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La Legge 18 maggio 1989, n 183 “Norme per la difesa del suolo”

Nel documento Lezioni di Diritto Forestale e ambientale (pagine 160-166)

SETTORI DI INTERVENTO DELLA NORMATIVA FORESTALE,

III LA DIFESA DEL SUOLO*

1. La Legge 18 maggio 1989, n 183 “Norme per la difesa del suolo”

modifiche, il decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante “Disposizioni

per l’accelerazione degli investimenti a sostegno dell’occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia”. – 3. Struttura organizzativa

delle Autorità di bacino. – 4. Procedimento di approvazione del piano di bacino. – 5. Compiti delle Autorità di bacino previsti nelle leggi in materia di acque. – 6. Le novità legislative. – 7. Le prospettive della legislazione italiana in materia.

1. La Legge 18 maggio 1989, n. 183 “Norme per la difesa del suolo”

La legge 18 maggio 1989, n. 183 (integrata dalla successiva legge 7 agosto 1990

n. 253), contenente “Norme per il riassetto funzionale e

organizzativo della difesa del suolo” si pone come una tappa storica

nella moderna legislazione ambientale sul territorio. Nell’ambito di un disegno complesso e ambizioso il legislatore mira ad affrontare in modo globale il problema del dissesto idrogeologico del territorio nazionale, ricomponendo in un testo organico disposizioni normative spesso obsolete, disperse nei vari settori collegati alla difesa del suolo.

Fulcro della legge è l’introduzione del c.d. “bacino idrografico” inteso come “il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione

delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d’acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del

medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente” (art. 1). Questo

specifico ambito fisico di pianificazione si qualifica come un ambiente complesso, dotato di omogeneità propria, come un ecosistema

unitario, delimitato con criteri geomorfologici e ambientali e non su base politica, che consente di superare le frammentazioni e le separazioni finora prodotte dal-l’adozione di aree di riferimento aventi confini semplicemente amministrativi.

L’intero territorio nazionale è pertanto suddiviso in bacini idrografici, che sono classificati “di rilievo nazionale” (organizzati in n.6 Autorità di Bacino: 1 – Po; 2 – Tevere; 3 – Arno; 4 – Adige; 5 – Volturno, Liri-Garigliano; 6 – Isonzo, Taglia-mento, Livenza, Piave, Brenta, Bacchiglione), “di rilievo interregionale” (in numero di 18: undici per il versante adriatico, due per il versante ionico e cinque per il versante tirrenico dell’Italia), “di rilievo regionale”. Per questi bacini, le Regioni territorialmente competenti amministrano le funzioni relative alle opere idrauliche e alle risorse idriche e definiscono la formazione del Comitato istituzionale e del Comitato tecnico, il piano di bacino e la programmazione degli interventi. I bacini di rilievo regionale sono tutti i restanti bacini.

Si prevedeva inoltre di indicare un bacino pilota, in seguito individuato nel bacino regionale del fiume Serchio (Toscana), in cui la peculiarità del territorio, sotto il profilo idrogeologico e sismico, e le condizioni d’inquinamento delle acque fossero tali da poter consentire una sperimentazione. In questo modo si pensava di realizzare un efficace banco di prova per l’elaborazione delle normative tecniche per le attività conoscitive, per la messa a punto delle linee guida dirette alla formulazione dei piani di bacino e per un efficace coordinamento con gli altri piani di matrice ambientale già operanti sul territorio quali i piani di risanamento delle acque e di smaltimento dei rifiuti.

Per ogni bacino idrografico (regionale, interregionale o di interesse nazionale) deve essere elaborato un piano di bacino che riguarda la difesa e la valorizzazione del suolo, felicemente integrata a livello di principi con la disciplina del patrimonio idrico, ovvero la salvaguardia della qualità delle acque superficiali e sotterranee e il loro disinquinamento, la compatibilità ambientale dei sistemi produttivi, e con la tutela dell’ambiente naturale, l’acquisizione e la diffusione dei dati fino all’informazione della pubblica opinione. La legge 183/1989 prevede che il piano di bacino debba essere non un semplice studio corredato da proposte di intervento, ma un aggiornamento continuo delle problematiche e delle soluzioni. Esso, tenendo conto dei diversi livelli istituzionali che operano con specifiche competenze di programmazione (Stato, Autorità di Bacino, Regioni, Province), dovrà rappresentare il necessario coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione e di program- mazione territoriale.

La norma cardine destinata ad avere una funzione chiave nella riorganizzazione dei diversi strumenti di programmazione appare quella dell’art. 17 concernente “Valore, finalità e contenuti del

Piano di Bacino”. Ai sensi del comma 1 dell’art. 17, il piano di

bacino assume: “… valore di piano territoriale di settore ed è lo

strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque sulla base delle carat

teristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato”. Il piano di

bacino nel suo ruolo di strumento conoscitivo deve offrire sia un quadro “organizzato ed aggiornato” dei vincoli esistenti sul territorio (il riferimento specifico è alla legge n. 3267 del 1923, ed alla legge n. 1497 del 1939, ma si precisa che si dovrà aver riguardo anche alle successive modificazioni ed integrazioni) sia l’individuazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle particolari condizioni idrogeologiche “ai fini della conservazione del

suolo, della tutela dell’ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici”. Sotto il profilo

più squisitamente applicativo e normativo è prevista la necessità di un adeguamento dei piani paesistici, così come dei piani di cui alla legge 8 agosto 1985,

n. 431, alle prescrizioni del piano di bacino.

Una volta che il piano di bacino sarà elaborato e adottato, gli strumenti di pianificazione settoriale e territoriale indicati all’art. 17, comma 4 della legge 183/1989 (piani territoriali e programmi regionali – L. 984/1977; piani di risanamento delle acque – L. 319/1976; piani di smaltimento dei rifiuti – D.P.R. 915/1982; piani di disinquinamento; piani di bonifica, etc.) dovranno essere adeguati ad esso.

L’impalcatura strutturale e strumentale su cui poggia la legge appare possente, impressionante risulta la vastità dei meccanismi di pianificazione, programmazione e attuazione diretti a realizzare gli importanti obiettivi strategici individuati dal legislatore. Tuttavia, forse proprio per la complessità del suo articolato, per la sua volontà onnicomprensiva, la legge inserisce nel sistema numerosi elementi di contraddizione che portano a dubitare della effettività delle sue prescrizioni. Ci si affida infatti per la gestione dell’attività di difesa del suolo, felicemente integrata a livello di principi con la disciplina del patrimonio idrico e la tutela dell’ambiente, ad un sistema di organismi a livello centrale, complicato dalla compresenza, al vertice, di diversi Ministeri, così farraginoso che non appare spesso possibile individuare a quale struttura si debba concretamente far capo per chiarire specifiche attribuzioni o responsabilità.

La “complessità” del meccanismo di attuazione della legge che si palesa sia nel delineare una serie di piani “a cascata”: dal piano di bacino nazionale a quello di rilievo regionale ai c.d. “programmi triennali di intervento”, sia nel prevedere il necessario adeguamento ad essi di tutti i piani nazionali, regionali, sub-regionali “di sviluppo economico e di uso del suolo” senza tuttavia indicarne, sotto il pro- filo tecnico-giuridico, forme e modalità, appare, ancora una volta, potenzialmente idonea a bloccare il funzionamento della legge. La

legge contiene inoltre alcuni “pericolosi” elementi potenzialmente idonei a scardinare il quadro istituzionale dei rapporti Stato-Regioni. Nell’ottica di realizzare un “riassetto organizzativo e funzionale del settore” la legge parte dal presupposto (espresso chiaramente dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 85/90) che la difesa del suolo non sia una “materia” ma un “obiettivo” intorno al quale unificare una pluralità di soggetti e di competenze funzionali. Sulla base di tale affermazione si legittima la creazione di nuove Istituzioni talvolta a prevalente composizione statale, si definisce un’articolata pianificazione di interventi sul territorio realizzata attraverso il piano di bacino di rilievo nazionale, si individuano meccanismi di controllo di competenza statale con previsione di “poteri sostitutivi” dello Stato nel caso in cui le Regioni non provvedano all’elaborazione di piani di bacino di loro spettanza e all’adeguamento degli strumenti pianificatori esistenti alle previsioni vincolanti del piano di bacino di rilievo nazionale.

In realtà, in questo modo, la disciplina contenuta nella legge n. 183 del 1989, quanto meno nella lettura offertane dai giudici costituzionali, sembrava destinata ad intaccare l’originario sistema di trasferimento di funzioni alle Regioni, diretto all’attribuzione di competenze per settori organici di materie.

È indubbio comunque che è a queste disposizioni della legge che, in gran parte, si deve la sua pressoché totale inoperatività quanto meno negli anni immediatamente successivi alla sua entrata in vigore.

Le Autorità del bacino, prontamente costituite, sono riuscite ad agire, almeno negli anni immediatamente successivi alla approvazione della legge, solo “per l’emergenza” e non nella loro istituzionale funzione di pianificazione e programmazione in vista dell’elaborazione del piano di bacino, di fatto bloccata dal sostan- ziale ostracismo delle Regioni.

2. La legge 4 dicembre 1993, n. 493 che converte in legge, con

Nel documento Lezioni di Diritto Forestale e ambientale (pagine 160-166)