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Distinzione tra trattamento terapeutico e normale mezzo di sostentamento.

direttive anticipate di trattamento.

8. Distinzione tra trattamento terapeutico e normale mezzo di sostentamento.

La disposizione inserita nel disegno di legge in commento riecheggia quanto scritto, al fine di escludere la valenza di atto medico all’inserimento e al mantenimento del sondino naso gastrico o della cannula endogastrica, dal Comitato Nazionale per la Bioetica441, che lo qualificava <<piccolo intervento

iniziale>>, in relazione al quale non si porrebbe u problema di consenso o dissenso.

Nell’art. 3, comma 5, le <<diverse forme in cui la scienza e la tecnica>> possono fornire alimentazione e idratazione sono definite <<forme di sostegno

vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita umana>>, con la conseguenza per cui <<esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento>>442.

La dottrina più attenta ha acutamente dimostrato come <<se si accoglie

l’opinione dominante in merito alla nozione di trattamento terapeutico, sussiste più di una difficoltà ad affermare che l’alimentazione e l’idratazione artificiale possano essere considerati mezzi normali di sostentamento: esse sono mezzi di sostentamento raggiunti attraverso un trattamento terapeutico443>>.

Trattamenti terapeutici sono, infatti, <<tutti gli atti di qualsiasi natura che

debbono essere compiuti sulla persona del malato, purché siano compiuti da medici e siano potenzialmente lesivi della libertà e della dignità della persona>>444.

441

CNB, L’alimentazione e l’idratazione di pazienti in stato vegetativo persistente, del 30 settembre 2005.

442 Appare difficile giustificare il riferimento, contenuto nella disposizione, alla Convenzione delle

Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. L’articolato internazionale discute infatti di alimentazione solo all’art.28, Adeguati livelli di vita e protezione sociale, 1° comma, ai sensi del quale: << Gli Stati Parti riconoscono il diritto ad un livello di vita adeguato alle persone

con disabilità ed alle loro famiglie, incluse adeguate condizioni di alimentazione, abbigliamento e alloggio, ed al miglioramento continuo delle loro condizioni di vita, e adottano misure adeguate per proteggere e promuovere l’esercizio di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità>>. In termini critici, in sede di lavori parlamentari, l’On. B. Della Vedova, Resoconto

stenografico XII Commissione Permanente Affari sociali, 23 febbraio 2010: <<considera ultroneo e

fuorviante il riferimento della proposta emendativa al rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, in quanto, rileva, tale strumento pattizio persegue finalità antidiscriminatorie di natura diversa rispetto all’oggetto dell’emendamento in esame e rischia pertanto di mirarne l’efficacia del disposto normativo>>. Cfr.

A. VENCHIARUTTI, I diritti delle persone disabili, in A.A.V.V., Il governo del corpo, in Trattato di

biodiritto a cura di S. Rodotà e P. Zatti, cit., p. 173 ss.

443 A. SASSI, Equità e interessi fondamentali nel diritto privato, cit., p. 176 s., cui si riferiscono altre

citazioni seguenti.

444

G. FERRANDO, Stato vegetativo permanente e sospensione dei trattamenti medici, in

Testamento biologico, cit., p. 146 ss.: << Il recente documento del CNB le definisce come “forme di assistenza ordinaria di base e proporzionata”, eticamente doverose come lo è “fornire acqua e cibo

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L’Autore concorda con l’opzione, quando scrive che << il problema può

forse essere superato soltanto facendo riferimento non già al trattamento terapeutico, ma all’accanimento terapeutico>>, sebbene ritenga, non certo a torto,

che tuttavia << il confine nella pratica risulterebbe molto labile, perché poi

occorrerebbe stabilire quando il trattamento diventa accanimento>>.

Lo stesso servizio di bioetica del consiglio di Europa ha ritenuto che l’alimentazione e l’idratazione artificiali devono essere considerati trattamenti, ammettendo tuttavia il rifiuto dell’alimentazione, ma non quello dell’idratazione, per evitare sofferenze al malato445.

Il criterio della distinzione tra terapia e cura appare dirimente nell’applicazione della condizione di legittimità dell’operato del medico.

In applicazione del procedimento equitativo che si può riassumere nella formula dell’ aequitas singularis, in cui le circostanze nel caso concreto assumono peculiare rilevanza << al fine di applicare le regole giuridiche nell’ottica della tutela

e di preminenza di interessi fondamentali a contenuto non patrimoniale446>>,

l’interprete può giustificare l’astensione del medico dai trattamenti attraverso i quali sia realizzata l’alimentazione o l’idratazione di persone incoscienti, in quanto

<< non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura>> ai sensi dell’art. 1, comma

1° lett. f), del disegno di legge.

Allo scopo di evidenziare tale necessario nesso di congruenza sistematica dell’articolato normativo, parrebbe opportuno l’inserimento, nell’art. 3, comma 5 del ddl, in materia di alimentazione e di idratazione, di un espresso richiamo al principio formulato in via generale nella norma di apertura della legge, proprio in considerazione del riconoscimento contemporaneo della vita umana e della primazia della dignità di ogni persona <<rispetto all’interesse della società e alle

alle persone che non sono in grado di procurarselo autonomamente (bambini, malati, anziani)”. Si tratta di un paragone inaccettabile. Il bambino e l’anziano, per quanto non in grado di procurarsi il cibo da soli, avvertono la fame e la sete, chiedono l’acqua e il nutrimento (il bambino fin dalla nascita in modo prepotente), li rifiutano quando sono sazi. Anche nelle fasi terminali di attenuazione o perdita della coscienza l’anziano apre la bocca e la deglutisce quando gli viene offerto il cibo, la chiude quando non ne vuole più. Il suo corpo “sa” quando ha bisogno di cibo e quando non ne ha. Nulla di tutto ciò avviene nel paziente in SVP, il quale per questo viene alimentato forzatamente per via naso gastrica o endograstrica. Non c’è nulla di “ordinario”, “normale”, “naturale”, nella condizione del paziente in SVP>>.

445

E. BROSETT, La fin de la vie et le droit européen, in in (a cura di) S. NEGRI, The right to informed

consent…, cit., p. 87 ss.

446

159

applicazioni della tecnologia e della scienza>>, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a)

e b)447.

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