3. Le nuove coordinate della presunzione di innocenza
3.1 La presunzione di innocenza quale regola di giudizio
Il riconoscimento della presunzione di innocenza quale regola di giudizio è ormai imposto dall’articolo 6§2 CEDU143 e dall’articolo 14 n 2
143 Sono le sentenze costituzionali 348 e 349 del 2007 a cercare di chiarire,
ulteriormente, i rapporti tra la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e l’ordinamento italiano. La Corte sancisce, per mezzo di tali sentenze, l’interpretazione delle norme costituzionali in aderenza alla Convenzione e cerca di definire la posizione delle norme Convenzionali nel rango delle fonti dichiarando che: ‘’in assenza di una gerarchia di norme chiaramente accertata, come nel caso del diritto comunitario, la Corte ritiene che gli obblighi derivanti da norme internazionali costituendo, così come evocato dall'articolo 117, un limite all'attività normativa dello
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del Patto internazionale. Se quindi sono le fonti internazionali a dissipare i dubbi in merito, a ben vedere, il nesso tra i due significati del principio – regola di trattamento e regola di giudizio- appare evidente: se, infatti, il soggetto si presume innocente, non potrà essergli applicata alcuna sanzione prima della sentenza definitiva e, inoltre, la sua colpevolezza non potrà che essere accertata nei modi previsti legge144 . In questi termini, la presunzione di innocenza diviene
il perno dell’intero processo penale, che non è un mero susseguirsi di formalità, ad esito delle quali sarà possibile applicare la sanzione penale, ma deve essere il luogo deputato alla ricostruzione del fatto storico nella sua materialità; diventa, quindi, dirimente il metodo di assunzione delle prove ‘’ per non trasformare in accertamento ufficiale una ricostruzione del fatti priva di qualsiasi credibilità’’ 145. In primo
luogo, diretta conseguenza della presunzione di innocenza è quella di far gravare l’onere della prova in capo a colui che è deputato a vincere tale presunzione146: nel processo penale spetta, quindi, al pubblico
ministero l’onere di provare la colpevolezza dell’imputato. Riguardo all’onere probatorio, esso viene nel processo civile distinto tra onere sostanziale della prova e onere formale: il primo è previsto dall’articolo 2697 comma 1 c.c., il quale dispone che chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; trasposto nel processo penale, l’onere sostanziale spetta al pubblico ministero. L’onere formale della prova, invece, consiste nell’imporre alle parti il dovere di chiedere al giudice l’ammissione del mezzo di
Stato, si pongono in una posizione intermedia tra le norme costituzionali e le norme ordinarie’’. C. Zanghì ( Commento alla decisione di ) La Corte costituzionale risolve un primo contrasto con la Corte europea dei diritti dell’uomo ed interpreta l’art. 117 della Costituzione: le sentenze n. 348 e 349 del 2007 in Consulta online,2007
144 Così G. Illuminati op. cit. p. 28 145 G. Illuminati ivi. p. 79
146 Tale presunzione è da annoverare nelle presunzioni relative: essa può essere
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prova; nel processo penale l’articolo 190 c.p.p. dispone che tale onere spetti alle parti. Parte della dottrina non ritiene invece applicabile, al processo penale, il concetto di onere probatorio: mancherebbe, secondo tale impostazione, la presenza di interessi contrapposti, in quanto per il pubblico ministero l’assoluzione sarebbe auspicabile tanto quanto la condanna, avendo la parte pubblica il solo obiettivo di attuare la legge147. Al di là dell’impostazione seguita, sembra essere
ineliminabile la considerazione per cui nel processo penale ‘’esiste un interesse riconosciuto come prevalente, quello dell’imputato, che deve essere in misura maggiore garantito dall’eventualità di un indebito sacrificio148’’. Quest’ultima affermazione non sembra del tutto
incompatibile con la ripartizione dell’onere probatorio, tuttavia, sembra essere maggiormente rispettosa della presunzione di innocenza la suddivisione fatta dalla giurisprudenza anglosassone dove l’onere viene distinto dallo standard probatorio richiesto e quest’ultimo deve certamente essere più elevato in capo al pubblico ministero, in quanto all’imputato basterebbe sollevare il dubbio sulla sua colpevolezza149. Oltre ad influire sulla ripartizione dell’onere
probatorio, o meglio, su un differente standard probatorio da attribuire alle parti del processo penale, la presunzione di non colpevolezza si estrinseca nella regola di giudizio imposta al giudice nel momento decisionale. Prima di illustrare in che cosa consista una regola di giudizio improntata alla presunzione di innocenza, bisogna specificare
147 Per la ricostruzione di tale impostazione G. Illuminati op. cit. p. 112
Ma anche P. Tonini Manuale di procedura penale, Giuffrè, 2015. p. 252 nota 52 nel quale questa impostazione viene ritenuta legata ad una concezione civilistica dell’onere probatorio risalente ormai nel tempo.
148 G. Illuminati op. cit. p 117
149 Si noti come questa impostazione adottata dagli ordinamenti anglossassoni,
fornitaci da G. Illuminati op. cit p 117, verrà nei fatti codificata dal legislatore con legge 40/2006 che ha introdotto, nell’articolo 533 c.p.p. al secondo comma lo specifico standard probatorio che il pubblico ministero deve raggiungere per la condanna.
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a quale momento dell’istruzione probatoria attenga la regola di giudizio. Essa si distingue dalle regole valutative della prova, le quali servono ad orientare il convincimento del giudice suggerendo una tecnica inferenziale: in sostanza, esse prescrivono come debba essere valutata la prova nei singoli casi150 ; tra queste si inseriscono le prove
legali151 che, ad una analisi superficiale, sembrano condividere con la
regola di giudizio la medesima ratio: sostituire ad uno stato cognitivo reale una figura convenzionale di conoscenza ‘’legale’’152. La prova
legale si pone, in realtà, in netto contrasto con il libero convincimento del giudice, facendo le veci dell’organo giudicante nella valutazione della prova, mentre, la regola di giudizio non inficia il libero convincimento del giudice, bensì viene in essere nel momento finale, quello della decisione, nel quale il libero convincimento circa la valutazione delle prova ha già avuto modo di esprimersi e, tuttavia, non è riuscito a dissipare i dubbi circa la responsabilità del soggetto. Possiamo affermare che la regola di giudizio viene in essere nelle ipotesi di confine ed essa impone al giudice di risolvere il dubbio in favore dell’imputato, scelta da ritenere obbligata ai sensi dell’articolo 27 della Costituzione, che impone non solo una regola di giudizio per la risoluzione dei casi incerti, ma anche che quest’ultima sia idonea ad evidenziare la posizione di privilegio spettante all’imputato. Nel nostro codice di rito tale regola di giudizio viene in essere nel comma secondo dell’articolo 530 c.p.p. , nel quale il Legislatore, una volta eliminata la formula assolutoria per insufficienza di prove, ha imposto
150 P. Paulesu op. cit. p 182
151 ‘’ Non bisogna equivocare tra prova legale e metodo legale di prova. Il principio del
libero convincimento del giudice confligge con ogni forma di prova legale, ma non la prescrizione legale di un metodo di prova (…) cioè una successione logicamente ordinata di operazioni mentali. Del resto, dove c’è obbligo di motivazione, c’è obbligo di metodo (…)’’ F.M Iacovello, La testimonianza auditiva posta a base di una condanna all’ergastolo. Breve viaggio all’interno della struttura della motivazione e della logica di un processo di parti, in Cass. pen., 1992, p. 2168
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espressamente al giudice di assolvere in caso di assoluta mancanza della prova, insufficienza e contraddittorietà della stessa. Tramite questa disposizione è così codificata nel nostro ordinamento la regola in dubio pro reo. Se, da un lato, questa regola di giudizio sembrava necessaria conseguenza della presunzione di innocenza153, dall’altro,
essa portò con se numerose incertezze circa la corretta interpretazione da attribuire alla norma: non vi era in essa l’indicazione su quando e rispetto a cosa la prova dovesse essere ritenuta insufficiente e contraddittoria. Numerose furono le sentenze volte a ricostruire , in via giurisprudenziale, l’esatto standard probatorio che il pubblico ministero avrebbe dovuto adottare per superare lo stato di incertezza della prova ; a porre, però, un punto fermo fu la sentenza Franzese154,
definita ‘’stella polare’’155, della giurisprudenza italiana, in materia
probatoria. La pronuncia della corte Suprema si inserisce, in verità, nel dibattito giurisprudenziale creatosi in merito alla ricostruzione del nesso causale, con particolare riguardo al tema della responsabilità medica, ma in tale contesto il giudice di legittimità afferma come: ‘’ (…)l'insufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza probatoria, quindi il plausibile e ragionevole dubbio, fondato su specifici elementi che, in base all'evidenza disponibile lo avvalorino nel caso concreto (…) non può non comportare la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio stabilito dall'art. 530 comma 2 c.p.p., secondo il canone di garanzia "in dubio pro reo". Con questa
153 In dottrina, alcuni Autori, ritenevano la regola di giudizio, volta a far seguire alla
mancanza totale di prove l’assoluzione, priva di autonomia, poiché diretta conseguenza della presunzione di innocenza : se, infatti, secondo tale principio la condanna non poteva che seguire un accertamento completo, in caso di totale mancanza della prova l’esito non poteva che essere di tipo assolutorio.
Tra questi si inserisce E. Dosi La sentenza penale di proscioglimento, Giuffrè,1955, p. 83
In questi termini anche G. Illuminati op. cit. p 125
154 Cass, sez. un., 10 luglio 2002, In Dejure
155 J. Della Torre Il Lungo cammino della giurisprudenza Italiana sull’oltre ogni
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affermazione la Suprema Corte individua nel comma secondo dell’articolo 530 c.p.p. la base dello standard probatorio, ma attribuisce ad esso anche una consistenza: sarà alla luce del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio che dovrà essere valutata l’insufficienza e la contraddittorietà della prova, essendo questa l’interpretazione più in linea con la presunzione di innocenza. Furono numerose, dopo la sentenza Franzese, le pronunce nelle quali lo standard probatorio adottato fu quello dell’oltre ogni ragionevole dubbio, nei termini definiti dalla Suprema Corte; si avvertì, a questo proposito, l’esigenza di formalizzare tale regola di giudizio. Fu solo nel 2006, con la legge ‘’Pecorella’’156, che questa trovò espresso riconoscimento: modificato
l’articolo 533 c.p.p., venne richiesto per la condanna, il superamento di della soglia del ragionevole dubbio per la pronuncia di decisioni condannatorie. Tuttavia, l’atteggiamento che seguì l’innovazione legislativa non fu univoco in dottrina: se , infatti, una parte di questa la riteneva una ‘’rivoluzione copernicana’’157, altra parte, invece, la
giudicava scarsamente innovativa158. Anche in giurisprudenza, in
alcune sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore della legge Pecorella, venne sottolineato come l’introduzione del ‘’ragionevole dubbio’’ abbia una funzione non sostanziale, bensì, meramente descrittiva, poiché ribadisce un principio già presente nel nostro ordinamento, derivante sia dalla presunzione di non colpevolezza,
156 Legge 20 febbraio 2006, n. 46 in materia di Inappellabilità delle sentenze di
proscioglimento.
157 Definizione di C. E. Paliero, ’’Il ragionevole dubbio’’ diventa criterio in Guida al
diritto n 10, 2006, p. 73 che ritenne l’intervento legislativo anche una scelta di civiltà.
158 G. Conso, V. Grevi, M. Bargis, Compendio di procedura penale, Cedam, 2012 p. 847
sostennero che ‘’ a parte il valore simbolico la norma non aggiunge nulla, sul piano prescrittivo, a quanto si ricava dalle norme sull’assoluzione per mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova(…)’’.
Dello stesso avviso A. Nappi, Guida al codice di procedura penale, Giuffrè, 2007, p.556 per il quale l’esplicita enunciazione di questa regola non ha avuto una portata innovativa, poiché: ‘’si è limitata a tradurre in positivo tra i presupposti della condanna quanto già di desumeva a contrario nei presupposti dell’assoluzione’’.
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disciplinata in Costituzione, sia dalla cultura della prova e della sua valutazione159.
Bisogna, inoltre, prendere atto del fatto che non è certamente l’introduzione del ragionevole dubbio a dissipare ogni incertezza: la regola BARD160, trasposta dagli ordinamenti anglosassoni, in cui essa
affonda le sue radici, necessita nel nostro ordinamento di un’ulteriore opera interpretativa per individuare l’esatto significato di ‘’ragionevole’’. Non essendo possibile, in questa sede, dilungarci circa la richiamata questione , possiamo concludere sostenendo che: mentre la regola di giudizio contenuta nell’articolo 530 comma 2 c.p.p. impone al giudice l’assoluzione in caso di prova insufficiente e contraddittoria, l’articolo 533 c.p.p. richiede, per la condanna, il superamento del più gravoso standard probatorio dell’oltre ogni ragionevole dubbio; è dal combinato disposto delle due norme che si tracciano le condizioni, in assenza delle quali, non sarà possibile per il giudice giungere ad una sentenza di condanna.