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CAPITOLO 2 – DALLA SICUREZZA PUBBLICA ALLA SICUREZZA URBANA

2.4 Le politiche locali per la sicurezza

La problematica delle politiche locali di sicurezza si è imposta in Italia a partire dai primi anni ’90, a seguito di una crescente domanda sociale di sicurezza da parte dei cittadini, che, pur continuando a riguardare anche le autorità di pubblica sicurezza e le forze dell’ordine, si è indirizzata sempre più direttamente verso gli amministratori locali e soprattutto verso i sindaci47.

Questo processo di posizionamento del “bene pubblico sicurezza” al livello del governo locale può essere ricollegato a due fattori essenziali e per molti versi interconnessi, che si possono così sintetizzare: da un lato, la trasformazione profonda nei meccanismi di rappresentanza avvenuta con l’elezione diretta dei sindaci (legge n. 81 del 1993); dall’altro, l’evoluzione della domanda stessa di sicurezza, che dalla richiesta di tutela dai fenomeni criminali (in particolare alla criminalità diffusa), si estende a tutta una serie di problematiche concernenti la vivibilità delle città e classificabili come cause di “disordine fisico” (edifici abbandonati e incustoditi, cattiva manutenzione degli spazi urbani e dell’arredo urbano, scritte sui muri, rifiuti e veicoli abbandonati su strada, scarsa illuminazione, panchine o cabine telefoniche vandalizzate, ecc.), e cause di “disordine sociale” (comportamenti disturbanti o aggressivi verso residenti e passanti, conflitti tra gruppi, connessi in talune situazioni alla presenza di immigrati o nomadi, presenza di senza fissa dimora, accattonaggio, tossicodipendenza, prostituzione di strada, ma anche circolazione stradale pericolosa o dannosa).

I “primi cittadini”, quindi, scelti direttamente dai loro amministrati, divengono i referenti più immediati delle tensioni sociali attorno ai bisogni

47 Ferroni F., Le politiche di sicurezza urbana: l’evoluzione normativa e la sfida dell’integrazione, in La

sicurezza urbana: dalla pratica alla teoria, dalla teoria alla pratica. Elaborati finali del corso di responsabile tecnico delle politiche di sicurezza urbana, FISU, 2006

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fondamentali delle comunità locali, nel cui “catalogo” si inserisce prepotentemente.

Con questi presupposti, l’imporsi della questione della sicurezza delle città nella sua nuova e più complessa accezione in questo contesto che si inizia a parlare di sicurezza urbana), risulta strettamente legata al tema della redistribuzione delle responsabilità e delle competenze tra le amministrazioni locali e centrali che caratterizza il dibattito sulla riforma federalista dello Stato48.

La riforma del sistema elettorale del 1993, con l’elezione diretta del sindaco, ha dato forma istituzionale alla rivendicazione da parte degli enti locali di un ruolo sempre più rilevante anche in materia di ordine e di sicurezza pubblica.

Il sindaco in quanto conoscitore delle problematiche sociali della realtà locale può costituire un valore aggiunto nella tutela dell’ordine e della sicurezza

Anche la successive legislazione finalizzata alla realizzazione del cosiddetto “federalismo amministrativo”, mentre ha ribadito espressamente il monopolio esclusivo dello Stato in materia di “ordine pubblico e sicurezza pubblica”, in conformità del resto al vigente dettato costituzionale, non si è invece preoccupata di prevedere tra gli elementi caratterizzanti della riforma alcun istituto volto a sviluppare un rapporto efficace fra agenzie statali di sicurezza e governo locale49.

Ad esempio, ai sensi del D.leg.vo, n. 279 del 1999, al comitato provinciale partecipano istituzionalmente, accanto ai membri effettivi, il presidente della Provincia ed il sindaco del capoluogo. Si tratta di una disposizione di notevole importanza, poichè rappresenta il momento di compensazione tra politiche nazionali e locali.

48 Pajno A., Antonelli V., La sicurezza urbana tra editti e ronde, in Astrid, dal sito: http://www.astrid-

online.it/

49 C. Braccesi, Lo sviluppo delle politiche di sicurezza urbana, in Selmini R (a cura di), La sicurezza urbana, op. cit.

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In questo quadro si può ascrivere anche la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 con la nuova formulazione degli art. 117 e 118 e l’introduzione del principio di sussidiarietà e di equiordinamento fra Stato centrale e enti minori.

La riforma del 2001 ha abbandonato l’originario principio di parallelismo tra la titolarità di competenze legislative e la titolarità di competenze amministrative, per adottare invece due sistemi diversi: un sistema fondamentalmente basato su un riparto per materie per le funzioni legislative (art.117) e un sistema basato, invece, su un principio di sussidiarietà, per quella amministrative (art.118).

Secondo questo sistema le funzioni amministrative spettano primariamente al Comune e salgono di livello soltanto quando il Comune si riveli inadeguato50 “”.

In materia di sicurezza, c’è un ulteriore riferimento rilevante in Costituzione, per ora rimasto sullo sfondo: ed è il fatto che precisamente in questa l’art. 118 prevede, dopo avere distribuito le competenze, che la legge statale disciplini forme di coordinamento tra Stato e Regione. Esigenza, questa, ben evidenziata dalle esperienze sin qui condotte in relazione alle politiche integrate per la sicurezza; secondo una concezione che configura la sicurezza stessa come un risultato, a cui devono concorrere competenze e istituzioni politiche diverse, componendo competenze assai variegate, che vanno dalle funzioni relative ai servizi sociali a quelle relative all’edilizia e all’urbanistica, fino ovviamente al nucleo storico dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica.

In sintesi, il riparto delle funzioni delineato dalla Costituzione, dopo la modifica del 2001, prevede:

• una riserva alla competenza legislativa dello Stato, in via esclusiva della materia ordine pubblico e sicurezza; materia che, chiarisce la Corte costituzionale, riguarda la prevenzione dei reati e il mantenimento dell’ordine

50 Art. 118 Costituzione: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato”.

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pubblico, e nella quale l’attribuzione in via esclusiva consente dunque allo Stato di dettare una disciplina anche di dettaglio (sent. n.218 del 1988);

• in secondo luogo, la Costituzione colloca tra le competenze concorrenti – riservando, dunque, al legislatore statale in questo caso la determinazione dei soli principi fondamentali – materie rilevanti, per il contesto in cui si collocano i profili della sicurezza, dal governo del territorio alla tutela della salute;

• in terzo luogo, si stabilisce che ogni materia non riservata allo Stato sia di competenza legislativa delle Regioni, tranne la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che riguardano i diritti civili e sociali, che sono comunque riservati, in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale. Tra le materie che dunque rientrano nella competenza propria delle Regioni ci sono espressamente la polizia amministrativa locale e, per il fatto che la Costituzione non li cita, ambiti come, ad esempio, i servizi sociali.

Con la riforma del Titolo V della Costituzione centrale diventa il ruolo della polizia locale51.