per questo esempio F. Morelli op. cit. pp. 263,264

226S. Fiore ibidem

227 A ritenerlo sia F. Morelli ivi p. 284 che apprezza, però, della proposta l’intento di

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l’ipotesi accusatoria da un punto di vista meramente giuridico. Questa caratteristica sembra condurre all’assunto logico secondo il quale tale formula dovrebbe essere pronunciata prima di ogni altra, poiché sarebbe inutile un’indagine per accertare l’esistenza di un fatto, nonché la commissione del medesimo ad opera dell’imputato, che non abbia alcuna rilevanza penale228. La locuzione in parola sarebbe inoltre

applicabile senza necessità di alcuna istruttoria in quanto la verifica circa la corrispondenza dell’imputazione ad una fattispecie criminosa è un’operazione logica, compiuta dal giudice con lo strumento idoneo a svolgerla, cioè la conoscenza del diritto. Ma se le premesse appaiono valide, la conseguenza non può essere quella appena illustrata. Infatti, la locuzione ‘’ il fatto non è previsto dalla legge come reato’’ non si limita a comunicare l’inesistenza di una fattispecie legale, ma presuppone anche la sussistenza di un fatto storico ascrivibile all’imputato; ed è proprio questa parte della formula, che postula l’accertamento di un fatto, a impedire che essa possa essere pronunciata quale prima ipotesi e senza alcuna attività istruttoria. Dal punto di vista non strettamente giuridico, guardando all’impatto che la locuzione in esame genera nel contesto sociale dell’imputato, possiamo riscontrare come un’espressione rituale che non neghi la commissione del fatto sia sicuramente pregiudizievole; essa appare, inoltre, lesiva del principio costituzionale della presunzione di innocenza, che impedisce alla sentenza di assoluzione di attribuire al soggetto alcuna conseguenza dannosa sia di carattere giuridico, sia di carattere sociale. Per quanto riguarda, invece, gli effetti giuridici extra penali, il lemma ‘’il fatto non è previsto dalla legge come reato’’ non ha alcuna rilevanza nel processo civile o amministrativo. Il sintagma non è, infatti, menzionato nell’articolo 652 c.p.p. e questa circostanza

228 L. Scomparin ivi p. 71 ritiene condivisibile la tesi adottata in dottrina per la quale

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avvalora il sospetto circa un atteggiamento non del tutto neutro del legislatore verso colui che ha commesso un fatto, ma è stato assolto per la sopravvenuta abolizione della norma incriminatrice229. La

diversità di conseguenze nell’ambito civile e amministrativo, tra la formula ‘’ il fatto non sussiste’’ e ‘’ il fatto non è previsto dalla legge come reato’’, esige l’accertamento circa la commissione del fatto materiale, poiché, là dove questo non sussista, si impone l’adozione della formula liberatoria più ampia. Anche la giurisprudenza ritiene la formula ‘’il fatto non sussiste’’ prevalente quella ‘’ il fatto non è previsto dalla legge come reato’’, in considerazione dell’idoneità della prima a produrre effetti in ambito civile e amministrativo. La Corte di Cassazione, con una sentenza del 30 Marzo 1995, ha ritenuto sussistente l’interesse ad impugnare dell’imputato il quale assolto in primo grado con la formula ‘’il fatto non sussiste’’ e prosciolto in con la diversa formula ‘’ il fatto non è previsto dalla legge come reato’’ si è lamentato delle più gravose conseguenze extra penali che quest’ultima avrebbe determinato. Il nocumento che deriva dalla formula in esame - ancora più palese se si aderisse alla teoria secondo cui questa andrebbe pronunciata per prima, senza alcun tipo di istruttoria- non è irrilevante, mentre sono molte le ipotesi, ricomprese in questa formula, che sembrerebbero più riconducibili all’interno del sintagma “Il fatto non sussiste”. Tuttavia, ciò che impedisce la reductio ad unum sotto la formula del “fatto non sussiste” sono proprio gli effetti extra penali, i quali sono stati volutamente differenziati dal Legislatore230.

229 F. Morelli op. cit. pp. 286,287 sostiene che ‘’ Non è compito del processo assolvere

l’imputato ricordando nel dispositivo che avrebbe potuto risultare colpevole se soltanto la fisionomia dell’ordinamento fosse stata appena diversa’’.

Pare del tutto fuori luogo un ordinamento che addossi sull’imputato le proprie scelte di politica criminale.

230 F. Morelli op. cit. p 287 parla di sproporzione rispetto al fine: il legislatore ha

preferito attribuire all’imputato un fatto non appartenente al novero dei reati per tutelare interessi patrimoniali.

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6. Il reato è stato commesso da persona non imputabile o non