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Il DM 92/2008 e l’introduzione del concetto di “sicurezza urbana”

CAPITOLO 2 – DALLA SICUREZZA PUBBLICA ALLA SICUREZZA URBANA

2.7 Il DM 92/2008 e l’introduzione del concetto di “sicurezza urbana”

Il quadro sopra delineato ha di recente registrato un significativo cambiamento dal momento che è intervenuta la legge statale a disciplinare la sicurezza urbana.

Appare singolare che la legge statale, chiamata a definire i nuovi poteri del sindaco quale ufficiale di governo, rinunci poi a disciplinare l’ambito dell’esercizio di tali poteri, ed addirittura a fissare la definizione della nozione di sicurezza urbana che costituisce il contenuto concettuale a cui deve riferirsi il legittimo esercizio del potere, per affidare tali compiti ad un decreto del Ministro dell’interno, peraltro di incerta natura.

La norma pone con evidenza un problema di legittimità costituzionale sia con riferimento all’art. 117, comma 2, Costituzione che affida alla legge e non ad atti amministrativi (o regolamentari) la disciplina delle materie di competenza tanto statale quanto regionale, sia con riferimento all’art. 118 Cost. per quanto riguarda l’allocazione delle funzioni con uno strumento diverso dalla legge.

La norma, inoltre, non precisa la natura dell’atto chiamato a definire l’ambito di applicazione dei poteri del sindaco e la nozione di sicurezza urbana; in assenza di qualunque indicazione si dovrebbe comunque ritenere che la disciplina di cui al

56 Carrer F., La polizia di prossimità, Franco Angeli, Milano, 1995

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comma 4 bis dell’art. 6 del citato decreto legge debba essere adottato almeno con atto di natura regolamentare, anche se si può legittimamente dubitare della possibilità di un semplice regolamento ministeriale di esecuzione di integrare in modo così significativo la norma di legge.

La norma in realtà sembra aver attribuito al sindaco un potere di ordinanza in materie connesse con l’ordine pubblico, da sempre esercitato dal prefetto.

Con il decreto n. 92 del Ministro dell’interno del 5 agosto 2008 si è provveduto a definire le nozioni di incolumità pubblica e di sicurezza urbana (art. 1) e a delimitare l’ambito di applicazione delle disposizioni di cui allo stesso art. 6, commi 1 e 4, attraverso una tipizzazione degli interventi del sindaco ammessi in sede di esercizio delle funzioni di ufficiale di governo (art. 2).

L’articolo 1 del decreto ministeriale piuttosto che porre una indicazione del contenuto concettuale della sicurezza urbana da di essa una definizione attraverso le forme, i luoghi e le finalità della tutela. La sicurezza urbana viene, infatti, definita come un “bene pubblico” da tutelare attraverso attività poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la vita civile nell’ambito delle comunità locali, al fine di migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.

Appare evidente che si è di fronte non ad una definizione in senso proprio, ma alla generica indicazione di un programma di attività che sembra implicare esercizio di funzioni e poteri non solo statali, ma anche regionali e locali.

Maggior contenuto sembra avere l’articolo 2 del medesimo decreto ministeriale che nel tentativo di definire l’ambito degli interventi sindacali collega la possibilità di esercitare il relativo potere alle “situazioni urbane di degrado o di

isolamento che favoriscono l'insorgere di fenomeni criminosi”, “le situazioni in cui si verificano comportamenti che determinano lo scadimento della qualità urbana”, “le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano”, “i comportamenti che possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli

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spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l'accesso ad essi”.

In realtà la definizione contenuta all’art. 2 introduce una serie di categorie generali che tendono a dare all’elencazione contenuta nel medesimo articolo un carattere non tassativo ma esemplificativo.

Dall’enumerazione delle fattispecie di cui all’art. 2 sembra prevalere una lettura in qualche modo più sul versante tradizionale dell’ordine e della sicurezza pubblica che su quello del recupero e del miglioramento delle condizioni anche urbane per l’integrazione sociale.

Il sindaco interviene per “prevenire e contrastare” e con un’ottica sostanzialmente mirata almeno in prevalenza alla rimozione di singole situazioni ritenute lesive della decenza pubblica (accattonaggio, prostituzione, etc.) o del decoro urbano (abusivismo commerciale, illecita occupazione di suolo pubblico) e di alcuni diritti legati al libero possesso dei beni (danneggiamento al patrimonio) piuttosto in una ottica di rilancio della qualità del tessuto urbano e sociale.

In questa prospettiva la sicurezza urbana rischia di connotarsi prevalentemente per profili legati alla nozione tradizionale di ordine pubblico, con la perdita di quei profili legati all’esercizio delle competenze non statali connesse con la qualità dell’ambiente urbano e del territorio.

In un certo senso più il sindaco si fa ufficiale di governo meno sembra realizzarsi un sistema integrato di sicurezza.58

A questo ordine di competenze fa riferimento il decreto del Ministro dell’Interno nel definire la sicurezza urbana. Si ricorda che la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza è riservata esclusivamente allo Stato; poi si aggiunge - impropriamente - “al fine di assicurare uniformità su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni”. Impropriamente, dato che i livelli

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essenziali delle prestazioni sono assicurati comunque, in ogni materia dell’ordinamento, senza alcun bisogno di riservare una materia allo Stato per garantirne il rispetto: la materia può essere anche pienamente regionale, ma i livelli essenziali sono comunque stabiliti dallo Stato.

Già nella configurazione delle fonti, questa definizione si presenta stabilita secondo un modo di procedere peculiare, assente nel testo originario del decreto legge, ed introdotto dal Senato, in sede di conversione. In effetti, in base a questa integrazione (art.4 bis), si è rinviata ad un decreto ministeriale la individuazione dell’ambito di applicazione della disciplina, “anche con riferimento alle definizioni

relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana”.

In sostanza, il decreto si trova ad integrare la disciplina dettata dal legislatore, anzitutto nell’individuare i contenuti dei due versanti in cui questa potestà di ordinanza si esplica: l’incolumità pubblica e, appunto, la sicurezza urbana. L’incolumità pubblica – afferma il decreto - riguarda “l’integrità fisica della

popolazione”, sostanzialmente aggiornando la formula precedentemente

contenuta nel testo unico, che faceva riferimento a “fenomeni che minacciano

l’incolumità dei cittadini”.

Su questo piano, la definizione del decreto, pur adeguando per qualche aspetto quella precedente (si pensi, in particolare, alla sostituzione del riferimento ai soli “cittadini”, al più inclusivo concetto di “popolazione”) sembra sostanzialmente confermare l’ambito precedente.

Del tutto nuova, invece, si presenta la individuazione della materia “sicurezza urbana”; nuova per il legislatore, perché di elaborazioni, in dottrina, non ne mancavano. In particolare, non mancano definizioni ad opera di una sociologia urbana che da tempo, anche in ambito europeo, si occupa di questi temi in un’accezione che tende a distinguersi dai concetti tradizionali di sicurezza ed ordine pubblico e intende evidenziare l’affermarsi di una sicurezza che non è più soltanto garanzia di un’assenza di minaccia, ma anche attività positiva di rafforzamento della percezione pubblica della sicurezza stessa.

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Secondariamente, l’aggettivo “urbana” richiama in maniera esplicita il luogo dove si manifestano oggi rilevanti problemi di sicurezza, e dove è necessario concentrare gli interventi. Il riferimento al contesto urbano, tuttavia, allude anche agli attori istituzionali che hanno la responsabilità, a livello locale, di farsi carico dei problemi dei cittadini cioè gli amministratori delle città59.

Così, il legame con il contesto urbano coinvolge il governo della città, ponendo la necessità di considerare le relazioni tra fenomeni locali e problemi ben più ampi, talora di livello globale, come avviene per la prostituzione o lo spaccio di droghe.

Così, la sicurezza urbana evoca interessi pubblici primari come l’integrità delle persone e la qualità della vita nelle città, con una forte caratterizzazione funzionale, come evidenzia il diffondersi di accordi, intese, patti per la sicurezza60.

Da qui una prima conclusione: non siamo di fronte a una nuova materia. Siamo in un punto di intersezione tra materie e competenze diverse.

L’esigenza di collaborazione tra diversi soggetti, livelli, competenze, politiche pubbliche sembra connotare la sicurezza urbana in maniera imprescindibile, nella natura stessa del concetto stesso.

Nel Decreto Ministeriale del 2008 non si toccano gli obbiettivi di collocazione della materia nel quadro costituzionale, ma viene adottata una definizione esclusivamente ai fini della configurazione dei poteri di ordinanza. Questo significa che rimane impregiudicata ogni questione relativa alla delimitazione delle funzioni dei comuni, come fondamentali, proprie, o conferite, secondo le classificazioni presenti nell’art.118 Costituzione.

59 Vandelli L., Le ordinanze del sindaco in materia di sicurezza urbana, relazione presentata al Convegno organizzato dalla Prefettura di Bologna e dalla SPISA-Scuola di specializzazione in Studi sull’Amministrazione dell’Università di Bologna – 25 settembre 2008.

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D’altronde, il potere di ordinanza del sindaco quale ufficiale di governo ben può esplicarsi in materie anche non statali, senza attrarre queste materie alla competenza dello Stato. Questa considerazione è confortata anche dai precedenti, osservando che, in certe fasi, le ordinanze in materia, ad esempio, di sanità erano attribuite al Sindaco in quanto ufficiale di governo, senza che questa circostanza implicasse alcuna attrazione della materia sanità alla competenza statale. Analogamente, si può far riferimento, oggi, al tema delle ordinanze di modifica di orari, per casi di emergenza connessi con il traffico o con l’inquinamento, materie che certamente rimangono di competenza regionale e locale.