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Fake news, post-truth, alternative facts ed hate speech 168

CAPITOLO III: LA COMUNICAZIONE NELL’ERA DELLA

3.3.2 Fake news, post-truth, alternative facts ed hate speech 168

Il termine fake news fa riferimento ad uno spettro amplissimo di fenomeni, molto diversi tra di loro, che ne rendono difficile una definizione netta ma che è opportuno tentare di tracciare in modo da circoscriverne in modo più chiaro i confini. Prima però, di provare a dare una definizione più precisa di fake news, pare opportuno fare un po’ di chiarezza e distinguere le fake news da altri fenomeni che ad essa si accostano e che contribuiscono a delineare l’ecosistema nel quale esse vivono.

Un primo neologismo che spesso nel dibattito sui media e nell’opinione pubblica viene accostato a quello di fake news è quello di post-truth. Esso denota circostanze rispetto alle quali i fatti oggettivi influenzano l’opinione pubblica, non per ciò che essi sono ma per il modo con il quale vengono raccontati. Ecco che l’espressione post-truth politics delinea quel tipo di comunicazione politica che è divulgata in modo da suscitare emozioni in chi l’ascolta, una partecipazione emotiva al fatto o al messaggio politico che ne è oggetto, a prescindere che sia riferita o meno a fatti realmente accaduti o idee fedelmente rappresentate207. L’obiettivo non è quello di fornire

una informazione alla quale il cittadino si accosti in modo razionale, ma attrarre un consenso emotivo intorno ad una data tematica. Alla luce di tutto ciò nulla vieta che una fake news sia anche post-truth, quando la notizia falsa punta sull’emotività più che sulla razionalità degli individui.

Un secondo neologismo accostato molto spesso a quello di fake news è quello di alternative facts coniato dalla consigliera del Presidente                                                                                                                

207PIZZETTI F.; Fake news e allarme sociale: responsabilità, non censura,

MediaLaw, n.1/2017 consultabile alla pagina

http://www.medialaws.eu/rivista/fake-news-e-allarme-sociale-responsabilita-non- censura/

Trump Kellyanne Conway208 secondo la quale si tratterebbe di

affermazioni e notizie relative a fatti accaduti che presentano una visione della realtà propria di chi la esprime anche se diversa da come gli stessi fatti sono stati visti e raccontati dalla maggioranza dei media o da fonti istituzionali specificamente competenti. Tale espressione finisce, però, con il legittimare informazioni relative a fatti accaduti non corrispondenti alla verità oggettiva, tanto che da più parti sono giunte critiche a questa sua affermazione: 50 giuristi appartenenti al

District of Columbia Bar Association’s Rule of Professional Conduct

hanno presentato un ricorso contro Conway per violazione del codice etico. E’ evidente infatti che questo neologismo può essere inquadrato come una sottospecie delle fake news.

Un altro termine che spesso viene accostato alle fake news è quello di hate speech ovvero dei discorsi d’odio che seguono sostanzialmente le stesse dinamiche per ciò che concerne la diffusione. La gravità del fenomeno e la sua proliferazione, soprattutto negli ultimi periodi, ha spinto a definirlo ed inquadrarlo meglio ed a realizzare una serie di interventi normativi sia a livello comunitario, sia a livello CEDU, così come da parte degli ordinamenti giuridici dei singoli Stati. Nel nostro ordinamento, la questione è stata messa ben in evidenza da una Commissione istituita presso la Camera dei Deputati (la Commissione

Jo Cox)209. Dal rapporto finale della Commissione (6 luglio 2017)

emerge una definizione che si rifà a quanto già affermato dal Consiglio d’Europa che definisce gli hate speech come “L’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione, all’odio di una persona o di un gruppo di persone, o il fatto di sottoporre a soprusi,                                                                                                                

208BLAKE A.; Kellyanne Conway says Donald Trump’s team has alternative facts.

Which pretty much says it all, Washington Post, 22/1/2017, consultabile alla pagina https://www.washingtonpost.com/news/the-fix/wp/2017/01/22/kellyanne- conway-says-donald-trumps-team-has-alternate-facts-which-pretty-much-says-it- all/?utm_term=.5666b0899426

209Relazione finale della Commissione "Jo Cox" sull'intolleranza, la xenofobia, il

razzismo e i fenomeni di odio, Camera dei deputati, 6 luglio 2017, consultabile alla pagina http://www.camera.it/leg17/1313

molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce tale persona o come gruppo e comprende la giustificazione di queste varie forme di espressione, fondata su una serie di motivi, quali la “razza”, il colore, la lingua, la religione o le convinzioni, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, nonché l’ascendenza, l’età, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale ed ogni altra caratteristica o situazione personale”.

Nell’Unione europea, l’hate speech è stato ritenuto illegale sin dalla Decisione quadro 2008/913/JHA (28 novembre 2008) ed è su questa base che l’Unione europea ha concordato con i colossi del web (Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube), nell’ambito dell’Internet forum, il “Code of Conduct on illegal on-line hate speech”.

La relazione Jo Cox individua l’esistenza di una “piramide dell’odio”210 caratterizzata da rappresentazioni false e fuorvianti,

stereotipi, linguaggio ostile normalizzato e banalizzato, insulti, ma anche un crescendo di discriminazioni e linguaggio d’odio (quali minacce, incitamento alla denigrazione e alla violenza perpetrati a danno di singoli o gruppi per ragioni legati alla etnia, alla religione, all’orientamento sessuale, etc.) e crimini d’odio (veri e propri atti di violenza fisica che costituiscono reato e che hanno alla base motivazioni analoghe a quelle appena viste). Mano a mano che si sale la piramide i discorsi d’odio integrano vere e proprie ipotesi di reato211.

La libertà di espressione non copre certo tali discorsi d’odio, come ha avuto modo di precisare anche la Corte di Strasburgo.

                                                                                                               

210PITRUZZELLA G.; La libertà di informazione nell’era di Internet, in Parole e

potere. Libertà di espressione, hate speech e fake news, Egea, Milano 2017.  

211 PUGIOTTO A.; Le parole sono pietre. I discorsi d’odio e la libertà di

espressione nel diritto costituzionale, Diritto penale contemporaneo, consultabile

alla pagina http://www.cir-onlus.org/wp-content/uploads/2017/12/Pugiotto- Odio.pdf  

Dal canto suo, la Commissione europea, al fine di arginare l’escalation d’odio che soprattutto sulla rete ha iniziato a serpeggiare, pur nel rispetto della libertà di espressione, ha elaborato delle raccomandazioni tra le quali la possibilità di esigere l’autoregolamentazione delle piattaforme al fine di rimuovere gli hate

speech on-line; stabilire la responsabilità solidale dei provider e delle

piattaforme di social network e obbligarli a rimuovere tempestivamente i contenuti segnalati come lesivi da parte degli utenti. Inoltre, è stata prevista la possibilità di esigere dalle piattaforme la predisposizione di uffici in grado di ricevere le segnalazioni degli utenti (anche attraverso l’attivazione di alert sulle pagine on-line e numeri verdi) e di rimuovere celermente i discorsi d’odio; promuovere, soprattutto nelle scuole, l’educazione di genere e alla cittadinanza e diffondere la conoscenza della legge n.71/2017 sul bullismo ed infine sostenere e promuovere blog e pagine on-line (soprattutto nell’ambito del settore no-profit) per la promozione di campagne informative sul discorso d’odio al fine di garantire una contronarrazione212.

Anche in questo caso il contenuto di una fake news può coincidere con quello di hate speech e quindi ricadere nel Codice di condotta citato. Tuttavia si tratta di due termini distinti che fanno riferimento ad aspetti differenti della diffusione di notizie.

Tutti e tre i termini presi in esame (post-truth, alternative facts, hate

speech) presentano alcuni elementi in comune con le fake news: in

primo luogo, fanno riferimento alla diffusione di notizie o opinioni relative a fatti, ideologie o modi di vedere la realtà e di descriverla. In secondo luogo, si tratta di fenomeni che non sono nati con Internet ma che erano emersi con i mezzi di diffusione del pensiero tradizionali.                                                                                                                

212 PITRUZZELLA G.; La libertà di informazione nell’era di Internet, in Parole e

Infine, si tratta di argomenti che lambiscono aspetti dell’informazione e della libertà di opinione e che portano con sé problemi di corretto bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero (c.d. freedom

of speech) e violazione del diritto dei cittadini ad essere informati

correttamente inteso soprattutto come un diritto funzionale213.