Rapporti personali tra i coniugi
Con riferimento all’insieme dei diritti e dei doveri reciproci degli sposi di tipo non patrimoniale, va osservato che gli articoli del codice che li prevedono hanno introdotto due importanti innovazioni rispetto alla regolamentazione vigente prima della riforma: innanzitutto si è attribuita anche alla sposa la responsabilità dell’andamento e della cura delle questioni relative alla casa e alla famiglia (art. 51 punto terzo); l’articolo 53 poi, benché non faccia differenza tra uomo e donna, esplica la sua efficacia soprattutto nei confronti di quest’ultima, accrescendone la tutela: in base ad esso qualora uno dei coniugi faccia allontanare l’altro senza giustificazione, il pubblico ministero sarà tenuto ad analizzare la situazione specifica adoperandosi affinché essa possa essere superata e comunque adottando le misure più idonee per
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assicurare la sicurezza e protezione del soggetto che è stato allontanato, e che nella stragrande maggioranza dei casi è proprio la moglie.
Collegato, ed anzi espressione di quanto stabilito nell’articolo 51 punto terzo deve considerarsi l’eliminazione di quel diritto all’obbedienza, conformemente agli usi, che la moglie doveva al marito, e che si riscontrava nell’articolo 36 della precedente Mudawwana; oggi quindi i coniugi devono consultarsi sulle decisioni da adottare, soprattutto se riguardanti i figli. Ancora, è previsto che tra essi intercorra reciproco rispetto, affetto e comprensione, che certo non potrebbero sussistere se all’uomo fosse riconosciuto il diritto di esigere obbedienza dalla moglie nelle varie circostanze della vita coniugale. Con riferimento alla formale equiparazione tra marito e moglie nella gestione delle problematiche che interessano la prole, la dottrina ha tuttavia evidenziato una certa contraddizione tra questa disposizione e quella di cui all’articolo 231, che stabilisce che durante il matrimonio e dopo la sua dissoluzione, la tutela legale del bambino appartiene al padre.
Tra i reciproci diritti e doveri il legislatore marocchino prevede ovviamente quello alla convivenza, all’intimità coniugale, alla fedeltà; vi è poi quello riconosciuto solo all’uomo di avere più mogli; con riferimento all’ammissione della poligamia deve però ricordarsi che il marito è comunque tenuto a trattare equamente le sue consorti; l’art. 40 la vieta infatti qualora si tema una mancanza di equità, come pure allorquando nel contratto di matrimonio vi sia una clausola posta dalla moglie di non accettarla476. Il giudizio sulla incapacità del marito di ottemperare al prescritto eguale trattamento delle desiderate consorti, viene effettuato dal Tribunale, il quale non autorizzerà la poligamia qualora il soggetto richiedente non dimostri che abbia rendite sufficienti per provvedere ai mantenimenti e non possa invocare una giustificazione oggettiva straordinaria, come per esempio l’incapacità di generare con la donna con cui è già coniugato.
A conclusione del paragrafo è il caso di ricordare quanto stabilito dall’art. 52, il quale prevede che nel caso in cui uno dei coniugi perseveri nella violazione dei doveri
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In caso di assenza della clausola di divieto alla poligamia, chi desidera contrarre un ulteriore matrimonio inoltra la richiesta al Tribunale. Questo ai sensi dell’art. 43 invia alla moglie cui si vuole imporre la poligamia un invito a comparire. Con la comparizione delle parti si svolge in Camera di Consiglio un dibattito volto all’esame delle ragioni che hanno spinto il marito a richiedere l’autorizzazione a contrarre nuove nozze e a conclusione il giudice deciderà se concederle oppure no. La moglie che deve subire tale decisione può chiedere il divorzio per dissidio e in tal caso il giudice fisserà una somma per saldare tutti i diritti di questa e della prole ove esistente, somma che deve essere depositata entro sette giorni, pena, la decadenza dall’istanza; una volta depositata la somma, il Tribunale emetterà la sentenza di risoluzione del matrimonio.
di cui all’art. 51, l’altra parte può chiedere l’esecuzione di quanto dovuto, ovvero ricorrere alla procedura di divorzio prevista negli articoli 94-97.
Rapporti patrimoniali tra i coniugi
Anche i rapporti patrimoniali tra i coniugi sono disciplinati dagli articoli 51, 52 e 53, ai quali devono poi aggiungersi quelli concernenti l’obbligo di mantenimento del marito nei confronti della moglie, quelli riguardanti il ripudio e il divorzio, i quali disciplinano naturalmente anche le conseguenze economiche di questi istituti, nonché infine l’art. 63 che, come già detto sopra, prevede un indennizzo in caso di dichiarazione di annullamento del matrimonio, qualora questo dovesse essersi verificato per effetto del fatto che il vincolo si era formato sotto coercizione o per frode.
In base all’art. 51 dal matrimonio discende il diritto di ereditare. Poi, come pure già accennato, nell’ipotesi di allontanamento di un coniuge dalla casa coniugale, il pubblico ministero è chiamato a porre in essere misure, di carattere anche economico, in capo al soggetto che lo ha causato, a tutela dell’altro (art. 53).
E’ l’art. 194 a stabilire in capo al marito l’obbligo di mantenimento della moglie, a partire dalla consumazione del matrimonio e comunque dal momento in cui quest’ultima lo abbia invitato ad effettuarla. Esso comprende gli alimenti, quanto necessario per il vestiario, le cure, e in generale le spese per i bisogni dell’abitazione. Spetta anche alla moglie ripudiata in modo revocabile, mentre quella ripudiata in modo definitivo, qualora sia incinta, continua a riceverlo sino al momento del parto; per quanto riguarda il diritto all’abitazione, questo è perso dalla donna nel caso di ripudio revocabile, mentre lo mantiene sino al trascorrere del suo ritiro legale in caso di ripudio definitivo.
Un ulteriore effetto economico del ripudio è costituito da un risarcimento cui è tenuto il marito che esercita il suo diritto secondo le modalità fissate dalla legge, e che è quantificato sulla base della sua condizione economica, dei motivi che lo hanno determinato e della durata del matrimonio.