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La tesi intermedia tra l’annullabilità e la nullità

3. Il regime di invalidità dell’atto amministrativo «anticomunitario»

3.4. La tesi intermedia tra l’annullabilità e la nullità

La posizione interpretativa intermedia, cercando di coniugare la tesi della nullità e quella dell’annullabilità, distingue l’ipotesi in cui la noma interna si limiti solo a disciplinare le modalità di esercizio del potere, rispetto a quella in cui la norma medesima sia l’unica ad attribuire il potere amministrativo nel cui esercizio l’atto amministrativo è stato adottato.

Mentre nel primo caso si avrebbe una semplice annullabilità, nel secondo, la nullità o, secondo alcuni, l’immediata non applicabilità della norma interna attributiva del potere e ciò in quanto l’assenza della potestà ad emanare l’atto non potrebbe che risolversi nell’inesistenza dell’atto stesso perché adottato, per l’appunto, in situazione di carenza di potere.

Tale opzione teorica ha ricevuto l’avvallo della giurisprudenza amministrativa. In particolare, il Consiglio di Stato in una pronuncia del 2003, dopo aver evidenziato che la violazione della disposizione europea comunitaria implica un vizio di illegittimità- annullabilità dell’atto interno contrastante con il relativo paradigma di validità, ha affermato che «la diversa forma patologica della nullità (o dell’inesistenza) risulta configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento nazionale è stato adottato sulla base di una norma interna (attributiva del potere nel cui esercizio è stato adottato l’atto) incompatibile (e, quindi, disapplicabile) con il diritto comunitario». Il collegio ha, inoltre, evidenziato che al di fuori di questa ipotesi «l’inosservanza di una disposizione comunitaria direttamente applicabile comporta, alla stregua degli ordinari canoni di valutazione della patologia dell’atto amministrativo, l’annullabilità del provvedimento viziato nonché, sul piano processuale, l’onere della sua e impugnazione dinanzi al Giudice Amministrativo entro il prescritto termine di decadenza, pena la sua inoppugnabilità»75.

Tale pronuncia ha suscitato perplessità, in primo luogo a causa dell’assimilazione della nozione di nullità a quella di inesistenza; due categorie diverse che, invece, nella pronuncia vengono maneggiate in modo fungibile. Le modifiche introdotte dalla legge n.15/2005

75 Consiglio di Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, in www.giustizia-amministrativa.it. In senso analogo Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustizia-amministrativa.it; Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 aprile 2005, n. 2566, in www.giustizia-amministrativa.it; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 aprile 2009, n. 3072, in www.giustizia-amministrativa.it; Consiglio di Stato, 31 marzo 2011, n. 1983, in

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hanno, infatti, positivizzato il vizio di nullità, presupponendo una differenza con la categoria della inesistenza76.

Sulla base della distinzione di regime tra la nullità e l’inesistenza, enucleata in sede di teoria generale, l’atto inesistente è l’atto che non solo non produce effetti giuridici ma neppure effetti materiali, mentre l’atto nullo, pur non potendo produrre effetti giuridici per la mancanza di elementi propri essenziali, può comunque produrre effetti materiali, generando una sorta di realtà fittizia, rimovibile attraverso una azione di accertamento; in sintesi, la differenza tra la nullità e l’inesistenza risiede nell’impossibilità per l’atto inesistente di produrre risultati, poiché non si radica la situazione di apparenza, viceversa connaturata alla nullità.

Inoltre, la codificazione delle cause di nullità introduce l’esigenza di «prospettare l’inesistenza in riferimento ai casi non riconducibili alla fattispecie normativa eppure costituenti vizi abnormi del provvedimento amministrativo, al fine di superare la tassatività delle ipotesi di nullità»77. In tale ottica, è stato evidenziato che, l’illegittimità che investe l’atto amministrativo emanato sulla base di una norma interna attributiva del potere e contrastante con il diritto europeo non è riconducibile al regime dell’inesistenza.

In tale ottica, acuta dottrina ha, inoltre, escluso che nel caso di specie possa parlarsi di

76 L’art. 21-septies della legge n. 241/1990 rubricato «nullità del provvedimento», stabilisce che è «nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge». Al riguardo, occorre evidenziare che l’espressione «difetto assoluto di attribuzione» suscita perplessità interpretative in ordine alla sua decodificazione: la locuzione utilizzata dal legislatore non trova, infatti, alcun riscontro nel linguaggio normativo e neanche nella tradizione giurisprudenziale e dottrinale. La terminologia corrente nel dibattito interpretativo e diversa. Due sono le espressioni diffuse in ambito dottrinale e giurisprudenziale: la carenza di potere, in astratto ed in concreto; l’incompetenza, assoluta e relativa. La «carenza di potere in astratto» concerne l’esercizio di una potestà non attribuita da alcuna norma all’autorità amministrativa. La «carenza di potere in concreto» va intesa come violazione grave di norme che disciplinano le modalità di esercizio di un potere esistente. L’incompetenza «assoluta» si sostanzia nel difetto di potere in capo non all’Amministrazione in generale, bensì a quel settore amministrativo di cui fa parte il soggetto che ha adottato il provvedimento, essa si verifica, altresì, allorché l’organo emetta un provvedimento riservato ad un organo appartenente a diverso plesso amministrativo. L’incompetenza «relativa», integrante il vizio d’illegittimità dell’atto amministrativo, si verifica, nella maggior parte dei casi, allorché tra i diversi organi sussista una diversa competenza per grado, pur non essendo escluso che l’incompetenza relativa possa sussistere anche con riferimento alla materia ed al territorio. La tesi maggioritaria, sostenuta prevalentemente in dottrina e giurisprudenza, ritiene che l’espressione «difetto assoluto di attribuzione» non comprenda soltanto l’incompetenza «assoluta», ma anche l’ipotesi di «carenza di potere in astratto», preoccupandosi di specificare che la «carenza di potere in concreto» ne deve rimanere esclusa, in quanto si sostanzia nella mancanza dei presupposti per l’esercizio del potere, comunque pertinente al soggetto che ha adottato il provvedimento. Al riguardo, cfr. F. CARINGELLA, M. PASTORE, Manuale di

diritto amministrativo, vol. V., L’invalidità del provvedimento, op.cit., pp.131-140; C. CAVALLARI La nullità del provvedimento amministrativo, cause ed effetti tutela innanzi al giudice amministrativo, Roma, 2014,

pp.80-86.

77 Così C. CAVALLARI, La nullità del provvedimento amministrativo, cause ed effetti tutela innanzi al

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nullità. In particolare, è stato evidenziato che così come una norma lesiva della Costituzione rimane esistente ed efficace fino al momento dell’annullamento da parte della Corte Costituzionale, la norma statale in contrasto con il diritto europeo rimane esistente e potenzialmente efficace fino al momento della disapplicazione da parte del giudice comune. Pertanto, fino a quando non si verifica la disapplicazione non è possibile negare che la norma «antieuropea» produca effetti, non essendo tale norma affetta da alcuna nullità78. In tale logica, l’atto amministrativo viziato da «anticomunitarietà indiretta» e, quindi, adottato sulla base di una norma che si rivelerà soltanto ex post anticomunitaria è un atto adottato, al momento della emanazione, sulla base di un potere previsto da una norma e non in assenza (assoluta) di una norma attributiva.

Non può, pertanto, parlarsi di una ipotesi di carenza assoluta di potere. Gli atti amministrativi emanati sulla base di una norma anticomunitaria, applicata dall’amministrazione procedente e, quindi, «efficace fino alla sua disapplicazione (ed anche un istante dopo il momento stesso della disapplicazione), non sono fantasmi giuridici, ma frammenti di poteri da rimuovere (in quanto annullabili) attraverso la logica della impugnazione»79.

In altre parole, secondo quanto evidenziato dalla dottrina, la conclusione cui arriva il giudice amministrativo appare troppo drastica, anche perché la disapplicazione della norma interna non determina di regola una situazione di carenza di potere, stante la presenza di atti normativi a «monte di quelli nazionali disapplicati, che ritornano ad essere il diretto parametro di legittimità dei provvedimenti nazionali». Di conseguenza la nullità provvedimentale potrà verificarsi soltanto nel caso, difficilmente verificabile, «di un atto normativo italiano che senza potere si inserisca scorrettamente nel sistema comunitario in una parte priva di disciplina di tale fonte»80.

Al riguardo, è stato, infatti, evidenziato che «a parole» il Consiglio di Stato afferma di ritenere la nullità dell’atto amministrativo per violazione del diritto comunitario come «un principio acquisito», ma si «tratterebbe di un’ipotesi dotata di rilevanza più teorica che pratica». Nei fatti non si conoscono «sentenze di accertamento della nullità per carenza di potere in astratto di atti amministrativi fondati su norme contrastanti con il diritto, europeo

78 Cfr. N. PIGNATELLI, L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo, op. cit., p. 3646. 79 Così N. PIGNATELLI, L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo, op. cit. , p. 3649.

80 Così M.P. CHITI, L’invalidità degli atti amministrativi per violazione di disposizioni comunitarie e il

relativo regime processuale, in Dir. amm., 2003, p.701; cfr. anche M. ROMAJOLI, R. VILLATA, Contrasto di un

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(cd. anticomunitarietà indiretta)»81. Infatti, capita di rado che la normativa comunitaria si sovrapponga del tutto a quella nazionale sulla attribuzione del potere amministrativo, mentre è «assai più frequente l’ipotesi che la legge italiana (nella parte incompatibile) si limiti a prevedere segmenti della fattispecie normativa di disciplina del potere amministrativo, ma non l’intera fattispecie che radica il potere medesimo». In tali casi, trattandosi di norme sul modo di esercizio di detto potere, «la loro disapplicazione non può ripercuotersi in termini di carenza di potere-nullità sull’atto amministrativo, sibbene solo in termini di illegittimità-annullabilità»82.

4. INVALIDITÀ DELL’ATTO AMMINISTRATIVO PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO UE E AUTOTUTELA