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L’ingiustizia del danno: l’illegittimità dell’attività amministrativa

3. La responsabilità della Pubblica Amministrazione: analisi degli element

3.1. Gli elementi oggettivi dell’illecito

3.1.2. L’ingiustizia del danno: l’illegittimità dell’attività amministrativa

Il concetto di «danno ingiusto» esprime l’idea della non conformità al diritto, sotto il duplice aspetto di danno che lede la situazione giuridica altrui (damnum contra ius) e, al tempo stesso, di danno cagionato ad altri non nell’esercizio di un proprio diritto (damnum non iure). L’ingiustizia del danno costituisce un elemento costitutivo dell’illecito civile. Danno ingiusto è «la lesione di un interesse giuridicamente protetto nella vita di relazione», pertanto, non basta per aversi danno ingiusto, la lesione di un semplice interesse.

Al riguardo, occorre evidenziare che il principio della risarcibilità di ogni danno qualificabile come ingiusto è una clausola generale: «quando non è la legge a valutare, essa stessa, che un dato danno è ingiusto, riconoscendo a chi lo ha subito il diritto al risarcimento […], la valutazione è rimessa all’apprezzamento del giudice, il quale decide, fattispecie per fattispecie, se l’interesse leso è degno di protezione secondo l’ordinamento giuridico e se la lesione, di conseguenza, costituisce un danno “ingiusto”, che deve essere risarcito»79. Al riguardo, è possibile parlare di atipicità dell’illecito civile, dunque l’analisi

78 Così Consiglio di Stato, Sez. V, 30 giugno 2009, n. 4237, in www.giustizia-amministrativa.it; cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 6 luglio 2010, n. 4312, in www.giustizia-amministrativa.it, dove viene rilevato quanto ai presupposti e alle condizioni necessari per ammettere la risarcibilità del danno da disturbo, «nel caso di procedimenti amministrativi coinvolgenti interessi di tipo oppositivo, la lesione dell’interesse implica automaticamente la lesione del bene della vita preesistente al provvedimento affetto da vizi di illegittimità, per cui l’accertamento della circostanza che la p.a. abbia agito non secondo diritto di per se stesso implica il consolidamento di un danno ingiusto nella sfera giuridica del privato. La riscontrata illegittimità dell’atto […] rappresenta, nella normalità dei casi, l’indice della colpa della p.a., tanto più grave, preciso e concordante quanto più intensa e non spiegata sia l’illegittimità in cui essa sia incorsa. In tali casi spetta alla p.a. provare l’assenza di colpa: il connotato della colpa, necessario ai fini del risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi, sussiste ogni volta che, in assenza di cause di giustificazione legalmente tipicizzate, il provvedimento annullato sia stato emanato in violazione di un canone di condotta agevolmente percepibile nella sua portata vincolante».

79 Così F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Vol. III, op. cit., p. 133-134. In taluni casi è la legge stessa a valutare che un dato danno è ingiusto, riconoscendo a chi lo ha subito il diritto al risarcimento. Come ad esempio, nel caso di cui all’art. 872, comma 2, c.c., «Violazione delle norme di edilizia», dove viene stabilito che «colui che per effetto della violazione ha subito danno deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere

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del concetto di danno ingiusto deve essere condotta non soltanto sulla base del dettato legislativo, ma anche e soprattutto sull’esteso materiale giurisprudenziale in materia.

Il danno che integra la fattispecie dell’illecito è l’evento lesivo o danno-evento. In altre parole, il danno ingiusto richiesto dalla norma codicistica per il perfezionarsi della fattispecie generale di illecito non coincide con il danno che costituisce oggetto dell’obbligazione risarcitoria originata dall’illecito medesimo. Infatti, «in questo secondo significato il danno prescinde dal requisito dell’ingiustizia riguardando in generale l’incidenza dell’illecito sugli interessi economici connessi alla sfera giuridica del danneggiato»80.

L’identificazione dei danni-conseguenza deve essere condotta secondo il criterio di causalità, comprendente il danno emergente ed il lucro cessante, direttamente conseguenti all’evento lesivo. Il nesso causale incide, quindi, sia sull’an del danno risarcibile, sia sull’ammontare del risarcimento, che deve essere determinato in rapporto agli esiti dannosi direttamente o indirettamente accedenti alla catena causale innescata dalla condotta del danneggiante e non riconducibili anche all’apporto autonomo di cause imputabili allo stesso danneggiato (ex art.1227 c.c.) o ad altri soggetti.

La nozione di ingiustizia del danno è stata oggetto di un dibattito dottrinario che ha visto, da un lato le tesi che identificano «l’ingiustizia nell’antigiuridicità, quale violazione di un diritto o di una norma, dall’altro le tesi che «fanno capo all’idea di lesione di un interesse meritevole di tutela»81.

La concezione tradizionale, che ha dominato la giurisprudenza fino a tutti gli anni sessanta, ravvisava il danno ingiusto nella violazione di un diritto soggettivo assoluto, successivamente, a partire dagli anni settanta, al diritto soggettivo assoluto è stato parificato il diritto di credito82, da ultimo nel corso degli anni novanta è stato spezzato il nesso fra tutela risarcitoria e diritto soggettivo ed è stato considerato ingiusto anche il danno derivante dalla lesione di un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento

la riduzione in pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate». Altro esempio è dato dall’art.2600 c.c. in materia di concorrenza sleale, in particolare il comma 1, di tale articolo stabilisce che «se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o con colpa, l'autore è tenuto al risarcimento dei danni».

80 Così C.M. BIANCA, Diritto civile, Vol. 5, La responsabilità, op. cit., pp. 584-585. 81 Così C.M. BIANCA, Diritto civile, Vol. 5, La responsabilità, op. cit., pp. 585-586.

82 Il riconoscimento dell’ingiustizia del danno conseguente alla violazione dei diritti soggettivi non assoluti è avvenuto con la celebre sentenza resa nel caso Meroni (Cassazione, Sezioni Unite, 25 gennaio 1971, n. 174). Tale sentenza enunciò la risarcibilità della lesione del credito.

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giuridico83. Alla luce di tale ultimo orientamento, la nozione di ingiustizia risulta svincolato dal presupposto della violazione di una determinata situazione giuridica soggettiva, in quanto «ingiusta» può risultare anche la lesione di un interesse di fatto. A tal riguardo, si è però generalmente ammesso che non ogni lesione di qualsiasi interesse di fatto costituisce un danno ingiusto, occorrendo stabilire i criteri in base ai quali selezionare gli interessi suscettibili di tutela risarcitoria.

La migliore dottrina, nell’evidenziare l’insufficienza dei criteri di accertamento indicati dalla dottrina, ha evidenziato che per stabilire quali siano i danni ingiusti, è necessario identificare gli interessi che risultano concretamente tutelati nella realtà dell’ordinamento giuridico italiano. «Quali siano questi interessi va pertanto accertato prescindendo dalle ipotesi di soluzioni astrattamente preferibili. Occorre piuttosto verificare le soluzioni di diritto vigente nella realtà del suo operare, cioè nel diritto effettivo, come si manifesta principalmente negli orientamenti giurisprudenziali»84.

Si può allora formulare una conclusione: «si può asserire che al limite dell’interesse protetto dall’ordinamento giuridico come diritto soggettivo la giurisprudenza ha sostituito quello dell’interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico»85.

Nel caso in cui venga leso un interesse legittimo, il soggetto che cagiona il danno è la Pubblica Amministrazione, la quale viola le norme che regolano l’esercizio della funzione amministrativa. In tale contesto, e nell’ambito del giudizio sul risarcimento del danno per violazione dell’interesse legittimo, il provvedimento amministrativo non deve essere riguardato più come atto imperativo, bensì come fatto lesivo di una posizione soggettiva meritevole di tutela e dunque, fonte di un’obbligazione volta a riparare il danno ingiusto. Il fatto costituisce il primo elemento costitutivo della generale figura dell’illecito civile, esso, inoltre, risulta essere la vicenda che causa il danno ingiusto ed è riferibile al soggetto danneggiante.

Nell’art. 2043 c.c. si fa menzione del fatto «commesso». Questa espressione ha portato a confermare l’opinione secondo la quale il fatto illecito sarebbe necessariamente un comportamento volontario dell’uomo. Di conseguenza è stato sostenuto che sarebbe stato

83 La formula dell’interesse degno di tutela secondo l’ordinamento giuridico, viene accolta per la prima volta da Cassazione, Sezioni Unite, 22 luglio 1999, n.500.

84 Così C.M. BIANCA, Diritto civile, Vol. 5, La responsabilità, op. cit., p. 587.

85 «Questa espressione, mutuata dall’art. 1322, comma 2°, oltre che riassumere la posizione assunta dai nostri giudici, si rileva idonea a segnare la frontiera ultima del “danno ingiusto”, il limite estremo oltre il quale la tutela aquiliana non può essere accordata», così F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Vol. III, op.

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più appropriato parlare di atti anziché di fatti. Tuttavia, autorevole dottrina, ha evidenziato che la citata opinione risulta «arbitrariamente riduttiva in quanto la vicenda che provoca un danno ingiusto può ben consistere in un evento della natura». Ciò che rileva è che l’evento «sia giuridicamente imputato al soggetto che lo ha provocato o che aveva il dovere di impedire»86.

Il fatto generatore di danno, imputabile alla Pubblica Amministrazione, può essere ricondotto sia ad un’attività giuridica, che ad un comportamento. Facendo riferimento alla bipartizione tra interessi legittimi oppositivi, si avrà nel caso dei primi, in generale, un atto giuridico, mentre con riguardo agli interessi legittimi pretensivi si avrà un atto giuridico consistente in un esplicito diniego, oppure un comportamento silente o tardivo. In sintesi, il fatto antigiuridico può consistere tanto nell’adozione di un atto illegittimo, quanto in un comportamento materiale tenuto dalla Pubblica Amministrazione, o, più correttamente, da chi per essa agisce.

Per quanto evidenziato, ciò che rileva ai fini risarcitori è l’azione compiuta dall’Amministrazione Pubblica, indipendentemente dal suo svolgersi attraverso l’attività provvedimentale o comportamentale. Con specifico riguardo all’attività provvedimentale, occorre osservare che nel momento in l’atto diventa fonte di responsabilità della Pubblica Amministrazione e costituisce, quindi, il titolo in base al quale richiedere un risarcimento del danno, «il provvedimento passa dalla sua natura di “atto” ad una dimensione che porta ad assimilarlo ad una sorta di “fatto”»87. In altre parole, nel contesto della responsabilità civile, «il provvedimento diviene un fatto (in termine atecnico, ovviamente) cui è legata la lesione e le correlate conseguenze»88. L’azione amministrativa deve essere ascritta alla categoria dell’atto giuridico, considerato che il procedimento amministrativo è attività giuridica anche quando si risolve in un’attività materiale. Tuttavia, «quella stessa attività, ovverosia il procedimento amministrativo conclusosi con un atto o con un silenzio illegittimi, viene presa in considerazione dalle norme sulla responsabilità civile […] in

86 Così C.M. BIANCA, Diritto civile, Vol. 5, La responsabilità, op. cit., p.575.

87 Cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Vol. II., op. cit., p. 89, dove viene evidenziato che il fenomeno della «digressione dell’atto in fatto», si spiega così: «un atto giuridico, in quanto atto, è espressione della volontà del suo autore, ed è quindi tutelato o represso nella misura in cui la norma ritiene tutelabile o reprimibile quell’interesse giuridicamente protetto. La realtà effettiva in cui l’atto si concreta può essere presa in considerazione da altre norme, che prescindono dal suo essere realtà avente un autore (realtà voluta), e la assumono solo in quanto realtà avverata, ossia in quanto avente una storicità individuata: essa è così qualificata non più come atto, ma come fatto, ai fini della produzione di effetti giuridici che interessano non l’autore dell’atto ma l’ordinamento».

88 Cfr. A. LIBERATI, La responsabilità della Pubblica Amministrazione ed il risarcimento del danno, op.

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quanto fatto giuridico imputato all’ente pubblico»89. Nell’ipotesi in cui quel fatto giuridico, costituito dall’azione amministrativa illegittima è causativa del danno, sorge l’obbligo del risarcimento del danno.