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Distinzioni tra imprenditori in relazione alla tipologia di attività esercitata

Nel documento Lezioni di Diritto Forestale e ambientale (pagine 65-74)

III L’IMPRESA

5. Distinzioni tra imprenditori in relazione alla tipologia di attività esercitata

a) Rilevanza della distinzione alla luce del codice civile

La distinzione, alla luce del codice civile, assume rilevanza sotto tre diversi profili: a) gli imprenditori agricoli non sono soggetti alle procedure fallimentari; b) gli imprenditori agricoli non sono obbligati alla tenuta di scritture contabili (la disposizione è stata modificata da leggi speciali successive al codice civile che ri- chiedono anche all’imprenditore agricolo di tenere la contabilità a determinati fini, accesso a finanziamenti, Iva, ecc.); c) gli imprenditori agricoli non sono soggetti all’iscrizione nel registro delle imprese. Con riferimento alla iscrizione nel registro delle imprese, la disciplina del codice civile è stata modificata a seguito dell’entrata in vigore della legge 29 dicembre 1993, n. 580 “Riordinamento delle Camere di commercio industrie e

artigianato”. Questa legge, che in generale si occupa di riordinare la

disciplina delle Camere di commercio industrie e artigianato, ha introdotto, all’art. 8, il registro delle imprese, la cui tenuta è affidata alle Camere di commercio industrie e artigianato. Il registro delle imprese era stato originariamente previsto dall’art. 2188 del codice

civile, con finalità di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia delle imprese, ma di fatto tale disposizione non ha mai avuto attuazione fino all’entrata in vigore della legge di cui sopra. Ai sensi dell’art. 8, 4° comma, della legge n. 580 del 1993 “Sono iscritti in

sezioni speciali del registro delle imprese gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all’art. 2083 del medesimo codice civile, e le società semplici”. A

sua volta il 5° comma dell’art. 8, afferma che “L’iscrizione nelle

di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre agli effetti previsti dalle leggi speciali”. Quest’ultima disposizione relativa agli

effetti della iscrizione nel registro delle imprese è stata modificata dal Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e

modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art.7 della legge 5 marzo 2001, n. 57” che, all’art. 2 “Iscrizione nel registro delle imprese”, afferma: “L’iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’art. 2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l’efficacia di cui all’art. 2193 del codice civile”. L’art. 2193 del codice civile

“Efficacia della iscrizione” (nel registro delle imprese) a sua volta, stabilisce che “I fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione, se non

sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza. L’ignoranza dei fatti dei quali la legge prevede l’iscrizione non può essere opposta dai terzi dal momento in cui l’iscrizione è avvenuta”.

b) Rilevanza della distinzione alla luce delle leggi speciali successive al codice civile

Le leggi speciali riservano una posizione privilegiata sotto il profilo fiscale, creditizio, previdenziale, dei finanziamenti, all’imprenditore agricolo anche se, come vedremo, tali privilegi sono spesso condizionati al possesso da parte dell’imprenditore agricolo di ulteriori requisiti soggettivi, quali la qualifica di coltivatore diretto o quella di imprenditore agricolo a titolo principale (qualifica sostituita da quella di imprenditore agricolo professionale, v. infra).

5.a) L’imprenditore commerciale

L’imprenditore commerciale viene identificato dall’art. 2195 del codice civile attraverso l’indicazione di un elenco di attività: se un imprenditore esercita una o più di queste attività è considerato imprenditore commerciale. Il codice in realtà non usa il termine imprenditore commerciale, bensì quello di imprenditore soggetto all’iscrizione nel registro delle imprese, ciò in quanto, alla luce della disciplina codicistica, gli imprenditori agricoli erano esclusi dall’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese che gravava

esclusivamente sugli imprenditori che svolgevano una delle attività elencate nell’art. 2195.

Ai sensi dell’art. 2195 le attività il cui esercizio dà luogo ad una impresa commerciale sono: 1) attività industriali dirette alla produzione di beni o di servizi; 2) attività intermediarie nella circolazione dei beni; 3) attività di trasporto per terra, per acqua o per aria; 4) attività bancaria o assicurativa; 5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

5.b) L’imprenditore agricolo

La definizione di imprenditore agricolo dettata dal codice civile è contenuta nell’art. 2135 che è stato recentemente modificato dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e

modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57 ‘Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”. La norma, nella sua versione originaria,

affermava: “È imprenditore agricolo colui che esercita un’attività

diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse.

Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”

L’art. 2135 del codice civile dunque distingueva nell’ambito delle attività agricole, le attività essenzialmente agricole, e le attività connesse. Le attività essenzialmente agricole erano la coltivazione del fondo, l’allevamento del bestiame e la selvicoltura: l’esercizio di una qualsiasi di queste attività svolto in modo imprenditoriale, cioè secondo i parametri dettati dall’art. 2082, dava luogo ad impresa agricola.

Le attività connesse, invece, erano attività di per sé commerciali o industriali, ma che se svolte da un soggetto che contemporaneamente esercitava anche una sola delle attività essenzialmente agricole e in presenza di un collegamento funzionale tra le due attività, quella agricola e quella connessa, erano soggette alle norme dettate per l’impresa agricola. L’art. 2135 distingueva due tipologie di attività connesse: le tipiche e le atipiche. Le attività connesse tipiche erano quelle indicate dal 1° comma della disposizione, cioè la “alienazione e trasformazione di prodotti agricoli quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”: tipiche dunque in quanto espressamente indicate dal legislatore. Era ovviamente implicito che le attività di trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli per poter essere considerate connesse dovevano essere esercitate dallo stesso imprenditore che svolgeva una o più delle attività agricole principali, coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento del bestiame (requisito della “unisoggettività”). Il termine “esercizio normale dell’agricoltura” era stato interpretato originariamente in termini di criterio statistico. Per verificare cioè se un’attività di trasformazione o alienazione di prodotti agricoli potesse rientrare nell’esercizio normale dell’agricoltura, era necessario verificare se avesse raggiunto un sufficiente grado di diffusione tra gli imprenditori agricoli di una determinata zona e in

un determinato tempo, con la precisazione che l’indagine doveva essere condotta sia in relazione alla tipologia di attività, sia in relazione alle modalità del suo esercizio. Successivamente gli inter- preti avevano elaborato un nuovo criterio interpretativo del termine esercizio normale dell’agricoltura, in forza del quale per verificare se un’attività di alienazione

o trasformazione di prodotti agricoli rientrasse o meno nell’esercizio normale del-l’agricoltura, era necessario andare a verificare se tale attività fosse tipica nell’organizzazione dell’impresa agricola, rispondesse cioè oggettivamente e razionalmente ai fini di quest’ultima: non ci si riferiva, in altri termini, a ciò che gli agricoltori normalmente facevano, ma a ciò che avrebbero dovuto fare. A loro volta, le attività connesse atipiche erano contemplate genericamente al 2° comma dell’art. 2135 nella espressione “e

attività connesse”. Atipiche dunque perché il legislatore pur facendo

menzione generica della categoria non indicava quali attività potessero rientrarvi. Nel silenzio del legislatore sul punto gli interpreti avevano individuato come requisiti per la configurabilità della connessione atipica: 1) la unisoggettività, cioè la circostanza che le due attività, agricola principale e connessa atipica, fossero esercitate dallo stesso imprenditore; 2) il collegamento funzionale dell’attività connessa atipica con una delle tre attività essenzialmente agricole; 3) l’accessorietà dell’attività connessa atipica rispetto a quella agricola, nel senso che quest’ultima doveva rivestire nell’economia aziendale, il ruolo di attività principale.

Per quanto riguarda le attività essenzialmente agricole, coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento del bestiame, gli interpreti, dottrina e giurisprudenza, si sono per lungo tempo impegnati nella ricerca del significato di questi termini al fine di verificare se un’attività può essere qualificata come agricola o viceversa deve essere considerata commerciale. La questione ha rivestito e tuttora riveste notevole rilevanza non solo sotto un profilo teorico, ma anche dal punto di vista pratico, perché essere qualificato come imprenditore agricolo consente di usufruire di una serie di benefici che, come abbiamo visto, non sono riconosciuti all’imprenditore commerciale. Sul punto si è registrata una evoluzione significativa i cui risultati hanno condotto il legislatore ad intervenire con il decreto legislativo n. 228 del 2001. Originariamente, cioè subito dopo l’entrata in vigore del codice civile del 1942, si riteneva che l’elemento caratterizzante dell’attività agricola fosse la presenza del fondo e di un collegamento funzionale tra l’attività ed il fondo. Di conseguenza, veniva considerata come agricola per eccellenza l’attività di coltivazione del fondo, veniva unanimemente riconosciuta la natura agricola dell’attività di selvicoltura, in quanto considerata una forma dell’attività di coltivazione del fondo; mentre per quanto riguarda l’attività di allevamento di animali, si considerava agricola soltanto se e in quanto fosse esercitata in stretto collegamento funzionale con il fondo, nel duplice senso che gli animali dovevano servire al fondo (es. ai fini della sua lavorazione o della sua concimazione) e, al tempo stesso, il fondo doveva servire all’allevamento degli animali, nutriti dunque con il foraggio tratto dal fondo. Con riferimento a quest’ultima attività un ulteriore limite alla sua agrarietà veniva indi- viduato nell’uso da parte dell’art. 2135 del termine “bestiame”, dal momento che, nel suo significato tecnico-economico, esso si riferisce non a tutti gli animali, bensì ad una categoria più ristretta, cioè gli animali da latte, lana, carne e lavoro. Dunque l’allevatore poteva essere considerato imprenditore agricolo soltanto se avesse allevato animali che fossero rientrati nella categoria bestiame. Successivamente in agricoltura si è assistito ad una profonda trasformazione che ha visto diffondersi nuove tecniche di coltivazione (es.: le colture idroponiche) che sono emancipate dal fondo rustico, nonché pratiche di allevamento aventi ad oggetto animali diversi da quelli rientranti nel concetto di bestiame tradizionale. Queste attività nuove sono state in un primo tempo qualificate dagli interpreti come attività commerciali o come attività connesse. In un secondo momento la dottrina ha elaborato la

c.d. “teoria del ciclo biologico”, in forza della quale “l’attività

produttiva agricola consiste nello svolgimento di un ciclo biologico concernente l’allevamento di esseri animali o vegetali che risulta legato direttamente o indirettamente allo sfruttamento delle forze e delle risorse naturali e che si risolve economicamente nell’ottenimento di frutti (vegetali o animali) destinati al consumo diretto sia come tali sia previa una

o più trasformazioni”. La portata innovativa di questa teoria è

enorme perché considerare agricola un’attività prescinde completamente dalla presenza di qualsiasi collegamento con il fondo rustico, dall’oggetto dell’attività (es.: è indifferente che si tratti di bestiame o di animali diversi dal bestiame) o dalle finalità della stessa (es.: che il prodotto ottenuto sia o meno destinato all’alimentazione). La teoria del ciclo biologico è stata accolta, sia pure con qualche correttivo, dal legislatore che recentemente, come abbiamo accennato, ha emanato una normativa che fornisce l’interpretazione autentica dell’art. 2135 del codice civile e dunque sostituisce la definizione di imprenditore agricolo fornita da quest’ultima norma per adeguarla alla nuova realtà agricola. Si tratta del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e

modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57, “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”, il quale, all’art. 1, stabilisce che: “L’art. 2135 del codice civile è sostituito dal seguente: È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nel-l’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 2135 del codice civile, come sostituito

dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”.

A sua volta, il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale a norma

dell’art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”, all’art. 8, ha equiparato

agli imprenditori agricoli, assoggettandoli quindi alla disciplina riservata a questi ultimi, le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore silvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali. L’art. 7 dello stesso decreto n. 227 del 2001, prevede la istituzione, ad opera delle Regioni, di elenchi o albi delle imprese per la esecuzione di lavori, opere e servizi in ambito forestale, al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, ed attribuisce alle imprese iscritte agli albi o agli elenchi, la possibilità di ottenere in gestione aree silvo-pastorali in proprietà o possesso pubblico. Tali imprese possono inoltre beneficiare delle norme di cui all’art. 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, “Nuove disposizioni per le zone montane”, per l’affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in ambito forestale, e, dunque, assumere determinati lavori indicati nella norma in appalto da enti pubblici o da privati in deroga alle vigenti disposizioni di legge.

Nel documento Lezioni di Diritto Forestale e ambientale (pagine 65-74)