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Le dinamiche della tratta e del mercato degli schiavi nel Mediterraneo

Una delle caratteristiche della schiavitù Mediterranea è identificata nella forte dinamicità e mobilità degli schiavi assorbiti dal circuito della tratta determinato dalla cattura, dai mutamenti di proprietario, dalle compravendite, dai cambi, dai doni e anche dai passaggi per via ereditaria o testamentaria.

La dinamicità della tratta era alimentata anche dai traffici schiavisti di antica data e dall'attivazione di nuove correnti che arrivavano

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soprattutto a Lisbona e in altre località della penisola iberica (Barrio Gonzalo, 1980).

Presso i territori balcanici la contrapposizione esistente fra cristiani occidentali e ortodossi, greci e slavi, determinava catture e riduzioni in schiavitù le cui vittime venivano cedute a turchi da mercanti europei che li mandavano verso l'occidente europeo, stigmatizzandoli come infedeli.

I traffici che caratterizzavano tale dinamicità della tratta si alimentavano di numerosi mercati all'ingrosso che si diramavano, a loro volta, in altri canali di distribuzioni che venivano fortemente alimentati dalle continue compravendite che si svolgevano in località iberiche, italiane, magrebine e ottomane nei confronti delle quali è stata prodotta un'ampia documentazione in merito, diversamente dalle compravendite che si verificavano nelle rive orientali adriatiche, nei Balcani, nelle pianure magiare e in altri paesi dell'Europa orientale in merito ai quali le testimonianze sono molto meno numerose (Bono, 2016).

Coloro che venivano ridotti in schiavitù in seguito alla cattura nel corso di operazioni belliche o in altri modi che garantivano l'acquisizione di fatto venivano introdotti dai loro predatori all'interno della società di appartenenza di quest'ultimi.

Nel caso di schiavi europei, essi potevano contestare la legittimità della propria cattura sulla base di motivazioni e prove tangibili, riferendosi ai propri rappresentanti consolari che cercavano di aprire un contenzioso per favorire la liberazione di questi soggetti: spesso il caso si risolveva rapidamente grazie all’intervento di fattori di tipo politico (Grenouilleau, 2004).

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Nel caso di schiavi che vennero introdotti nella società europea non si potè garantire loro la medesima sorte poiché spesso questi soggetti venivano stigmatizzati come infedeli nel senso di non cristiani.

Gli studi che sono stati condotti hanno permesso di rilevare che sorti diverse attendevano gli schiavi pubblicie gli schiavi acquistati da proprietari privati.

In effetti, secondo le legislazioni locali i proprietari dovevano portare avanti determinati oneri fiscali e gli schiavi, dal canto loro, potevano divenire oggetto di successive compravendite che non determinavano alcuna modifica della loro condizione giuridica: l'adempimento degli oneri fiscali garantiva il proprietario la tranquilla “fruizione”dello schiavo posseduto (Bono, 2016).

Tuttavia, anche se nei Paesi europei l'aspetto fiscale veniva regolato accuratamente mediante un’adeguata normativa si verificava ugualmente un alto livello di evasione.

Nel mondo islamico esisteva un'imposta molto simile a quella presente in Europa che permetteva di poter legalmente commercializzare come schiavi i prigionieri parte di un bottino bellico.

Numerosi schiavi europei hanno raccontato l'arrivo nelle città islamiche in qualità di schiavi catturati per mare o per terra e i primi giorni nella loro nuova condizione, spesso, erano giorni molto angosciosi per via dell'incertezza di ciò che li attendeva (Lovejoy, 1983).

Secondo le testimonianze che sono state raccolte dopo lo sbarco, gli schiavi in fila dovevano attraversare alcune vie cittadine come una sorta di sfilata davanti alla popolazione che si rallegrava di questo nuovo arrivo poiché la stessa economia locale ne avrebbe beneficiato.

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Già all'entrata nel porto le navi corsare avvisavano con numerosi colpi di cannone l'imminente loro arrivo e l'entità del bottino che trasportavano a bordo.

La stessa cosa accadeva anche all'interno dei porti d'Europa. Inizialmente in Medioriente gli schiavi e le schiave venivano presentati al Pascià o al sultano, che aveva già ricevuto l'inventario del bottino, delle merci e degli esseri umani ad opera dello scrivano di bordo.

Dopo che il Pascià aveva scelto chi trattenere nel suo palazzo si procedeva poi alla vendita all'asta di persone e merci che costituivano il bottino e i cui guadagni venivano divisi tra tutti coloro che ne avevano diritto: da un lato l'armatore e dall'altro tutti i membri dell'equipaggio e della ciurma (Bono, 2016).

La vendita presso il mercato prevedeva l'esposizione, soprattutto nei mercati islamici, degli schiavi che venivano esposti al pubblico e sottoposti da parte dei potenziali acquirenti a esami e controlli che, a volte, erano anche mortificanti e indiscreti.

Oltre a valutare le condizioni fisiche dello schiavo, presso i Paesi islamici si cercava anche di ottenere qualche indizio per conoscere le condizioni socio-economiche di questo soggetto in vista di un futuro riscatto 18.

18 Con questo specifico intento vi era chi avvicinava qualche recente vittima, che poteva

sembrare di più elevata condizione, con abilità avviava una conversazione – simulando conoscenze, frequentazioni e utili agganci per la sorte dell’altro – e cercava di carpirle indizi o dati precisi sull’identità e la condizione socioeconomica, informazioni che passava a chi cercava poi di effettuare un acquisto conveniente. Presso i musulmani infatti – e specialmente presso i maghrebini – molti acquistavano schiavi in vista di un profitto, sollecitandone e accogliendo proposte di riscatto; nel frattempo lo schiavo sarebbe stato in qualche misura utilizzato o semplicemente mantenuto e custodito, secondo il suo rango e le

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I giorni della cattura, dell’esposizione al pubblico e della vendita per gli schiavi rappresentavano dei momenti angosciosi e umilianti poiché in questi momenti lo schiavo veniva messo a dura prova per dimostrare la sua capacità, la sua agilità, la sua intelligenza, la sua propensione al lavoro e la sua disposizione d'animo.

L’ispezione corporale risultava molto spiacevole per la donna tanto più se considerata dal compratore come un oggetto sessuale (Davies, 2003).

Chi aveva intenzione di acquistare lo schiavo lo invitava a muoversi, a correre, a sollevare un peso o a fare sforzi per testare la sua capacità di sostenere pesi e sforzi fisici.

Dello schiavo veniva osservato con minuziosità l'aspetto fisico, le mani che rivelavano l'abitudine al lavoro e la stessa dentatura che era indice di una buona salute.

Nelle città magrebine vi era un luogo ben preciso dove si svolgeva questo mercato degli schiavi e in cui veniva garantita l'esposizione e la vendita all'asta (Bono, 2016).

Gli schiavi che venivano condotti in quest'area potevano seguire due sorti diverse: vi erano schiavi che restavano a servizio dell'amministrazione pubblica e del sovrano divenendo schiavi pubblici o statali e schiavi che venivano acquistati dai privati per il servizio domestico o per altri compiti a seconda delle scelte padronali.

I viaggiatori e altri europei erano molto attenti alle soste dei cristiani catturati e venduti nelle città musulmane: grazie a ciò troviamo più

sue possibilità di ottenere a proprie spese un trattamento migliore, anzitutto per il vitto e l’alloggio (Bono, 2016).

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facilmente le descrizioni di quei mercati, di quei luoghi e di quelle modalità di vendita che riguardano invece gli schiavi neri.

Per quanto riguarda l'Europa, le testimonianze e le fonti storiche suggeriscono che soltanto in poche città europee vi furono spazi dedicati specificatamente al mercato degli schiavi poiché nei paesi dell'Europa Mediterranea le vendite avvenivano nei pressi dei porti di sbarco o dei bagni dove gli schiavi pubblici erano raccolti oppure in altri luoghi in modo comunque diffuso e sparso, spesso all'interno di fiere periodiche (Finkelman, 1989)

Aldilà dell'esistenza di spazi appositi destinati al mercato e alla vendita all'asta degli schiavi, nelle città mediterranee coloro che esercitavano l'attività corsara approdavano, sia abitualmente che occasionalmente, per mettere in vendita persone di recente catturate; le vendite avvenivano molto lontano dal luogo di cattura al fine di evitare contestazioni riguardanti la liceità della presa o della vendita a spessa (Bono, 2016).

Gli eventi bellici hanno rappresentato la fonte primaria che alimentava la schiavitù nel mondo mediterraneo a partire dall'età moderna ma accanto ad essi si affiancarono anche alcune correnti di importazione e di traffico alimentate da catture o da altre circostanze.

Gli schiavi neri arrivarono per tutta l'età moderna dall'Africa e una parte di questi individui veniva utilizzata negli stessi Paesi di arrivo. Il trasporto e la vendita in Paesi europei o nell'Impero Ottomano avveniva mediante l'intercessione di mercanti europei e musulmani e all'interno di navi aventi bandiere diverse.

Oltre alla commercializzazione degli schiavi e alle correnti di importazione dall'estero anche le compravendite che si verificavano fra governi o fra privati proprietari contribuivano alla mobilità della

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tratta all'interno di Paesi diversi o da un Paese all'altro (Miller, 2012).