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I rilievi critici mossi alla tesi della responsabilità extracontrattuale: la tes

2. Il dibattito sulla natura giuridica della responsabilità della Pubblica

2.2. I rilievi critici mossi alla tesi della responsabilità extracontrattuale: la tes

NASCENTI DA «CONTATTO AMMINISTRATIVO QUALIFICATO»

Nell’ordinamento giuridico italiano e si è sviluppata, con riguardo alla responsabilità

36 R. CHIEPPA, Viaggio di andata e ritorno dalle fattispecie di responsabilità della pubblica

amministrazione alla natura della responsabilità per i danni arrecati nell’esercizio dell’attività amministrativa, Dir. proc. amm., 2003, p. 683.

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della Pubblica Amministrazione, la teoria della responsabilità da «contatto sociale qualificato», detta anche da «contatto amministrativo».

La teoria che riconduce la lesione degli interessi legittimi alla responsabilità contrattuale, risulta tra le costruzioni alternative alla teoria della responsabilità extracontrattuale quella che ha riscosso maggior successo. In particolare, l’ipotesi di un inquadramento della responsabilità procedimentale – provvedimentale della Pubblica Amministrazione nel paradigma contrattuale è stata formulata dalla dottrina e condivisa, in parte, dalla giurisprudenza amministrativa.

Tale teoria si fonda sull’idea che da un semplice rapporto tra le parti possa scaturire un vincolo assimilabile a quello obbligatorio, in particolare il contatto sociale viene considerato fatto generatore di un’obbligazione. È stato, infatti, osservato che nelle fattispecie causative della responsabilità amministrativa, nello specifico quelle in cui l’Amministrazione e il privato leso sono parti di un procedimento amministrativo, difetta l’aspetto che caratterizza la responsabilità extracontrattuale: in sintesi, l’estraneità fra il danneggiante e il danneggiato. La Pubblica Amministrazione, rispetto al privato leso nel suo interesse legittimo, non è nella posizione del «passante» o del «chiunque»; al contrario, a seguito del «contatto» che si instaura, nel corso del procedimento amministrativo sorge tra cittadino ed Amministrazione Pubblica un rapporto giuridico destinato ad escludere quell’estraneità che costituisce il presupposto della responsabilità extracontrattuale37.

Si tratta in sostanza di rapporti in cui, pur mancando l’elemento centrale del rapporto obbligatorio, ovvero la prestazione, sono tuttavia presenti «obblighi di protezione» della sfera giuridica della controparte.

Questa teoria si fonda sull’idea che il rapporto tra privato e Pubblica Amministrazione sia sostanzialmente assimilabile a quello civilistico elaborato dalla teoria della responsabilità per inadempimento senza obblighi di prestazione. Si tratta di obblighi la cui fonte viene individuata nell’art. 1173 c.c. che sancisce il carattere aperto delle fonti delle obbligazioni, rinviando ad «ogni atto o fatto idoneo secondo l’ordinamento giuridico». Secondo tale impostazione la violazione di obblighi dà luogo ad una responsabilità contrattuale, non potendo invece configurarsi una responsabilità extracontrattuale, caratterizzata ab origine dall’assenza di doveri di comportamento rivolti a favore di soggetti determinati.

Al riguardo, è stato efficacemente osservato che l’ipotesi di un inquadramento della

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responsabilità procedimentale – provvedimentale della Pubblica Amministrazione nel paradigma contrattuale è stata formulata dalla dottrina, «allo scopo di potenziare (in termini di tutela giuridica) la posizione del privato nei confronti della Pubblica amministrazione. La tesi riposa sull’assunto secondo il quale, una volta avviato il procedimento amministrativo (ad istanza di parte o d’ufficio; obbligatorio o facoltativo) si costituisce un rapporto giuridico tra l’Amministrazione procedente (o tenuta a procedere) ed il privato caratterizzato nei suoi contenuti prescrittivi da obblighi (accessori) di protezione dell’altrui sfera giuridica che sorgono per effetto dell’intervenuto contatto procedimentale; obblighi che si aggiungono al - principale - dovere dell’Amministrazione di perseguire l’interesse pubblico nel rispetto della legalità (categoria dogmatica - elaborata dai giuscivilisti - dell’obbligazione senza prestazione o, come pure è stato detto, della prestazione senza obbligazione). La violazione di detti obblighi (di protezione) comporterebbe una responsabilità di tipo contrattuale con tutte le conseguenze del caso sul piano del relativo regime normativo (inversione dell’onere di prova – prescrizione decennale, ecc…)»38.

In dottrina è stato, però, osservato che non risulta possibile riscostruire la responsabilità della Pubblica Amministrazione in termini assolutamente identici a quelli del rapporto obbligatorio privatistico. «Osta a tale soluzione, infatti, il carattere unilaterale della decisione e la possibile presenza di elementi di discrezionalità». Tuttavia, la discrezionalità attiene al quid della decisione, non all’an: non al dovere di adottarla. Pertanto, «tale dovere potrebbe far pensare anche ad un vero e proprio rapporto obbligatorio con prestazione a carico dell’Amministrazione»39.

Al riguardo, è stato sostenuto che nell’ambito del procedimento amministrativo non è di certo possibile sostenere che il privato si presenti nella stessa posizione di indifferenza del terzo estraneo che, in effetti, si trova in una posizione di indifferenza rispetto

38 Così T.A.R. Puglia Bari, Sez. II, 21 ottobre 2002, n. 4624, in www.giustizia-amministrativa.it. «Osserva la Sezione, che il contenuto proprio dell’interesse legittimo (quale posizione azionata nel presente giudizio) consiste nella pretesa al corretto esercizio dei poteri autoritativi (verifica di conformità dell’atto al suo paradigma legale). Soltanto la violazione dei parametri di legittimità (frustrazione dell’interesse pubblico e contestuale, occasionale lesione dell’interesse personale) consente il – successivo – esercizio della facoltà (satellitare alla posizione sostanziale di base) di azionare la relativa tutela risarcitoria dell’interesse legittimo ove risultino evidenziate ricadute patrimoniali nella sfera giuridica del privato. Deve affermarsi, dunque, che la tutela risarcitoria dell’interesse legittimo giammai può trovare la sua genesi in un diritto di fonte convenzionale».

39 A. LIBERATI, La responsabilità della Pubblica Amministrazione ed il risarcimento del danno, Padova, 2009, p. 329, al riguardo l’autore evidenzia che con riguardo al profilo dell’an possa comunque «sussistere un vincolo nei confronti dell’amministrazione (peraltro esplicitato dalla legge 241/1990) che faccia sorgere una posizione di vero e proprio obbligo, cui corrisponde un diritto del privato. Ovviamente, il tutto con le peculiarità dettate dall’esercizio del potere pubblicistico».

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all’Amministrazione. Il privato che si trovi coinvolto in un procedimento amministrativo assume una posizione molto più articolata e complessa di quella tipica del rapporto contrattuale; l’obbligazione di rispetto e protezione gravante sull’Amministrazione è, infatti, più pregnante e complessa di quella tipica del rapporto contrattuale40. Questa impostazione è contenuta nella importante sentenza del 10 gennaio 2003, n. 157, con la quale la Corte di Cassazione ha, per la prima volta, sostenuto l’inadeguatezza dello schema della responsabilità aquiliana per spiegare il rapporto tra pubblica Amministrazione e cittadino.

La Corte di Cassazione ha, in primo luogo, evidenziato che nel dibattito sulla risarcibilità della lesione degli interessi legittimi «s’insinua probabilmente oggi, a differenza che in passato, il disagio di misurare il contatto dei pubblici poteri con il cittadino secondo i canoni del principio di autorità, della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo e in definitiva emerge l’inadeguatezza del paradigma della responsabilità aquiliana». Il contatto del cittadino con la Pubblica Amministrazione è caratterizzato da uno specifico dovere di comportamento nell´ambito di un rapporto che in virtù delle garanzie che assistono l’interlocutore dell´attività procedimentale, diviene specifico e differenziato. «Il fenomeno, tradizionalmente noto come lesione dell’interesse legittimo, costituisce in realtà inadempimento alle regole di svolgimento dell’azione amministrativa, ed integra una responsabilità che è molto più vicina alla responsabilità contrattuale nella misura in cui si rivela insoddisfacente, e inadatto a risolvere con coerenza i problemi applicativi dopo Cassazione 500/99/Su, il modello, finora utilizzato, che fa capo all’articolo 2043 cod. civ.: con le relative conseguenze di accertamento della colpa»41 In effetti, in tale pronuncia la Suprema Corte evidenzia la portata innovativa del

40 Cfr. A. LIBERATI, La responsabilità della Pubblica Amministrazione ed il risarcimento del danno, op. cit., p. 330.

41 Così Cassazione, Sez. I, 10 gennaio 2003, n.157, in Giur. It., n. 6/2003. Tale pronuncia costituisce il seguito del giudizio introdotto nel 1996 da un «famoso» privato, il quale chiedeva la condanna al Comune di Fiesole al risarcimento dei danni conseguenti al mancato inserimento di una sua area di proprietà tra le zone edificabili del piano regolatore generale. L’area di proprietà dell’istante era stata oggetto di convenzione di lottizzazione stipulata con l’Ente locale anteriormente alla formazione del piano. Il mancato inserimento della lottizzazione nel piano comunale era stato annullato dal Consiglio di Stato per difetto di motivazione circa le ragioni che avevano indotto il Comune a disattendere la convenzione, ma poco dopo la pronuncia di annullamento era intervenuta delibera consiliare che aveva riadattato, con puntuale motivazione, il piano regolatore con cui si era destinato a verde agricolo il suolo già oggetto della convenzione. Il privato chiedeva dunque i danni al Comune perché, nel periodo intercorso fra l’annullamento del piano (1990) e la rinnovazione (1991) non gli era stato consentito di realizzare la lottizzazione convenuta nel 1964, prima dell’entrata in vigore del regime impeditivo. Come noto il Comune aveva investito del caso la Suprema Corte di cassazione con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, deducendo l’improponibilità della domanda di risarcimento per difetto assoluto di giurisdizione, siccome relativa alla lesione di interessi legittimi. Le Sezioni unite, con la «storica» sentenza n. 500/1999 avevano abbandonato il consolidato

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principio espresso dalla sentenza Sez. Un. n.500/1999, e cioè che ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, in quanto la tutela risarcitoria è assicurata dall’esistenza di un pregiudizio, di un danno ingiusto provocato da una qualsiasi situazione soggettiva giuridicamente rilevante.

Tuttavia, la Corte decide, però, di compiere una rimeditazione sul contenuto dell’art. 2043 c.c., criticando l’impostazione delle Sezioni unite che individuano la lesione dell’interesse legittimo con la lesione al bene della vita. Ritenendo, infatti, che la nuova concezione dell’attività amministrativa («contatto» fra P. A. e cittadini) produca importanti riflessi sull’impostazione del problema della responsabilità della Pubblica Amministrazione. Ad avviso della Corte, l’interesse che deve essere tutelato è oggi l’interesse al rispetto delle regole procedimentali (partecipazione al procedimento, conclusione tempestiva di esso senza aggravamenti, possibilità di accedere ai documenti).

Dunque, il fenomeno tradizionalmente noto come lesione dell’interesse legittimo costituirebbe in realtà inadempimento alle regole di svolgimento dell’azione amministrativa e ciò, secondo la Suprema Corte, darebbe origine ad un tipo di responsabilità molto più vicina alla responsabilità contrattuale.

L’impostazione in esame basata, sull’esistenza di obblighi della Pubblica Amministrazione e di corrispondenti diritti nei confronti del privato, ha anche ricevuto l’autorevole avvallo della giurisprudenza amministrativa.

All’indomani della sentenza n.157/2003, anche i giudici amministrativi hanno espresso delle perplessità in ordine al modulo aquiliano della responsabilità per lesione degli interessi legittimi. La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, sottolineato che «il rapporto amministrativo costituisce un’ipotesi qualificata di “contatto sociale” tra i soggetti interessati e l’amministrazione […] il contatto qualificato tra l’amministrazione ed il

principio giurisprudenziale della irrisarcibilità della lesione degli interessi legittimi, seppur dichiarando il ricorso inammissibile in quanto era da escludere che nella fattispecie fosse configurabile questione di giurisdizione, datosi che l’accertamento sull’effettiva esistenza di un interesse tutelato atteneva al merito. Con sentenza 28 febbraio 2000 il Tribunale di Firenze, in accoglimento della domanda, condannava il Comune al risarcimento del danno. Il Comune proponeva appello e la Corte di Firenze, con un colpo di scena, accoglieva il gravame proposto dall’Amministrazione sotto il profilo dell’assenza, nel caso di specie, del danno ingiusto e del nesso causale tra la condotta dell’amministrazione ed il pregiudizio subito, in quanto il rischio di compressione dell’interesse individuale (non poter soddisfare l’interesse all’edificazione), sarebbe stato identificato anche nell’ipotesi in cui l’amministrazione non avesse violato la norma che impone la motivazione degli atti amministrativi. La Corte d’appello, nonostante il mancato accoglimento della domanda, condivideva comunque la scelta delle Sezioni unite di abbandonare il principio tradizionale dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi, attribuendo quindi all’art. 2043 c.c. il rango di norma primaria. Il privato, dopo anni di lotta per vedersi risarcire la propria posizione giuridica, si è a questo punto rivolto alla Cassazione, che ha deciso a Sezioni semplici la questione.

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privato manifesta, progressivamente, l’emersione della pretesa dell’interessato e la sua crescente concretezza». «Secondo questa lettura interpretativa (sinteticamente riconducibile al filone teorico della responsabilità derivante dalla violazione di obblighi da contatto sociale qualificato), il diritto al risarcimento del danno conseguente all’adozione di provvedimenti illegittimi presenta una fisionomia sui generis, non riducibile al modello aquiliano dell’articolo 2043 del codice civile, ed è caratterizzata dal rilievo di alcuni tratti della responsabilità precontrattuale e della responsabilità per inadempimento di obbligazioni»42.

In tale ambito, occorre rilevare che parte della dottrina e della giurisprudenza ha contestato l’applicabilità della teoria del contatto sociale all’ipotesi della violazione dell’interesse legittimo.

In particolare, parte della dottrina ha affermato che la teoria del contatto sociale arriva paradossalmente a negare il risarcimento del danno per lesione degli interessi legittimi. Verrebbe, infatti, risarcita «la lesione dell’obbligazione accessoria di protezione, e non direttamente la lesione della situazione giuridica soggettiva primaria che si individua appunto come interesse legittimo».

In sintesi non verrebbe risarcito l’interesse legittimo leso dall’azione amministrativa illegittima, bensì «l’obbligo che lo accompagna o meglio la situazione di credito attiva corrispondente»43. Dal canto suo parte della giurisprudenza amministrativa ha mostrato di aderire a tali censure, laddove ha sostenuto che a fronte della richiesta non del «mero danno che può subirsi per effetto di una illegittimità procedimentale sintomatica di una modalità comportamentale non improntata alla regola della correttezza, ma l’intero pregiudizio derivante dal mancato conseguimento del bene della vita», il Collegio non può «attribuire autonomo rilievo risarcitorio alla mera violazione dell’obbligo di comportamento imposto all’amministrazione, indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse finale».

In effetti il Consiglio di Stato rileva che la Corte di Cassazione «pare aderire, quindi, alla tesi dottrinale che qualifica la responsabilità dell’Amministrazione per attività provvedimentale come responsabilità contrattuale nascente dall’inadempimento di una

42 Cosi Consiglio di Stato, Sez. V, 6 agosto 2001, n. 4269, in www.giustizia-amministrativa.it.

43 Cfr. L. TRAMONTANO, La tutela risarcitoria dell’interesse legittimo, op. cit., pp. 43-44, dove viene riportato il pensiero di G. DI GIANDOMENICO, il quale con riguardo alla risarcibilità dell’interesse legittimo sostiene che «viene a questo punto da chiedersi se, coerentemente, possa essere risarcito l’interesse sostanziale protetto dalla situazione-interesse legittimo, e cioè il bene della vita, o non piuttosto solo l’interesse sotteso all’obbligazione di protezione, ovviamente strumentale o procedimentale».

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obbligazione senza prestazione, comunque non ricollegata alla lesione dell’utilità finale cui aspira il privato ma derivante dalla sola violazione di quei particolari obblighi stabiliti ex lege ed il cui rispetto è funzionale alla garanzia dell’affidamento del privato sulla legittimità dell’azione amministrativa». Lo stesso Collegio, evidenzia inoltre che la tesi in argomento pur essendo stata «già presa in considerazione dalla giurisprudenza amministrativa» che pure ha «talvolta ricollegato la responsabilità dell’Amministrazione alla sola violazione degli obblighi di correttezza comportamentale sulla stessa gravanti, ed alla compromissione, quindi, della situazione soggettiva di affidamento vantata dal privato». Tuttavia, il Collegio ritiene che non possa essere attribuito autonomo rilievo risarcitorio alla mera violazione dell’obbligo di comportamento imposto all’Amministrazione, indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse finale. In definitiva, al Giudice «non è consentito eludere la domanda, pena un’inammissibile vanificazione del principio di responsabilità dell’Amministrazione e un’inaccettabile banalizzazione della tutela risarcitoria»44. Il successivo e maggioritario orientamento giurisprudenziale ha ritenuto che la responsabilità per lesione degli interessi legittimi vada ricondotta nell’alveo della responsabilità tipo extracontrattuale45.