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La dispensa dal matrimonio rato e non consumato; il privilegio paolino

soluzione delle poligamie e delle poliandrie: il c.d. privilegio petrino.

La dispensa dal matrimonio rato e non consumato; il privilegio paolino

Riprendendo quanto già iniziato ad affrontare nel paragrafo introduttivo di questo capitolo a proposito dell’indissolubilità del matrimonio, dove si diceva che nella realtà si registrano delle eccezioni al principio in questione, occorre partire dal canone 1141 che ribadisce l’assoluta indissolubilità del matrimonio sacramentale consumato, per poi evidenziare, appunto, come il legislatore canonico nei canoni successivi a questo, determini le circostanze nelle quali altri tipi di matrimonio, pur essendo validi in se stessi, possono essere sciolti a determinate condizioni e per un bene superiore allo stesso vincolo coniugale.

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Salvatore Bordolani, Concordato e legge matrimoniale, Napoli, Jovene, 1990.

Il matrimonio nel diritto canonico nella legislazione concordataria italiana, Atti del Congresso nazionale di Martina Franca, a cura di Raffaele Coppola, Università di Bari, 2002.

Luigi Chiappetta, Il matrimonio nella nuova legislazione canonica e concordataria: manuale giuridico pastorale, Roma, Edizioni Dehoniane, 1990.

Il canone 1141 esclude ogni potere di scioglimento del vincolo da parte di qualsiasi potestà umana e rappresenta il risultato di una tradizione che si attestò definitivamente in Occidente a partire dal XII-XIII secolo dopo un lungo processo di riflessione che aveva interessato anche l’Oriente. Tale processo partendo dal Nuovo Testamento, in particolare dall’interpretazione del più volte citato brano dell’evangelista Matteo (19,6)387, si era sviluppato nell’ambito dei Sinodi, confrontandosi anche con la disciplina dettata in materia di divorzio dall’Imperatore Giustiniano che in una sua costituzione aveva ampliato i casi in cui, secondo la legislazione civile, vi si poteva procedere. Questo “confronto” con la regolamentazione secolare comportò, in Oriente, addirittura l’ammissione esplicita del divorzio per i suddetti casi e ciò per effetto di alcuni Nomocanoni388 dell’833 attribuiti al patriarca Fozio. Il successivo Concilio di Costantinopoli confermò queste disposizioni e così mentre in Oriente si continuò ad applicare il divorzio, in Occidente nei secoli X-XIII la contrapposizione tra la scuola giuridica di Parigi e quella di Bologna e la successiva armonizzazione delle loro teorie operata dai Papi Alessandro III e Innocenzo III, condusse ad una maggiore precisazione del concetto di indissolubilità, in quanto si pervenne alla convinzione che soltanto la consumazione del matrimonio fa acquistare a quest’ultimo la perfetta ed assoluta indissolubilità389.

Questa posizione medievale venne confermata dal Concilio di Trento. Nel corso del XX secolo poi, la difficoltà di trovare una soluzione soddisfacente ai matrimoni fallimentari fece avanzare in dottrina nuove soluzioni che si allontanavano ovviamente dalla tradizione in materia, ma che non furono prese in alcuna considerazione dalla Chiesa e il canone 1141 è l’espressione di questa perseveranza nella tradizione. Pertanto ai sensi di questo canone solo la morte di uno dei coniugi può determinare lo scioglimento del matrimonio rato e consumato.

Detto questo, è il caso ora di considerare la moderna dottrina, evidenziando come essa procedendo nell’analisi della normativa codiciale, abbia rilevato che “benché l’indissolubilità sia una proprietà di ogni matrimonio che possa dirsi tale, tuttavia quella di un matrimonio rato e consumato è diversa da quella di un matrimonio ratum tantum, come pure da quella che si consegue in un matrimonio tra

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Si veda sopra, p. 121.

388 Il Nomocanone è il titolo dato ad alcune sillogi giuridiche orientali così dette perché comprendono insieme e in corrispondenza norme ecclesiastiche e leggi imperiali in materia ecclesiastica, espressione del cesaropapismo vigente nell’Oriente greco.

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due non battezzati. Pertanto esistono diversi gradi di stabilità quando si tratta della indissolubilità”390. Questa chiara posizione consente di porsi nella giusta prospettiva per la migliore comprensione degli istituti della dispensa dal matrimonio rato e non consumato, dei privilegi paolino e petrino.

Procedendo per ordine e iniziando quindi dal primo, che è preso in considerazione dal canone 1142 del vigente codice391, deve dirsi che esso ha ad oggetto appunto il matrimonio soltanto celebrato ma di cui però almeno una delle parti sia battezzata. Tale dispensa è di competenza esclusiva del Romano Pontefice. Storicamente questa potestà veniva riconosciuta nel caso in cui prima della consumazione una parte avesse deciso di intraprendere la vita religiosa; la ragione per la quale si ammetteva una simile possibilità era ravvisata nel maggior valore che si attribuiva alla consacrazione a Dio rispetto al matrimonio non consumato. Con il tempo ci si interrogò sull’ammissibilità di una dispensa concessa anche per altri valori oltre la professione religiosa e si giunse a stabilire l’operatività della dispensa in presenza di una giusta causa392 sopprimendo il caso di dissoluzione del vincolo mediante la professione religiosa. I soggetti abilitati a presentare la domanda al Vescovo per l’istruzione del procedimento sono entrambe le parti, ma può essere anche soltanto una con l’opposizione dell’altra. E’ previsto l’intervento del Difensore del Vincolo che sarebbe quella figura che ha il compito di mettere in luce gli argomenti che potrebbero essere addotti contro lo scioglimento del vincolo.

Il procedimento si conclude quando accertata l’inconsumazione e la giusta causa, interviene da parte della Santa Sede il rescritto di grazia concedente la dispensa. Non preclude il ricorso a questa “la consumazione avvenuta tra i coniugi prima della contrazione del matrimonio o nel contesto di un matrimonio invalido, quindi non rato”393. Questo perché tra le tradizionali argomentazioni probatorie vi è oltre all’argomento fisico consistente nell’esame teso a dimostrare la mancanza di unione

390 Luigi Sabbarese, Il matrimonio canonico nell’ordine della natura e della grazia, cit., p. 372.

391 Va però ricordato che il procedimento per la dispensa, oltre che dalle disposizioni del codice, è disciplinato in sede regolamentare, dalle Litterae circulares della S. Congregazione dei sacramenti De processu super matrimonio rato et non consumato del 20 dicembre 1986, in «Communicationes», 1988, p. 78 e ss..

392 Sulla giusta causa occorrente per l’emanazione della dispensa si veda E. Mazzacane, La «Iusta causa dispensationis» nello scioglimento del matrimonio per inconsumazione, Milano, 1963.

393

Lelio Barbiera, Diritto matrimoniale canonico, cit., p. 69.

Di questo autore si segnala anche un recentissimo testo che analizza non solo il matrimonio canonico ma anche quello civile, concordatario e degli acattolici; il suo titolo è infatti: Il Matrimonio. Matrimonio civile, canonico, concordatario, degli acattolici, obblighi coniugali, separazione, divorzio, regimi patrimoniali del matrimonio, Padova, Cedam, 2006.

fisica, anche l’argomento temporale consistente invece nella dimostrazione che dopo la celebrazione del matrimonio i coniugi non sono mai rimasti insieme da soli.

Lo scioglimento per privilegio paolino riguarda invece i matrimoni celebrati dai non battezzati allorquando una delle parti riceva il battesimo e l’altra non voglia coabitare con lei senza «offesa al Creatore». In questa ipotesi il principio indissolubilista deve cedere rispetto al valore maggiore dell’acquisizione, conservazione e accrescimento della fede cristiana. L’istituto in questione affonda le sue radici nella famosa lettera di San Paolo ai Corinzi (7, 12-15)394.

Oggi la disposizione di riferimento è il canone 1143; nei canoni 1144-1147 vengono invece indicate le condizioni che legittimano lo scioglimento del matrimonio e la contrazione del nuovo da parte del soggetto battezzato.

Il carattere di privilegio deriva da due circostanze: l’automatismo dello scioglimento, che non ha bisogno, a differenza di quanto avviene per lo scioglimento del matrimonio non consumato, di alcun provvedimento o sentenza; il fatto che la parte non battezzata resta vincolata al matrimonio, sino a quando il coniuge non si determini a passare a nuove nozze395.

Il canone 1143 specifica quando il privilegio può essere applicato: innanzitutto deve trattarsi di matrimonio non sacramentale valido e celebrato tra due persone non battezzate; deve esservi stata ricezione del battesimo da parte di uno dei coniugi; la parte non battezzata deve separarsi dal coniuge che ha ricevuto il battesimo. Quest’ultima condizione è una conseguenza del fatto che la parte non battezzata non desidera più coabitare o non vuole farlo pacificamente; allorché concorrono queste condizioni nel battezzato sorge il diritto a contrarre un nuovo matrimonio secondo la fede. “Quando invece la parte non battezzata si dichiara disposta ad accettare pacificamente la nuova situazione di vita con il battezzato, il privilegio paolino non può essere invocato perché ai sensi del canone l’impossibilità della vita coniugale deve provenire dalla parte non battezzata”396. Se la causa della separazione fosse da addebitare al comportamento della parte battezzata tale da dare adito a una giusta

394 San Paolo in questa lettera scrive: «Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi; e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi; perché il marito non credente viene reso santo…… Ma se il non credente vuol separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a sevitù; Dio vi ha chiamati alla pace….» .

395 Cfr. Paolo Moneta, Il matrimonio nel nuovo diritto canonico, Genova, ECIG, p. 233. 396

causa per la parte non battezzata, sarebbe del tutto esclusa la possibilità di usufruire del privilegio paolino per la parte battezzata.

Per accertare le circostanze che giustificano l’applicazione del privilegio i canoni 1144 e 1145 prevedono un procedimento sommario consistente in una richiesta formale alla parte non convertita di procedere anch’essa al battesimo, o dell’intenzione di continuare a coabitare, come già detto poco sopra, senza offesa a Dio. Il canone 1146 dispone circa la possibilità per il coniuge battezzato di contrarre nuove nozze con parte cattolica in caso di risposta negativa della parte non battezzata all’interpellazione o nel caso di legittima omissione, o ancora se la parte non battezzata pur avendo accettato la coabitazione pacifica si sia separata poi senza giusta causa.

Infine il canone 1147 prevede, diversamente da quanto avveniva nel codice del 1917, che il Vescovo possa concedere alla parte battezzata, che utilizzi il privilegio paolino, di contrarre matrimonio con una parte non cattolica, battezzata o meno, facendo salva l’applicazione delle norme sui matrimoni misti.