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Il diritto di accesso ad Internet ed il Digital divide 98

Internet e l’impatto che esse hanno sulla società contemporanea, ci si

è chiesti se stia nascendo una nuova “generazione di diritti”. A questo proposito è possibile richiamare alla mente la lezione di Norberto Bobbio che aveva individuato quattro “generazioni di diritti”121.

Alla “prima generazione” appartengono i diritti politici e civili, reclamati dalla borghesia durante l’illuminismo e proclamati poi con la rivoluzione americana e con quella francese, che trovano la loro collocazione nelle Costituzioni liberal-democratiche (c.d. diritti borghesi, ovvero quei diritti rivendicati nei confronti dello Stato quali l’inviolabilità della sfera privata, la libertà di espressione, stampa e associazione).

Alla “seconda generazione” appartengono i diritti di partecipazione alla vita pubblica quali il diritto all’istruzione, alla salute e al lavoro. Si tratta di diritti di matrice socialista che richiedono allo Stato un comportamento positivo affinché questi vengano attuati e vengano rimossi tutti gli ostacoli alla loro realizzazione. Storicamente sono emersi con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Alla “terza generazione” appartengono invece i c.d. diritti di solidarietà, i quali si riferiscono non a singoli individui o cittadini di uno Stato, ma a tutti i “cittadini del mondo”. Si tratta di diritti legati alle varie fasi e momenti della vita dell’uomo (quali, per esempio, i diritti del fanciullo, dell’anziano, del malato, del disabile, del consumatore), ma anche quelli che hanno una portata più ampia (per esempio, i diritti legati alla qualità della vita, la pace e l’ambiente) che

                                                                                                               

lo Stato, le organizzazioni internazionali e le associazioni promuovono.

Alla “quarta generazione” si riconducono i c.d. “nuovi diritti” nati con le nuove tecnologie e che si riferiscono a vari ambiti, dalle manipolazioni genetiche, allo sviluppo della informatica e delle comunicazioni. In quest’ultima generazione di diritti sembrano rientrare proprio i diritti digitali ovvero i diritti dell’individuo di accesso alla rete e di esercizio dei diritti nel cyberspazio.

Quello che, con lungimiranza, aveva teorizzato Bobbio sembra trovare riscontro nella realtà. Lo stesso Parlamento europeo, in una raccomandazione del 2009, ha affermato: “L’evoluzione di Internet dimostra che esso sta diventando uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche, un nuovo foro per il dibattito politico (ad esempio per campagne elettroniche e voto elettronico), uno strumento fondamentale a livello mondiale per esercitare la libertà di espressione (ad esempio i blog) e per sviluppare attività commerciali, nonché uno strumento per promuovere l’acquisizione di competenze informatiche e la diffusione della conoscenza (e-lerning) […]”.

Internet si propone quindi come strumento di democrazia, un non-

luogo dove si esplica la personalità del singolo e dove la comunità degli utenti può essere definita come formazione sociale122, virtuale,

ma che inevitabilmente, oggi, si riflette sul reale. Come ha affermato Rodotà nel 2006, “Internet è il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto”123.

                                                                                                               

122PASSAGLIA P., Le formazioni sociale e Internet, cit.  

123RODOTA’ S., Una costituzione per Internet, in la Repubblica, 28 giugno 2006,

consultabile alla pagina  

http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/scienza_e_tecnologia/regole- internet/regole-internet/regole-internet.html

E sulla base di questo assunto ci si è chiesti se di Internet si possa parlare in termini di “nuovo diritto” dotato di fondamento costituzionale, che porti con sé una pretesa dei cittadini di accedere alla rete, ad avere una connessione sufficientemente veloce in modo da consentire loro la partecipazione a questa moderna agorà pubblica. E’ evidente, dunque, che risolvere il problema della tutela della libertà di accesso “alla rete” sia presupposto per poter parlare poi di tutela della libertà “sulla rete”.

A livello sovranazionale, se da un lato c’è chi ha riconosciuto all’accesso ad Internet solo un valore strumentale all’esercizio di diritti umani quali quelli di espressione ed informazione (per esempio l’ONU nel Rapporto sulla libertà di opinione del 2011), dall’altro c’è chi invece lo ha definito come essenziale anche per il godimento di altri diritti umani, riconoscendolo come diritto umano autonomo ed esortando gli Stati a riconoscere il diritto fondamentale di accesso ad

Internet nel diritto e nella pratica (Assemblea Parlamentare del

Consiglio d’Europa, Risoluzione n.1987/2014). Addirittura c’è chi ha riconosciuto ad Internet il valore di servizio pubblico ed ha riconosciuto l’accesso alla rete come diritto (Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 17 gennaio 2017, ricorso n.21575/2008,

Jankovskis c. Lituania).

I costituzionalisti, specialmente negli ultimi anni, sono stati impegnati ad individuare un fondamento positivo a tale diritto. Alcune Costituzioni contemporanee, seppur con formulazioni diverse, contengono un riferimento esplicito al diritto dei cittadini a partecipare alla società dell’informazione e di accedere alle informazioni gestite on-line; in altri casi ancora è il legislatore ordinario o la Corte costituzionale in via interpretativa a riconoscere

un diritto di accesso alla rete124. Tuttavia, non sempre tali dichiarazioni

hanno visto una concreta realizzazione.

Per quanto riguarda il nostro ordinamento, durante l’Internet

Governance Forum di Roma (IGF Italia 2010), Stefano Rodotà si è

fatto promotore dell’idea di introdurre una previsione ad hoc (un art. 21 bis) al fine di garantire ai cittadini un diritto di accesso ad Internet, al quale è seguito un disegno di legge costituzionale presentato al Senato italiano (6 dicembre 2010).

L’art. 21-bis recitava “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete

Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente

adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni di cui al Titolo I parte I”.

Nonostante la portata ampia dell’art. 21 Cost., si è sentita la necessità di inserire una previsione autonoma per il web, e ciò trova giustificazione nella sua natura di strumento di “democrazia partecipata” (forte è dunque il legame ed il richiamo all’art.3 Cost.). I contenuti di Internet debbono essere fruibili a tutti, il web deve rimanere universale e aperto, fondato sulla libertà di espressione, sulla                                                                                                                

124GARDINI G., Le regole dell’informazione. L’era della post-verità, Giappichelli,

Torino 2017.  

Per fare alcuni esempi: la Costituzione greca fissa dei precisi obblighi per lo Stato in tal senso (a seguito della riforma costituzionale del 2001); la Costituzione ecuadoregna del 2008 riconosce a tutte le persone singole o associate il diritto ad un generale accesso alle tecnologie della informazione e della comunicazione ed impegna lo Stato a garantire la gestione delle reti di telecomunicazione sulla base di criteri pluralistici e non discriminatori, ad impedirne l’appropriazione da parte di monopoli e oligopoli; molto simili anche la Costituzione Venezuelana e dell’Honduras.

Spesso è invece il legislatore ordinario a riconoscere un diritto di accesso alla rete e un corrispondente obbligo di servizio in capo allo Stato come per esempio in Finlandia, Estonia, Brasile. In altri casi ancora sono le Corti costituzionali a ricavare in via interpretativa il diritto all’uso delle tecnologie dal tessuto normativo.

tolleranza e sul rispetto della privacy. Inoltre, si rinvia alla legge affinché il legislatore provveda a prevenire le violazioni delle libertà civili perpetrabili in rete e a stabilire interventi nel rispetto della neutralità della rete. In quest’ottica emerge chiara la necessità di “affermare una responsabilità pubblica nel garantire quella che deve ormai essere considerata una precondizione della cittadinanza, dunque della stessa democrazia” e “l’inammissibilità di iniziative censorie”125. Lo scopo è quello di stimolare un ampio dibattito sul tema dell’accesso alla rete e, più in generale, “ribadire ed espandere i

principi costituzionali riguardanti l’eguaglianza e la libera costituzione della personalità (…) non solo una proposta sul digital

divide (…) anzi l’apertura verso un diritto ad Internet”126.

Sin da subito, però, le posizioni della dottrina si sono spaccate intorno all’opportunità di introdurre in Costituzione un articolo ad hoc (art.21-

bis): da un lato si sono schierati i sostenitori di una pretesa di libertà in

senso attivo, i quali ritengono che proprio in Costituzione debbano essere fissate le garanzie minime per quanto riguarda l’accesso ad

Internet, inteso oggi come sintesi tra il diritto ad essere connessi alla

rete e il modo di essere della persona nel mondo e come effetto di una nuova e diversa distribuzione sociale127 (e questo secondo alcuni passa dall’introduzione di un articolo ad hoc, secondo altri attraverso un                                                                                                                

126RODOTA’ S., Perché Internet in Costituzione è fondamentale, in Wired.it, 29

dicembre 2010, consultabile alla pagina

https://mag.wired.it/rivista/storie/costituzione-internet- rodota.html?page=1#content

127FROSINI T.E., Il diritto  di  accesso  ad  Internet,  in Diritti e libertà in Internet, Le

Monnier, Milano 2017. Frosini ha affermato che “il diritto di accesso ad Internet è da considerarsi un diritto sociale, o meglio una pretesa soggettiva a prestazioni pubbliche al pari della istruzione, della sanità e della previdenza. Un servizio universale che le istituzioni nazionali devono garantire ai loro cittadini attraverso investimenti statali, politiche sociali ed educative, scelte di spesa pubblica. Infatti: sempre di più l’accesso alla rete Intenet, e lo svolgimento su di essa di attività, costituisce il modo con il quale il soggetto si relaziona con i pubblici poteri, e quindi esercita i suoi diritti di cittadinanza”. FROSINI T.E., Il diritto

costituzionale e di accesso ad Internet, AIC rivista n. 1/2011, consultabile alla

inserimento di tale diritto nel corpo dell’art. 21Cost., sottolineando al contempo, però, l’incongruenza di un testo costituzionale che si occuperebbe in modo espresso solo di stampa ed Internet, ma privo di ogni riferimento alla comunicazione radiotelevisiva128), dall’altro coloro che non ritengono necessaria una revisione del quadro costituzionale potendosi rinvenire un fondamento alla pretesa all’accesso ad Internet nel combinato disposto delle norme costituzionali già esistenti (art. 2, 3, 15, 17, 18, 21, 41 Cost.).

Infatti, se guardiamo ad Internet ponendo l’accento sulla struttura tecnologica, ovvero alle comunicazioni via Internet, queste potrebbero trovare un diretto riferimento nell’art. 15 Cost. (il quale, nel riconoscere l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza, precisa nell’inciso finale “ed ogni altra forma di

comunicazione”) e nell’art. 21 Cost. (dove la libertà di manifestazione

del pensiero trova protezione in relazione a qualunque “mezzo di

diffusione”) e questa è stata la strada percorsa inizialmente dalla

dottrina, quando Internet era ancora un mezzo di comunicazione “uno ad uno” ed “uno a molti”.

Tuttavia tale impostazione è divenuta ben presto obsoleta e non più sufficiente a fronte del web 2.0 che ci propone una forma di comunicazione “molti a molti” e dove in Internet non ci si limita più solo a manifestare il proprio pensiero e a recepire il pensiero altrui, ma “su Internet si esercita una tale varietà di azioni da poter ritenere che solo il riferimento allo svolgimento della propria personalità possa essere una sintesi idonea a ricomprendere tutto ciò che sulla rete si fa o si può fare (o, magari, si deve fare)”129.

                                                                                                               

128AZZARITI G., Internet e Costituzione, in Costituzionalismo.it n.2, 2011,

consultabile alla pagina http://www.costituzionalismo.it/articoli/392/

129PASSAGLIA P., Internet nella Costituzione Italiana: considerazioni introduttive,

Appare d’obbligo il riferimento all’art. 2 Cost. e quindi il configurarsi di Internet come estrinsecazione della personalità del singolo, ma pur essendo Internet una sede, oggi, indispensabile per lo sviluppo della personalità di un individuo, non pare sufficiente un ancoraggio costituzionale che faccia riferimento unicamente all’art. 2 Cost a fronte dell’impossibilità di una parte consistente dei consociati di accedere alla rete (si pensi ai detenuti, carenze infrastrutturali, difficoltà economiche etc.). Ecco che a venirci in soccorso è l’art. 3 Cost. e il richiamo all’opera di rimozione degli ostacoli da parte della Repubblica. Le due disposizioni costituiscono un sistema inscindibile, anche se con lo sguardo proiettato nel futuro, una volta rimossi gli ostacoli relativi all’accesso in concreto ad Internet e l’accesso sia assicurato, si apriranno una serie di questioni ulteriori: e allora l’art. 2 Cost. dovrà combinarsi non più con l’art. 3, c.2, Cost., ma con una serie di altre disposizioni costituzionali (per esempio con l’art. 15 quando si ponga il problema delle comunicazioni interpersonali; con l’art. 21 Cost. quando a venire in gioco sia la libertà di espressione o ancora l’art. 33Cost. per i progetti e-learning o per i collegamenti tra ricercatori, l’art. 41 Cost. per una attività imprenditoriale on-line). Quindi, una volta assicurato l’accesso alla rete la soluzione più semplice ed efficace è quella di equiparare l’attività posta in essere

on-line a quella off-line.

Alla luce di tutto ciò, coloro che hanno sostenuto questa impostazione hanno mostrato una certa titubanza di fronte all’idea di introdurre in Costituzione nuove disposizioni o interventi che non siano assolutamente necessari. Ed eventualmente è parsa, semmai, più opportuna l’introduzione di un eventuale articolo ad hoc tra i principi fondamentali (per esempio un art. 2-bis o 3-bis)130.

                                                                                                               

130PASSAGLIA P., Internet nella Costituzione Italiana: considerazioni introduttive,

Inoltre si è osservato, in maniera apertamente critica rispetto al modello proposto da Rodotà, come non ci sarebbero ragioni perché ,“rispetto ad altri mezzi analoghi, proprio per Internet si debba poter configurare un diritto alla sua libera utilizzazione”131, ritenendo tale proposta in contrasto con un orientamento ormai consolidato della Corte costituzionale in tema di utilizzazione dei media (sentenza n. 59/60 Corte costituzionale), secondo cui la libertà di manifestazione del pensiero non è mai accompagnata da un equivalente diritto ad utilizzare strumenti di informazione, a prescindere dalla materiale disponibilità di questi ultimi.

L’iniziativa di Rodotà non si è ancora concretizzata in una modifica della Costituzione ma ha dato vita ad un Internet Bill of Rights italiano132, un manifesto composto di 14 articoli, che riecheggia quanto già visto, e che all’art. 2 espressamente riconosce un diritto di accesso ad Internet “1. L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale.

2. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

                                                                                                               

131COSTANZO P., Miti e realtà del diritto di accesso ad Internet (una prospettiva

costituzionalistica), in Consulta on-line, consultabile alla pagina

http://www.giurcost.org/studi/Costanzo15.pdf

132Dichiarazione dei diritti in Internet, consultabile alla pagina

http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/commissione_internet/d ichiarazione_dei_diritti_internet_pubblicata.pdf

Questo documento costituisce il nuovo testo della Dichiarazione elaborato dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet a seguito della

consultazione pubblica, delle audizioni svolte e della riunione della Commissione del 14 luglio 2015. E’ stato presentato alla Camera dei deputati il 28 luglio 2015, con il supporto della presidente della Camera Laura Boldrini. Il 3 novembre 2015 l’Assemblea della Camera ha sollecitato il Governo ad assumere ogni iniziativa utile per la promozione e la adozione a livello nazionale, europeo e internazionale dei principi contenuti nella dichiarazione.

3. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.

4. L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda dispositivi, sistemi operativi e applicazioni anche distribuite.

5. Le Istituzioni pubbliche garantiscono i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità”.

Quello che emerge in modo chiaro è l’idea che una esclusione o un accesso limitato ad Internet costituirebbe una discriminazione e una forma di disuguaglianza tra gli individui (c.d. Digital divide). “Senza una e-inclusion infatti non può esserci una e-democracy. Considerate dal punto di vista del cittadino, le tecnologie elettroniche propongono una diversa misura del mondo”133.

Inoltre, è richiesto un impegno delle istituzioni pubbliche affinché rimuovano gli ostacoli esistenti e venga superata ogni forma di divario digitale. Sebbene tale dichiarazione risulti priva di efficacia giuridica ha un alto valore simbolico ed ha accesso i riflettori sul tema, ormai centrale, dell’accesso alla rete.

Un altro aspetto da sottolineare è l’aver collocato il tema dell’accesso nel quadro più ampio della regolazione delle libertà individuali, delle garanzie e dei diritti che riguardano l’uso della rete che inevitabilmente hanno delle ricadute concrete sui diritti della personalità.

                                                                                                               

133RODOTA’ S., Una costituzione per Internet, in la Repubblica, 28 giugno 2006,

consultabile alla pagina  

http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/scienza_e_tecnologia/regole- internet/regole-internet/regole-internet.html

Una ulteriore proposta di riconoscimento del diritto di accesso ad Internet all’interno della Costituzione italiana è quella di inserire un art. 34-bis (proposta promossa da alcuni cittadini)134. L’art. 34-bis recitava “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in modo neutrale, in condizione di parità e con modalità tecnologicamente adeguate. La Repubblica promuove le condizioni che rendano effettivo l’accesso alla rete Internet come luogo ove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale”. Questa diversa collocazione del diritto è conseguenza della diversa qualificazione giuridica che gli viene attribuita, quella di diritto sociale. Non a caso il nuovo diritto viene posto proprio in successione al diritto all’istruzione, quindi il contenuto del diritto di accesso ad Internet avrebbe ad oggetto la pretesa dei cittadini nei confronti dello Stato a vedere coperto il territorio nazionale con la lunghezza di banda adeguata in modo da permettere al pretendente di navigare in Rete, in ogni parte del territorio della Repubblica, alla velocità idonea per esercitare on-line i propri diritti.

Coloro che ritengono opportuna l’introduzione di una disciplina positiva giustificano questa loro scelta nell’esigenza di ridurre una paventata alea di arbitrarietà da parte degli interpreti. Tuttavia, una tale soluzione potrebbe condurre al risultato esattamente opposto: se si costituzionalizzasse qualcosa che le giurisdizioni già sono in grado in via interpretativa di individuare in Costituzione, si rischierebbe di limitare una tutela. Inserire con una norma ad hoc la rete in                                                                                                                

134Articolo 34-bis diritto di accesso ad Internet, consultabile alla pagina

http://www.art34bis.it/la-nostra-proposta/senato-della-repubblica/ L’art. 34 -bis non deriva da un’iniziativa parlamentare bensì da alcuni cittadini. E’ stata sviluppata all’inizio del 2014 dal dott. Guido D’Ippolito (responsabile per l’Innovazione Digitale dell’Associazione indipendente apolitica ed apartitica Cultura Democratica). La proposta è stata poi fatta oggetto di due diversi disegni di legge costituzionale (Senato della Repubblica n.1561/2014 e Camera dei deputati n.2816/2015).

Costituzione significherebbe cristallizzarla, quando in realtà è una materia in divenire e sta muovendo solo ora i primi passi.

Un’altra forzatura che andrebbe scongiurata è quella di equiparare l’accesso al mezzo (accesso alla rete) all’accesso al relativo bene comune (accesso alla conoscenza). L’accesso ad Internet e di conseguenza il riconoscimento di una “cittadinanza digitale” costituisce un prius rispetto al godimento di una serie di altri diritti che altrimenti rischiano di rimanere vuoti.

Oggi, è stato fatto notare, come pietra angolare della nostra Costituzione dovrebbe essere individuata, più che la libertà di espressione in sé, il diritto di accesso alla rete. Se, infatti, alla base della libertà di manifestazione del pensiero vi è la libertà di pensiero (concetto che distingue gli uomini dagli animali), ben espresso da Cartesio con il suo Cogito ergo sum, oggi è possibile dire che vi è il diritto di accedere alla rete: digito ergo sum135.

Quello che si auspica è, non solo il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet in Costituzione come diritto funzionale all’esercizio di altri diritti e separato in quanto tale, ma anche il riconoscimento di una serie di connotazioni espresse sul tipo di accesso e di Internet che si vuole, prevedendo in Costituzione un obbligo e non solo un potere del Parlamento di stabilire con sessioni periodiche (per esempio con cadenza biennale) le condizioni minime di accesso ad Internet (sgomberando così il campo dalle difficoltà di                                                                                                                

135ZENO ZENCOVICH V., Perché occorre rifondare il significato della libertà di

manifestazione del pensiero,in “Percorsi Costituzionali”, n. 1, 2010, 69 ss consultabile alla pagina

http://www.giur.uniroma3.it/materiale/docenti/zeno/materiale/2010/Percorsi%20c ostituzionali.PDF

legiferare in materia, causate dalla evoluzione tecnologica e dalla sovrastatalità della materia e dal rischio di una cristallizzazione). Questo perché, pur trattandosi di scelte tecnologicamente orientate, hanno delle ricadute di peso sul piano economico e sociale e sulla giustiziabilità dei diritti.

Saremmo così di fronte ad un intervento di fondamentale importanza che consentirebbe, finalmente, di fare anche un po’ di chiarezza nel sistema delle fonti dell’Internet. Non solo, infatti, nel nostro ordinamento manca un riconoscimento costituzionale espresso del diritto di acceso ad Internet, ma abbiamo una legislazione episodica e