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Domicilio, residenza e stabile organizzazione nella normativa nazionale:

2. La scelta dei criteri di localizzazione delle operazioni imponibili

2.2. La localizzazione delle prestazioni di servizi

2.2.1. Domicilio, residenza e stabile organizzazione nella normativa nazionale:

l’attuazione delle previsioni comunitarie

Traduceva le disposizioni comunitarie recanti il principio della tassazione nel luogo di stabilimento del prestatore l’art. 7, c. 3 del D.P.R. n. 633/1972, il quale assegnava rilievo ai fini dell’individuazione dei casi in cui il prestatore del servizio (e conseguentemente la prestazione resa) fosse localizzabile nel territorio italiano, alle nozioni di domicilio, residenza ovvero di

stabile organizzazione.

Più in particolare, prevedeva il menzionato articolo, fino alle più recenti modifiche apportate con il D.Lgs. 11 febbraio 2010 n. 18, che le prestazioni di servizio si considerassero effettuate nel territorio dello Stato quando rese da soggetti con domicilio in Italia ovvero da

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Rimane ferma la sola autonomia del “trasporto comunitario di beni” la cui disciplina territoriale è contenuta all’art. 50 della direttiva 2006/112/CE.

soggetti ivi residenti non domiciliati all’estero nonché se rese da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero57.

In difetto di previsioni ad hoc le nozioni di residenza e domicilio si intendevano nell’accezione civilistica dei termini, sicché per le persone fisiche la residenza veniva a coincidere con il luogo di dimora abituale e il domicilio con la sede principale degli affari ed interessi (in conformità all’art. 43 c.c.). Per le persone diverse da quelle fisiche, invece, lo stesso art. 7 prevedeva che per domicilio si intendesse il luogo in cui si trovava la sede legale mentre la residenza veniva individuata nel luogo della sede effettiva.

Quanto alla rilevanza della stabile organizzazione in Italia del soggetto estero, poi, vale spendere un breve approfondimento nella delimitazione del concetto, in ragione della rilevanza che essa assume nel sistema IVA, dimostrata dalle modifiche intervenute con la direttiva n. 2008/8/CE che si sono mosse nella direzione di renderne quella definizione positiva che prima difettava58.

Si osserva innanzitutto che la stabile organizzazione59 viene in rilievo quale mezzo di collegamento di un soggetto (estero) con il territorio di uno Stato membro della Comunità. L’esistenza di una stabile organizzazione incide infatti, come appena rammentato, sul principio di attrazione territoriale dipendente dal domicilio o dalla sede legale dell’operatore: nel senso che attrae al territorio (se il soggetto è estero) – o distrae dal territorio nazionale (per i soggetti

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Si noti che le stabili organizzazioni possono essere non solo di imprese ma anche di esercenti arti o professioni domiciliati o residenti all’estero, come rilevano DELLA VALLE E. – MASPES P., La stabile organizzazione nel sistema dell’IVA, in Corr. trib., 2010, 942 ss.; ciò che non deve sorprendere poiché la dicotomia impresa/esercente arti e professioni è propria del solo diritto interno, laddove in conformità al diritto comunitario è, invece, soggetto passivo IVA chiunque eserciti in maniera indipendente una «qualsiasi» attività economica.

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Sul tema della stabile organizzazione nell’IVA, senza pretese di completezza, FIORELLI A. – SANTI A., Specificità del concetto di «stabile organizzazione» ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, in Rass. trib., 1998, 367; LUDOVICI P., Il regime impositivo della stabile organizzazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, in Riv. dir. trib., 1998, I, 67; PURI P., La stabile organizzazione nell’Iva, in Riv. dir. trib., I, 2001, 239; ROSSI RAGAZZI F., La stabile organizzazione dopo le direttive IVA, in Corr. trib., 2010, 821.

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Vale osservare che la locuzione “stabile organizzazione” traduce nell’ordinamento italiano quella di “centro di attività stabile” cui l’ordinamento comunitario fa riferimento. Nonostante la diversità di terminologia e la constatazione che nell’ordinamento comunitario la nozione di stabile organizzazione non coincide con quella di centro di attività stabile, propria del solo sistema IVA, la locuzione nazionale e quella comunitaria dovrebbero essere ritenute, quanto al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, coincidenti. In primo luogo poiché la locuzione “stabile organizzazione” è utilizzata dal legislatore interno per recepire la nozione comunitaria di “centro di attività stabile” anche in altre occasioni, ad esempio nell’art. 38-ter del D.P.R. n. 633/1972, che recepisce la normativa comunitaria del rimborso IVA a non residenti prevista nella direttiva 6 dicembre 1979 n. 79/1072, cd. VIII direttiva (come nota GIORGI M., Detrazione e soggettività passiva nel sistema sul valore aggiunto, Padova, 2005, 203); in secondo luogo in ragione della maggiore ampiezza del concetto di stabile organizzazione che sarebbe in grado [come nota FILIPPI P., L’imposta sul valore aggiunto nei rapporti internazionali, in UCKMAR V. (coordinato da), Diritto tributario internazionale, Padova, 2005, 1111] di rendere imponibili ai fini IVA in uno Stato prestazioni di servizi che nello spirito della direttiva non lo sarebbero.

ivi stabiliti) – le attività svolte per il suo tramite60. Di ciò si trovava conferma nella previsione dell’art. 7 (speculare a quella dell’imponibilità in Italia delle prestazioni rese da una stabile organizzazione di un soggetto estero) per cui le prestazioni di servizi non dovevano considerarsi effettuate nel territorio dello Stato quando rese da stabili organizzazioni all’estero di soggetti domiciliati o residenti in Italia.

Ciò premesso, la nozione di stabile organizzazione ha creato nell’ordinamento interno difficoltà interpretative con riferimento all’individuazione degli indici utilizzabili al fine di ritenere sussistente nel territorio nazionale un radicamento del soggetto estero ed in particolare della mutuabilità in ambito IVA del concetto di stabile organizzazione cui si fa generalmente riferimento con riguardo all’imposizione diretta; in particolare quello che emerge dal modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni internazionali, il quale riconduce l’esistenza di una S.O. ad una sede fissa di affari in cui l’impresa eserciti in tutto o in parte la sua attività (cd. stabile organizzazione materiale) – prevedendo altresì la configurabilità della stessa quando una persona, diversa da un agente che goda di uno status indipendente, agisca per conto di un’impresa oppure abitualmente eserciti in uno Stato contraente il potere di concludere contratti a nome della stessa (cd. S.O. personale).

Alla tradizionale definizione ed elaborazione dottrinale e giurisprudenziale di stabile organizzazione resa per le imposte dirette, si è infatti nel tempo venuto contrapponendo l’autonomo concetto di “centro di attività stabile” rilevante ai fini IVA, delineato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e che ha definitivamente trovato espressione nella recente introduzione di una “nuova” definizione positiva conforme ai precedenti giurisprudenziali.

In tal senso, pur condividendo la tesi per cui l’elemento materiale necessario per configurare un centro di attività stabile deve consistere in una struttura che presenti un sufficiente grado di stabilità61, la Corte ha tuttavia precisato, quanto al profilo soggettivo, che un centro di attività stabile può dirsi tale «solo se […] implica la presenza permanente di mezzi umani e tecnici

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CENTORE P., Criteri per la determinazione della residenza fiscale ai fini IVA, in Fisc. int., 2009, 34.

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Ancorché l’esistenza di una stabile organizzazione rilevi ai fini dell’individuazione del luogo di imponibilità delle prestazioni di servizi dalla stessa rese, l’esistenza medesima non può che valutarsi, sotto il profilo materiale, alla luce di tutte le attività svolte dal centro, tanto si tratti di beni quanto di servizi. Più precisamente, come osserva IAVAGNILIO M., Gli effetti della sussistenza della stabile organizzazione, in Corr. Trib., 2002, 3045 ss., sebbene per le operazioni effettuate da soggetti non residenti diverse dalle prestazioni di servizi il criterio di tassazione prescinda dall’esistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, ciononostante, ai fini dell’accertamento dell’esistenza di una stabile organizzazione, non sembrerebbe fuori luogo considerare tutte le operazioni attive poste in essere dalla stessa, coerentemente con la definizione di stabile organizzazione inserita all’interno dell’art. 1 dell’VIII direttiva.

necessari per le prestazioni di servizi e se queste prestazioni non possono essere utilmente riferite alla sede dell’attività economica del prestatore»62.

In ordine poi all’estendibilità della nozione di centro di attività stabile alla fattispecie della cd. stabile organizzazione personale, la Corte ha escluso che l’esercizio di una mera attività di intermediazione seppur indipendente ad opera di persone fisiche possa configurare un centro di attività rilevante ai fini del radicamento territoriale delle operazioni63, affermando di contro la possibilità che sia una società controllata da una società estera stabilita nel territorio nazionale a configurare una stabile organizzazione del soggetto estero, quando agisca per conto di quest’ultimo svolgendo un’attività che esuli dalla sua normale attività economica, agendo ad esclusivo vantaggio del non residente64.

Emerge qui con evidenza la prefata funzione della stabile organizzazione nel sistema comune IVA, che si differenzia da quella assunta nell’ambito delle imposte dirette laddove è strumento di ripartizione del reddito d’impresa tra i diversi ordinamenti interessati alla sua produzione e che risponde all’esigenza di trovare una collocazione territoriale delle operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’imposta secondo criteri il più possibile rispondenti al fine perseguito (tassazione del consumo), come dimostra l’affermazione della giurisprudenza comunitaria per la quale la presa in considerazione di un centro di attività “altro” a partire dal quale venga resa la prestazione di servizi entra in linea di conto solo nel caso in cui il

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Così sentenza 4 luglio 1985, causa C-168/84, caso Berkholz, in Racc. giur., 1985, 2251, nella quale si negava che l’installazione, a bordo di navi marittime, di macchine automatiche per giochi d’azzardo, che dessero luogo a saltuaria manutenzione, potesse costituire un siffatto centro di attività, specialmente nel caso in cui la sede permanente del gestore di dette macchine automatiche fornisse un punto di riferimento utile ai fini della tassazione. L’indirizzo veniva riaffermato nella sentenza 2 maggio 1996, causa C-231/94, caso FG-Linien, in Racc. giur., 1996, I, 2395, rilevante anche in punto di distinzione tra “cessione di beni” e “prestazione di servizi”quanto alle operazioni di ristorazione a bordo di traghetti.

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Così nella sentenza 17 luglio 1997, causa C-190/95, caso ARO-Lease, in Racc. giur., 1997, 4383, nonché in Riv. dir. trib., 1998, III, 3, con nota di ARMELLA S., Il regime IVA delle operazioni di leasing dei mezzi di trasporto in ambito comunitario, 9, nella quale ribadito che «affinché un centro d’attività possa essere utilmente preso in considerazione, in deroga al criterio preferenziale della sede, come luogo delle prestazioni di servizi di un soggetto passivo, è necessario che esso presenti un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate» (punto 16) si affermava che «allorché una società di leasing non dispone in uno Stato membro né di personale proprio né di una struttura che presenti un sufficiente grado di stabilità, nell’ambito della quale possano essere redatti contratti o prese decisioni amministrative, struttura che sia quindi idonea a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi in questione, essa non può essere considerata disporre di un centro di attività stabile in tale Stato» (punto 19), nonostante l’esistenza nel territorio dello Stato di intermediari indipendenti che mettano in contatto i clienti con la società estera (i quali tuttavia, non possono considerarsi «mezzi umani permanenti, ai sensi della giurisprudenza citata» - punto 21). Per un commento alla sentenza anche DE BROE L., Cross-border leasing of cars into Belgium: issues of VAT and the freedom to provide services – analysis of and comments on the European Court’s holding in Aro Lease, in EC Tax Review, 1997, 215.

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Così nella sentenza 20 febbraio 1997, causa C-260/95, caso DFDS, in Racc. giur., 1997, I, 1005 ed in Riv. dir. trib., 1997, II, 579, con nota di ARMELLA S., Il regime IVA della agenzie di viaggi, 585.

riferimento alla sede non conduca ad una soluzione razionale dal punto di vista fiscale o crei un conflitto con un altro Stato membro65.

Vale peraltro osservare che, pur consolidatasi la nozione di “centro di attività stabile” rilevante ai fini della localizzazione territoriale delle operazioni (da cui anche l’assolvimento dell’imposta per il suo tramite – come vedremo più oltre analizzando l’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972), la stessa si confronta al pari delle altre categorie giuridiche proprie del sistema comune IVA con l’evoluzione tecnologica, che apre nuove prospettive e nuovi dubbi, come dimostra il dibattito della configurabilità di una stabile organizzazione nell’attività svolta nella nuova era digitale dal service provider66 (ad oggi da escludersi in base all’indirizzo per cui l’esistenza di mezzi umani sarebbero carattere imprescindibile ai fini della configurabilità di un centro di attività stabile).

Ripercorse dunque brevemente le problematiche attinente alla figura della stabile organizzazione nel sistema IVA, vale concludere il presente paragrafo rilevando alcune incongruenze della previsione nazionale di cui all’art. 7 del decreto IVA nella versione antecedente alle ultime modifiche rispetto a quella comunitaria, le quali si aggiungono alla difformità terminologica che sebbene non essenziale (dovendo ritenersi che “stabile

organizzazione” sia la traduzione di “centro di attività stabile” e come tale la nozione vada

interpretata ed applicata nell’ordinamento interno in linea con l’evoluzione giurisprudenziale comunitaria) è apparsa ed appare inutilmente fuorviante67.

Innanzitutto si osserva infatti la creazione da parte del legislatore nazionale di una gerarchia “inversa” rispetto alle previsioni comunitarie degli elementi soggettivi utilizzati per radicare una prestazione di servizi nel territorio dello Stato.

La stabile organizzazione assume in tal senso una posizione preminente rispetto agli altri due criteri fondanti la regola del luogo di stabilimento del prestatore (domicilio e residenza), come risulta dalla previsione per la quale le operazioni «non si considerano effettuate nel

territorio dello Stato quando sono rese da stabili organizzazioni all’estero di soggetti

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Cfr. Corte di giustizia CE, 4 luglio 1985, causa 168/84, caso Berkholz, cit.; 2 maggio 1996, causa C-231/94, Faaborg-Gelting Linien A/S, cit.; 17 luglio 1997, causa C-190/95, caso ARO Lease BV, cit.; 7 maggio 1998, causa C-390/96, caso Lease Plan Luxembourg SA, in Racc. giur., 1998, I, 2553. Si tratta per così dire di un criterio di collegamento territoriale delle prestazioni di servizi “di secondo grado”, come rilevano DELLA VALLE E. – MASPES P., La stabile organizzazione nel sistema dell’IVA, cit.

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Per i più importanti riferimenti bibliografici in tema di stabile organizzazione, GIORGI M., Detrazione e soggettività passiva nel sistema sul valore aggiunto, cit., 199 ss. e con riguardo all’ultimo aspetto rammentato 21 ss.

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A maggior ragione se si considera che la relazione di accompagnamento al decreto IVA assumeva che nei casi di dubbia interpretazione per stabilire se vi fosse una stabile organizzazione occorreva avere riguardo ai precisi termini della convenzione contro le doppie imposizioni conclusa con lo Stato al quale l’impresa apparteneva, come rileva ARMELLA S., Il principio di territorialità nell’imposta sul valore aggiunto: tesi di dottorato in diritto tributario internazionale e comparato, cit., 73.

domiciliati o residenti in Italia»68, diversamente dall’approccio comunitario per il quale invece il centro di attività stabile assume rilievo residuale ai fini della localizzazione delle prestazioni di servizi rispetto al luogo della “sede dell’attività economica”.

Proprio con riguardo a tale profilo si evidenzia poi un’ulteriore discrasia per la quale mentre la normativa comunitaria fa riferimento alla “sede dell’attività economica” del soggetto prestatore del servizio, volgendo dunque l’attenzione ad un elemento fattuale individuato nel luogo in cui l’operatore produce il proprio valore aggiunto69, l’ordinamento nazionale utilizza prioritariamente gli schemi civilistici del domicilio e della residenza, intese rispettivamente come sede legale ed effettiva per le persone giuridiche.

Tali incongruenze non appaiono risolte neppure con le modifiche del 2010, che pur avrebbero rappresentato un’occasione di adeguamento, come meglio appresso chiariremo.