SETTORI DI INTERVENTO DELLA NORMATIVA FORESTALE,
II IL VINCOLO IDROGEOLOGICO
2. Il vincolo idrogeologico nella legge Serpieri: finalità ed oggetto
La legge Serpieri disciplina la c.d. “imposizione diretta” del vincolo idrogeologico che si distingue da quella c.d. “indiretta” che consegue alla inclusione dei terreni in un piano di bonifica integrale o montana, in forza della normativa in materia di bonifica integrale e di bonifica montana.
Alla luce della legge Serpieri la finalità sottesa alla imposizione del vincolo idrogeologico non è più soltanto quella del rimboschimento che caratterizzava, come abbiamo visto, il suo precedente, cioè il vincolo forestale di cui alla legge Majorana-Caltabiano, ma si identifica nella funzione di prevenzione dei dissesti di carattere idrogeologico.
L’art. 1 della Legge Serpieri, infatti, afferma che “sono
sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9, possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”. La finalità così ampia del vincolo giustifica la
circostanza che, a differenza del suo precedente, il suo oggetto non si identifica più soltanto con i terreni boscati o montani, ma si estende a terreni “di qualsiasi natura e destinazione”, purché
ovviamente si trovino in condizioni di potenziale rischio idrogeologico se gestiti in modo difforme dalle prescrizioni della legge Serpieri.
2.a) Il procedimento di imposizione del vincolo
Nel testo della legge Serpieri, e nel relativo regolamento di attuazione, è contenuta la disciplina del procedimento relativo alla imposizione del vincolo idrogeologico, ispirato, come ogni altro procedimento amministrativo, al principio di imparzialità, cioè al contemperamento degli interessi pubblici legati alla imposizione del vincolo, con quelli del privato che al vincolo stesso deve soggiacere: al privato sul cui terreno è imposto il vincolo, è inoltre assicurata la possibilità di far valere le proprie ragioni sia nel corso del procedimento, sia in epoca successiva alla avvenuta imposizione del vincolo. In pendenza del procedimento di imposizione del vincolo, il privato ha la possibilità di proporre reclamo contro la proposta di determinazione della zona da vincolare, e di richiedere la esclusione
totale o parziale dei propri terreni dal vincolo, alla stessa Autorità
amministrativa che ha il compito di individuare le aree da vincolare: se il reclamo non viene accolto, l’interessato può, entro novanta giorni dalla notifica della decisione di mancato accoglimento, ricorrere al Consiglio di Stato. In epoca successiva alla imposizione del vincolo il privato ha la possibilità di richiedere la esenzione
totale o parziale dei propri terreni dal vincolo allorquando per
mutate forme di utilizzazione dei terreni o per altre cause, risulti obiettivamente cessato il pericolo di dissesto idrogeologico. Per inciso, l’esenzione dal vincolo può essere anche disposta d’ufficio dalla stessa Pubblica amministrazione: quest’ultima, inoltre, qualora si verifichi l’ipotesi di obbiettiva cessazione del pericolo di dissesto idrogeologico, può, pur non ritenendo opportuno adottare il provvedimento di esenzione, dichiarare il proprietario del terreno vincolato totalmente o parzialmente esonerato dal rispetto delle limitazioni imposte dalle prescrizioni di massima.
Le disposizioni relative al procedimento di imposizione del vincolo prevedono una prima fase in cui il Comitato forestale (attualmente la Regione) procede ad accertamenti circa lo stato dei luoghi e, sulla base di questi, formula la proposta di vincolo, accompagnata da apposita relazione circostanziata. Le funzioni attribuite dalla legge Serpieri al Comitato forestale furono trasferite dapprima, con l’art. 35 della legge 18 aprile 1926, n. 731, ai Consigli provinciali dell’economia e del lavoro, a carattere corporativo e, successivamente, con il Regio decreto legge 21 settembre 1944, n. 215, alle Camere di Commercio: i Decreti del Presidente della Repubblica n. 8 del 1972 e n. 616 del 1977 hanno infine attribuito tali competenze alle Regioni. Le modalità relative agli accertamenti e alla individuazione dei terreni da vincolare sono
contenute nel Regolamento di attuazione della legge Serpieri. La proposta di imposizione del vincolo, corredata dalla relativa documentazione, viene pubblicata mediante affissione all’Albo pretorio del Comune nel cui territorio si trovano i terreni da vincolare, per novanta giorni. Entro detto termine i privati interessati possono, come abbiamo visto, proporre reclamo contro la proposta di determinazione delle zone da vincolare, o presentare domanda di esclusione totale o parziale dei terreni dal vincolo; i reclami e le domande di esclusione vengono pubblicati mediante affissione all’Albo pretorio del Comune nel cui territorio si trovano i terreni per i quali è stata fatta proposta di imposizione del vincolo, per novanta giorni entro i quali i contro interessati potranno proporre opposizione e contro reclamo. Tutta la documentazione viene poi trasmessa a cura del Sindaco, il quale può aggiungere osservazioni sue o dell’Amministrazione comunale, al Comitato forestale (oggi la Regione) che ha 180 giorni di tempo per assumere una decisione definitiva in merito alla determinazione della zona da vincolare, ai reclami, ai contro reclami ed alle domande di esclusione. Esaurito l’esame dei ricorsi la Regione dà notizia dell’esito della procedura all’Ispettorato forestale che deve procedere alla predisposizione della pianta topografica definitiva delle zone vincolate con la descrizione dei relativi confini e, entro 60 giorni, trasmetterla ai Sindaci dei Comuni interessati per la pubblicazione della medesima all’Albo pretorio del Comune. Trascorsi quindici giorni dalla pubblicazione, la determinazione della zona diviene definitiva ed operativa: da tale data decorre il termine per proporre eventuale ricorso giurisdizionale.
2.b) Le conseguenze dell’imposizione del vincolo
Le conseguenze derivanti dalla imposizione del vincolo idrogeologico, indicate negli artt. 7, 8 e 9 della legge Serpieri, sono le seguenti:
a) nei terreni vincolati, la trasformazione del bosco in altra qualità di coltura e la trasformazione dei terreni saldi in terreni soggetti a periodica lavorazione sono subordinate ad autorizzazione del Comitato forestale (attualmente della Regione), ed alle modalità da essa prescritte, caso per caso, allo scopo di prevenire i danni di cui all’art. 1.
Si è molto discusso in dottrina e in giurisprudenza sul significato della locuzione “trasformazione del bosco in altra
qualità di coltura”, anche alla luce della circostanza che, nella
pratica, si erano verificate ipotesi di utilizzazione del bosco a fini edilizi e si era addotta come ragione giustificatrice della mancata richiesta della relativa autorizzazione la circostanza che si trattava di attività che non comportava la trasformazione del bosco “in altra
qualità di coltura”.
Il problema è stato risolto dal Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale a norma della legge 5 marzo 2001, n. 57”, il quale all’art. 4,
“Trasformazione del bosco e rimboschimento compensativo”, ha fornito la interpretazione autentica della locuzione “trasformazione
del bosco in altra qualità di coltura” di cui alla legge Serpieri, ed ha
introdotto l’istituto del rimboschimento compensativo. L’art. 4 del decreto legislativo stabilisce infatti che “costituisce trasformazione del bosco in altra destinazione d’uso del suolo ogni intervento che comporti l’eliminazione della vegetazione esistente finalizzata ad una utilizzazione del terreno diversa da quella forestale. La trasformazione del bosco è vietata fatte salve le autorizzazioni
rilasciate dalle Regioni in conformità all’art. 151 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, compatibilmente con la
conservazione della biodiversità, con la stabilità dei terreni, con il regime delle acque, con la difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, con la tutela del paesaggio, con l’azione frangivento e di igie-
ne ambientale locale”. In relazione al c.d. “rimboschimento compensativo”, l’art. 4 stabilisce che “la trasformazione del bosco deve essere compensata da rimboschimenti con specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale, su terreni non boscati. Le Regioni stabiliscono l’estensione minima dell’area boscata soggetta a trasformazione del bosco oltre la quale vale l’obbligo della compensazione. Il rimboschimento compensativo, anche al fine di
ricongiungere cinosi forestali frammentate, è attuato a cura e spese del destinatario della autorizzazione alla trasformazione di coltura. Le Regioni prescrivono le modalità e i tempi di realizzazione del rimboschimento compensativo e le aree dove deve essere effettuato. Tali aree devono ricadere all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale è stata autorizzata la trasformazione di coltura. In luogo del rimboschimento compensativo, le Regioni possono prevedere il versamento di una quota in numero corrispondente all’importo presunto del rimboschimento compensativo e destinano tale somma alla realizzazione di interventi di riequilibrio idrogeo-
logico nelle aree geografiche più sensibili, ricadenti anche in altri bacini idrografici. Possono prevedere altresì la realizzazione di opere miglioramento dei boschi esistenti. A garanzia degli interventi compensativi e di miglioramento dei boschi esistenti, le Regioni disciplinano il versamento di adeguate cauzioni”.
b) Altra conseguenza della imposizione del vincolo idrogeologico prevista dal-l’art. 8, è che nei terreni vincolati, il governo ed utilizzazione dei boschi e del pascolo nei boschi e nei terreni pascolativi, la soppressione e l’utilizzazione di cespugli aventi funzioni protettive nonché i lavori di dissodamento dei terreni saldi e la lavorazione del suolo nei terreni a coltura agraria sono soggetti alle prescrizioni di massima e alle norme di polizia forestale, che possono anche avere carattere temporaneo. Le prescrizioni di massima e le norme di polizia forestale hanno natura regolamentare e la competenza alla loro emanazione, originariamente attribuita al Comitato forestale, è ora della Regione. La distinzione tra prescrizioni di massima e norme di polizia forestale non è nella pratica facilmente individuabile: in linea teorica, le prescrizioni di massima, di natura tecnica, dettano disposizioni indirizzate esclusivamente ai proprietari o possessori di terreni vincolati, mentre le norme di polizia forestale sono tendenzialmente applicabili anche ai terzi che vengono comunque a contatto con il fondo oggetto del vincolo.
Nella sua versione originaria, l’art. 11 della legge Serpieri attribuiva al Comitato forestale il potere di stabilire anche le pene per i trasgressori delle norme di polizia forestale. La Corte costituzionale, con sentenza del 23 novembre 1966,
n. 26, ha dichiarato la incostituzionalità di questa disposizione alla luce dell’art. 25 della Costituzione, che sancisce una riserva di legge statale in materia penale: solo dunque una legge dello Stato può stabilire se ed in quale misura sanzionare penalmente certe infrazioni.
c) L’art. 8 della legge Serpieri contempla infine come ultima conseguenza della imposizione del vincolo idrogeologico, alcune restrizioni all’esercizio del pascolo.
2.c) Indennizzabilità del vincolo.
La legge Serpieri non prevede alcun indennizzo a fronte della imposizione del vincolo idrogeologico, in quanto, come abbiamo visto, tale imposizione risponde ad interessi generali della collettività.
L’art. 16 della legge, peraltro, contempla una sorta di ristoro economico a favore del proprietario del terreno vincolato laddove stabilisce che nella determinazione degli estimi catastali dei terreni vincolati si debba tener conto della diminuzione di valore derivante dalla presenza del vincolo: gli estimi dunque saranno riveduti e ridotti in proporzione della diminuzione del reddito causata dal vincolo stesso.
Tale disposizione ha consentito alla Corte costituzionale di respingere la questione di legittimità costituzionale delle norme che impongono il vincolo idrogeologico: con sentenza del 22 gennaio 1987, n. 23, la Corte, infatti, ha affermato che la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione alla disciplina del vincolo idrogeologico è manifestamente infondata in quanto si tratta di un vincolo a cui si accompagna una riduzione dell’estimo dei terreni, che non comporta ablazione della proprietà in tutto o in parte, e si risolve a favore dello stesso proprietario che riceve protezione del bene oggetto del suo diritto di proprietà, oltre al fatto che la durata del vincolo è subordinata al pericolo di danno e cessa con il venir meno di esso.
3. Il vincolo idrogeologico nella legislazione in materia di