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L’imputato non lo ha commesso. – 4. Il fatto non costituisce reato. – 5. Il fatto non è previsto dalla legge come reato. - 6. Il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per altra ragione. – 6.1 Il difetto di imputabilità. - 6.2 La non punibilità per altri ragioni. – 7. Il comma secondo dell’articolo 530 c.p.p. – 8. L’applicazione concreta delle formule: il problema della gerarchia. - 9. Gli effetti extra penali della sentenza di assoluzione e il ruolo delle formule in tale contesto. -9.1 Il giudizio civile e amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno. - 9.2 Il giudizio disciplinare davanti alla pubblica utilità. - 9.3 Efficacia della sentenza penale di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi.

1. Considerazioni preliminari

Per cercare di sciogliere il nodo circa la reale funzione dell’istituto delle specifiche formule proscioglitive180, foriero, già in sé, di numerose

contraddizioni, non si può prescindere dall’analisi della struttura delle singole ipotesi assolutorie contenute nell’articolo 530 c.p.p. Quelle che si presentano nell’articolo in esame sono formule sacramentali, costituenti un numerus clausus esente da eccezioni181 : è fatta espressa

previsione, nell’articolo 254 disp. att. c.p.p., dell’obbligo di pronuncia della sentenza di assoluzione solo tramite le formule di proscioglimento previste dal codice; cosicché, il mancato riferimento, nel dispositivo della sentenza, ad una delle specifiche formule, costituirà motivo di nullità182. La tipicità costituisce, del resto, l’essenza

180 Preliminarmente si pone l’alternativa generica tra sentenza di proscioglimento e

sentenza di assoluzione.

181 L. Scomparin, op. cit. p. 56

182L. Scomparin ivi p. 61 fa discendere la nullità della sentenza, per la mancata

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della scelta: vincolare il confezionamento del dispositivo, ad opera del giudice, entro formule precostituite dal legislatore, rappresenta una condizione insuperabile. Tuttavia, è la stessa tipicità che fa delle formule proscioglitive un istituto controverso, poiché di difficile operatività: non rappresenta, infatti, un’operazione semplice, per il giudice, incasellare la causa dell’assoluzione nella specifica formula e, per questo, molteplici sembrano essere le situazioni di incertezza183.

Bisogna premettere come, nell’approcciarsi alle specifiche formule, la scelta metodologica non possa che essere improntata sulla teoria generale del reato184, muovendo dall’assunto generale secondo cui il

diritto penale, al contrario degli altri rami del diritto, trova la sua applicazione e funzione esclusivamente nel processo penale, per cui ‘’tutto ciò che è penalmente rilevante lo è anche processualmente’’185

conseguentemente, non si può ignorare il forte legame tra le formule

Di diverso avviso pareva essere E. Dosi La sentenza penale di proscioglimento, Giuffrè, 1955, passim, il quale, analizzando le specifiche formule proscioglitive se pur certamente concorde nel ritenerle tassative, riteneva la mancanza di queste uno dei requisiti non prescritti a pena di nullità. Lo studio dell’Autore aveva ad oggetto il codice Rocco ma dello stesso avviso, con riferimento al codice vigente, pare essere F. Morelli, Le formule di proscioglimento radici storiche e funzioni attuali, Giappichelli, 2014, p. 381.

183 E se, la mancanza totale nella sentenza di alcuna formula rappresenterebbe

motivo di nullità, per l’errata adozione di una di esse non sembra esserci alcun rimedio. A riguardo la giurisprudenza della corte di Cassazione nella sentenza 7 ottobre 2003 n 42995 in Dejure ha ritenuto mero errore materiale, quindi correggibile anche di ufficio per disposizione dell’art 130 c.p.p. e non motivo di nullità, l’adozione nel dispositivo della formula ‘’perché non è sufficiente la prova che il fatto sussiste’’ anziché ‘’perché il fatto non sussiste.’’

184 Lo scopo precipuo della teoria generale del reato è quello di: ‘’unificare, mediante

un processo di astrazione e generalizzazione concettuale, tutti gli elementi comuni alle varie tipologie delittuose’’ espressamente G. Fiandaca E. Musco, Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2014, p. 177

La teoria generale del reato permetterebbe inoltre, nella verifica dell’esistenza del reato, una prospettiva di tipo analitico, consistente in una valutazione a ‘’stadi successivi’’ nell’attribuzione della responsabilità penale. G. De Francesco, Diritto penale-I fondamenti, Giappichelli, 2011, p. 156

185 S. Fiore, La teoria generale del reato alla prova del processo , Edizioni Scientifiche

italiane 2007 p. 15 , per il quale , gli effetti di questo legame, in quanto necessitato, si produrrebbero prescindendo dalla volontà e dalla conoscenza di essi da parte del legislatore.

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terminative del giudizio e il diritto penale sostanziale. Anzi, è forse proprio nell’istituto in esame che si impone ancora più forte ‘’un parallelo diretto con la teoria generale del reato’’186, in quanto

obiettivo di siffatte formule è quello di indicare quale elemento della fattispecie legale non è stato integrato, oppure, quando dell’avvenuta integrazione non vi sia la prova o questa sia insufficiente, così che non sia possibile condannare187. Sono doverose alcune precisazioni: in

primo luogo, se certamente è vero che le formule, scomponendo i fondamenti dell’accusa e, quindi, della fattispecie da questa delineata, devono essere lette nell’ottica della teoria generale del reato, non è riscontrabile nell’ambito delle stesse alcuna posizione netta circa l’adozione di un modello inerente agli elementi costitutivi del reato188.

In secondo luogo, l’analisi risulterebbe incompleta, e assai ardua, se si guardasse esclusivamente all’istituto delle formule proscioglitive nell’ottica del rapporto con la teoria generale del reato e se ne trascurasse, invece, la natura processuale. Alcune peculiari scelte, operate dal legislatore nella materia in esame, trovano esclusivamente giustificazione nel processo penale e nell’esigenza di armonizzazione dell’istituto analizzato con altre norme processuali e ciò fino alla conseguenza di porsi in modo distonico rispetto al diritto penale sostanziale189.

186 S. Fiore ivi p 108

187 F. Morelli op. cit. p. 181 ss., fa notare come importante sia la correttezza

dell’imputazione formulata dal pubblico ministero , in quanto, sarà essa che , almeno in prima battuta, orienterà il giudice verso la scelta della formula proscioglitiva più idonea. Infatti, pur prevedendo l’articolo 521 c.p.p. il potere del giudice ad una qualificazione giuridica del fatto diversa rispetto all’imputazione, sarà sempre quest’ultima il parametro che orienta , almeno inizialmente, l’attività processuale, mentre, non sempre il giudice sentirà il bisogno di una riqualificazione del fatto.

188 S. Fiore ibidem. non ritiene possibile stabilire con certezza se, nella compilazione

dell’articolo 530 c.p.p., il Legislatore sia stato guidato da un determinato modello di teoria generale del reato. l’Autore sostiene che sarebbe errato attribuire ex post, alla scelta del Legislatore, una specifica visione della teoria generale del reato.

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2. Il fatto non sussiste

La formula proscioglitiva de ‘’ il fatto non sussiste’’ è la prima prevista dall’articolo 530 c.p.p., nonché quella per eccellenza liberatoria, tanto da essere, definita in dottrina come ‘’regina’’ 190. Per comprendere il

senso della formula in esame è dirimente il concetto di ‘’fatto’’: questa locuzione ‘’sintetizza tutti gli elementi del reato che non devono risultare provati perché il giudice possa liberare l’imputato dal processo con l’epilogo più ambito’’191. Una volta escluso un riferimento ad un

fatto che manchi del tutto dei crismi della tipicità, onde evitare di far assurgere quale modello dell’indagine processuale un fatto storico totalmente irrilevante per l’ordinamento, non si può non adottare una concezione di ‘’fatto’’ quale fatto storico integrante i requisiti tipici richiesti dalla fattispecie192. Gran parte della dottrina193 ricomprende

nella dizione di fatto sia gli elementi materiali, quindi oggettivi, sia gli

Il primo riguarda il rapporto tra sentenza di assoluzione e efficacia extra penale della stessa: alcune formule sembrano pensate e costruite, non sulla base del diritto penale sostanziale ma per favorire , o non impedire, l’azione risarcitoria in sede civile. La seconda ipotesi è, invece, l’esempio di una scelta legislativa contrastante, rispetto a quanto previsto dall’ordinamento penale. Se, in presenza di una causa di giustificazione l’ordinamento penale ritiene lecito il comportamento del soggetto, nel codice di rito l’assoluzione in presenza di una causa di giustificazione non è pronunciata con la formula più ampia, ma con una formula liberatoria che lascia residuare parte di responsabilità in capo all’imputato.

190 G. Sabatini, Classificazione e gerarchia delle formule di proscioglimento, in Giust.

pen., vol. III, 1954, p. 458

191 F. Morelli op. cit. p. 194 192 S. Fiore op. cit. p. 115

193 Tra questi S. Fiore Ibidem secondo il quale : ‘’ a questa formula dovrebbe essere

assegnato il compito di esprimere un esito negativo del processo di sussunzione del fatto concreto nel tipo legale , per l’assenza di uno p più dei requisiti tipici, sia quelli oggettivi (…) che quelli soggettivi ( dolo o colpa).’’

Più in generale, sulla definizione di fatto, S. Mirto, Le formule processuali negative dell’azione penale in rapporto alla dottrina degli elementi de reato, Giuffrè, 1959, p. 50 : ‘’ (…) è il risultato in cui si compenetrano un elemento di ordine oggettivo, o concreto, o materiale, e un elemento di ordine soggettivo ’’.

Contrariamente, invece E. Dosi, La sentenza penale di proscioglimento , Giuffrè, 1955, p. 179 ritiene essere una contraddizione quella di intendere il fatto quale complesso degli elementi oggettivi e soggettivi, giungendo ad affermare che la formula ‘’il fatto non sussiste’’ si applica solo quando viene meno la sussistenza materiale del fatto.

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elementi soggettivi; in questo senso sembra andare l’indicazione proveniente dal diritto penale sostanziale, contenuta dall’articolo 42 c.p., nel quale il concetto di ‘’fatto’’ è posto alla base della nozione di ‘’reato’’. Questa disposizione impedisce di punire un’azione od omissione preveduta come reato se commessa con coscienza e volontà, alludendo, quindi, ad un fatto storico non solo naturale ma anche umano194. Sembrerebbe, inoltre, maggiormente rispettoso del

principio Costituzionale di colpevolezza una concezione di tipicità che abbracci anche l’elemento soggettivo195: il fatto per essere tipico deve

integrare sia gli elementi materiali che quelli soggettivi, umani, per cui in mancanza di essi l’imputato ha diritto di essere assolto con la formula più ampia. La bontà di questa ricostruzione, si scontra, tuttavia, con un'altra disposizione del codice di rito, nel quale, abbiamo già avuto modo di sottolineare, bisogna calare l’istituto delle formule: l’articolo 652 c.p.p., disciplinante l’efficacia della sentenza di assoluzione nel giudizio civile, considera la formula in esame idonea a formare giudicato. Ciò significa che l’accertamento, svoltosi nel giudizio penale, deve essere idoneo a fare stato anche nel giudizio civile e tale condizione può verificarsi solo rispetto a elementi comuni a entrambi gli ordinamenti, sennonché, se nell’ordinamento penale rilevano le condotte dolose e, talvolta, colpose, per l’illecito aquiliano rilevano condotte sia dolose che colpose196, oltre ad essere previsti anche alcuni

casi di responsabilità oggettiva. La coerenza sistematica tra le due disposizioni, l’articolo 530 e l’articolo 652 del codice di rito, impone l’adozione di una nozione di fatto che non comprenda l’elemento

194 Così P. Mirto, ibidem nel contesto volto a dimostrare come la nozione di fatto

accolta nel diritto penale sostanziale deve essere la medesima anche nel diritto processuale.

195 F. Morelli op. cit. p 199

196 L’articolo 2043 c.c. recita: ‘'Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri

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psicologico e che, quindi, consideri il fatto esclusivamente nel nucleo materiale197; al contrario, una volta compiuto l’accertamento positivo

su quest’ultimo, la mancanza dell’elemento psicologico condurrà all’adozione di un'altra formula, meno liberatoria. Pertanto, la formula più ampia de ‘’il fatto non sussiste’’, dovrà essere usata dal giudice quando il fatto storico non rientri nella fattispecie incriminatrice198,

mancando uno degli elementi costitutivi di natura oggettiva: l’evento, la condotta o il nesso di causalità.