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Le rappresentazioni degli schiavi nella letteratura e nelle tradizioni popolar

Le numerose notizie che abbiamo della condizione degli schiavi nel Mediterraneo e nel Medio Oriente ci provengono da numerose memorie e testimonianze che hanno arricchito il patrimonio letterario, e artistico delle popolazioni mediterranee in merito a questa tematica. Nella letteratura la figura più importante e, al tempo stesso, più emblematica è quella di Miguel Cervantes de Saavedra che per cinque anni fu schiavo ad Algeri, precisamente tra il 1575 e il 1580: nel corso di questa prigionia egli si confrontò con il terribile Pascià Hasan veneziano.

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Le sue vicende da schiavo vennero rievocate nella sua opera più famosa, Don Chisciotte, nel quale sono impresse le figure e i luoghi della sua vita da schiavo nella città barbaresca.

Ad Algeri vi era un altro importante uomo che divenne schiavo ovvero il poeta siciliano Antonio Veneziano: i suoi versi e le sue opere trovarono ispirazione non solo nel periodo di prigionia ma anche nella sofferenza per la lontananza dalla donna amata, nascosta sotto lo pseudonimo di Celia (Bono, 2016).

Le prime tracce letterarie della fuga di schiavi possono essere intraviste nel Pantagruel di Francois Rebelais, mentre nel componimento poetico settecentesco di Giuseppe Parini veniva descritto il ritorno a di migliaia di schiavi redenti che erano “segnati dai piè rosi e stanchi di servil ferro”.

Nel patrimonio della letteratura che ricomprende tracce di queste testimonianze del Settecento vi è anche la sarcastica battuta dell'Arlecchino goldoniano che, al fine di descrivere il suo soggiorno a Tripoli dove vi erano spesso schiavi veneziani, contraddiceva la condotta barbara tradizionalmente associata ai magrebini:

“Qual apprensione vi reca questo nome di Barbaria? Credete che

siano barbari i popoli di questa nazione? V’ingannate. Così si chiama questa parte dell’Affrica che contiene più regni; però si rispetta qui pure l’umanità e la giustizia”.

Un altro letterato che dovette fare l'esperienza di cattura e di detenzione fu il toscano Filippo Pananti che nel 1813 divenne schiavo solo per poco tempo dato che vennero trovati in suo possesso un passaporto britannico che gli permise di riprendere il suo viaggio. Qualche anno dopo, quando ormai era stata prodotta una ricca

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letteratura in merito a questa tematica, venne pubblicata la sua opera Avventure e osservazioni sopra le coste di Barberia del 1817 che raccontò quel periodo della sua vita (Bono, 1999).

A partire da quegli anni le vicende di schiavi hanno ispirato novelle romanzi e numerose composizioni letterarie come ad esempio Gio. Battista il moro, novella maltese, del 1859 che offriva anche una testimonianza storica delle vicende di schiavi.

Nel quadro della schiavitù mediterranea è necessario citare una importante opera della scrittrice austriaca per ragazzi Sophie Worishofer ovvero Unter Korsaren del 1927 che racconta le vicende di un quindicenne napoletano, Mattia, imbarcato su una nave negriera, che era stato vittima di corsari tripolini e solo dopo numerose disavventure e dopo un periodo da schiavo è riuscito a tornare felicemente in patria.

Appartenente, invece, al genere noir è l'opera La schiava di Granada delle 2011 le cui vicende sono ambientate nella Spagna di Filippo II ad opera di Agustin Sanchez Vidal (Bono, 2016).

Un altro importante romanzo è Fatimaddalena. La schiava della città d'Erba scritto nel 2011 da Gianni Donati e Piero Montali: in quest'opera si narrano le vicende della donna algerina Fatima che è stata catturata nell'incursione dei Cavalieri di Santo Stefano nel 1707. Nel corso della sua prigionia essa venne ribattezzata con il nome Maddalena. Gli autori al fine di realizzare questo romanzo non si sono solamente lasciati guidare dalla fantasia e dalla sensibilità, ma si sono anche ampiamente documentati in merito alle vicende della schiavitù. in quegli anni.

Come possiamo vedere la letteratura europea è piena di queste tracce del patrimonio di memoria riguardante la vita di centinaia di migliaia di esseri umani che erano divenuti schiavi presso le rive del

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mediterraneo e la medesima quantità di testimonianze può essere riscontrata anche nelle letterature orientali.

Per quanto riguarda la letteratura italiana, essa è molto ricca di memoria per quanto riguarda la novellistica e il teatro.

Accanto al patrimonio letterario ritroviamo anche il patrimonio delle tradizioni popolari costituiti da canzoni, racconti, leggende e proverbi che contengono il riflesso di quelle esperienze e di quei sentimenti di prigionia che si sono tramandati nei secoli. In merito a queste tradizioni popolari occorre citare il significativo contributo di Renzo De Felice (Bono, 2016).

Il suo contributo a riguardo fu, più che altro, un complesso di canzoni popolari; ricordiamo in questa sede alcuni versi celebri:

All’armi, all’armi, la campana sona li turchi sunnu giunti alla marina cu’ havi scarpi rutti si li sola ca iu mi li sulavi stamatina.

Questi versi ricordano le incursioni corsare che permettevano di catturare schiavi cristiani e musulmani, incursioni che spesso andavano ad affiancare i saccheggi dei corsari al fine di ottenere schiavi e schiave.

Alle memorie alle testimonianze di questo passato di schiavitù non appartengono solamente le opere letterarie e gli scritti ma anche luoghi, edifici e oggetti che ricordano le vicende di questi schiavi mediterranei, ad esempio:

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• nell’isolotto di Gorée di fronte a Dakar vi era una casa degli schiavi;

• in una piccola strada di Lisbona vicino al mare vi era il Pozzo dei negri che faceva loro da tomba;

• bagni e prigioni di schiavi, piazze, logge, spiagge dove si faceva mercato o si eseguivano le condanne a morte;

• luoghi di preghiera e luoghi di assistenza sanitaria (Bono, 2016).

Per quanto riguarda le opere d'arte occorre citare il capolavoro Le nozze di Cana del Veronese e altre opere della pittura europea rinascimentale dove gli schiavi e le schiave di colore venivano rappresentate come eleganti paggi e devoti servitori presso gli aristocratici loro padroni e padrone.

Mentre per le sculture occorre citare i Due schiavi di Michelangelo che erano stati realizzati per la tomba di Giulio II e che dalla fine del Settecento sono esposti al Louvre (Del Piano, 2009).

Accanto a queste opere vi sono anche le pitture votive ovvero gli ex- voto di umili schiavi europei come ad esempio le statuette di legno di schiavi in devota preghiera che sono esposte nel museo di storia della città di Amburgo oppure le preziose figurine di schiavi turchi che figurano tra le porcellane del museo di Dresda: tutte queste opere fanno parte di un'unica rassegna che ci spinge a analizzare le dimensioni di una memoria di un passato schiavista che deve essere conservato poiché dense di rigore storico.

Proprio questo rigore storico segna l'opera del Padre carmelitano Jeromino Gracian de la Madre de Dios che nel suo Tratado de la redencion de cautivos en que se cuentan las grandes miserias que

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padecen los cristianos del 1616 descrive le sofferenze, i disagi materiali prodotti dalle malattie, la fame, gli stenti spirituali e i rischi continui e pressanti a cui gli schiavi andavano incontro se non osservavano i comandamenti e i precetti dettati (Fiume, 2009).

Nella sua Storia della barbarie il padre Dan elenca ben Ventitrè diversi tipi di supplizi con i quali i Turchi e i Barbareschi fanno crudelmente morire gli schiavi cristiani addirittura alcuni di questi supplizi vengono rappresentati ad opera delle rappresentazioni inserite nell'edizione olandese del 1684.

Nelle numerose lettere e nei racconti di schiavi cristiani e di schiavi nel Mediterraneo si trovano espressioni di sofferenza, di disperazione, di augurio che sopraggiunga la morte di rassegnazione, di speranza o di riconoscenza verso il padrone che aveva manifestato una qualche forma di benevolenza: ad esempio lo schiavo turco Mustafa Magiungizade che divenne schiavo alla fine del Cinquecento fu l'autore di uno di più doloranti diari di schiavitù (Bono, 2016).

Tra le sue pagine si leggono seguenti versi:

Quanto è duro per i musulmani Trovarsi sotto il potere dell’infedele. Non chiedere cosa soffra il prigioniero, Non si può dare risposta,

Non si può contare tutto il male

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