• Non ci sono risultati.

L’influsso della modernizzazione sulla disciplina del matrimonio nei Paesi islamic

Le fonti malikite del diritto matrimoniale musulmano

3. L’influsso della modernizzazione sulla disciplina del matrimonio nei Paesi islamic

Le regole che disciplinano il matrimonio hanno da sempre rappresentato per i musulmani il cuore del diritto sciaraitico e come tale ritenute intangibili. In realtà in quasi tutti i Paesi musulmani, anche questa parte del diritto ha subito l’influsso dell’acculturazione giuridica, ma a differenza degli altri settori, quest’ultima ha prodotto i suoi effetti con un certo ritardo temporale e con una efficacia non altrettanto vigorosa.

Per quanto riguarda il ritardo, le spiegazioni che vengono fornite dalla dottrina si basano sulla constatazione che le potenze straniere operanti in questi Stati, non avendo particolare interesse a modernizzare il diritto di famiglia non hanno svolto su di esso un’attività altrettanto stimolante come quella effettuata sulle altre materie. Quindi la trasformazione di questa branca del diritto si ebbe solo diverso tempo dopo lo sviluppo economico e sociale conseguito alla laicizzazione del diritto civile e commerciale. Va precisato che l’espressione “diritto di famiglia” non si rinviene nei testi giuridici classici, e, nelle contemporanee legislazioni per indicarlo si fa ricorso al c.d. “statuto personale” che comprende anche il diritto matrimoniale e quello successorio; esso costituisce, come si vedrà, un corpo legislativo separato rispetto ai codici e alle leggi che disciplinano la restante materia civilistica.

Per quanto concerne invece la più limitata efficacia delle trasformazioni intervenute nella disciplina del matrimonio, nonché più in generale nel diritto di famiglia, sempre all’interno dei diritti dei Paesi islamici, questa può essere spiegata proprio tenendo conto del fatto che le norme che regolano il matrimonio e i rapporti familiari trovano la loro fonte diretta nella rivelazione coranica, pertanto, con estrema difficoltà si è potuto procedere alle modificazioni, alle riformulazioni, delle regole tradizionali. Va inoltre tenuto presente che anche dopo questi interventi, che ora si analizzeranno nello specifico, l’impianto di fondo del settore giuridico in questione, si presenta piuttosto differente dal corrispondente settore del diritto occidentale perché il sistema giuridico- culturale islamico è, come già visto, caratterizzato da proprie concezioni, che si

all’eredità dello scomparso sino a quando non è passato un periodo di tempo pari a quello oltre il quale

riflettono soprattutto nei rapporti tra uomo e donna e quindi in quelli intercorrenti tra i membri della famiglia.

Quanto sin ora detto, permette di cogliere la particolare prospettiva in cui è opportuno collocarsi per comprendere la differenza esistente tra la disciplina del matrimonio secondo il diritto basato sul Corano e quella che invece è presente nell’ambito delle «varianti statali» del diritto musulmano; ci si intende riferire ai testi legislativi dei differenti Paesi di religione islamica che “esprimono la molteplicità delle interpretazioni che le diverse società musulmane hanno elaborato a partire da un comune patrimonio religioso e giuridico tradizionale”306. I diversi legislatori si sono serviti e si servono tuttora del codice “come strumento di ingegneria sociale, idoneo a favorire gli sviluppi della struttura familiare considerati desiderabili ma ancora irrealizzati”307; poiché fondamento di questa struttura è ovviamente il matrimonio è su questo che, per quanto possibile, si deve intervenire, come in parte già è stato fatto, se si desidera veramente incidere su di essa.

Se l’acculturazione giuridica ebbe inizio a metà dell’ottocento e si espresse con la recezione di concezioni giuridiche occidentali attraverso un’attività codificatoria sviluppatasi soprattutto nel settore civilistico-commerciale, che diede origine a diversi modelli circolanti poi nei vari Paesi islamici, questo fenomeno giuridico interessò il diritto di famiglia, ben oltre mezzo secolo dopo rispetto ai settori suddetti. Il primo provvedimento di riforma del diritto matrimoniale in particolare, fu infatti un decreto imperiale ottomano del 1915. Il codice di commercio terrestre ottomano risaliva al 1850, al 1863 quello marittimo, mentre la Mağalla, cioè la raccolta di norme in materia di obbligazioni e contratti secondo il rito hanafita, aveva visto la luce tra il 1869 e il 1876308. Queste tre componenti della codificazione ottomana erano nate dall’esigenza di conciliare le tendenze riformistiche e conservatrici che si erano manifestate all’interno dell’impero. Gli ambienti conservatori erano riusciti quindi a preservare completamente il diritto di famiglia dalla modernizzazione fino al 1915, anno in cui si dispose che le donne potessero chiedere lo scioglimento giudiziale del matrimonio in caso di assenza o di presunzione di morte del marito a causa della

306 Roberta Aluffi Beck-Peccoz, Le leggi del diritto di famiglia negli stati arabi del Nord Africa, in Dossier Mondo islamico. Maghreb, Mashreq, Asia occidentale, centrale e meridionale, sud-est asiatico, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1997, p. XIII.

307 Roberta Aluffi beck-Peccoz, Relazioni familiari nella società islamica, in Il matrimonio tra cattolici e islamici, Città del vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2002, p. 159.

308 Si veda Francesco Castro, La codificazione del diritto privato negli Stati arabi contemporanei. Appunti sulla circolazione dei modelli normativi, cit., p. 395 e ss.

guerra309; in queste ipotesi, trascorsi rispettivamente quattro anni dalla scomparsa e un anno dal rientro degli altri combattenti esse potevano nuovamente sposarsi. Tale disposizione rappresentava una rottura con il fiqh hanafita sino ad allora applicato nell’impero, perché quest’ultimo prevedeva che la moglie potesse ritenersi libera solo dopo aver atteso che tutti gli uomini della generazione del marito fossero morti. Con altre disposizioni si disciplinò il divorzio in modo più preciso, assieme al matrimonio, andando tutte a confluire poi in quella legge di famiglia che venne recepita nelle provincie arabe dell’impero310, dove rimase in vigore anche dopo la sua abolizione in Turchia: qui infatti essa venne meno già qualche anno dopo la sua emanazione, perché il regime laico instauratosi con la salita al potere di Ataturk inserì la materia matrimoniale all’interno del codice civile di ispirazione svizzera.

La regolamentazione ottomana della famiglia del 1917 aprì dunque la via alla codificazione anche in questa materia, tuttavia fu solo a partire dagli anni cinquanta del secolo in questione che nei Paesi arabi s’intensificò questa attività legislativa. Ad essa si affiancò anche l’abolizione delle giurisdizioni confessionali; questa volta l’esempio fu fornito dall’Egitto dove, sempre a metà del ventesimo secolo, si abolirono i tribunali religiosi attraverso l’assorbimento dei giudici sciaraitici nell’organico dei tribunali statali.

In Egitto però l’idea di una codificazione organica del diritto sciaritico di famiglia non riuscì ad imporsi: la Legge sacra restò nel suo insieme pienamente vigente311. I frammentari interventi normativi del 1920, 1929 e 1985 si limitarono a fissare alcune regole in materia di mantenimento, di ritiro legale, di poligamia, ma non scalfirono più di tanto il diritto musulmano che quindi nel campo dello statuto personale continuò a costituire il diritto nazionale, come del resto ancora oggi312.

Nonostante l’opera di grandi personaggi del movimento modernista egiziano sostenitori dell’esigenza di un rinnovamento della religione islamica che passasse attraverso l’abbandono dell’anacronistico istituto della poligamia, si decise di far restare l’ordinamento giuridico egiziano, legato in maniera forte alla tradizione musulmana e pertanto non solo non si vietò il matrimonio poligamico, ma al suo

309 Come noto l’impero ottomano partecipò alla prima guerra mondiale al fianco delle potenze centrali. 310 Fece eccezione però l’Iraq perché l’occupazione inglese ne impedì l’entrata in vigore.

311

Oltre che in Egitto anche in Sudan è possibile registrare la medesima tendenza.

312 Va comunque rilevato che sono individuabili alcuni punti di contatto tra la legge della famiglia ottomana e la legge egiziana del 1920 n° 25. L’Egitto aveva formalmente fatto parte dell’impero ottomano fino al 1914, pertanto la legge ottomana del 1917 non l’aveva riguardato se non appunto come parziale modello.

interno, il diritto musulmano inerente la materia che si sta considerando continua a risultare applicabile non soltanto ai rapporti misti tra un musulmano e non musulmano, ma anche a quelli tra non musulmani appartenenti a diverse comunità; “costituisce inoltre la legge applicabile ai rapporti tra un cittadino egiziano e uno straniero, nell’ipotesi in cui i due soggetti, entrambe non musulmani appartengano a religioni o riti diversi”313.

Va ricordato che lo straniero musulmano non è considerato del tutto straniero dal giudice arabo, e quindi può accadere che venga ad esso applicato il diritto nazionale del giudice invece di quello proprio, come imporrebbero le norme di conflitto per la materia dei rapporti di famiglia. Così se il giudice ritiene che le riforme alla Shar

‘a operate dal legislatore del soggetto straniero su cui deve decidere abbiano prodotto disposizioni incompatibili con l’ordine pubblico314 del proprio Stato, non le applicherà; in tema di poligamia per esempio, il giudice egiziano non applicherà nel suo territorio al musulmano tunisino la proibizione prevista in Tunisia, perché questa innovazione è considerata come lesiva di un diritto fondamentale del musulmano. Ancora, in Egitto, non si è vietato neppure il ripudio; si è però stabilito che una volta pronunciato nelle forme tradizionali dall’uomo, deve essere messo per iscritto da un notaio, il quale provvederà poi a notificarne copia alla moglie.

Quindi si può affermare che la legislazione statale egiziana con riferimento al diritto di famiglia risulta essere estremamente tradizionalista, molto meno invece negli altri settori del diritto dove è forte la recezione dei modelli stranieri, in modo particolare francese.

Ad oggi solo la Tunisia è giunta a vietare la poligamia315 e ciò è stato possibile perché il legislatore ha vietato anche il ripudio. All’analisi della disciplina del matrimonio tunisino, e marocchino, sarà dedicato un intero capitolo, per ora, con riferimento a questi, è opportuno esprimere delle considerazione di carattere generale iniziando dal raffronto con l’ordinamento egiziano e con quello di altri tre Stati, Siria, Libia e Algeria, al fine di mettere in luce le diverse forme di operatività della laicizzazione del diritto nella particolare materia oggetto di studio.

313 Roberta Aluffi Beck-Peccoz, Le leggi del diritto di famiglia negli stati arabi del Nord-Africa, in Dossier Mondo Islamico, cit. p. 15.

314 Sulla questione del rispetto dell’ordine pubblico interno, ma anche internazionale, si rimanda all’ultimo capitolo dove essa viene affrontata in modo approfondito anche con riferimento a specifici casi.

315

Si potranno quindi distinguere i differenti interventi riformatori: quelli più rispettosi della Shar

‘a e quelli invece meno moderati, e cioè più aperti alle innovazioni basate sui modelli occidentali.

L’attività di comparazione è stata limitata a questi sei Paesi perché si sono distinti rispetto alla molteplicità degli Stati islamici non solo in considerazione del fatto che alcuni di essi (Siria, Tunisia e Marocco) hanno posto in essere per primi la codificazione della materia, tanto da assurgere a modello per molti di quelli che invece dopo il raggiungimento dell’indipendenza erano inizialmente rimasti legati alla disciplina del fiqh musulmano, ma anche perché nell’elaborare le proprie regolamentazioni (anche se non necessariamente sotto forma di statuto personale, ci si riferisce all’Egitto) ognuno di questi si è distinto per delle proprie peculiarità. E’ proprio da queste che bisogna partire per rendersi conto di come l’atteggiamento adottato dai singoli legislatori statali nel codificare il diritto tradizionale sia estremamente diversificato.

Ripartendo allora dall’ordinamento egiziano e ponendolo a confronto con quello tunisino si può notare che gli interventi del legislatore egiziano rispetto a quello del secondo sono stati tali da non rappresentare un vulnus alla tradizione giuridica musulmana; e infatti, mentre nel primo ordinamento si registra la continuità della vigenza formale della Shar

‘a, nel secondo si registra invece un laicismo radicale che ha condotto, in particolare, come già detto, all’abolizione della poligamia e del ripudio. In Egitto quindi si sono apportate delle modificazioni alle singole regole senza intaccare i capisaldi della concezione musulmana del matrimonio e della famiglia in generale. Ciò emerge anche se si prende in considerazione il diverso atteggiarsi dei due ordinamenti di fronte alla questione dei matrimoni precoci: lo statuto tunisino non li prevede, la legge egiziana li ritiene teoricamente possibili; in concreto però non li rende tali perché non ne permette la conoscibilità ai giudici316. Come s’intuisce, questo modo di operare del riformatore gli ha permesso proprio di non interferire con la validità teorica delle norme tradizionali, perché si è limitato ad impedirne l’applicazione.

316

Ciò che accade in concreto è questo: il giudice non può essere adito se le richieste che s’intendono sottoporre al suo giudizio non sono accompagnate dalla produzione del certificato di matrimonio. Quest’ultimo non può essere rilasciato a quei soggetti che siano minori rispettivamente di sedici anni per la donna e di diciotto per l’uomo, anche se il matrimonio tra essi contratto è considerato valido, e pertanto non possono essere fatti valere innanzi l’autorità giudiziaria diritti inerenti l’istituto.

Il fenomeno dei matrimoni precoci ha rappresentato uno dei grandi temi di riforma unitamente al ridimensionamento del ruolo svolto dal wal

an-nikā

nella conclusione del contratto matrimoniale. Per poter operare in quest’ultimo senso i vari legislatori hanno richiamato quanto in passato affermato in materia da alcuni grandi giuristi : l’attribuzione al wal

di decidere e concludere il matrimonio per il soggetto sottoposto alla wilāya doveva essere finalizzato esclusivamente al soddisfacimento dell’esigenza di questo, pertanto il suo potere si comprendeva come sussistente solo con riferimento all’incapace, non certo all’impubere.

Come si vedrà più approfonditamente in seguito, in caso di minori, in Tunisia l’assenso del wal

è richiesto sia per il ragazzo che per la ragazza, in Marocco invece solo per la ragazza. “L’Algeria adotta invece la tradizionale soluzione malikita per cui il consenso del wal

al matrimonio della ragazza è richiesto indipendentemente dall’età, fino a che essa è vergine. In Libia, invece, come nei codici orientali, l’assenso del wal

sembra concorrere con quella del giudice. Esso è però richiesto tanto per il maschio che per la femmina”317.

Con riferimento alla Siria si può affermare che il suo codice dello statuto personale ha accolto le più audaci innovazioni introdotte dalle riforme ottomane ma a sua volta ne ha introdotte alcune di grande interesse318. Nonostante ciò però essa si colloca in una posizione intermedia rispetto a quella che vede la Tunisia e l’Egitto come gli estremi, perché se sotto certi aspetti appare aperta alla modernità, e anzi addirittura precede la Tunisia visto che il suo statuto personale è stato elaborato ben tre anni prima (nel 1953) di quello tunisino, sotto altri aspetti riprende alcune scelte operate in Egitto. Così si è fissata una età minima per l’idoneità a contrarre matrimonio; poi, addirittura, si è attribuita all’autorità giudiziaria la facoltà di non autorizzarlo in caso di eccessiva differenza di età tra i nubendi, ma in tema di ripudio invece, si è rimasti ancorati alla tradizione musulmana perché lo si è mantenuto, anche se si è proceduto ad un restringimento della sua efficacia; in tutti i casi in cui esso viene pronunciato in assenza di una chiara intenzione non viene preso in considerazione, mentre viene dichiarato nullo quello espresso dal marito che si trovi in stato di ebbrezza o di costrizione; inoltre per limitarne l’esercizio è stata stabilita l’obbligatorietà di un ingente risarcimento a favore della moglie. Anche per quanto

317 Roberta Aluffi Beck-Peccoz, La modernizzazione del diritto di famiglia nei Paesi arabi. Codificazione e riforme, in Rivista Diritto Civile, 1988, p. 606.

riguarda la poligamia la tradizione musulmana permane, perché l’istituto continua ad essere presente all’interno dell’ordinamento giuridico siriano; è stata però stabilita l’autorizzazione del giudice alle seconde nozze dell’uomo coniugato, che può da questi anche essere negata qualora il richiedente non sia nelle condizioni economiche tali da assicurare il contemporaneo mantenimento delle due donne, oppure qualora non vi sia per il successivo matrimonio una giustificazione legale, come per esempio una grave malattia della prima moglie.

Numerose sono poi le disposizioni che disciplinano gli adempimenti amministrativi del matrimonio; in questo si ravvisa invece un ulteriore elemento di novità rispetto al diritto musulmano, che come si ricorderà non conosce una forma scritta e solenne per la sua celebrazione.

Non resta ora che considerare il Marocco, l’Algeria e la Libia. L’analisi delle loro rispettive regolamentazioni del matrimonio fornirà ulteriori elementi per una più chiara comprensione dei differenti metodi di riforma adottati dagli Stati musulmani.

Il Marocco elaborò il suo codice dello statuto personale tra il 1957 e il 1958. “Già nel titolo Mudawwana, che significa “raccolta”, il legislatore marocchino manifesta il proprio programma di fedeltà al diritto di scuola malikita seguito nel suo Paese”319. La citata Mudawwana è stata recentemente, nel 2004, oggetto di revisione; uno dei punti sui quali si è intervenuti riguarda la poligamia: sono state introdotte delle disposizioni che la scoraggiano fortemente320; ma rimandano lo studio specifico di queste disposizioni al capitolo appositamente dedicatogli, in questa sede si desidera focalizzare l’attenzione sulla accennata caratteristica del codice, che a sua volta esprime un modus operandi del legislatore: il rinvio «all’opinione prevalente o dominante, ovvero alla pratica giudiziaria, della scuola di Mâlik» al fine di colmare le eventuali lacune della legge. Anche in ciò si estrinseca l’attaccamento al fiqh musulmano e quindi non solo nel mantenimento di istituti come la poligamia e il ripudio, benché poi s’introducano alcuni correttivi al loro libero esercizio321.

Attraverso l’articolo 400 che consente il richiamo al fiqh, si fa riemergere quest’ultimo in tutti quei casi in cui il legislatore nel codificare la Shari

‘a ha ritenuto rispondente

318Per esempio si disciplinano tutta una serie di adempimenti amministrativi necessari per contrarre

matrimonio.

319 Roberta aluffi Beck-Peccoz, La modernizzazione del diritto di famiglia nei Paesi arabi, cit. p. 30. 320 Cfr. F. Laroche-Gisserot, Le Nouveau code marocain de la famille: innovation o archaisme?, in Revue de droit international et de droit comparé, 2005/4, pp. 335-355.

321

agli interessi generali omettere quella data disposizione anacronistica, ma che, anche se non citata, continua a mantenere la sua vigenza.

L’Algeria è stato l’ultimo Paese del Maghreb a dotarsi di un codice dello statuto personale: esso venne emanato nel 1984. Il ritardo va attribuito al lungo lavoro necessario per la costruzione dell’identità nazionale, sintesi di islamicità e ideologia socialista. Questa riflette le soluzioni di compromesso che caratterizzano anche la legge della famiglia.

Anche qui è previsto un rinvio alle regole sciaraitiche in caso di lacune della legge. La capacità matrimoniale è fissata a diciotto anni per la donna e a ventuno per l’uomo. La poligamia è ammessa ma è altresì concesso che le mogli possano chiedere il divorzio se contrarie al matrimonio poligamico. Il divorzio è consentito anche per altre cause come per esempio qualora fra i coniugi insorga un contrasto insanabile. Il ripudio non è un atto stragiudiziario in quanto deve essere stabilito con sentenza.

Va ricordato che fino all’indipendenza in questo Paese erano in vigore quattro statuti personali diversi: quello di rito malikita per la stragrande maggioranza dei musulmani algerini; il codice civile francese per gli europei domiciliati in Algeria; il diritto ibadita per la setta musulmana dei Kharigiti nel territorio di Mzab; il diritto consuetudinario dei berberi nella grande Kabilia322.

Per quanto riguarda infine la Libia va detto che in questo Paese il diritto musulmano è rimasto per lungo tempo l’unica fonte regolatrice della materia in esame. Già subito dopo l’avvento al potere del colonnello Muhammad Gheddafi vi erano stati alcuni interventi legislativi in materia di capacità matrimoniale, divorzio per maltrattamenti e ripudio dietro corrispettivo, ma fu necessario attendere anche qui il 1984 perché vedesse la luce un testo unitario che si presenta però “breve, laconico e talvolta di difficile interpretazione; conserva istituti desueti come il ripudio per