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I diritti reali di godimento su beni di proprietà altru

Nel documento Lezioni di Diritto Forestale e ambientale (pagine 109-116)

V I DIRITTI REAL

3. I diritti reali di godimento su beni di proprietà altru

Questi diritti, come abbiamo visto, individuati in modo tassativo dal codice civile, sono: 1) la superficie (art. 952 del codice civile); 2) l’enfiteusi (art. 957 del codice civile); 3) l’usufrutto (art. 978 del codice civile); 4) le servitù prediali (art. 1027 del codice civile); 5) l’uso e l’abitazione (artt.1021 e 1022 del codice civile).

3.a) Il diritto di superficie

In base ad uno dei principi che caratterizzano il diritto di proprietà, tutto ciò che sta sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del suolo medesimo. Il proprietario del suolo può derogare a questo principio mediante l’attribuzione ad altri del diritto di superficie. Il codice civile individua due tipi di diritto di superficie: nella prima fattispecie il proprietario può alienare la proprietà della costruzione già esistente sul suolo separatamente dal suolo medesimo; nella seconda fattispecie il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà. A tali disposizioni deroga l’art. 965 del codice civile, in forza del quale “non può essere costituita o trasferita la proprietà delle piantagioni

separatamente dalla proprietà del suolo”. Ai sensi del-l’art. 953 del

codice civile, se la costituzione del diritto di superficie è stata fatta a tempo indeterminato, allo scadere del termine, il diritto di superficie si estingue ed il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione.

3.b) Il diritto di enfiteusi

Il diritto di enfiteusi attribuisce al titolare lo stesso potere di godimento sul bene che ne forma oggetto che spetta al proprietario, con due limiti: a) l’obbligo di migliorare il fondo, b) l’obbligo di pagare al concedente un canone periodico, che può consistere in denaro o in una quantità fissa di prodotti naturali. L’enfiteusi può essere perpetua o a tempo, e se è a tempo non può essere costituita

per una durata inferiore a venti anni. L’enfiteuta può diventare proprietario del fondo mediante il pagamento di una somma di denaro pari a quindici volte l’ammontare del canone; a sua volta, il proprietario può far cessare il diritto di enfiteusi attraverso la

devoluzione che opera in due ipotesi: a) se l’enfiteuta deteriora il

fondo o non adempie all’obbligo di migliorarlo, b) se l’enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità del canone.

3.c) Il diritto di usufrutto

L’usufrutto è definito dall’art. 978 del codice civile come il diritto di godere di un bene altrui con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica. Al proprietario del bene resta la c.d. “nuda

proprietà” del bene concesso in usufrutto, e dunque il potere di

disporre giuridicamente del bene medesimo (alienarlo, donarlo, ecc.): al termine dell’usufrutto si verifica la c.d. “consolidazione” in forza della quale il potere di godimento del bene si riunisce con la nuda proprietà del bene medesimo. I frutti naturali e civili del bene spettano all’usufruttuario per tutta la durata del suo diritto e, ovviamente, sono a suo carico le spese per la relativa produzione e raccolto. L’usufruttuario ha diritto ad una indennità per i miglioramenti apportati al bene che sussistono al momento della restituzione del bene medesimo. Sull’usufruttuario gravano i seguenti obblighi: 1) usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento del bene, 2) redigere a sue spese l’inventario dei beni concessi in usufrutto, 3) prestare idonea garanzia, 4) restituire i beni che formano oggetto di usufrutto al termine di quest’ultimo. Il codice civile contiene disposizioni relative alla durata massima dell’usufrutto: in relazione alle persone fisiche, la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario, in relazione alle persone giuridiche la durata massima dell’usufrutto è di trenta anni. L’art. 995 del codice civile contempla infine una figura particolare di usufrutto che è il c.d. “quasi usufrutto”, che si riferisce all’ipotesi in cui l’usufrutto abbia ad oggetto beni consumabili, cioè quei beni che con l’uso perdono la loro individualità: in questo caso l’usufruttuario ha diritto di servirsene ed ha l’obbligo di pagarne il valore al termine dell’usufrutto secondo la stima convenuta (art. 995 del codice civile).

3.d) I diritti di uso e di abitazione

I diritti di uso e di abitazione hanno un contenuto analogo a quello del diritto di usufrutto: il rispettivo titolare, infatti, ha sui beni che ne formano oggetto, le stesse facoltà di godimento che spettano all’usufruttuario, ma entro determinati limiti. A differenza dell’usufrutto sia il diritto di uso che quello di abitazione hanno carattere personale, non possono dunque essere ceduti a terzi, e si estinguono con la morte del rispettivo titolare.

Il diritto di uso è il diritto di servirsi di un bene e, se fruttifero, di raccoglierne i frutti per quanto occorre ai bisogni propri e della

propria famiglia: i bisogni devono essere valutati secondo la condizione sociale del titolare. Il diritto di abitazione, a sua volta, è il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.

3.e) Le servitù prediali

Alla luce dell’art. 1027 del codice civile la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo (detto “fondo servente”) per l’utilità di un altro fondo (detto “fondo dominante”) appartenente a diverso proprietario.

Il codice civile detta alcune regole fondamentali in materia di servitù: 1) anzitutto la servitù non può imporre al proprietario del fondo servente un dovere positivo, cioè di fare qualcosa, ma soltanto un dovere negativo, cioè di non fare o di sopportare qualcosa; 2) i due fondi, servente e dominante, devono appartenere a due proprietari diversi; 3) i due fondi devono essere localizzati in modo tale che il fondo servente possa essere di concreta utilità al fondo dominante. Nell’ambito delle servitù è possibile distinguere: 1)

servitù apparenti e servitù non apparenti; 2) servitù affermative e servitù negative 3) servitù continue e servitù discontinue.

Sono apparenti le servitù al cui esercizio sono destinate opere visibili e permanenti, sono non apparenti le altre. Sono affermative le servitù che attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere di fare qualcosa, di svolgere un’attività sul fondo servente, ed impongono, di conseguenza, al proprietario del fondo servente l’obbligo di tollerare l’esercizio di questa attività. Sono negative le servitù che attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere di vietare qualcosa al proprietario del fondo servente, il quale pertanto è tenuto a non fare la cosa vietata. Sono continue le servitù il cui esercizio è o può essere continuativo senza che sia necessario un fatto attuale dell’uomo (es.: servitù di presa d’acqua), mentre sono discontinue le servitù dove il fatto dell’uomo è concomitante all’esercizio della servitù (es.: servitù di passaggio).

Il codice civile detta norme relative ai modi di acquisto delle servitù che sono i seguenti: 1) per volontà dell’uomo; 2) per

usucapione, 3) per destinazione del padre di famiglia, 4) per legge.

Le servitù volontarie possono essere costituite per contratto o per testamento. Per usucapione possono essere acquistate solo le servitù apparenti. Per capire il modo di acquisto per destinazione del

padre di famiglia occorre fare un esempio: prendiamo il caso in cui

un soggetto sia proprietario di due fondi, sul primo insiste un pozzo, l’altro fondo ne è privo. Il proprietario può creare a vantaggio del secondo fondo una presa d’acqua dal pozzo che si trova sul primo fondo. Finché i due fondi rimangono dello stesso proprietario, la presa d’acqua costituisce solo un vantaggio a favore di uno dei due fondi e a carico dell’altro, ma non può configurarsi come servitù perché manca uno dei requisiti fondamentali della servitù, cioè il

fatto che i due fondi appartengano a due proprietari diversi. Ma se il proprietario decide di alienare uno dei due fondi, la presa d’acqua che costituiva solo un vantaggio, si trasforma, appunto per destinazione del padre di famiglia, nell’oggetto di un vero e proprio diritto di servitù a carico del fondo in cui è situato il pozzo e a vantaggio dell’altro. La destinazione del padre di famiglia, dunque, alla luce della definizione del codice civile, si configura allorquando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario e che quest’ultimo ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù: se i due fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati (art. 1062 del codice civile).

Le servitù legali o coattive sono particolari tipi di servitù la cui costituzione viene imposta per legge, in presenza di condizioni particolari in cui si possono trovare i fondi: in tal caso al proprietario del fondo su cui è imposta la servitù spetta il diritto ad un indennizzo. Esempio di servitù legale è la servitù di passaggio coat- tivo: se un fondo è intercluso, cioè non ha accesso alla via pubblica o l’accesso alla via pubblica può essere procurato solo con eccessivo disagio per il proprietario, la legge riconosce a quest’ultimo il diritto di costituire una servitù di passaggio coattivo su uno dei fondi limitrofi. La scelta del fondo su cui costituire la servitù dovrà essere operata secondo il criterio del minor aggravio per il fondo servente. La costituzione effettiva delle servitù coattive può avvenire in due modi diversi: o attraverso un accordo negoziale con il proprietario del fondo che dovrà diventare servente, o, se l’accordo non viene raggiunto, attraverso il ricorso al giudice, il quale accertata la sussistenza dei presupposti per la costituzione della servitù coattiva, pronuncia una sentenza che crea la servitù senza necessità di ulteriore attività negoziale delle parti.

Le modalità di esercizio delle servitù prediali sono indicate nel relativo titolo (contratto, sentenza, ecc): principio generale però è che le servitù devono essere esercitate soddisfacendo il diritto del fondo dominante con il minor aggravio per il fondo servente. Le spese per l’esercizio e la conservazione delle servitù sono a carico del proprietario del fondo dominante.

Le servitù si estinguono nei seguenti casi: 1) per decorrenza del

termine fissato dal titolo, 2) per confusione, cioè quando i due fondi

diventano di un unico proprietario, 3) per prescrizione estintiva

ventennale, cioè per il mancato esercizio del diritto protrattosi per un

ventennio.

4. La comunione

Il codice civile, agli artt.1100 e seguenti, definisce e disciplina la “comunione” che si ha quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più soggetti. Quando la comunione riguarda il diritto di proprietà, prende il nome di “comproprietà”. La misura del diritto di ciascuno dei contitolari è indicata con il termine “quota”. La comunione cessa con la divisione, a seguito della quale ciascuno dei contitolari diventa titolare esclusivo del diritto di proprietà o di altro diritto reale su una porzione materiale del bene in misura corrispondente alla propria quota.

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