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6. Il reato è stato commesso da persona non imputabile o non

6.2 La non punibilità per altre ragioni

La categoria delle cause di non punibilità si presenta, ad una prima analisi, particolarmente vasta; al suo interno vengono ricondotte una molteplicità di ipotesi, tra loro profondamente differenti: tra queste, figurano sia le cause obiettive di non punibilità242, sia le cause di

giustificazione, fino a giungere alle cause di estinzione del reato243.

L’ambito di applicazione necessita, tuttavia, di essere circoscritto: in un

241 Con la legge n 81 del 30 maggio 2014 è stata disposta la chiusura dei ospedali

pschichiatrici giudiziari, i quali sono stati (lentamente) sostituiti dalle REMS ( residenze per Emissione delle Misure di Sicurezza).

242 La moderna teoria quadripartita del reato le inserisce negli elementi costitutivi

dello stesso. Tra i sostenitori di questa teoria vi è G. Marinucci E. Dolcini, Diritto penale, Giuffrè, 2002, p. 124,125 il quale individua, nell’articolo 129 c.p.p., il fondamento normativo dei questa peculiare disposizione degli elementi del reato.

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ordinamento in cui sono valorizzate le formule di assoluzione, ai fini di differenziare le cause che hanno dato vita ad un’ipotesi assolutoria, è necessario operare una distinzione244. Che cosa debba intendersi per

cause di non punibilità è imposto dalla norma stessa, dato che abbiamo già avuto modo di notare, a proposito di quanto previsto per la formula assolutoria da pronunciarsi in caso di soggetto non imputabile, che l’ipotesi in esame richieda il compimento di un reato integrato nei suoi elementi essenziali.

Per questa ragione, sembra doversi far rientrare in tale locuzione solo le ipotesi di non punibilità in senso stretto; infatti, le cause di giustificazione sono ritenute parte integrante della struttura del reato dal punto di vista della colpevolezza, mentre le cause di estinzione del reato, quale la prescrizione, sono fatte rientrare – non senza difficoltà- nella sentenza proscioglitiva del non doversi procedere. Le cause obbiettive di non punibilità, invece, disciplinate dall’articolo 44 c.p., sono ricondotte a quei particolari eventi, non inerenti alla struttura del reato, ma collocati al di fuori di esso: tali eventi sono contemplati dal legislatore al fine di dare ingresso a valutazioni di politica criminale, finalizzate a circoscrivere ulteriormente l’intento repressivo245. Prima

di pronunciare l’assoluzione per la presenza di una causa di non punibilità, è necessario, quindi, che sia effettuato un accertamento completo circa la sussistenza del reato e di tutti i suoi elementi costitutivi, motivo per cui , anche la formula in esame, non rientra tra le ipotesi disciplinate nell’articolo 129 c.p.p., non potendo dare vita ad un proscioglimento immediato246. In verità, la sentenza di assoluzione

244 E. Marzaduri op. cit. p. 512 245 G. De Francesco op. cit. p. 205

246 E. Marzaduri op. cit. p. 513 in riferimento sia alla non imputabilità sia alla non

punibilità per altra ragione ‘’(..) in tali casi non può aversi una pronuncia immediata ‘’ in ogni stato e grado del processo’’, dovendosi invece attendere l’accertamento della

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non è l’unica deputata a tale pronuncia: l’articolo 425 c.p.p. prescrive l’emissione di una sentenza di non farsi luogo a procedere quando il soggetto non sia punibile per qualsiasi causa247. Nel caso di difetto di

imputabilità, è da ritenere in parte giustificata la scelta di attribuire al soggetto la commissione di un reato, indispensabile per poter comminare una misura di sicurezza, ma, nell’ipotesi in esame, resta invece dubbia l’utilità di attribuire all’imputato, poi assolto, la commissione di un reato, creando un notevole pregiudizio all’interno della sua sfera sociale. Vi sono due ulteriori ipotesi a venire ricondotte nell’alveo della non punibilità per altra ragione: le immunità, considerate anche cause personali di non punibilità, la particolare tenuità del fatto disciplinata dall’articolo 131-bis c.p..

Con riguardo al primo caso, non è chiara la qualifica giuridica delle immunità. Si tratta di una categoria molto ampia in cui si possono distinguere sia immunità derivanti dal diritto pubblico interno (quali le immunità parlamentari ex art. 60 Cost.), sia derivanti dal diritto internazionale ( quali quelle attribuite a consoli ed ad agenti consolari); sembra, perciò, ragionevole dare rilevanza alla diversità che intercorre tra le varie ipotesi e agli effetti sostanziali e penali che esse producono nell’ordinamento 248,con la conseguenza che non può essere effettuata

una trattazione unitaria249.

sussistenza, della rilevanza e dell’attribuibilità all’imputato del fatto per cui si procede.’’

247 L. Scomparin op. cit. p. 95 giustifica il contrasto tra, la necessità di un pieno

accertamento circa esistenza del reato e la funzione dell’udienza preliminare quale filtro delle ‘’imputazioni azzardate’’ del pubblico ministero, nell’assenza di conseguenze pregiudizievoli derivanti da tale pronuncia.

248 G. Fiandaca E. Musco op. cit. p 145

249 In proposito F. Morelli op. cit. p 311 porta come esempio le immunità di diritto

internazionale: esse non sembrano riguardare la punibilità, quanto piuttosto la giurisdizione stessa dell’ordinamento penale, lasciando residuare l’incertezza non su quale sia la formula più idonea da adottare, quanto piuttosto se sia da pronunciarsi proscioglimento oppure la declaratoria di difetto di giurisdizione.

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Analizzando l’ipotesi della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta con l’articolo 131-bis c.p. dal Decreto Legislativo 16 Marzo 2015 n 28, questa potrà essere pronunciata non solo quale ipotesi di archiviazione o in fase predibattimentale ex art 429 c.p.p., ma anche ad esito del dibattimento. In un momento successivo, è stata la Giurisprudenza a ritenere che l’ipotesi in esame rientrasse nella sentenza di assoluzione e non in quella di non doversi fare luogo a procedimento; le argomentazioni poste alla base di questa scelta vertono sulla considerazione della particolare tenuità del fatto quale causa di esclusione della punibilità in senso stretto, in quanto, ‘’dinanzi ad un fatto caratterizzato da un'offesa (particolarmente tenue, ma) esistente, si è al cospetto di un fatto tipico, la cui pur lieve offensività deve intendersi oggetto di accertamento: una volta riscontrata esistente, il fatto rimarrà antigiuridico ma - per scelta di politica criminale operata dal legislatore a fini eminentemente deflattivi - non andrà incontro a sanzione’’250. Il caso in esame merita particolare

attenzione, perché, a questa pronuncia, il legislatore ha associato alcune conseguenze. In primo luogo, il D.Lgs. n. 28/2015, modificando il D.P.R. n. 313/2002, ha previsto l’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti che hanno pronunciato la non punibilità per particolare tenuità del fatto. La giustificazione di questa scelta risiede nella necessità di verificare il requisito della ‘’non abitualità’’, espressamente richiesto per poter emanare il provvedimento di cui stiamo trattando251. In secondo luogo, l’articolo 3 lett. b) D. Lgs. 28/2015 ha

introdotto l’articolo 651-bis c.p.p., disponendo che ‘’La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato

250 Cass. sez. V 11 Febbraio 2016

251 G. Biondi , Non punibilità per particolare tenuità del fatto e presunzione di

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quando all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale’’. In tal modo l’azione civile e quella amministrativa non solo non vengono ostacolate dalla pronuncia in esame, ma risultano favorite252. Il particolare regime extra

penale disciplinato dall’articolo 651-bis si basa sul presupposto che la particolare tenuità del fatto, pronunciata con sentenza passata in giudicato, non sia una tipica sentenza assolutoria, ma al contrario accerti la commissione di un reato da parte di un soggetto non punibile253. Proprio quest’ultima circostanza rende ambiguo l’istituto in

esame e fa sorgere dubbi circa la sua compatibilità con la presunzione di innocenza contenuta nell’articolo 6§2 della CEDU e interpretata dalla Corte di Strasburgo. Il giudice europeo, infatti, sostiene con fermezza come la presunzione di innocenza impedisca che un soggetto il quale abbia beneficiato della sentenza di assoluzione possa essere considerato colpevole dagli agenti o dalle autorità pubbliche e che possano essere pronunciate, nei suoi confronti, esternazioni colpevoliste basate sui motivi del proscioglimento254. Inoltre, la Corte

di Strasburgo ha affrontato la questione dell’applicazione dell’articolo 6§2 con riguardo alle decisioni giudiziarie rese dopo una sentenza di assoluzione, tra le quali rientrano i provvedimenti concernenti le spese processuali, l’azione civile di risarcimento e questioni disciplinari o

252 A differenza di quanto era previsto all’articolo tre, lettera c), dell’originario

schema legislativo, che vedeva inserita la particolare tenuità del fatto tra le ipotesi disciplinate dall’articolo 652 comma prima c.p.p., quindi, tra quelle idonee a paralizzare l’azione civile e amministrativa.

253 Nella relazione illustrativa del governo, al punto 8 si può leggere espressamente

come la particolare tenuità del fatto presuppone, comunque, un accertamento sull’esistenza del fatto e della sua ascrivibilità all’imputato.

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concernenti il licenziamento255. In particolare, con riferimento al

giudizio di risarcimento del danno, la Corte stabilisce che è certamente possibile individuare una responsabilità civile basata sugli stessi fatti oggetto della sentenza penale, ma si verrebbe a creare un contrasto con il principio della presunzione di innocenza là dove la decisione sull’azione civile contenesse il riferimento alla responsabilità penale del soggetto. L’assoluzione per particolare tenuità presuppone una sostanziale affermazione di responsabilità alla quale non segue, tuttavia, una legale affermazione di colpevolezza poiché il soggetto viene assolto; inoltre, la sua pronuncia determina effetti pregiudizievoli che dovrebbero trovare giustificazione in una sentenza di condanna, e questo pone l’istituto in contrasto con la Convenzione. Le possibilità di un’interpretazione convenzionalmente orientata dell’articolo 131-bis c.p.p. sembrano assai esigue. Esse si riducono nel monito, da rivolgere ai giudici ordinari, che redigono la sentenza per particolare tenuità del fatto, di usare termini di sospetto piuttosto che di certezza, riferendosi alla colpevolezza dell’imputato, nonché nell’esortazione al giudice civile di non riferirsi alla motivazione della sentenza di assoluzione penale, ma di argomentare l’affermazione della responsabilità civile del soggetto su considerazioni proprie del processo penale. Al di là dell’efficacia di queste raccomandazioni, è tuttavia, la legge a prevedere sia l’iscrizione nel casellario giudiziario, sia l’efficacia di giudicato della sentenza per particolare tenuità del fatto, rendendosi in questo modo esposta ad una probabile questione di legittimità costituzionale256.

255 Nella sentenza Kapetanios e altri c Grecia in Hudoc la Corte afferma: ‘’ La Cour a

déjà considéré qu’après l’abandon de poursuites pénales la présomption d’innocence exige de tenir compte, dans toute procédure ultérieure, de quelque nature qu’elle soit, du fait que l’intéressé n’a pas été condamné’’.

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Giova ricordare, in conclusione, come la formula della non punibilità per altra ragione sia anch’essa menzionata nel comma terzo dell’articolo 530 c.p.p., rilevando la causa di non punibilità, non solo quando vi sia la prova certa dell’esistenza, ma anche quando residui un dubbio; al riguardo sembrano, almeno in parte, applicabili le considerazioni svolte in merito alla cause di giustificazione: non sarà possibile giungere ad assoluzione là dove manchi, completamente, la prova dell’esistenza di una causa di non punibilità, non verificandosi alcuna condizione che renda non punibile un fatto, che integra pienamente una fattispecie criminosa.

7. Il Comma secondo dell’articolo 530 c.p.p.

Abbiamo già avuto modo di notare, in più occasioni, come il secondo comma dell’articolo 530 c.p.p. rappresenti nel codice vigente la principale novità nell’ambito delle formule proscioglitive: con questa disposizione, infatti, il Legislatore ha stabilito che la sentenza di assoluzione debba essere pronunciata anche quando manchi, risulti insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussiste, l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona non imputabile. Sono assenti, all’interno dell’elenco contemplato dalla disposizione in esame, le due ulteriori ipotesi del fatto non previsto dalla legge come reato e della non punibilità per altra ragione. Con riguardo alla prima, la tesi secondo cui tale formula non sarebbe contemplata dal comma in esame non convince dal momento che, la verifica circa la riconducibilità del fatto all’interno di una fattispecie criminosa è un mera operazione logica, che non richiede alcuna prova. Mentre, per quanto riguarda la seconda delle due ipotesi, le cause personali di non punibilità sono espressamente menzionate nel comma terzo dell’articolo 530 c.p.p. , seppur queste non esauriscano la fattispecie assolutoria della ‘’non

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punibilità per altre ragioni’’. Per fare fronte alla lacuna normativa, non si può neanche sostenere che, al ricorrere delle situazioni in esame, il giudice possa pronunciarsi in senso condannatorio ai sensi dell’articolo 533 c.p.p.; questa disposizione richiede, infatti, l’accertamento positivo di un condotta rientrante nel novero delle fattispecie penalmente perseguibili e punibili. In considerazione di quanto detto, un’interpretazione valida potrebbe essere quella di applicare in via analogica l’assoluzione per insufficienza di prove anche alle situazioni non contemplate dall’articolo 530 comma secondo257.

L’assoluzione per insufficienza di prove non può essere considerata una regola di giudizio ulteriore rispetto a quella contemplata nel primo comma dell’articolo 530 c.p.p., ma è la diretta conseguenza del carattere accusatorio del processo, modellato sulla presunzione di non colpevolezza258. Nella realtà applicativa viene però totalmente ignorato

questo assunto: è infatti prassi dei giudici quella di assolvere ai sensi del comma secondo dell’articolo 530 c.p.p., menzionandolo nel dispositivo della sentenza di assoluzione. In questo modo è violata la lettera della disposizione e reintrodotta la formula dubitativa che il legislatore aveva voluto eliminare dal codice vigente. La dottrina censura tale consuetudine259, mentre la giurisprudenza si presenta

contraddittoria. La Corte di Cassazione ha ritenuto essere equivalente l’assoluzione pronunciata per insufficienza di prove all’assoluzione piena260 e non ha vietato la pronuncia del dispositivo ai sensi del

comma secondo dell’articolo 530 c.p.p., purché non venga fatto

257 E. Marzaduri op. cit. p. 519 258 P. Tonini op. cit. pp. 764,765

259 C. Chiavario, La questione delle ‘’formule’’ dietro i problemi tecnici l’esigenza di

scelte etico politiche, p. 668

E. Zappalà, Le formule di proscioglimento: i punti deboli di una continuità legislativa pp 663,664

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nessun riferimento esplicito alla insufficienza mancanza o contraddittorietà della prova261. Il giudice di legittimità, inoltre, non ha

ritenuto fondato l’appello proposto dall’imputato, assolto ai sensi del comma secondo dell’articolo 530 c.p.p. , al fine di ottenere l’assoluzione ‘’piena’’, non riconoscendo alcun interesse concreto. La Cassazione ha, infatti, sostenuto che ‘’tale formula - relativa alla mancanza, alla insufficienza o alla contraddittorietà della prova - non comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria, né segnala residue perplessità sull'innocenza dell'imputato, né derivano incidenze pregiudizievoli e l'interesse all'impugnazione non sussiste ove si risolva in una pretesa, meramente teorica ed astratta, all'esattezza giuridica della pronuncia (…)’’ 262. Lo scarso interesse della

giurisprudenza all’effetto lesivo di una pronuncia liberatoria per insufficienza di prove è causata da un’impostazione ormai fatta propria dai giudici: quella di considerare irrilevante il dispositivo in quanto tale, e di reputare degno di nota il solo l’accertamento della responsabilità penale contenuto nella motivazione, unico parametro di riferimento per valutare anche eventuali effetti pregiudizievoli. La validità di questa interpretazione sembra trovare conferma in ulteriori sentenze della Cassazione, nelle quali appare imprescindibile la lettura della motivazione.

Il Giudice delle Leggi, con sentenza del 9 Gennaio 1990 , ha sostenuto che, proprio l’avvenuta l’equiparazione della prova piena alla mancanza e contraddittorietà della stessa, abbia reso necessario, al fine di stabilire gli effetti nel giudizio civile amministrativo o disciplinare, la lettura della motivazione263. Tuttavia, resta

261 Cass. sez. IV 10 Dicembre 1999 in Dejure 262 Cass. pen. sez. III 7 Marzo 2014 in Dejure

263 In questo senso la sentenza Cass. sez un. 29 Maggio 2008 in dejure afferma come

’’ L’art. 652 cod. proc. pen., invero, stabilisce che la sentenza di assoluzione è idonea a produrre gli effetti di giudicato ivi indicati non in relazione alla formula utilizzata,

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incontrovertibile la lesività di un dispositivo di carattere dubitativo sulla sfera sociale del soggetto che non trova tutela adeguata.

8. L’applicazione concreta delle formule proscioglitive: il problema della gerarchia.

Il problema della gerarchia tra le formule proscioglitive è conseguenza diretta della scelta del legislatore di distinguere le cause di assoluzione sulla base della diversità di effetti prodotti nella sfera extra penale e sociale dell’imputato264. La diversa portata liberatoria delle formule è

un tratto tipico dell’istituto ed è, fin da tempi risalenti, riconosciuta dalla giurisprudenza: ‘’Escluse le pronunce emesse perché il fatto non sussiste o non è stato commesso dal prevenuto, attribuisce all'imputato un fatto, o non esclude l'attribuzione di un fatto, che può non costituire reato ma tuttavia essere giudicato sfavorevolmente dall'opinione pubblica o comunque dalla coscienza sociale’’265. L’articolo 530 c.p.p.

vede disciplinate, innanzitutto, le formule maggiormente liberatorie, che non comportano alcuna conseguenza pregiudizievole ( il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso) per poi contemplare ipotesi in cui lo spazio di responsabilità in capo all’imputato si estende al punto di attribuirgli la commissione di un reato( il soggetto non è imputabile o non è punibile per altra ragione). Per stabilire quale sia il corretto rapporto gerarchico tra le ipotesi assolutorie, l’unica lettura possibile viene suggerita dall’articolo 27 cost. , disciplinante la presunzione di non colpevolezza. Infatti, se il processo muove da una presunzione di

bensì solo in quanto contenga, in termini categorici, un effettivo e positivo accertamento’’.

264 E. Fassone formule di proscioglimento : teoria, prassi e condizionamento dal

contesto in op. cit. p 642

265 Così la sentenza costituzionale 12 Dicembre 1967 n 151.

Più recentemente viene riconosciuta nella sentenza Costituzionale 85/2008 in consulta online l’eterogeneità delle formule di proscioglimento quanto ‘’all’attitudine lesiva degli interessi morali e giuridici del prosciolto’’ .

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innocenza del soggetto, la prima analisi imprescindibile da svolgere è la verifica circa la possibilità di confermare pienamente tale ipotesi266.

La distinzione tra le formule specifiche dell’articolo 530 c.p.p. ne postula una preliminare: la scelta tra la sentenza di non doversi procedere e la sentenza di assoluzione. La dicotomia è volta a distinguere il proscioglimento in merito dal proscioglimento in rito, e se non appare possibile pronunciare alcuna decisione nel merito quando vi siano cause ostative al giudizio, quali le cause di improcedibilità (art 529 c.p.p.), la conclusione del processo per il sopraggiungere di una causa estintiva (art 531 c.p.p.) non è pienamente sovrapponibile ad una decisione in rito, infatti, la dichiarazione di estinzione presuppone una valutazione nel merito, circa il positivo accertamento di un reato. Il legislatore, consapevole di questa circostanza, ha inserito, nella disposizione che disciplina la sentenza di non doversi procedere per avvenuta estinzione del reato l’esplicito riferimento al comma secondo dell’articolo 129 c.p.p.; tale richiamo comporta che, in caso di concorso tra la sentenza di non luogo a procedere e la sentenza di assoluzione, debba prevalere quest’ultima. L’importanza dell’articolo 129 c.p.p. comma secondo è fondamentale, dato che è l’unico punto di riferimento normativo circa la questione della gerarchia tra le formule, imponendo l’assoluzione nel merito ove dagli atti risulti evidente che il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o che non è previsto dalla legge come reato. Per quanto riguarda l’evidenza, richiesta dalla disposizione e il suo ruolo in relazione al proscioglimento pronunciato esito del dibattimento, è la giurisprudenza a sostenere come essa non sia da considerare in modo restrittivo, tenuto conto del fatto che si tratta di una fase in cui il dibattimento è ormai concluso e quindi non

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sono più concretamente apprezzabili esigente di economia processuale267. Le considerazioni svolte permettono di configurare in

capo all’imputato in primo luogo un diritto all’assoluzione nel merito ( come peraltro previsto dall’articolo 129 comma secondo c.p.p.). e, in secondo luogo, all’assoluzione con la formula maggiormente favorevole, ossia quella che rechi meno pregiudizio possibile ( o non ne arrechi affatto). Questo diritto si lega a doppio filo al regime delle impugnazioni e, in particolare, alla possibilità per l’imputato di poter impugnare anche la sentenza di assoluzione laddove questa non risulti pienamente liberatoria.

La disciplina dell’impugnazione della sentenza di proscioglimento ha subito, nel tempo, numerose modifiche. La generale appellabilità delle