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I diritti fondamentali quali principi generali del diritto europeo

Anche nel campo della tutela dei diritti fondamentali la categoria dei principi generali ha giocato un ruolo decisivo, tanto che, secondo parte della dottrina, la previsione attuale

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del Trattato costituisce semplicemente una conferma della giurisprudenza della Corte di giustizia85.

Attualmente il Trattato dell’Unione europea all’art. 6, paragrafo 3 stabilisce che «i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali». Lo stesso articolo prevede ora anche l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale previsione consacra, quindi, la tecnica pretoria dell’incorporazione della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico europeo attraverso il ricorso ai principi generali.

In passato, i diritti fondamentali nell’ordinamento europeo non erano espressamente tutelati. Negli anni sessanta, la Corte affermò l’irrilevanza sul piano del diritto dell’Unione dei diritti fondamentali tutelati dalle Costituzioni degli Stati membri e la propria incompetenza a garantire il rispetto di norme interne, anche costituzionali, in vigore negli Stati membri. Per tale motivo, la Corte costituzionale italiana e tedesca, sottolineando questa carenza, sostennero la necessità di tenere fermo la propria competenza ad effettuare il sindacato sulle leggi di attuazione degli obblighi assunti dagli Stati in sede europea.

In particolare, le citate Corti prospettarono la necessità di valutare, alla luce delle norme costituzionali nazionali, la legittimità degli atti normativi comunitari contrastanti con le libertà garantite dalle carte costituzionali.

Un decennio più tardi, la Corte volta pagina e nel 1970 arriva ad affermare che «la tutela dei diritti fondamentali costituisce parte integrante dei principi generali di cui la Corte di giustizia garantisce l’osservanza»86, essa ha, inoltre, sostenuto di essere pronta a

85 «Può affermarsi che, codificando il consolidato orientamento della giurisprudenza, il Trattato di Maastricht non ha comportato una novazione della fonte, ma ha semplicemente ribadito l’esistenza di un patrimonio costituzionale comune», così G. DELLA CANANEA, C. FRANCHINI, I principi dell’amministrazione

europea, Torino, 2010, p. 59.

Cfr. Corte di Giustizia, sentenza 3 maggio 2005, in Cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02,

Procedimenti penali a carico di Silvio Berlusconi e altri, dove al punto n. 67 viene «ricordato che, secondo

una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza. A tal fine, quest’ultima s’ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell’uomo cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito». Viene, inoltre, ribadito che i principi generali del diritto dell’Unione europea devono essere osservati dal giudice nazionale «quando applica il diritto nazionale adottato per attuare l’ordinamento comunitario», in http://www.eur-lex.europa.eu.

86 Cfr. Corte di Giustizia, sentenza 17 dicembre 1970, in causa C-25/70 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di Giustizia dalla Corte amministrativa dell’Assia, nella causa dinanzi ad esso pendente tra Einfuhr- und Vorratsstelle Fuer Getreide und Futtermittel di Francoforte sul

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verificare la legittimità delle attività e degli atti delle istituzioni europee alla luce dei principi generali del diritto comuni agli Stati membri ed ai diritti sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte ha, quindi, recepito la parte materiale della Convenzione, pur ritenendo che non vi fosse la competenza per aderire ad essa.

In sostanza, la Corte di Lussemburgo ha riservato alla sua giurisdizione la competenza nel verificare di volta in volta il rispetto dei diritti fondamentali, ovviamente nelle situazioni in cui rileva la disciplina del diritto europeo non la sola disciplina interna. Infatti, il controllo della Corte, rispetto al parametro dei diritti fondamentali, investe: gli atti dell’Unione, gli atti ed i provvedimenti degli Stati membri attraverso cui viene data attuazione al diritto europeo ed, infine, le giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale altrimenti incompatibile con il diritto dell’Unione. Rimangono, pertanto, fuori dell’ambito del controllo solo le norme nazionali prive di qualsiasi legame con il diritto dell’Unione87.

Anche in questo caso è stata, quindi, la Corte di giustizia ad assumere il compito di integrare l’ordinamento e riconducendo i diritti fondamentali alla categoria dei principi generali del diritto europeo è riuscita nell’intento di preservare il principio di autonomia dell’ordinamento europeo.

I diritti fondamentali, fino a quel momento, sostanzialmente assenti dalla scena comunitaria, vi fanno ingresso in veste di principi generali. Essi sono da considerare tali non solo per rango ma, soprattutto, per tecnica di formazione dal momento che confluiscono nel diritto europeo provenendo dall’esterno, in particolare dai diritti nazionali e dal diritto internazionale88.

Nel processo di individuazione dei diritti-principi fondamentali, la Corte ha seguito il medesimo percorso già utilizzato nella selezione dei principi generali ordinari. Anche in questo caso, il criterio di partenza del processo di incorporazione è dato dalla necessità di colmare lacune del diritto europeo e ciò nella chiara prospettiva di fornire una tangibile tutela dei diritti fondamentali. Il processo di individuazione e selezione dei diritti e il ricorso alla categoria dei principi generali costituì una soluzione tanto originale quanto

87 Cfr. G. TESAURO, Diritto dell’Unione europea, op. cit., pp. 131-133.

88«Com’è noto, a questi approdi la Corte giunse dopo una non breve fase iniziale nella quale il suo atteggiamento sul problema del riconoscimento dei diritti fondamentali in un contesto comunitario era stato di sostanziale rifiuto. La ragione del revirement dipese solo in parte dalla necessità tattica di evitare uno scontro frontale con le Corti costituzionali nazionali e rispose nella sostanza all’esigenza di rafforzare la legittimazione del diritto comunitario e di garantirne ad un tempo la supremazia nei confronti dei diritti nazionali e l’uniforme applicazione in tutti i paesi membri». Così D. DE PRETIS, I principi europei del diritto

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efficace, tant’è che se pur il Trattato abbia ormai provveduto alla «costituzionalizzazione» della tutela dei diritti fondamentali, la formula del principio generale rimane tutt’ora un presidio per la loro tutela.

Il ricorso alla categoria dei principi generali ha permesso il raggiungimento di tre obiettivi. In primo luogo, ha consentito l’apertura dell’ordinamento giuridico europeo al riconoscimento ed alla tutela dei diritti fondamentali, anche in assenza di una esplicita previsione dei Trattati. In secondo luogo, ha garantito al diritto europeo modalità di adattamento flessibili, permettendo così di incorporare con continuità i diritti vagliati, di volta in volta, alla luce dei giudizi di valore e delle esigenze e delle finalità del sistema e del suo grado di maturità. Infine, la tecnica dell’incorporazione ed il ricorso alla categoria dei principi generali, ha permesso di preservare l’indipendenza del diritto dell’Unione europea rispetto da altri ordinamenti giuridici. Gli elementi tratti dagli altri sistemi vengono, infatti, acquisiti, senza automatismi, solo a seguito di una specifica operazione di selezione e soltanto al termine di un giudizio di compatibilità.

La Corte, infatti, sin dalle prime pronunce ha negato che le disposizioni costituzionali degli Stati membri poste a tutela dei diritti fondamentali possano essere considerate direttamente vincolanti, ritendo, invece, che esse costituiscano delle previsioni di cui tener conto nel diritto comunitario; in altri termini, utili riferimenti cui tener conto nella costruzione di principi non scritti di rango costituzionale. La stessa Convenzione europea dei diritti dell’uomo viene considerata quale testo di riferimento in quanto espressione di uno standard comune europeo di protezione dei diritti fondamentali, una piattaforma dalla quale enucleare i principi attraverso la consueta tecnica di selezione89.

Allo stesso modo e anteriormente al formale riconoscimento del suo valore di fonte primaria, la Corte ha fatto riferimento anche alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, richiamandosi ad essa non in quanto fonte vincolante, ma per i suoi contenuti ricognitivi dei diritti fondamentali corrispondenti alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri90.

89 Attualmente l’art. 6, paragrafo 2 TUE sancisce l’impegno e la competenza dell’Unione europea in ordine all’adesione alla CEDU, ferme restando le competenze dell’Unione così come definite dai Trattati. L’effettiva adesione alla CEDU resta subordinata alla stipulazione di un accordo internazionale che, ai sensi dell’art. 218 TFUE, deve essere concluso dal Consiglio all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo. Nella sostanza, l’adesione dell’UE alla CEDU determinerà l’estensione del sindacato della Corte di Strasburgo sulle questioni riguardanti l’Unione che vertano in materia di diritti dell’uomo.

90 A seguito del processo di riforma dei Trattati conclusosi con la firma del Trattato di Lisbona il 13 dicembre 2007 e la sua entrata in vigore il 1° dicembre 2007, la Carta ha ora lo stesso valore giuridico dei Trattati. Al riguardo, l’art. 6, paragrafo 1, TUE stabilisce che «l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i

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