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Capitolo 3 La tratta ogg

4.4. Le rotte principal

Negli ultimi 10 anni i Paesi di provenienza e le rotte che vengono seguite dalle persone in fuga da conflitti o da nazioni in cui diritti umani civili non vengono rispettati hanno subito dei cambiamenti

programmazione, sia con quelli del livello inferiore, per quanto concerne l’esecuzione concreta delle azioni a questi ultimi affidate.

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particolari ad esempio alla fine degli anni Novanta la maggior parte delle domande di asilo venivano presentate da cittadini che provenivano dall'ex Jugoslavia, dall'Iraq o dalla Turchia che, dopo essere arrivati via mare ed essere approdati in Puglia in Calabria, oppure via terra mediante il confine Italo-sloveno, facevano il loro ingresso in Italia (Cappelletti, 2017).

A partire dal 2009 aumentò la richiesta di protezione avanzata da cittadini in fuga dall'Africa e dall'Asia.

L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) ha rilevato che, in seguito all'analisi dei movimenti di popolazione interni ed internazionali, esistono due rotte principali verso l'Europa che i trafficanti utilizzano: la rotta che riguarda il Mediterraneo centrale e la rotta che riguarda il Mediterraneo dell'est.

L’OIM ha rilevato, per quanto riguarda i flussi che caratterizzano tale tratta, per l'anno 2016, elementi molto importanti ovvero i paesi di provenienza a cui appartengono le vittime di tratta che accedono alla rotta del Mediterraneo centrale sono Nigeria, Gambia, Eritrea, Senegal; questa rotta principale passa attraverso il Niger e la Libia per poi arrivare in Italia mediante il canale di Sicilia (Pearson, 2012). Inoltre, se partono dal Senegal, dalla Gambia, dalla Guinea e della Costa d'Avorio le vittime si spostano prima a Bamako, in Mali, per poi passare in Burkina Faso e raggiungere il Niger.

Una via alternativa parte, invece, dalla Costa d'Avorio per poi approdare sulle coste tunisine e raggiungere l'Italia.

Attualmente, in Italia la prima nazionalità che arriva è quella nigeriana, seguita da quella bengalese che nel 2016 era almeno posta tra gli arrivi del Mediterraneo.

Per quanto riguarda invece le vittime di tratta del Bangladesh e dei migranti la Rotta tipica parte da Dacca nel cuore dell'Asia e fa scalo a

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Tripoli in Libia dove le vittime spese attraversano il mare con gommoni e arrivano sulle coste italiane chiedendo asilo politico (Scarpa, 2018).

Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo Orientale, invece vengono utilizzati come Paesi di transito l'Egitto, la Giordania, il Libano, la Siria, la Turchia, la Grecia, l’Afghanistan, il Pakistan e l’Iran.

La rotta è la medesima utilizzata anche dai richiedenti asilo e dai rifugiati politici che partono con le loro famiglie; mentre la rotta del mediterraneo è utilizzata prevalentemente da soggetti che viaggiano da soli.

Secondo quanto ha rilevato Stefano Orsi 43 c'è una sostanziale

differenza tra la rotta che viene gestita prevalentemente da organizzazioni turco- greche e pachistane che si occupano del traffico di migranti e la rotta africana che invece è gestita dalla mafia nigeriana ai fini della tratta di persone.

Poiché le vittime di tratta compiono i medesimi itinerari e rotte che compiono quelli appartenenti ai flussi migratori è stato rilevato che la rotta che transita dalla Libia, spesso è caratterizzata da una serie di soprusi e violenze che vengono perpetrate da differenti attori come miliziani libici, agenti di polizia, secondini carcerari: questi soggetti abusano e infliggono torture alle vittime al fine di estorcere denaro e sottomissione.

43 Stefano Orsi è il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bologna e

ha parlato in occasione del convegno svoltosi a Bologna in data 12 maggio 2017 dal titolo “L’identificazione delle vittime di tratta tra i richiedenti protezione internazionale ed i meccanismi di Referral per la loro adeguata assistenza”. Il suo intervento si intitolava “Le azioni di contrasto al crimine della tratta. Il ruolo dell’Autorita Giudiziaria e il necessario coordinamento con gli altri soggetti che operano sul territorio.”

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I percorsi e le modalità di traffico sono cambiate molto velocemente e spesso quando lo Stato e le autorità riescono a comprendere le dinamiche e a rintracciare una rotta di tratta ecco che le reti criminali sono in grado di cambiare la propria strategia e modalità di azione. Nella maggior parte dei casi le vittime che provengono dall'Africa occidentale spesso sono oggetto di sofferenza, privazione di cibo e acqua, disumane condizioni percorso, stupri, oltraggi sessuali minacce ai danni propri della propria famiglia: queste pratiche erano le forme più comuni di maltrattamenti che subivano le vittime di tratta proveniente dall'Africa subsahariana; appunto il centro di questo sistema di violenza è identificato nella Libia che si qualifica come un enorme campo di sfruttamento e di morte (Gallagher, 2010).

Queste dinamiche sono cambiate ma solo in parte poiché i viaggi non sono più lunghissimi e la prigionia in Libia 44 non è prolungata come

una volta anzi spesso la permanenza in questi territori è molto breve. I cambiamenti sono stati dettati dal fatto che a causa dell'azione di contrasto delle forze dell'ordine e di protezione sociale ad opera delle autorità territoriali, anche i membri delle organizzazioni criminali hanno dovuto modificare la propria metodologia di sfruttamento proprio per non cadere nella maglia dell'azione repressiva.

Allo stesso tempo un altro motivo è identificato nel fatto che i criminali spesso hanno dovuto assistere alla chiusura di frontiere, al restringimento delle politiche migratorie, alla costruzione di muri e appartenenze bloccate.

44 Inoltre la Libia sta attraversando un periodo di crisi economica consistente, mancano

soldi per pagare gli stipendi, non c’è disponibilità di contanti, ci sono situazioni sanitarie zoppicanti e un catastrofico calo delle esportazioni, alla luce di ciò, se tempo fa era produttivo far lavorare le persone vittime di tratta e sfruttamento in Libia e lungo il tragitto, oggi non e più così, l’Europa a confronto per profitto non ha paragoni.

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Un altro motivo che ha spinto i trafficanti a cambiare strategia deriva dalla convenienza ovvero dal fatto che essi guadagnano nel rendere le ruote veloci.

Se inizialmente le donne venivano sfruttate per mesi presso case chiuse in cui erano costrette a prostituirsi e tenute sotto minaccia costante di armi, violenza e privazioni, con le rotte veloci queste ragazze hanno più possibilità di rendersi conto della gravità della situazione nella quale si trovano e vivono ancora con l'illusione che in Italia potranno avere un lavoro onesto e ben ricompensato (Scicchitano, 2010).

Queste donne e gli uomini sopportano spesso la tortura e la violenza prima, durante e il dopo il viaggio che si qualifica come esperienza drammatica e psicologicamente distruttiva di cui la vittima sarà portatrice a vita.

4.5. Le principali forme di sfruttamento a cui vengono