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La liberta' di espressione alla prova delle fake news

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Academic year: 2021

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(1)

       

D

IPARTIMENTO DI

G

IURISPRUDENZA  

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

G

IURISPRUDENZA                

TESI DI LAUREA

 

La libertà di espressione alla prova

delle fake news

                   

Candidato Relatore

Elena Montagnani Prof. Paolo Passaglia

 

A

NNO ACCADEMICO

2016/2017

(2)

                     

“Quando la verità non è libera, la verità non è vera”

J. Prévert

(3)

Indice

INTRODUZIONE ... 7  

CAPITOLO I : LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE ... 9   1.1 Premessa ... 9   1.2 Il riconoscimento della libertà di espressione negli ordinamenti statali occidentali e nel diritto internazionale ... 12  

1.2.1 Il diritto internazionale ... 14   1.2.2 Gli Accordi regionali ... 19   1.3 La libertà di espressione e la forma democratica dello Stato: tra individualismo e funzionalismo ... 28   1.4 La libertà di manifestazione del pensiero nel quadro

Costituzionale italiano: l’art. 21 della Costituzione e la libertà di informazione attiva, passiva e riflessiva ... 34  

1.4.1 Profili soggettivi della libertà di manifestazione del pensiero: l’art. 21 della Costituzione ... 36   1.4.2 Profili oggettivi della libertà di manifestazione del pensiero 39   1.4.3 La libertà di informazione ... 50   1.5 Limiti espliciti ed impliciti alla libertà di espressione ... 63   1.5.1 I limiti espliciti: il buon costume e la limitazione alla libertà di stampa ... 66   1.5.2 I limiti impliciti alla libertà di espressione ... 71  

CAPITOLO II: INTERNET E LA DIFFUSIONE DEL

PENSIERO ... 81   2.1 Internet come mezzo di comunicazione ... 81  

(4)

2.2 La governance della rete: regola o anarchia? ... 91  

2.3 Il diritto di accesso ad Internet ed il Digital divide ... 98  

2.4 Le manifestazioni del pensiero in rete: dal cartaceo al bit ... 111  

2.4.1 La stampa on-line ... 114  

2.4.2 I siti d’informazione ... 123  

CAPITOLO III: LA COMUNICAZIONE NELL’ERA DELLA POST-VERITÀ ... 127  

3.1 Il pluralismo informativo: il mercato dell’informazione ... 127  

3.2 Internet e l’assetto dell’informazione: i nuovi modelli di distribuzione ... 147  

3.2.1 Come Internet cambia l’assetto dell’informazione ... 147  

3.2.2 La selezione dell’informazione da parte dei Social network e dei motori di ricerca ... 150  

3.2.3 La filter bubble, lo sharing ed i nuovi modelli di distribuzione dell’informazione ... 153  

3.3 Le fake news ... 163  

3.3.1 Un fenomeno sempre esistito: perché Internet le amplifica e le rende più rilevanti ... 163  

3.3.2 Fake news, post-truth, alternative facts ed hate speech ... 168  

3.3.3 Le fake news: un tentativo di definizione ... 172  

CAPITOLO IV: LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE NELL’ERA ANALOGICA E IN QUELLA DEI BIT. DUE SCUOLE A CONFRONTO ... 182  

4.1 Premesse ... 182  

4.2 Il costituzionalismo europeo alla prova delle fake news e degli hate speech ... 183  

(5)

4.2.1 La libertà di espressione nella Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e la giurisprudenza della

Corte di Strasburgo ... 186  

4.2.2 La libertà di espressione nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e la giurisprudenza della Corte di giustizia ... 203  

4.3 Il costituzionalismo statunitense e la giurisprudenza della Corte suprema alla prova di fake news ed hate speech ... 217  

CAPITOLO V: VERSO UN NUOVO PARADIGMA PER INTERNET ? ... 229  

5.1 Premesse intorno all’opportunità di introdurre meccanismi di filtraggio ... 229  

5.2 La a-territorialità ed il problema del diritto applicabile ... 230  

5.3 Il ruolo degli Internet service provider ... 236  

5.4 La verità dei fatti come limite alla libera manifestazione del pensiero ... 240  

5.5 Autoregolazione, regolazione ed eteroregolazione ... 249  

5.6 E’ ancora possibile parlare di mercato delle idee? Una metafora da rivisitare ... 255  

CAPITOLO VI: DISINFORMAZIONE E FAKE NEWS TRA RIMEDI TECNICI E SOLUZIONI NORMATIVE ... 259  

6.1 I sistemi di moderazione ... 259  

6.1.1 I sistemi di moderazione automatica ... 262  

6.1.2 La decisione umana ... 264  

6.2 Gli interventi legislativi e degli attori pubblici: lo stato dell’arte ... 273  

(6)

6.2.1 L’esperienza legislativa tedesca: il Netwok Enforcement Act

... 274  

6.2.2 La situazione italiana: il d.d.l. Gambaro ... 278  

6.2.3 Segue: il d.d.l Zanda-Filippin ... 290  

6.2.4 Il progetto Red Button contro le fake news ... 297  

6.3. IL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULLE FAKE NEWS ... 304  

CONCLUSIONI ... 312  

1. In Internet c’è ancora spazio per la qualità dell’informazione? Il ruolo dell’informazione professionale ... 312  

2. Verso un nuovo tipo di democrazia? La Bubble democracy ... 318  

3. Quali possibili soluzioni? ... 323  

BIBLIOGRAFIA ... 333  

(7)

Introduzione

Nell’epoca della post-verità, caratterizzata da una società contemporanea globalizzata, l’individuo è posto al centro di intensi flussi di informazioni, grazie soprattutto alla capillare diffusione di

Internet ed all’utilizzo dei social network.

La straordinaria diffusione dei social media ci consente di essere non più solo passivi destinatari e spettatori di informazioni, ma anche produttori di notizie e comunicatori attivi.

La libertà di espressione ne risulta amplificata, ma a fronte della capillare proliferazione di fenomeni quali fake news ed hate speech occorre avviare una attenta riflessione. Quali sono le sfide che l’esercizio della libertà di espressione in Internet pone? Qual è il giusto bilanciamento tra libertà di espressione ed altri diritti di rilevanza costituzionale quando entrano in gioco le fake news? Quali sono le contromisure per arginare tale fenomeno?

Per tentare di dare una risposta a tali domande si sono analizzati gli strumenti normativi che offrono tutela alla libertà di espressione negli ordinamenti statali occidentali e nel diritto internazionale, comunitario e nazionale; abbiamo descritto le peculiarità di Internet come mezzo di comunicazione in grado di influenzare il modo in cui ci relazioniamo con gli altri e percepiamo noi stessi e per questa via come tale mezzo abbia cambiato radicalmente il modo in cui l’informazione viene prodotta, distribuita ed utilizzata, per poi passare ad osservare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte suprema statunitense in materia di libertà di espressione nel processo di transizione dal mondo degli atomi a quello dei bit.

(8)

Abbiamo inoltre messo in evidenza i grandi cambiamenti che tali

media hanno portato nel mercato dell’informazione, osservando come

ad essere in crisi non sia tanto il concetto di pluralismo quanto quello di opinione pubblica e per capirne i motivi abbiamo analizzato il modo nel quale Internet ha cambiato l’asset dell’informazione introducendo nuovi modelli di distribuzione (come il Filter bubble, e lo sharing) decentralizzati e caratterizzati dal ruolo giocato dai

gatekeepers.

Dopo aver analizzato le fake news come fenomeno sempre esistito ma che Internet ha amplificato e rese più rilevanti, abbiamo tentato di darne una definizione.

Infine, si sono descritte le soluzioni tecniche più opportune adottate dagli attori del web per la moderazione dei contenuti sui social

network nonché gli strumenti normativi, e non solo, messi in campo

dagli Stati (con particolare attenzione all’esperienza legislativa tedesca ed italiana d.d.l Gambaro e d.d.l Zanda-Filippin, nonché il

Final Report of the High Level Expert Group in Fake News and Online Disinformation della Commissione europea) per cercare di arginare questo fenomeno.

In bilico tra coloro che bollano ogni tentativo di normazione come censura e coloro che ritengono opportuna una regolamentazione della materia al fine di porre un freno al dilagare delle notizie false e a forme di disinformazione pilotata sul web, si è cercato, infine, di suggerire alcune possibili soluzioni.

(9)

Capitolo I : La libertà di espressione

 

1.1 Premessa

La libertà di espressione e il diritto dell’informazione sono materie vive, in perenne e rapida trasformazione, più di ogni altra branca dell’ordinamento giuridico; sono caratterizzate da un fortissimo legame con le tecnologie di cui si servono per penetrare nella società e raggiungere i loro destinatari. Così come la tecnologia cambia ad una velocità inarrestabile, così cambiano l’informazione e le regole che la disciplinano.

E questo è tanto più vero oggi, nella società contemporanea globalizzata, dove una sempre più capillare diffusione di Internet e l’utilizzo dei social network vedono l’individuo al centro di intensi flussi di informazioni e fautore egli stesso di informazioni. La libertà di espressione ne risulta così ampliata in forma pressoché illimitata ma allo stesso tempo la rete costringe, oggi, ad un ripensamento dei rapporti tra autorità e cittadino e tra potere e opinione pubblica.

Internet è un medium che più di ogni altro ha contribuito alla

“intensificazione di relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località distanti, facendo sì che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza e viceversa”.1

Si pensi all’onda dei movimenti di ribellione ai regimi autoritari dell’Africa Mediterranea, da cui ha avuto inizio la c.d. primavera araba; o agli effetti planetari prodotti dagli scandali di “Wikileaks” e

“Data Gate”, legati alla fuga di segreti di Stato di alcune potenze

occidentali; o alle forme di proselitismo criminale di matrice terroristica che hanno conosciuto una diffusione globale proprio                                                                                                                

(10)

grazie al web (ed alla reazione degli Stati democratici con la risoluzione ONU n.2178 del 2014, volta a contrastare l’emergenza legata al fenomeno dei foreign fighter); o ancora allo scandalo del

“Russia Gate” che pare aver influenzato le ultime elezioni americane

o all’impatto che fake news ed hate speech sembrano avere sull’opinione pubblica e conseguentemente sulle scelte elettorali, sulle politiche pubbliche e sociali di un paese (si pensi per esempio alle campagne NoVax o all’esito della Brexit).

Oggi il web segue essenzialmente regole di mercato e sembra proporsi come spazio aperto, senza padroni, cui tutti possono potenzialmente accedere (no one owns Internet), ribelle a qualunque disciplina e refrattario alla regolazione tradizionale. Da più parti si è sottolineata l’esigenza di prendere le distanze da pericolose letture che dipingono Internet come mezzo a-despota, mezzo che sfugge alla possibilità di regolazione degli Stati per la sua dimensione globale. Occorre piuttosto valorizzare la “forza regolatrice dei diritti, che può restituire alla politica il ruolo che le è stato sequestrato dal riduzionismo economico”2 e sfuggire in questo modo a rischi di oligopolio della rete

che vedrebbe quali sovrani le superpotenze o, ancor peggio, i grandi operatori economici del web come Google, Facebook, Apple (c.d. OTT)3.

I principi rappresentano, da sempre, la bussola che consente di orientarci di fronte alle grandi sfide che ci sono poste davanti dai cambiamenti storico-sociali-culturali. Ed al riguardo, pare opportuno, iniziare da un breve excursus degli strumenti internazionali (Trattati e Accordi) e dalla nostra Costituzione, dove la complessa materia del diritto di espressione trova un proprio riconoscimento, per cercare di                                                                                                                

2 RODOTA’ S., La rivoluzione dei diritti da Malala al Datagate, in La Repubblica,

15 luglio 2013.

3 GARDINI G., Le regole dell’informazione. L’era della post-verità, Giappichelli,

(11)

dare delle risposte alle complesse sfide che negli anni a venire la Comunità internazionale dovrà affrontare in un settore in continua e rapidissima evoluzione; in bilico tra coloro che come vedremo rifiutano ogni forma di normazione, bollando ogni tentativo di regolazione come una censura orwelliana (con il rischio, però, di trovarsi di fronte il Mondo Nuovo di Huxley con cittadini pacificati, privi di libero arbitrio i cui desideri sono controllati con il piacere) e coloro che al contrario proprio a tutela di una corretta informazione, scevra da false notizie e forme di disinformazione pilotata, ritengono opportuna una regolamentazione della materia per arginare fenomeni quali le fake news ed hate speech.

(12)

1.2 Il riconoscimento della libertà di espressione negli

ordinamenti

statali

occidentali

e

nel

diritto

internazionale

La libertà di espressione costituisce il caposaldo di ogni società democratica e la culla, insieme alla libertà religiosa e alla libertà personale, del costituzionalismo moderno. Nonostante questa libertà abbia antiche radici – Sartori ci ricorda che “è un valore occidentale, scoperto e affermato dal pensiero greco”4 - ha ottenuto solo in tempi relativamente recenti la sua consacrazione giuridica attraverso le moderne ideologie liberiste e costituzional-democratiche.

John Milton nel suo scritto Areopagitica: discorso per la libertà di

stampa5 del 1664 ci offre una prima definizione della libertà di espressione. Criticando un provvedimento del Parlamento inglese che imponeva un sistema di licenze sulla stampa, affermava il diritto innato nell’uomo a farsi guidare dal proprio intelletto, nonché il valore della discussione per sviluppare la propria virtù e della libera circolazione delle idee a mezzo stampa per far progredire la società. Per il riconoscimento giuridico della libertà di espressione come diritto proprio di ogni individuo occorrerà attendere le due grandi                                                                                                                

4 G. SARTORI, Elementi di teoria politica, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 174.

BAGNELL BURY J., Storia della libertà di pensiero, Feltrinelli 1962 Nel razionalismo di Democrito ed Eraclito sarebbero rinvenibili tracce della libertà intellettuale parente stretta della libertà di pensiero. Nell’apologia di Socrate si afferma la supremazia della coscienza individuale e il valore pubblico della libera discussione. Queste idee trovano un successivo fondamento nella dottrina del diritto naturale (tale dottrina ha le sue radici nella filosofia stoica che ha il merito di aver affermato per prima l’esistenza di diritti propri dell’individuo discendenti dalle leggi di natura, precedenti e superiori ad ogni consuetudine o legge scritta degli uomini) e trasmigrano nel pensiero romano e successivamente ella tradizione cristiana medioevale.

5J. MILTON, Aeropagitica, discorso per la libertà della stampa, Rusconi, Milano,

1998, p. 3.

   

(13)

rivoluzioni del Settecento, quella americana e quella francese. Il Bill

of Right inglese del 1689, infatti, prevedeva un riconoscimento

giuridico della libertà di espressione solo ai membri del Parlamento inglese e solo nell’ambito ristretto delle discussioni parlamentari. Non si trattava, quindi, del riconoscimento né di un diritto dei cittadini inglesi né tantomeno di un diritto dell’uomo.

Al contesto americano si deve la prima affermazione incontrovertibile della libertà all’interno di una Dichiarazione dei diritti umani: il Bill of

Right della Virginia del 12 giugno del 1776. Nella Sez. 12

riconosceva che “la libertà di stampa è uno dei più grandi baluardi della libertà e non può mai essere limitata da governi dispotici”. Fin da questo momento inizia ad essere chiaro come la libertà di espressione sia caratterizzata da un legame quasi simbiotico con la libertà di stampa e più in generale con i mezzi tecnici di cui si serve per penetrare nella società e consentire la diffusione delle idee in ogni epoca storica.

A seguito dell’entrata in vigore della Costituzione federale degli Stati Uniti d’America nel 1787, si dovettero attendere quattro anni per l’approvazione dei primi dieci emendamenti che costituiranno il primo Bill of Right della Federazione americana. Sarà solo nel 1791, attraverso il Primo emendamento, che verrà riconosciuta non solo la libertà di stampa, come già aveva fatto la Costituzione della Virginia, ma anche una più ampia freedom of speech, indipendentemente dal mezzo utilizzato per diffondere il proprio pensiero.

“Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”.

(14)

Emerge, inoltre, in modo chiaro come la garanzia di questi diritti costituisca un limite al potere del governo federale.

Contemporaneamente, nella Francia rivoluzionaria del 1789 fu adottata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. L’art.11 recitava: “La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti fondamentali dell’uomo” anche se subito dopo puntualizzava “(...) salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”.

A questa norma sulla libertà di espressione si è ispirato tutto il costituzionalismo europeo. Essa mette in luce tutti gli elementi chiave intorno ai quali ruota tutt’oggi quest’ultimo, ovvero, il riconoscimento della libertà di espressione come diritto dell’uomo; l’idea che spetti a ciascuno Stato di definirne concretamente l’ampiezza; il rinvio alla legge per l’individuazione dei limiti6.

La libertà di espressione fa dunque ormai parte della rosa dei diritti universalmente riconosciuti.

1.2.1 Il diritto internazionale

La comunità internazionale, soprattutto a seguito della seconda guerra mondiale, si è impegnata sul fronte della salvaguardia della libertà di espressione mediante una serie di accordi fondamentali.

Accanto, infatti, alle Carte costituzionali degli Stati democratici, che manifestano una certa omogeneità, troviamo quale pietra miliare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948, il cui art. 19                                                                                                                

6 OROFINO M., La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei

diritti. Il dinamismi dei diritti in una società in continua trasformazione,

(15)

recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione ed espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”7.

La norma persegue l’obiettivo di definire un nucleo essenziale della libertà di espressione, mettendone in evidenza tre diversi profili: la libertà di diffondere il pensiero, la libertà di ricevere il pensiero altrui e la libertà di ricercarlo.

L’art. 29 c.2 della Dichiarazione, invece, contiene una clausola generale che individua le limitazioni possibili alle libertà individuate dalla Dichiarazione stessa: “Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica”.

Come è noto, la Dichiarazione Universale, non è nata come Trattato vero e proprio ma è stata adottata dalle Nazioni Unite attraverso una Risoluzione8 priva di per sé di forza vincolante. Con il passare del tempo la Dichiarazione si è andata trasformando in uno strumento che impone determinati obblighi ai Membri delle Nazioni Unite. Molti dei principi in essa evocati hanno, infatti, conosciuto il plauso della dottrina e della prassi degli Stati. Di riflesso ciò ha consentito una cristallizzazione di tali valori negli accordi e trattati internazionali e regionali sorti in seguito. Sennonché hanno ottenuto un progressivo riconoscimento anche nelle pronunce dei vari tribunali internazionali e nelle Costituzioni e nella legislazione interna di ciascuno stato.

                                                                                                               

7 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, consultabile alla pagina

http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/Language.aspx?LangID=itn

8 Risoluzione 217 A (III) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata il 10

(16)

Oggi il Consiglio dei diritti umani, erede della Commissione delle Nazioni Unite, ha il compito di elaborare rapporti e coordinare una rete di gruppi di lavoro e relatori specializzati. Nel 1993 tale Consiglio creò la figura del Relatore Speciale per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione ed espressione. Nel suo rapporto del 1998, il Relatore Speciale si soffermò sull’impatto delle nuove tecnologie e le azioni dei governi volte a regolamentarle; in questa occasione sottolineò come esse, ed in particolare Internet, fossero intrinsecamente democratiche ed offrissero al pubblico ed ai singoli accesso alle fonti di informazione e permettessero a tutti di partecipare attivamente al processo della comunicazione.

Il Relatore speciale definì, inoltre, come paternalistico il comportamento di quegli Stati che imponevano regole eccessive all’utilizzo di questa tecnologia ed in particolare all’uso di Internet: “Attraverso tali limitazioni si pensa di proteggere i cittadini da sé stessi e pertanto essi risultano intrinsecamente incompatibili con i principi della libertà e dignità della persona”. Gli Stati giustificavano le loro scelte sulla base del principio che “il controllo, la regolamentazione e la proibizione dell’accesso sono necessari per proteggere il tessuto morale e l’identità culturale delle società”. Tali limitazioni non avrebbero riconosciuto, infatti, la capacità dei cittadini, sul piano collettivo ed individuale, di assumere decisioni auto-correttive volte a stabilire l’equilibrio senza eccessive ingerenze da parte dello Stato.

La Commissione accolse con favore il Rapporto del Relatore Speciale, esortandolo ad “approfondire i vantaggi e le sfide connessi con le nuove tecnologie delle telecomunicazioni, ivi compreso Intenet ed i loro effetti sull’esercizio del diritto alla libertà di opinione e di espressione, tenendo conto del lavoro realizzato dal Comitato per la

(17)

Eliminazione della Discriminazione Razziale (CERD)”. 9 Dal 2008 l’incarico di “UN Special Rapporteur on the promotion and

protection of the right to freedom of opinion and expression” è stato

ricoperto dal guatemalteco Frank la Rue a cui nel 2014 è succeduto lo statunitense David Kaye.

Sempre a livello internazionale, occorre ricordare una convenzione multilaterale che codificò i principi riconosciuti dai singoli Stati, il Patto Internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) del 1966, entrato in vigore nel 1976, che all’art. 19, non solo riecheggia l’art. 19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, ma si esprime in forma più specifica

“1. Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni.

2. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta

3. L'esercizio delle libertà previste al paragrafo 2 del presente articolo comporta doveri e responsabilità speciali può essere pertanto sottoposto a talune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge e necessarie: a) al rispetto dei diritti o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico, della sanità o della morale pubbliche.”

Il Patto prevede altre disposizioni connesse con la libertà di espressione. L’art. 17 sancisce che “nessuno può essere oggetto di                                                                                                                

9 ROZO SORDINI P.E., La libertà di espressione nell’era digitale: disciplina

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(…) attacchi al proprio onore e reputazione”; che “ogni persona ha diritto ad essere protetta dalla legge contro tali ingerenze e attacchi”. Infine, l’art. 20, stabilisce che “ogni forma di incitamento all’odio basato sull’appartenenza a uno stato, a una razza o religione sarà proibito dalla legge”. Nel 1976 è stato introdotto un Protocollo che permette ai soggetti privati di presentare ricorsi contro gli Stati che hanno ratificato il Patto, di fronte ad un Comitato dei Diritti Umani istituito ad hoc10.

Il tentativo di imporre limitazioni all’esercizio della libertà di espressione viene affrontato anche dal Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (Icescr) del 1966 ed entrato in vigore nel 1976. Ispirandosi all’art. 27 della Dichiarazione Universale, l’art. 19 del Patto riconosce gli importanti “benefici che derivano dalla promozione e dallo sviluppo della cooperazione e dalle relazioni internazionali su questioni scientifiche e culturali”. Gli Stati parte si impegnano pertanto a “diffondere la scienza e la cultura» e a “rispettare la libertà di ricerca scientifica e ogni attivıtà creativa”. Tali principi presuppongono che la libertà di espressione debba essere rispettata ınternazionalmente per permettere lo sviluppo sociale scientifico e culturale. Esiste un Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, incaricato di controllare i rapporti degli stati e di elaborare “commenti generali e analisi”, utilizzati dal Comitato come strumento per accrescere la sensibilità verso i diritti umani.

                                                                                                               

10MARCHESI A. PALMISANO G., Il sistema di garanzia dei diritti umani nelle

Nazioni Unite, in rivista Costituzionalismo.it n.1/2006, consultabile alla pagina

http://www.costituzionalismo.it

I ricorrenti prima di appellarsi al Patto debbono aver esaurito tutte le forme di ricorso interno. Il Comitato concede allo Stato sei mesi per rispondere; decorso tale periodo di tempo rende noto il suo punto di vista per mezzo di una

raccomandazione. Tuttavia, esso, non dispone di alcun potere cogente che gli permetta di attuare la propria decisione. Ad ogni modo Gli Stati membri sono obbligati ad indicare nei propri rapporti quali misure abbiano adottato al fine di attuare le raccomandazioni del Comitato e quale soluzione sia stata offerta al ricorrente.

(19)

Infine, si ricordano, la Proclamazione di Teheran11, adottata durante

la Conferenza internazionale sui diritti dell’uomo del 1968 o i

Johannesburg Principles on national security, freedom of expression and access to information, adottati da un gruppo di esperti in diritto

internazionale, diritti umani e sicurezza statale nel 199512 .

1.2.2 Gli Accordi regionali

Europa, America e Africa si sono dotate di accordi regionali che riconoscono il diritto alla libertà di espressione degli individui. Tale libertà viene tutelata con riferimento a qualsiasi tipologia di mezzo di comunicazione e “senza limiti di frontiera”. L’importanza di questi accordi è legata soprattutto alla possibilità di un controllo giurisdizionale, che essi offrono, di tutte quelle azioni che limitano la libertà di espressione.

A livello regionale un ruolo del tutto particolare ha assunto la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in poi CEDU), elaborata dal Consiglio d’Europa e firmata a Roma nel 1950. L’art. 10 della CEDU sancisce che:

“1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare                                                                                                                

11“Nel campo dei diritti dell’uomo, l’obiettivo principale delle Nazione Unite è di

far sì che ciascun individuo possa conseguire la massima libertà e dignità. Perché tale obiettivo si realizzi, occorre che le leggi di tutti i paesi garantiscano a ogni cittadino, a prescindere dalla sua razza, lingua, religione e dalle sue convinzioni politiche, libertà d’espressione, d’informazione, di coscienza e di culto, così come il diritto di partecipare alla vita politica, economica, culturale e sociale del suo Paese”.

12 Secondo questa dichiarazione, la libertà di espressione può essere limitata solo

quando “the governement can demonstrate that the restriction is prescribed by

law and is necessary in a democratic society to protect a legitimate national security interest”.

(20)

informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre ad un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

2. L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per l'integrità territoriale o per la pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.”

La Convenzione europea dispone di un sistema di controllo esplicito basato su di un tribunale regionale indipendente: la Corte europea dei diritti dell’uomo, con sede a Strasburgo. Ogni individuo può presentare ricorso contro gli Stati firmatari della Convenzione per presunte violazioni della stessa, ma solo dopo aver esaurito tutti i ricorsi interni. E’ necessario inoltre presentare una istanza dinnanzi alla Commissione europea dei diritti umani la quale decide sulla ammissibilità del ricorso. Se il ricorso è considerato ammissibile, la Commissione presenta un rapporto (privo di forza vincolante) aprendo così l’iter di presentazione del caso dinanzi alla Corte. Le sentenze della Corte sono vincolanti, tuttavia la Corte non ha il potere di annullare le decisioni delle autorità nazionali. Di norma sono previste sanzioni pecuniarie a fronte di accertate violazioni della Convenzione. Nella maggior parte dei casi, gli Stati accettano di modificare la

(21)

propria normativa interna adeguandosi così alle decisioni della Corte.13

Gli Stati membri del Consiglio d’Europa hanno confermato il proprio impegno in favore della libertà di espressione attraverso la Dichiarazione sulla libertà di espressione e informazione (adottata dal Consiglio d’Europa il 29 aprile del 1982). Tale Dichiarazione ribadisce quanto previsto dall’art. 10 della Convenzione europea e proclama che “la libertà di espressione è una parte fondamentale dei principi che sono alla base dello stato democratico, la primazia della legge ed il rispetto dei diritti umani”. Inoltre riconosce alla libertà di espressione e informazione un ruolo centrale per lo sviluppo degli interessi del singolo e della collettività: “la libertà di espressione e informazione è imprescindibile per lo sviluppo sociale, economico, culturale e politico di ogni essere umano; essa è inoltre una condizione indispensabile per lo sviluppo armonioso dei gruppi sociali e culturali, le nazioni e la comunità internazionale”.

La dichiarazione riconosce inoltre che “il continuo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni dovrebbe servire per ampliare senza limiti di spazio la portata del diritto di esprimere, reperire, ricevere, diffondere, informazioni e idee, a prescindere dalla fonte”.

Gli stati membri del Consiglio d’Europa hanno, inoltre, fissato degli obiettivi al fine di garantire un così alto livello di protezione.

Nel 1990 gli Stati membri dell’OSCE promuovono la Carta di Parigi per una nuova Europa14, la quale dichiara: “Affermiamo che ogni

                                                                                                               

13ROZO SORDINI P.E., La libertà di espressione nell’era digitale: disciplina

internazionale e problematiche, in Working Paper n. 52, ottobre 2013 ISPI.

14Parigi, 19-21 novembre 1990. Consultabile alla pagina

(22)

individuo, senza alcuna distinzione, ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza, religione o credo e alla libertà di espressione”. La dichiarazione del vertice OSCE svoltosi a Budapest nel 1994 “Verso una Nuova Associazione in una Nuova Era” completa la carta, affermando che i membri della organizzazione “assumono come principio guida la salvaguardia del diritto alla libertà di espressione e riconoscono che i mezzi indipendenti e pluralistici sono essenziali per la creazione di una società libera e aperta”. Infine, la Conferenza sulla Dimensione umana del 1991 conclude che qualsiasi restrizione dei diritti e delle libertà fondamentali deve essere prevista dalla legge, conformemente agli obblighi derivanti dagli accordi internazionali ed in riferimento ad un obiettivo delle norme internazionali in materia ed essere strettamente proporzionale rispetto alle finalità che tali norme si prefiggono.

Per quanto riguarda l’ordinamento europeo in senso stretto, occorre poi ricordare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, firmata a Nizza il 7 dicembre 2000 ed entrata in vigore il 1° febbraio 2003, che all’art. 11 sulla Libertà di espressione e d'informazione recita:

“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.

2. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati.”

Il Trattato di Lisbona (2007/C 303/01) fa sostanzialmente propri i contenuti della Carta di Nizza e si propone come accordo modificativo, ossia come Trattato di revisione, al pari di quello di                                                                                                                                                                                                                                                                    

Tale Carta fu sottoscritta da 31 paesi europei ai quali si aggiunsero Russia, Canada e Stati Uniti.

(23)

Amsterdam e di Nizza. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea costituisce oggi un vero e proprio riferimento di respiro costituzionale, vincolante per tutti gli atti di diritto derivato (regolamenti, direttive, decisioni) che le istituzioni europee possono adottare. Come vedremo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (con sede in Lussemburgo) è l’istituzione preposta a livello europeo a valutare, sulla base delle norme contenute nei Trattati dell’Unione, la legittimità degli atti delle Istituzioni europee e a decidere sulla compatibilità delle norme degli Stati membri rispetto all’ordinamento dell’Ue.

A livello europeo, negli ultimi anni, ha preso avvio una attenta riflessione in materia di diritti di informazione e comunicazione volta a rivedere le attuali competenze dell’unione e a promuovere un mercato comune dei servizi di comunicazione elettronica. 15

Anche nel Continente americano esistono una serie di accordi regionali che riconoscono in modo esplicito la libertà di espressione. La Dichiarazione americana dei diritti e dei doveri dell’uomo è il primo documento internazionale sui diritti umani della storia, anteriore di alcuni mesi alla stessa Dichiarazione universale del 1948. L’art. IV della Dichiarazione stabilisce “ogni persona ha diritto alla libertà di espressione e di pensiero attraverso qualsiasi mezzo”. Un altro accordo regionale del Continente americano è la Convenzione americana adottata nel 1969 ed entrata in vigore nel 1979, meglio conosciuta come Patto di San José. Oltre a ribadire quanto affermato dagli altri strumenti negoziali internazionali ed europei esaminati, contiene principi di grande rilevanza ed attualità. In particolar modo l’art. 13 inciso 2 riconosce esplicitamente che                                                                                                                

15OROFINO M., La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei

diritti. Il dinamismi dei diritti in una società in continua trasformazione,

(24)

“l’esercizio della libertà di espressione non può essere soggetto a censura preventiva”. A seguire enuclea una lista di possibili restrizioni: “le restrizioni debbono essere espressamente stabilite dalla legge e necessarie ad assicurare il rispetto dei diritti e della reputazione altrui, o la protezione della sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, la salute o la morale pubblica”. Inoltre, all’inciso 3 stabilisce che “non è possibile limitare il diritto di espressione attraverso mezzi indiretti, quali l’abuso di controlli ufficiali o particolari della stampa scritta, delle frequenze radioelettriche o di apparecchiature utilizzate nella diffusione dell’informazione o attraverso qualsiasi altro mezzo volto a impedire la comunicazione e la circolazione delle idee e delle opinioni”.

La Commissione e la Corte interamericana dei diritti umani hanno il compito assicurare il rispetto dei diritti e dei contenuti della Convenzione. La Corte, in più occasioni, ha evidenziato come la Convenzione americana sia attenta alla protezione della libertà di espressione più di quanto non lo sia la Convenzione europea o il Patto internazionale sui diritti civili e politici.

In alcune sentenze ha affermato che “la libertà di espressione è una pietra angolare dell’esistenza stessa di una società democratica; è indispensabile per la formazione dell’opinione pubblica. Essa è altresì condicio sine qua non affinché i partiti politici, i sindacati, le associazioni scientifiche e culturali, e in generale coloro che desiderino influire sulla collettività, possano svilupparsi pienamente. E’, infine, condicio si ne qua non affinché la comunità nel momento di esprimere le proprie opinioni, sia sufficientemente informata. E’

(25)

pertanto possibile affermare che una società che non sia pienamente informata non sarà mai completamente libera”16.

Per quanto riguarda il Continente africano, la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli17 dichiara all’art. 9: “Ogni persona ha diritto all’informazione. Ogni persona ha il diritto di esprimere e diffondere le proprie opinioni nel quadro delle leggi e dei regolamenti”. Tale Carta stabilisce inoltre che i paesi firmatari “hanno il dovere di promuovere e assicurare attraverso l’insegnamento il rispetto dei diritti e delle libertà raccolte (nella Carta africana) e vegliare affinché tali diritti e delle libertà, così come i doveri e gli obblighi correlati vengano compresi”.

Infine anche la Carta africana prevede dei limiti a possibili restrizioni del diritti fondamentale alla libertà di espressione; l’art. 27, comma 2, prevede: “I doveri e le libertà di ogni persona si esercita nel rispetto dell’altrui diritto, della sicurezza collettiva, della morale e dell’interesse comune”.

                                                                                                               

16  NAPOLITANO F., Corte interamericana dei diritti umani, consultabile alla

pagina http://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/La-Corte-interamericana-dei-diritti-umani/252

La Commissione è un organo dell’Organizzazione degli stati americani (Osa-Oea) che ha il compito di condurre inchieste e fare raccomandazioni tanto all’Osa come agli Stati membri. Prepara studi e relazioni per il perseguimento delle proprie finalità. Essa può agire anche su richiesta di singoli o di ong e attraverso comunicati realizzati dagli Stati membri.

La Corte interamericana dei diritti umani è il principale organo giurisdizionale del continente americano. Soltanto la Commissione e gli Stati firmatari possono direttamente alla Corte. Un individuo che desideri presentare il proprio caso alla Corte può farlo solo per mezzo della Commissione (e dopo aver esaurito tutte le restanti forme di ricorso interno) Sarà poi la Commissione a presentare il caso alla Corte.

 

17 Si tratta di una Convenzione adottata dall’Unione africana a Naerobi il 28 giugno

1981 (entrata in vigore il 21 ottobre 1986) nell’ambito della Conferenza dei capi di Stato e di Governo dell’Organizzazione dell’Unità africana (OUA). La Carta africana prevede un meccanismo di controllo sul proprio adempimenti, che può riguardare casi presentati anche da singoli individui.

(26)

Al termine di questa breve disamina è possibile notare come a partire dalla seconda metà del XX secolo, il diritto internazionale abbia sancito, attraverso la normativa pattizia e la prassi giurisdizionale, l’intangibilità del diritto alla libertà di espressione (salvo alcune limitazioni possibili, espressamente individuate), opponendosi fermamente a qualsiasi intrusione e forma di censura da parte degli Stati in tali ambiti. I principi espressi nei vari articoli, per il modo in cui sono formulati, sembrano essere pensati per il futuro. Ciò rende le norme in cui sono espressi applicabili anche alle forme di espressione realizzate attraverso Internet. Una per tutte la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dove il riferimento a “qualsiasi mezzo a sua scelta” sembra proprio poter essere applicato anche ad

Internet o ancora, il diritto a “cercare” e “diffondere” informazione

calza perfettamente con il concetto di “navigare” sulla rete, così come il diritto a “ricevere” informazioni coincide con l’attività di scambio di mail.

Tuttavia, tali strumenti, non sono scevri da limitazioni. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 è stata fatta propria da tutti i membri delle Nazioni Unite, ma non tutte le disposizioni hanno valore vincolante. Il Patto sui diritti civili e politici è vincolante ma i meccanismi utilizzati per la sua applicazione presentano dei limiti.

Sul piano regionale, nonostante esistano accordi in materia nel contesto americano, africano ed europeo, il Medio ed Estremo Oriente ne sono del tutto sprovvisti.

Gli accordi regionali esistenti prevedono una serie di meccanismi di attuazione ma presentano alcuni limiti oggettivi quali i tempi dei procedimenti.

(27)

Un altro limite rilevante è la mancanza, nel diritto internazionale, di meccanismi di accertamento e di garanzia idonei al raggiungimento dello scopo, rispetto a quelli degli ordinamenti statuali. Il che significa che le eventuali sanzioni internazionali non garantiscono né l’immediata cessazione della violazione né l’immediata reintegra del diritto leso18.

Inoltre, l’individuazione dell’equilibrio tra libertà e controllo viene rimesso al legislatore, al giudice e per certi versi all’amministrazione dei singoli Stati. E ciò fa sì che, sul piano pratico, il riconoscimento effettivo e l’ampiezza della libertà di espressione possa variare sensibilmente da Stato a Stato. C’è allora da chiedersi se a fronte della profonda trasformazione tecnologica dell’informazione, che stiamo vivendo, e alla progressiva articolazione su più livelli della protezione dei diritti fondamentali (si pensi al contesto europeo dove si sono sviluppate forme di integrazione sovranazionale che hanno condotto alla creazione di sistemi sovranazionali di protezione dei diritti)19, non ci sia l’esigenza di ripensare il modello novecentesco che affida ai singoli Stati il compito di garantire e limitare la libertà di espressione alla luce della Costituzione di ciascuno Stato20.

                                                                                                               

18 CANSACCHI G., Istituzioni di diritto internazionale pubblico, Giappichelli,

Torino 1997, p. 220.

19 DI STASI A., Il sistema americano dei diritti umani. Circolazione e mutamento di

una international legal tradition. Giappichelli, Torino, 2004. Significativa è anche

l’esperienza della Convenzione americana sui diritti umani (Patto di San Josè).

20 OROFINO M., La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei

diritti. Il dinamismi dei diritti in una società in continua trasformazione,

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1.3 La libertà di espressione e la forma democratica

dello Stato: tra individualismo e funzionalismo

La libertà di espressione riveste un ruolo centrale nella formazione e nella sopravvivenza del sistema democratico.

Il Parlamento europeo, nella Risoluzione sulla libertà di espressione del cittadino e la libertà di stampa e d’informazione, ha affermato che “ La piena esistenza della libertà di espressione caratterizza uno Stato democratico. Il diritto di espressione è un diritto costituzionalmente inalienabile in uno Stato democratico”21.

Il forte legame che intercorre tra democrazia e libertà da un lato e la capacità di ascoltare, l’apertura alla discussione ed il riconoscimento della legittimità di una opinione diversa dalla propria dall’altro, costituiscono i capisaldi della vita democratica.

La libertà di espressione trova, dunque, una collocazione di primo piano proprio negli ordinamenti democratici contemporanei. E’ un diritto fondamentale dell’individuo che connota la formazione dello Stato liberale e che sta alla base della libertà di coscienza, di opinione, del pluralismo delle idee. Affermava Mortati: “Nei sistemi democratici la garanzia di buon funzionamento poggia proprio sulla più ampia libertà di manifestazione del pensiero, essendo essa che alimenta la forza sociale di base, che è la pubblica opinione”22.

Gran parte delle libertà, individuali ed associative, che caratterizzano un sistema democratico, vedono quale presupposto sostanziale proprio la libertà di espressione: senza la possibilità di esprimere il proprio pensiero tali libertà risulterebbero completamente svuotate. Si pensi, solo per fare alcuni esempi, alla libertà di professare liberamente una

                                                                                                               

21 Risoluzione del Parlamento europeo A3-0282/93 in G.U. n. C 20/113. 22 MORTATI C., Istituzioni di diritto pubblico, II, Cedam, Padova 1969, p. 972.

(29)

fede religiosa o alla libertà di associarsi, riunirsi, votare, comunicare con gli altri, insegnare, esprimersi attraverso l’arte23.

Anche la Corte costituzionale ha più volte ribadito il carattere fondante della libertà di manifestazione del pensiero definendola come “pietra angolare” dell’ordinamento democratico, un “diritto coessenziale al regime di libertà garantito dalla Costituzione”, la “condizione preliminare” per l’attuazione ad ogni livello, centrale e locale, della forma propria dello Stato democratico24.

Una parte della dottrina pubblicistica si è spinta oltre ed ha riconosciuto a tale libertà il carattere di diritto individuale. Tale diritto è garantito al singolo come tale, indipendentemente dai vantaggi o dagli svantaggi che possono derivare alla collettività: “Non è la democraticità dello Stato ad avere come conseguenza il riconoscimento di quella libertà, sicché possa determinare la funzione ed i limiti, ma che le ragioni ideali del riconoscimento di quella libertà (e cioè del valore della persona umana) porta tra le tante conseguenze anche la affermazione dello Stato democratico”25.

Si è così sviluppato un acceso dibattito in dottrina (in realtà mai sopito) sulla natura prevalentemente funzionale o individuale di tale diritto. Tale distinzione non è solo concettuale ma ha delle ricadute ed implicazioni concrete soprattutto per ciò che concerne i limiti a tale libertà.

I sostenitori della tesi individualista (o liberista) ritengono che la libertà di espressione sia uno strumento per la realizzazione degli interessi della persona, un valore supremo dell’individuo. La libertà di                                                                                                                

23 GARDINI G., Le regole dell’informazione. L’era della post-verità, Giappichelli,

Torino 2017.

24 Vedi Corte Costituzionale sent. n. 84/1969; sent. n. 9/1965; sent. n. 11/1968; sent.

n. 348/1990.

25 ESPOSITO C., La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento

(30)

espressione è interpretata come libertà negativa, assenza di impedimento o costrizione, come autodeterminazione dell’individuo26. Sostanzialmente, la libertà dell’individuo finisce dove inizia la libertà di un altro. Essi accettano con maggiore difficoltà l’idea di introdurre limitazioni, controlli e una regolazione penetrante rispetto ad un diritto che, in primo luogo, rappresenta un valore individuale da tutelare in sé.

Gli unici limiti ammessi sono, quindi, solo quelli volti ad evitare lesioni della medesima libertà o di un’altra libertà ad essa equiparabile, spettante ad un altro individuo. Mal tollerate sono invece le limitazioni ed i vincoli posti nell’interesse generale (per esempio la salvaguardia dell’ordine pubblico; la correttezza del procedimento elettorale; l’eguaglianza nella possibilità di accedere alle informazioni).27

Al contrario, i sostenitori della tesi funzionalista (o comunitarista) ritengono che la società debba essere concepita come un insieme di parti interconnesse tra di loro. Nessuna di esse può essere intesa isolata dalle altre ma solo nel contesto nel quale opera. Le relazioni che intercorrono tra le parti sono, quindi, di tipo funzionale ovvero ogni elemento svolge un ruolo che, unito a tutti gli altri, concorre a creare e mantenere funzionante la società. La libertà di espressione spetta, dunque, al singolo individuo in qualità di membro di una

                                                                                                               

26 ESPOSITO C., La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento

italiano, Giuffrè, 1958 p. 8-11.

“Anche ammesso che nella nostra Costituzione esista un nesso inscindibile tra la proclamazione della democraticità dello Stato e quella della libertà di

manifestazione del pensiero, il nesso non può essere che questo: che quella libertà (…) con i soli limiti che ad essa siano specificamente imposti da particolari disposizioni costituzionali, è ritenuta utile allo svolgimento della vita democratica, e che perciò la generica dichiarazione che lo Stato è democratico, niente aggiunge e niente toglie alla solenne e specifica proclamazione di libertà”.

FOIS S., Principi costituzionali e libertà di manifestazione del pensiero, Giuffrè, Milano 1957.

(31)

collettività ed è esercitata in funzione della collettività stessa.28 I fautori di questa tesi accettano con maggior favore l’introduzione di vincoli e restrizioni alla libertà di espressione, allo scopo di tutelare il bene comune della democraticità dello Stato. Da qui l’ammissibilità di regole strumentali alla salvaguardia del pluralismo delle idee, alla formazione di una opinione pubblica libera e consapevole, alla tutela della completezza e della imparzialità delle informazioni.

Per cercare di definire meglio la portata e i limiti della libertà di espressione negli ordinamenti continentali, appare utile dare uno sguardo ai modelli teorici elaborati dai sistemi di common law.

Il modello forse più risalente è il c.d. argument from truth (riconducibile a Locke e Tocqueville) che richiama alla mente quanto affermava Benedetto Croce: “La verità non è qualcosa di bello e fatto, ma un perpetuo farsi, non è una cosa ma un pensiero, e anzi è il pensiero stesso”29. Secondo tale modello la facoltà di ogni individuo di esprimere liberamente il proprio pensiero è strettamente legata alla possibilità di raggiungere la verità. Tutto ciò muove dall’idea di base secondo la quale una “sinfonia” di verità parziali finirebbe, nel lungo periodo, per condurre ad un risultato che si avvicina molto alla verità assoluta, che, come tale, si configura come un fine solo teorico e programmatico per le possibilità umane di conoscenza30. Seguendo questa logica ogni limitazione alla libertà di espressione rappresenterebbe un intralcio al raggiungimento della verità. 31

                                                                                                               

28BARILE P., Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, il Mulino, Bologna 1984.

CHIOLA C., L’informazione nella Costituzione, Cedam, Padova 1973. MORTATI C., Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova 1975.

29 CROCE B., Liberismo e liberalismo, Laterza , Roma-Bari 1956.

30 GARDINI G., Le regole dell’informazione. L’era della post-verità, Giappichelli,

Torino 2017.

31 MILTON J., Aeropagitica, discorso per la libertà della stampa, Rusconi, Milano

(32)

Secondo un altro modello, c.d. argument from individual’s self

fulfillment, la libertà di espressione costituisce un valore fondamentale

nello sviluppo e nella realizzazione dell’individuo nonché della sua personalità. Dalla libertà di manifestare il proprio pensiero dipende la realizzazione ultima dell’individuo. Ogni limite posto ad essa è visto come un impedimento al completamento del processo di crescita soggettivo di ciascuno. Questa teoria dà una lettura della libertà di espressione prettamente individualistica e lascia in ombra l’aspetto funzionale e positivo.32

Un terzo modello, c.d. argument from democracy, infine, associa la libertà di espressione direttamente alla libertà di informazione. La libertà del singolo di manifestare il proprio pensiero è in tal caso intesa come funzionale alla partecipazione dei cittadini alla vita democratica (che così possono esprimere la propria volontà), alle sue istituzioni e conseguentemente al servizio dei consociati. La libertà di informazione, infatti, favorisce la formazione dell’opinione pubblica intorno a temi di interesse comune e consente una partecipazione consapevole al funzionamento della struttura democratica. Al centro di questa visione ad essere tutelato è l’interesse della collettività.

Per quanto, queste diverse posizioni teorico-filosofiche, siano datate e probabilmente in parte superate da letture che tendono ad offrire una visione armonica della libertà di espressione, dove il modello individualista e funzionalista convivono, sono però utili per comprendere l’influenza che ora una, ora l’altra teoria continuano ad avere nella disciplina della libertà di espressione, ed in particolar

                                                                                                               

32SCANLON T., A Theory of Free Expression, in Phylosophy and Public Affairs

pagina 204 e ss. Consultabile alla pagina

http://philosophyfaculty.ucsd.edu/faculty/rarneson/Courses/SCANLONfreeexpress ion.pdf

(33)

modo della libertà di informazione, soprattutto quando si tratti di proporre misure limitative a tali libertà.

Come vedremo, nonostante queste posizioni teorico-filosofiche abbiano trovato il modo di convivere all’interno di uno stesso ordinamento, grazie ad un equilibrato bilanciamento di valori, trovano invece riconoscimenti diversi all’interno di sistemi giuridici non omogenei. Questo è ciò accade, per esempio, nella comunità di Stati democratici quali quello europeo e nordamericano, dove vengono espressi due diversi approcci teorici alla libertà di espressione.

(34)

1.4 La libertà di manifestazione del pensiero nel quadro

Costituzionale italiano: l’art. 21 della Costituzione e la

libertà di informazione attiva, passiva e riflessiva

Le codificazioni storiche che hanno caratterizzato il costituzionalismo moderno (si pensi al Bill of Right inglese del 1689 o alla Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 o ancora al Bill of Right americano del 1791) definiscono in un’unica fattispecie generale la libertà di espressione senza distinguere tra le comunicazioni al pubblico e quelle interpersonali33.

Il Costituente italiano, al contrario, ha scelto di separare la libertà di espressione in due norme a carattere generale (art. 15 Cost. riservato alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione; art. 21 Cost. dedicato alla libertà di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo), introducendo così un elemento di atipicità rispetto non solo alle codificazioni storiche, ma anche alle altre Costituzioni contemporanee, alla CEDU ed alla Carta europea dei diritti fondamentali.

A queste due norme a carattere generale ha poi affiancato altre due norme costituzionali a carattere specifico volte a tutelare una particolare forma di espressione (art. 19 Cost. per la libertà di professare e propagandare liberamente la propria fede religiosa; art. 33 Cost. per la libertà artistica e di insegnamento).

Per quanto riguarda la libertà di espressione artistica e di insegnamento, il Costituente italiano ha compiuto una scelta in linea con altri ordinamenti costituzionali europei e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che ne riconoscono una autonoma tutela, mentre appare del tutto diversa da quella della CEDU che la riconduce alla libertà di espressione.

                                                                                                               

33 PALADIN L., La libertà di informazione, Utet, Torino 1979.

DI GIOVANE A., I confini della libertà di manifestazione del pensiero, Giuffrè, Milano 1988.

(35)

La libertà religiosa, invece, è oggetto di una norma specifica in tutti gli ordinamenti costituzionali e le dichiarazioni internazionali dei diritti.

Infine, è possibile notare come negli ordinamenti costituzionali contemporanei sia stata, da un lato riconosciuta la libertà di espressione in un’unica norma e dall’altro offerta autonoma rilevanza al diritto di comunicare segretamente (per esempio la Legge fondamentale tedesca artt. 5 e 10 oppure la Costituzione spagnola artt. 20 e 18 c.3). La stessa impostazione è riscontrabile anche nella CEDU (artt. 10 e 8) e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (artt. 11 e 7).

La diversa scelta del nostro Costituente, che ha legato insieme il profilo della libertà con quello della segretezza, è stata probabilmente dettata dalla volontà di prendere le distanze sia dallo Statuto Albertino, il quale non prevedeva il diritto alla segretezza della corrispondenza, sia dalle leggi fasciste che negavano ogni riservatezza alle comunicazioni interpersonali.

In generale tutta l’impostazione scelta dal Costituente in materia di libertà di espressione sembra proprio volgere lo sguardo più al passato che al futuro. Lo Statuto albertino, infatti, ammetteva all’art. 28 un cauto riconoscimento alla libertà di stampa – “La stampa sarà libera ma una legge ne reprimerà gli abusi”- ma non riconosceva la libertà di parola o di comunicazione del proprio pensiero34.

La volontà è stata, forse, quella di marcare le differenze con tale Statuto e soprattutto con

quelle leggi ordinarie di epoca fascista che limitarono fortemente la libertà di pensiero attraverso l’imposizione, fra l’altro, di una licenza per l’esercizio dell’arte tipografica, di una censura rigidissima sugli                                                                                                                

34 PACE A., MANETTI M., Art. 21. La libertà di manifestazione del proprio

pensiero, in Commentario della Costituzione a cura di Branca G., Pizzorusso A.,

(36)

spettacoli, di un limite all’insegnamento (a tutela “delle verità sulle quali riposa l’ordine religioso e morale e della costituzione civile dello Stato ”) e che condussero, con l’affermazione della dittatura fascista, alla imposizione di pesanti catene sulla stampa e sui giornalisti e di conseguenza alla distruzione dalle fondamenta di tale libertà35.

Significativa è anche la diversa collocazione degli articoli 15 e 21 nella Costituzione. Nel disegno costituzionale, l’art. 13 (che tutela la persona in quanto tale), l’art. 14 (che tutela la libertà di domicilio) e l’art. 15 (che tutela i modi in cui una persona si relaziona con gli altri soggetti), costituiscono il minimo inviolabile della libertà della persona. L’art. 21 Cost. trova invece collocazione dopo le libertà collettive e ciò non è casuale e va ad anticipare quanto affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 84/1969), ossia che la libertà di manifestazione del pensiero pur rimanendo essenzialmente una libertà individuale, tutela anche interessi funzionali allo svolgimento del processo democratico. In questa norma trova specifica disciplina la libertà di stampa, questo a testimonianza di quanto i costituenti ritenessero importante questo mezzo per costruire un regime democratico36.

1.4.1 Profili soggettivi della libertà di manifestazione del pensiero: l’art. 21 della Costituzione

 

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”.

Il punto di partenza nell’analisi di questa norma è l’individuazione dei soggetti titolari dei diritti. Nonostante l’art. 21 della Costituzione sia inserito nella parte della Costituzione dedicata ai “Diritti e doveri dei                                                                                                                

35 BARILE P., Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, il Mulino, 1984, pagine

227-228.

36 OROFINO M., La libertà di espressione tra Costituzione e Carte europee dei

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