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Don Luigi Ciotti e l’associazione anti-mafia “Libera”

4.8 Don Panizza, Don Scordato, Don Ciotti

4.8.3 Don Luigi Ciotti e l’associazione anti-mafia “Libera”

“Sono solo un cittadino che sente prepotentemente dentro di sé il bisogno di giustizia”: questa è la frase con cui don Luigi Ciotti ama definirsi. Don Ciotti non è un comune sacerdote, né un uomo qualunque, bensì un onesto cittadino al servizio della gente, di coloro che chiedono aiuto. È un uomo carismatico, con una forte personalità. Le tappe principali della vita di Don Luigi sono segnate da momenti importanti. Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, chiamato “Gruppo Abele”, che si costituisce in Associazione di volontariato e interviene in numerose realtà segnate dall’emarginazione. Si occupa poi degli istituiti di pena minorili e costituisce delle comunità di adolescenti alternative al carcere. Nel 1972 viene ordinato sacerdote. Diviene un prete di strada. È in questi anni che si occupa dei primi casi di tossicodipendenza, apre un centro di accoglienza e di ascolto per persone vittime di fragilità; nel ‘74 apre la prima comunità. Nel 1986 partecipa alla fondazione della lega Italiana per la lotta all’AIDS, nata per difendere i diritti delle persone sieropositive. Negli anni ‘90 intensifica l’opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando vita nel 1995 a “Libera” associazione contro le mafie; un impegno che oggi coordina oltre 700 associazioni e gruppi sia locali che nazionali. Don Ciotti ne è il presidente. Nel 1998 riceve una laurea honoris causa dal Consiglio di Facoltà di Scienze dell’educazione. Don Ciotti non si limita ad annunciare la nascita di Libera, ma lancia anche una petizione popolare per raccogliere un

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milione di firme allo scopo di destinare a uso sociale i beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti. Un’iniziativa che fa discutere e attira sulla neonata associazione l’attenzione del mondo politico e sociale. Libera nasce così con un percorso chiaro, delineato129. Libera è una rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout, coinvolti in un impegno non solo “contro” le mafie, la corruzione, i fenomeni di criminalità e chi li alimenta, ma profondamente “per”: per la giustizia sociale, per la ricerca di verità, per la tutela dei diritti, per una politica trasparente, per una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, per una memoria viva e condivisa, per una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle speranze della Costituzione130. Un’altra storia di un prete attivo nella

società; sono esempi di vite accomunate dalla consapevolezza che opporsi alle mafie è un compito politico, sociale, culturale ed etico che riguarda l’intera società civile.

129Cfr. Tratto da sito web dell’associazione Libera-contro le mafie: http://www.libera.it/.

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CONCLUSIONI

“Se le due realtà, quella ecclesiale e quella civile, camminano ciascuna per conto proprio a soffrire sarà soprattutto l’uomo del nostro tempo”131.

Il presente lavoro ha avuto lo scopo di portare esempi e soluzioni al problema della criminalità diffusa; ed evidenziare quanto sia importante la posizione di una Chiesa trasparente e presente oggi e di un cristiano attivo e impegnato nella società.

Credo che la missione della Chiesa e il compito dei laici sia anche quello di promuovere la legalità, la crescita della civiltà, la sana politica attraverso la diffusione del messaggio contenuto nel Vangelo. Così facendo il laico cristiano diventerà capace di fare unità nella frammentazione del quotidiano, di unificare fede e realtà temporali. L’impegno è di sviluppare una maggiore partecipazione responsabile dei laici cristiani all’interno della vita ecclesiale e, naturalmente, nelle realtà temporali mettendo al centro la famiglia, il lavoro, la cultura e la politica132. “E la rete non si spezzò; in cui si è approfondito il carisma del laicato per una più viva missionarietà della Chiesa affinché il Vangelo penetri con più forza nella storia e la trasformi.). Sarebbe importante porsi come obiettivo quello di contribuire alla creazione di fondi a favore dei più deboli e delle vittime del “pizzo” oltre, per coerenza cristiana, alla necessità di evitare qualsiasi forma di sfruttamento combattendo con la testimonianza l’ingiustizia sociale delle clientele, delle violazioni della dignità, dei benefici pubblici non dovuti, e del disimpegno nel lavoro oltre che dello spreco delle risorse pubbliche. Per il raggiungimento di tali scopi sarebbe necessaria la

131 MONGAVEROD., GALEAZZIG., La Chiesa che non tace, Rizzoli, Milano, 2011, pagg. 16-17.

132 Cfr. Convegno ecclesiale regionale, Cristo nostra speranza in Calabria. Testimoni di corresponsabilità per servire questa terra su strade di liberazione, Squillace, 2001.

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ripresa, nelle parrocchie e nelle scuole, di una formazione politica e della promozione di laboratori di educazione civica, capaci di far maturare una coscienza del bene pubblico e della legalità. Pertanto, il cristiano nella società ha il dovere di “evangelizzazione” per il completo e reale progresso della persona umana. Penso, inoltre, che «i cristiani abbiano il dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano, e in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli ed aiuti per assolvere con maggior impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest’opera, mediante la quale la cultura umana acquista un posto importante nella vocazione integrale dell’uomo»133. La Chiesa dovrebbe, poi, parlare di giustizia non scendendo sul campo della lotta per il potere tra i partiti, ma “evangelizzando” e impegnandosi per quelle trasformazioni culturali e sociali che contribuiscono alla promozione umana; formando uomini nuovi, capaci di orientare le scelte secondo i valori fondamentali di un umanesimo integrale, vicino a Dio; contribuendo, così, a dare un’anima alla politica in crisi, nel pieno rispetto della laicità e del legittimo pluralismo delle opzioni possibili134. L’autentica interferenza o correlazione tra la fede e i problemi della società è impresa difficile che esige rigore, mediazione, coerenza; è un’impresa sempre da riproporre, da rinnovare, soprattutto nella svolta epocale che stiamo vivendo e che apre scenari nuovi e imprevedibili. In questo tempo in cui cambiano le sfide anche politiche, cambiano anche le risposte che la fede deve dare ad esse. Risposte sempre ispirate dalla carità e dal «farsi prossimo» secondo lo stile di Gesù: «Io sto in mezzo a voi come Colui che serve. Chi è il più grande tra di voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve» (Lc 22, 1-29). D’altra parte, il riferimento alla verità dell’uomo e ai suoi diritti fondamentali non è qualche cosa di statico. Occorre,

133 Conc. Ecum. Vatic. II, Gaudium et spes, n. 57.

134Cfr. Convegno Ecclesiale Regionale, Cristo nostra speranza in Calabria. Testimoni di corresponsabilità per servire questa terra su strade di liberazione, Squillace, 2001.

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piuttosto, tener conto del continuo sviluppo delle coordinate storiche, culturali e ambientali, che orientano alla determinazione concreta dei contenuti di tale verità e di questi diritti fondamentali. Pertanto è necessaria la fatica continua di identificare, sul fondamento inalienabile e immutabile dei diritti dell’uomo, che cosa si intende per bene comune in ogni momento storico (nota: ibidem). Questa operazione è ancor più necessaria in una società complessa e pluralista come quella attuale. Senza scendere ad inaccettabili compromessi sui valori fondamentali, il cristiano sa di doversi confrontare con gli altri, nella collaborazione e nel rispetto reciproci, per individuare i contenuti del bene comune e ciò che da esso è richiesto qui e ora. Occorre, perciò, sviluppare un’azione di studio, di ricerca, di analisi e di dialogo, ovvero di mediazione culturale e politica, che, mentre lascia integra la propria identità e ispirazione, permette di individuare strade comuni per la determinazione e la realizzazione di quanto è richiesto dalla promozione integrale di ogni uomo e di tutti i suoi diritti135. Il mondo della scuola, per esempio, ha da sempre rappresentato e rappresenta il luogo in cui i giovani acquisiscono, oltre agli insegnamenti funzionali e a specifiche esigenze di apprendimento necessarie alla collocazione nel mondo professionale, anche comportamenti di condivisione di diritti e doveri che favoriscano la coscienza di appartenenza e di cittadinanza attiva. Dobbiamo quindi costruire una scuola più ambiziosa, un modello pubblico e privato capace di educare, di formare, di offrire qualificazione professionale, di preparare i ragazzi all’inserimento in una società più complessa in cui il sapere diventa elemento centrale per poter progettare la loro vita.

E’ necessario ridonare così alle realtà parrocchiali, agli oratori, alla scuola il loro vero ruolo utilizzandoli come realtà educative, centrando ogni sforzo nello sviluppo della “profezia dell’educazione”, cioè, di un’educazione che offra alle nuove generazioni, una risposta ai grandi

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interrogativi, promuova i valori della dignità della persona e del gusto della vita, susciti una coscienza sociale e politica capace di assumere la propria responsabilità nella costruzione di una società più solidale e aperta, più giusta e libera, più coraggiosa e audace136. La Chiesa nei paesi di dominio mafioso dovrebbe lasciarsi interpellare maggiormente dalla cultura attuale, in particolare, dalle nuove sfide poste al mondo dell’educazione come l’influsso della società della conoscenza, del pluralismo culturale e religioso, del relativismo etico, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, del fenomeno dell’immigrazione ed emigrazione, del consolidamento e della comparsa di nuove povertà giovanili, della precarietà della professionalità e del lavoro, delle strutture economiche e politiche. La necessità di rispondere alla domanda di educazione e di proporre una cultura alternativa che incida nelle realtà di dominio mafioso è quanto mai urgente. Sia dal punto di vista pedagogico che metodologico si delineano alcuni elementi utili per ripensare la prassi educativa, la formazione umana nell’ottica della pace. Attraverso itinerari di educazione alla mondialità, alla convivenza civile e democratica, ai diritti umani, si attiverebbero percorsi di maturazione umana che aiuterebbero le nuove generazioni a porsi nei confronti delle realtà sociale in maniera critica e costruttiva.

Come esempio di nuove sfide per il futuro, a partire dall’oggi, possiamo citare l’esempio del Progetto Policoro, promosso dall’Ufficio della CEI per i problemi sociali e del lavoro, dal Servizio nazionale di pastorale giovanile e dalla Caritas italiana, che affronta ormai da circa un decennio il problema della disoccupazione giovanile nelle regioni del sud nel contesto di una più ampia prospettiva di evangelizzazione e promozione umana. Questi i punti salienti da cui prendere spunto: - Educare alla mondialità. Da qui scaturisce l’impegno a costruire un

mondo che sia abitabile e visibile, con risorse prime sufficienti a

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garantire un’esistenza degna. Da questo punto di vista l’educazione formale nelle scuole (e non solo) è chiamata a promuovere stili di vita e modelli di pensiero aperti al futuro della famiglia umana, della natura.

- Educare alla convivenza democratica. Per educare alla cittadinanza democratica è necessario il riconoscimento delle persone come soggetti aventi diritti e doveri che favoriscano l’espressione delle differenze (culturali, generazionali, di genere…), attivi processi per la costruzione condivisa delle norme per la convivenza, faciliti apprendimenti significativi in riferimento ai diritti umani, alla storia della propria cultura, alla giustizia, alla responsabilità sociale, potenzi processi associativi, attraverso la creazione di reti di movimenti di opinione pubblica, locale, la costruzione di diritti, di responsabilità.

- Educare ai diritti umani. L’educazione ai diritti umani va collocata nel contesto della vita quotidiana, delle relazioni interpersonali e di gruppo. L’educazione diventa credibile solo se s’inscrive non a livello teorico e accademico, ma tocca il vissuto delle persone, dei gruppi e delle comunità. È indispensabile quindi che i ragazzi apprendano il senso della giustizia come diritto di ogni persona al soddisfacimento dei bisogni essenziali; educhi alla libertà dei singoli, dei popoli, nel rispetto della comune dignità umana e della diversa identità culturale, comprendere che il rispetto dei diritti umani è il presupposto per la pace. Come osservava Don Lorenzo Milani: “L’educatore deve essere per quanto può, profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani…”.

Tra gli obiettivi proposti dal progetto Policoro, da cui ancora una volta. È bene prendere spunto, sono:

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- offrire alle Chiese locali strumenti e opportunità per affrontare il problema della criminalità organizzata in una prospettiva di evangelizzazione e di promozione umana

- stimolare le aggregazioni laicali di ispirazione cristiana a lavorare “a rete” in un’ottica di sinergia e di collaborazione reciproca.

- la necessità di porre dei gesti concreti sul territorio, a testimonianza che è possibile essere artefici del proprio futuro.

Proposte di azioni concrete a partire da tre verbi137:

- ANNUNCIARE:

Comunicare, cioè saper parlare con chiarezza ed in modo personalizzato. Non generico. Profondo ed insieme preciso al cuore della gente. Capace di incidere nel vissuto della nostra realtà. Un annuncio evangelico che restituisca dignità a chi è stato costretto a perderla a causa di un male più grande. In questo contesto, è decisiva una più coraggiosa progettualità delle Parrocchie, perché è nell’interno delle comunità cristiane che maturano le risposte adeguate ai drammi del nostro paese. Ma si richiede più discernimento, più profondità nei Consigli Pastorali, perché siano vigili e sappiano dare, al momento giusto, suggerimenti veri ed adeguati per educare l’intera comunità ed il paese138. Abbiamo perciò bisogno di Preti profondi, più coraggiosi e più uniti, pieni di progettualità e speranza, nelle omelie propositivi e rispettosi di tutti, ma insieme chiari nella forza interiore, esempi luminosi di vita spirituale contro i clientelismi e le raccomandazioni, l’omertà. È l’etica che oggi è in crisi. Non l’annuncio in se stesso, ma un annuncio che dichiari le nostre responsabilità. Fondamentale, un efficace rilancio degli Oratori, nelle forme diversificate di questa antica formula. Ogni paese, infatti, ha sempre più bisogno di solidi e moderni

137 Ibidem. 138 Ibidem.

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punti di riferimento, dove i giovani trovino preti e laici pronti all’ascolto ed efficaci nelle risposte.

- DENUNCIARE:

La mafia sta prepotentemente rialzando la testa. E di fronte a questo pericolo, si sta purtroppo abbassando l’attenzione. Il male viene ingoiato. Non si reagisce. La società civile fa fatica a scuotersi. Si è consapevoli, ma non protagonisti. La mafiosità, poi, è ancora più pericolosa della mafia stessa, perché si insinua tra le pieghe delle istituzioni, diventa facile accomodamento, addirittura in certi casi si trasforma in comoda autogiustificazione (nota: ibidem). L’usura spoglia e depaupera tante attività e getta nella paura numerose famiglie. Un grazie, ai funzionari tenaci e coraggiosi, lungimiranti e competenti. Un triste rimprovero per ogni ritardo voluto e studiato, per ogni omissione colpevole, per ogni lentezza passiva. Lo Stato, con la necessaria e doverosa prevenzione, utilizzi ancor di più la formazione. Gli stessi percorsi di legalità non creano ancora una cultura ed una forza adeguata. Occorre infatti riempire la legalità con contenuti precisi di giustizia. La legalità da sola non basta più. Tutto si svuota. È quel vuoto di etica che sopra abbiamo chiesto alle nostre Chiese e alla società civile di colmare, perché siano scuole di etica per ogni uomo di buona volontà.

- RINUNCIARE:

Sarà di fatto sterile la nostra denuncia se non sarà accompagnata da una serie precisa di gesti alternativi. Gesti che tutti vedano, coerenti. Il punto centrale di questa rinuncia è la libertà dal denaro sporco; ottenuto non con il lavoro dignitoso. Anche la Chiesa deve contribuire a ciò. La povertà evangelica resta il grande tesoro della Chiesa. Siano meglio evidenziati i gesti di solidarietà con chi soffre di più. Ogni comunità cristiana dovrebbe sentire come suo impegno evangelico l’attenzione

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per i giovani, da attuare con precise iniziative che la fantasia della carità sa suggerire a chi ha un cuore grande. Le Scuole di Formazione all’impegno politico vanno portate avanti con fiducia. Ora, in tante parti d’Italia, pur con formule nuove ed originali, sono rilanciate. È un capitale culturale indispensabile per fondare scelte etiche nel campo politico, amministrativo, legislativo139.

Ho, quindi, parlato di un ordine diverso, quello della legalità e della giustizia a partire dagli insegnamenti della nostra Carta e del Vangelo, e sono consapevole che questo non può coincidere del tutto con l’ordine della giustizia. Ma siccome il diritto è una creazione umana e può ricevere ispirazioni da ciò che gli umani vivono, e in cui credono, mi auguro che sia possibile l’esercizio di una giustizia che possa ispirarsi alle acquisizioni del pensiero umano, cristiano e di valori sani.

Anche i piccoli gesti possono ispirare iniziative di alto profilo da parte del diritto, a uomini e donne del diritto quali noi siamo.

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