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Il diritto di proprietà

Nel documento Lezioni di Diritto Forestale e ambientale (pagine 102-109)

V I DIRITTI REAL

2. Il diritto di proprietà

2.a) Definizione e limiti

Il diritto di proprietà è tra i diritti reali il più importante perché presenta rispetto agli altri una più ampia gamma di poteri attribuiti al suo titolare.

L’art. 832 del codice civile definisce il diritto di proprietà come “il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed

esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”. La proprietà si estende in verticale

all’infinito nel sottosuolo e nello spazio sovrastante il suolo, e in orizzontale ciascuna proprietà immobiliare si estende entro l’ambito dei propri confini.

Il diritto di proprietà, come abbiamo visto sopra, trova espresso riconoscimento nella Costituzione, la quale all’art. 42 afferma “La

proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”. La

Costituzione, dunque, e il codice civile riconoscono il diritto di proprietà privata ma, al tempo stesso legittimano il legislatore ad imporre ad essa limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale. Si configurano nel nostro ordinamento due tipologie di limiti al diritto di proprietà: a) limiti nell’interesse privato e b) limiti

nell’interesse pubblico. Questi ultimi, i limiti di interesse pubblico,

sono posti alla proprietà per realizzare una finalità di pubblico interesse, e possono comportare limitazioni al diritti di uso del bene (come ad esempio i vincoli, idrogeologico, paesaggistico, ecc.), e perfino la stessa sottrazione del diritto di proprietà (che si verifica con la espropriazione per pubblica utilità).

I limiti nell’interesse privato sono posti a tutela delle proprietà che si trovano a confine (es.: divieto di atti di emulazione, art. 833 del codice civile) e sono contenuti nelle disposizioni che disciplinano le distanze nelle costruzioni, piantagioni, scavi, ed i muri, fossi e siepi interposti tra i fondi. Per quanto attiene in particolare alle distanze relative alla vegetazione, il codice civile, agli artt. da 892 a 899, detta una disciplina residuale, che si applica cioè in mancanza di disposizioni dettate a livello comunale, provinciale o regionale. L’art. 892 del codice “Distanze per gli

alberi” stabilisce che chi vuol piantare alberi presso il confine della

medesimo: 1) tre metri per gli alberi di alto fusto (in materia di distanze si considerano alberi ad alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili); 2) un metro e mezzo per gli alberi non di alto fusto (in materia di distanze si considerano alberi non di alto fusto quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami); 3) un metro e mezzo per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le

piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo, un metro qualora le siepi siano di ontano, di castagno, o di altre piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie. In questi casi la distanza si misura dalla linea

del confine alla base esterna del tronco dell’albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo dove fu fatta la semina. Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad altezza che non eccede la sommità del muro. Queste stesse disposizioni in materia di distanze si applicano, in forza dell’art. 893 del codice civile, anche in relazione agli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, se trattasi di boschi, canali e strade di proprietà privata. Ai sensi dell’art. 894 il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti. Se si è acquistato il diritto a tenere gli alberi a distanza minore di quelle sopra indicate, e l’albero muore o viene reciso o abbattuto, ai sensi dell’art. 895 del codice civile, il vicino non può sostituirlo se non osservando la distanza legale: tale disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un filare situato lungo il confine. Il codice civile si occupa di regolare anche dell’ipotesi di rami e radici che si protendono sul fondo del vicino: l’art. 896 del codice riconosce al soggetto sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino, il diritto a costringere quest’ultimo a tagliarli, e a tagliare lui stesso le radici che si addentrano nel suo fondo: i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti.

Gli artt. 897, 898 e 899 si occupano di disciplinare rispettivamente la comunione dei fossi, delle siepi e degli alberi. Ai sensi dell’art. 897 ogni fosso interposto tra due fondi si presume, fino a prova contraria, comune. Ai sensi dell’art. 898 ogni siepe tra due fondi si presume, fino a prova contraria, comune ed è mantenuta a spese comuni: se uno solo dei fondi è recintato si presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recintato, ovvero al proprietario del fondo dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti. Ai sensi dell’art. 899 gli alberi che sorgono nella siepe comune sono comuni, mentre quelli che sorgono sulla linea di confine si presumono comuni fino a prova contraria. Gli alberi che servono da limite o che si trovano nella siepe comune non possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che l’autorità giudiziaria abbia riconosciuto la necessità e la convenienza del taglio.

Si ricorda che tutte queste disposizioni dettate dal codice civile si applicano solo in mancanza di disposizioni dettate dalle Regioni, Province o Comuni territorialmente competenti.

Il diritto di proprietà non è soggetto a prescrizione: la prescrizione è la perdita di un diritto a causa del mancato suo esercizio protratto per un certo periodo di tempo. Il diritto di proprietà dunque non si estingue a causa del mancato suo esercizio: si ricorda però che il proprietario che non esercita il suo diritto di proprietà può perderlo nel caso in cui un altro soggetto lo abbia acquistato per usucapione

2.b) Modi di acquisto della proprietà

I modi di acquisto della proprietà sono indicati tassativamente dalla legge e si distinguono in due categorie: modi di acquisto a

titolo originario, cioè senza che il diritto sia trasferito dal precedente

titolare, e modi di acquisto a titolo derivativo, cioè a mezzo di un atto di trasferimento dal precedente titolare.

I principali modi di acquisto a titolo originario sono i seguenti: a) occupazione, b) invenzione, c) accessione, d) usucapione.

Nella occupazione (art. 923 del codice civile) la proprietà si acquista attraverso la presa di possesso delle cose mobili che non siano di proprietà di alcuno: l’occupazione è dunque un modo di acquisto della proprietà che riguarda i soli beni mobili.

Nella invenzione (art. 927 del codice civile) la proprietà si acquista attraverso il ritrovamento di cose smarrite nel caso in cui la cosa sia stata consegnata al Sindaco del luogo dove è stata ritrovata ed entro un anno dalla pubblicità del ritrovamento il proprietario non si sia presentato a reclamarla: anche l’invenzione dunque è un modo di acquisto della proprietà che riguarda i soli beni mobili.

Nella accessione (art. 934 del codice civile) la proprietà del suolo si estende a qualunque piantagione, costruzione ed opera esistente sopra o sotto il suolo medesimo.

Nella usucapione (artt 1158 e segg.) il diritto di proprietà su un bene si acquista in forza del possesso protratto per un certo periodo di tempo, oltre ad altri requisiti: il codice civile definisce (art. 1140) il possesso come “potere di fatto su un bene che si manifesta in

un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di un altro diritto reale”. L’usucapione consente di acquistare a

titolo originario non solo il diritto di proprietà ma anche, come vedremo, alcuni diritti reali di godimento. Finalità della usucapione è quella di rendere certa e stabile la proprietà e, al contempo, favorire chi occupa un bene e lo rende produttivo rispetto a chi proprietario del bene se ne disinteressa. L’usucapione si distingue in: 1) ordinaria 2) abbreviata 3) speciale per la piccola proprietà

rurale.

I requisiti per acquistare il diritto di proprietà in forza dell’usucapione ordinaria sono: 1) il possesso del bene in modo non violento o clandestino 2) il possesso del bene in modo ininterrotto protratto per un periodo di tempo che varia a seconda del bene che ne forma oggetto: venti anni per l’usucapione relativa ai beni immobili, e dieci anni per l’usucapione relativa ai beni mobili registrati.

dell’usucapione abbreviata sono: 1) il possesso non violento e non clandestino 2) la buona fede del possessore, cioè l’ignoranza di ledere l’altrui diritto 3) l’esistenza di un titolo astratta-mente idoneo a trasferire il diritto sul bene, ma in concreto insufficiente a trasferire la proprietà per il fatto che l’alienante non è il reale titolare del diritto e quindi non potrebbe legittimamente trasferirlo 4) trascrizione del titolo 5) possesso ininterrotto per una durata che anche in questo caso varia in funzione del tipo di bene: dieci anni dalla data della trascrizione per i beni immobili, e tre anni dalla data della iscrizione nei relativi registri per i beni mobili registrati.

Con la legge 10 maggio 1976, n. 346, è stato inserito nel codice civile un nuovo articolo, l’art. 1159 bis, in forza del quale il termine ordinario di usucapione dei beni immobili, cioè venti anni, è stato ridotto a quindici anni per i fondi rustici con annessi fabbricati, situati in Comuni classificati per legge come montani, purché abbiano un reddito dominicale iscritto al catasto pari alle allora Lire 5.000. La stessa norma stabilisce per i medesimi beni un termine di soli cinque anni (in luogo dei dieci richiesti dall’art. 1159 del codice civile) per il caso in cui ricorrano i presupposti dell’usucapione abbreviata, cioè l’acquisto in buona fede, l’esistenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferire il diritto, la trascrizione del titolo. La legge 31 gennaio 1994, n. 97 “Nuove disposizioni per le zone

montane”, all’art. 6, ha modificato questa norma del codice

stabilendo che il reddito dominicale non deve superare complessivamente gli attuali Euro 180,76.

L’usucapione vale dunque esclusivamente per i beni immobili ed i beni mobili registrati. Anche in relazione ai beni mobili però il possesso continuato nel tempo serve a far acquistare la proprietà del bene posseduto: infatti in relazione ai beni mobili il codice civile, all’art. 1153, ha stabilito la regola del c.d. “possesso vale titolo”, in forza della quale colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà. Se manca il titolo astrattamente idoneo al trasferimento, la proprietà dei beni mobili si acquista in virtù del possesso continuato per dieci anni, qualora il possesso medesimo sia stato acquistato in buona fede, e in virtù del possesso continuato per venti anni, se il possesso è stato acquistato in mala fede (art. 1161 del codice civile).

2.c) Azioni a difesa della proprietà

Le azioni a difesa della proprietà sono: a) l’azione di

rivendicazione (art. 948 del codice civile), b) l’azione negatoria

(art.949 del codice civile), c) l’azione di regolamento di confini (art. 950 del codice civile), d) l’azione per apposizione di termini (art. 951 del codice civile).

L’azione di rivendicazione viene esercitata da colui che si afferma proprietario di un bene che è posseduto da altri. L’azione

negatoria viene esercitata dal proprietario per far dichiarare

l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio. L’azione di regolamento di confini riguarda

il caso in cui il confine tra due fondi sia incerto, e può essere esercitata da ciascuno dei due proprietari per chiedere che sia stabilito giudizialmente. Infine l’azione per apposizione di termini riguarda il caso in cui i termini tra fondi contigui manchino

o siano diventati irriconoscibili, e può essere esercitata da ciascuno dei proprietari per ottenere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.

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