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Capitolo 3 La tratta ogg

3.6. Il fenomeno del caporalato

Il “caporalato” si qualifica come un fenomeno di tipo distorsivo riguardante il normale processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Strettamente connesso al caporalato è il termine “caporale” con il quale si indica colui che svolge un'attività di intermediazione mediante l'azione di reclutamento di manodopera giornaliera, spesso

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non specializzata, che viene direttamente collocata, ad opera sua, presso i datori di lavoro: la distorsione del fenomeno è identificata nel fatto che questo soggetto pretende, a titolo di compenso per il lavoro svolto, una cospicua percentuale della retribuzione dei lavoratori che colloca (Alò, 2010).

Coloro che cadono nella spirale del caporalato sono spesso soggetti particolarmente vulnerabili a livello economico e sociale, come ad esempio stranieri non in possesso del permesso di soggiorno o soggetti inoccupati che sono alla ricerca disperata di un lavoro. L'attività di intermediazione che viene svolta dai caporali non riguarda esclusivamente il reclutamento dei lavoratori e l'offerta della manodopera ai datori di lavoro ma si qualifica come un vero e proprio esercizio di un potere sulle vittime che spesso è affiancato anche da minaccia e intimidazione. In questo modo, i lavoratori diventano una sorta di merce che diviene oggetto di scambio con i datori di lavoro e sono oggetto di un trattamento che li priva di ogni soggettività poiché considerati alla stregua di fattori economici aventi rilevanza all'interno del processo produttivo (Fancica, 2016).

Questo dominio che viene esercitato nei confronti del lavoratore non riguarda esclusivamente il momento di incontro tra domanda e offerta ma dura per tutto lo svolgimento del rapporto di lavoro che il lavoratore va ad instaurare con il datore di lavoro.

I caporali si impegnano a collocare fisicamente i lavoratori presso i datori di lavoro e a questa attività affiancano anche un'azione di sorveglianza del lavoro dei primi direttamente sul posto di lavoro, ricorrendo, se serve, anche a violenze e minacce.

Capita spesso che siano gli stessi datori di lavoro a contribuire a questo sfruttamento a causa della mancata predisposizione, ad opera loro, dei presidi di sicurezza e di igiene all'interno dei luoghi di lavoro,

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esercitando una violazione della normativa in materia anche a riguardo dell'orario di lavoro, delle ferie, del riposo settimanale, della malattia (Giannelli, 2017).

Sempre andando contro quanto stabilito dalla normativa, i datori di lavoro predispongono metodi di sorveglianza degradanti e non pagano adeguatamente i propri dipendenti, garantendo loro una retribuzione che si dimostra essere nettamente sproporzionata e inferiore rispetto ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi nazionali.

Accorgimenti di questo tipo permettono al datore di lavoro di risparmiare fortemente sui costi in merito all'assunzione e all'ottenimento dei lavoratori che si trovano a dover lavorare in nero senza alcun riconoscimento previdenziale o assistenziale.

Sembrerebbe il riduttivo considerare il caporalato semplicemente come una distorsione del rapporto che si instaura tra lavoratore, intermediario e datore di lavoro poiché rappresenta un tassello nel complesso dei crimini correlati alla tratta internazionale di persone ai fini di sfruttamento (Leogrande, 2008).

Ragion per cui capita spesso che il fenomeno del caporalato si alimenti anche dalla criminalità organizzata di stampo mafioso che ricorre a metodologie di violenza ed intimidazione per garantirsi lo sfruttamento dei lavoratori e per interferire sul funzionamento normale del mercato del lavoro. Inoltre, il reclutamento delle vittime viene facilitato dalla situazione di debolezza in cui riversano: inizialmente i caporali vengono visti dai lavoratori quasi come dei benefattori in grado di assicurare loro riscatto sociale ed economico per potersi emancipare dalla realtà disagiata da cui provengono (Miscione, 2017). In questo modo, i lavoratori quasi spontaneamente aderiscono a questo circuito del caporalato poiché vedono nei caporali dei soggetti in

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grado di svolgere una funzione di tipo sociale e non di tipo economico.

Anche gli stessi caporali giustificano il loro operato e la loro posizione ricorrendo al fattore sociale poiché presentano la loro condotta come l'unica speranza di uscita dalla povertà per le vittime e per godere dell’emancipazione sociale e lavorativa.

Il dominio che il caporale è in grado di esercitare su di loro è un dominio pervasivo e umiliante e le vittime stesse sono spesso oggetto di insulto e di disprezzo, un trattamento che è giustificato dal fatto che solo il caporale, apparentemente, era colui che, mosso dalla pietà nei loro confronti, è stato in grado di dar loro una speranza di vita diversa. Da ciò deriva che ad essi non venga riconosciuto alcun diritto o alcuna retribuzione adeguata (Vivarelli, 2019).

Inoltre, il caporalato si qualifica come un'offesa permanente e ripetuta alla dignità umana e alla dignità del lavoro: il soggetto lavoratore diviene, come detto precedentemente, una merce, riduzione che annienta la sua dimensione psicologica e sociale aggirando la sua dignità, la sua capacità di pensiero e la sua sensibilità e riducendolo semplicemente alla sua funzione fisica di produzione a livello lavorativo.

I soggetti vittime del caporalato vivono esclusivamente per lavorare e tale riduzione contribuisce a creare intorno una condizione di solitudine. La dignità dei lavoratori, allo stesso tempo, diviene fortemente compromessa anche dai ritmi e dall'intensità delle attività lavorativa che non contempla momenti di riposo o recupero delle risorse spese nello svolgere le prestazioni lavorative.

Le mansioni, inoltre, non vengono mai adeguatamente retribuite e spesso il salario percepito non basta al lavoratore per mantenere la propria famiglia (Vivarelli, 2019).

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Pur non volendo, i lavoratori che finiscono nella spirale del caporalato non fanno altro che alimentare mediante il proprio lavoro la crescita delle organizzazioni criminali dei caporali. Il caporalato, naturalmente, non risparmia neanche le donne che, oltre a vivere in una situazione di sfruttamento al pari dell'uomo, sono anche vittime di minacce e violenze da parte dei caporali che spesso riescono a ottenere la loro obbedienza mediante minacce di abusi sessuali.

Tra i soggetti fortemente vulnerabili vittime del caporalato spesso vengono ricompresi anche i soggetti minori nei confronti dei quali non vengono rispettati i criteri per l'accesso al lavoro. In effetti, il caporalato non effettua alcuna distinzione tra lavoratori minorenni e maggiorenni poiché ciò che importa realmente è esclusivamente la capacità fisica di svolgere l'attività lavorativa, calpestando il profilo psicologico e sociologico dell'individuo in questione.

La descrizione compiuta fino a questo punto ha permesso di descrivere il fenomeno della tratta in termini generali concentrandosi, oltre che sulle cause e sulle origini, anche su altri fenomeni ad essa correlati come, ad esempio, lo sfruttamento sessuale, il caporalato e lo svolgimento dei riti.

Tutti questi fattori, oggi, hanno spinto di esperti a parlare dell’affermazione di una nuova forma di schiavitù, diversa per certi versi rispetto a quella che abbiamo appreso dai libri di storia, ma ugualmente distorsiva per le società occidentali e per le società di appartenenza delle vittime.

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