Analizzando il concetto di mafia da più punti di vista, è d’obbligo interrogarsi sulla definizione giuridica del fenomeno mafioso e sui rapporti tra questo e lo Stato. L’analisi e la conoscenza di un fenomeno che al tempo stesso può essere definito giuridico, antropologico, economico, sociale e politico è un tema assai discusso, ma per far questo è necessario partire da un concetto che già nei primi anni del ‘900, Santi Romano tentò di inquadrare in quelli che sono oggi i cardini di un ordinamento giuridico66. È interessante dover precisare che utilizzare il concetto di ordinamento giuridico per identificare il fenomeno mafioso è una lettura interpretativa, che non include una legittimazione etico-politica dell’associazionismo illecito e della stessa mafia, ma che ci sottopone ad una riflessione profonda relativamente ai punti in comune tra ordinamenti leciti e illeciti. Sotto un profilo teorico, l’idea di mafia come ordinamento giuridico risale al giurista siciliano Santi Romano, il quale la espresse in una celebre opera di teoria generale del diritto intitolata “L’ordinamento giuridico”67, pubblicata
66 Cfr. ROSSIS., La mafia come Stato nello Stato Radici e limiti di un paradigma interpretativo, in Sintesi dialettica per l’identità democratica, 162, 2007, Roma. 67 ROMANOS., L’ordinamento giuridico. Studi sul concetto, le fonti e i caratteri del diritto, Spoerri, Pisa, 1918. Sull’argomento cfr. BISCARETTI DI RUFFIA P. (a cura di), Le dottrine giuridiche di oggi e l’insegnamento di Santi Romano, Giuffrè, Milano, 1977.
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per la prima volta nel 1917. La teoria istituzionalistica espressa da Santi Romano, nell’ambito delle teorie generali sugli ordinamenti giuridici, considera insufficiente la nozione di diritto come esclusivo insieme di norme che costituiscono l’ordinamento. Poiché quest’ultimo, inteso come organizzazione, trascende e condiziona il suo aspetto esclusivamente normativo; L’istituzione è infatti organizzazione, posizione della società ed il momento istitutivo che precede e costituisce quello normativo. Il punto di partenza non sono quindi le norme, ma la società, ogni singola società nel suo stesso porsi, come organizzazione e come struttura: in questo senso – secondo la teorizzazione di Romano – “ l’ordine sociale che è posto dal diritto non è quello che è dato dalla esistenza, comunque originata, di norme che disciplinino i rapporti sociali, ma esso non esclude tali norme, anzi se ne serve e le comprende nella sua interezza, ma, nel medesimo tempo, le avanza e le supera. Questo significa che il diritto, prima di essere norma, prima di concernere un semplice rapporto o una serie di rapporti sociali, è organizzazione, struttura, posizione della stessa società in cui si svolge e che esso costituisce come unità. Se così è, il concetto che ci sembra necessario e sufficiente per rendere in termini esatti quello di diritto, come ordinamento giuridico considerato complessivamente e unitariamente, è il concetto di istituzione. Ogni ordinamento giuridico è una istituzione e, viceversa, ogni istituzione è un ordinamento giuridico: l’equazione fra i due concetti è necessaria e assoluta.
Cosicché l’espressione "diritto" può ricorrere in un doppio significato, può cioè, designare anzitutto:
a) un ordinamento nella sua completezza e unità, cioè una istituzione; b) un precetto o un insieme di precetti, per distinguerli da quelli non giuridici, diciamo istituzionali, mettendo così in evidenza la connessione che essi hanno con l’ordinamento intero, ossia con
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l’istituzione di cui sono elementi, connessione che è necessaria e sufficiente per attribuire loro carattere giuridico”68.
Santi Romano individua poi tre elementi necessari per configurare un ordinamento giuridico:
- la normazione;
- la società, come unità distinta degli individui che la costituiscono; - l’ordine sociale, nel quale viene ricompreso ogni elemento organizzativo extra giuridico.
Nel comprendere quali siano gli elementi costitutivi dell’ordinamento giuridico, egli ritrova nella collettività e nel corpo sociale un valore che supera e trascende la somma delle soggettività in cui è posta. Santi Romano afferma inoltre che l’ordinamento giuridico non si esaurisce entro quello statuale, ma si articola in istituzioni extrastatuali, dotate di ordinamenti giuridici autonomi: “Tutte le volte che si ha un organismo sociale di qualche complessità, sia pure lieve, nel suo interno si instaura una disciplina, che contiene tutto un ordinamento di poteri, di norme, di sanzioni, di autorità…”. Lo Stato vede affermarsi in modo violento quelli che sono stati definiti “governi particolari o privati” con le loro fonti e regole concorrenti. Di questi soggetti collettivi alcuni erano (e sono) considerati nemici dell’ordinamento statuale, che infatti li persegue – considerandoli illeciti - cercando quindi di determinarne la fine. “Se essi vivono – sosteneva Romano – vuol dire che sono costituiti saldamente, hanno un’organizzazione interna e un ordinamento che, considerato in sé e per sé, non può non qualificarsi giuridico”. Così è Cosa Nostra, l’adrangheta e le altre organizzazioni di carattere mafioso, dotate di una macrostruttura di potere, un popolo militante, un sistema normativo ed apparati organizzativi che devono essere inquadrati tra gli ordinamenti giuridici extrastatuali, caratterizzati dalla segretezza. Siamo così di fronte ad un ordinamento intrinsecamente giuridico; si pensi alle autorità legislative ed esecutive ed agli affiliati che eseguono
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i loro “doveri” all’interno della criminalità organizzata. Queste analisi di Santi Romano diedero vita ad un lungo e approfondito dibattito sul pluralismo giuridico, che coinvolse i più autorevoli filosofi del diritto dell’epoca (da Giuseppe Maggiore a Giorgio Del Vecchio, da Sergio Panunzio a Vittorio Emanuele Orlando) per poi scemare e spegnersi gradualmente in concomitanza con il consolidarsi dello Stato fascista69. Ma è importante percorrere strade già arate dai più autorevoli studiosi del settore, analizzando la validità teorica della ricostruzione del fenomeno mafioso all’interno del paradigma dell’ordinamento giuridico. Secondo la rilettura di Massimo Severo Giannini70, che integrò ed aggiornò l’ipotesi di lavoro di Santi Romano, si può affermare che il gruppo organizzato ed effettivamente produttore di norme proprie, possa essere considerato ordinamento giuridico. Descrittivamente si può anche dire che ordinamento giuridico è un gruppo di soggetti che, per interessi comuni si organizza, conferendo a una autorità dei poteri, e dandosi delle norme che hanno una effettiva vigenza. Le componenti primarie dell’ordinamento sono, quindi, la plurisoggettività (complesso dei componenti del gruppo), l’organizzazione e la normazione. Tale soggettività – i cui connotati essenziali devono avere esistenza concreta – rimane comunque qualificabile come ordinamento giuridico anche se essa risulta “illecita” alla stregua delle norme di un altro ordinamento con cui entra in conflitto. Ci si chiede quindi se le organizzazioni mafiose di cui sopra, possano essere considerate secondo la definizione di ordinamento giuridico fino ad ora analizzata. La risposta è affermativa, considerando esse come macrostrutture di potere dotate di plurisoggettività, apparati organizzativi e un sistema di norme proprio, prevalentemente non
69 CORSALEM., Pluralismo giuridico, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1983, XXXIII, pag. 1003; MURA V., Pluralismo e neo-statualismo nella cultura giusfilosofica italiana del primo Novecento, in MAZZACANE A. (a cura di), I giuristi e la crisi dello Stato liberale in Italia fra Otto e Novecento, Liguori, Napoli, 1990, pp. 381-411.
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scritto. Andiamo ora ad analizzarne le caratteristiche che costituiscono un ordinamento giuridico:
1. La plurisoggettività, se, come si è detto, l’ordinamento giuridico non è altro che la struttura, il modo di essere organizzato di un gruppo, è evidente che, alla base di ogni ordinamento giuridico vi debba essere un insieme di soggetti che compongono il gruppo: esso è costituito dall’insieme degli uomini d’onore delle varie famiglie, da una comunità criminale che ha acquisito il controllo del territorio sin dagli anni del dopoguerra.
Lo “status” di affiliato si acquisisce solo in seguito ad un rigido controllo tendente a verificare l’affidabilità e l’attitudine criminale del reclutando, giacché nessuno può essere accolto se non viene preventivamente osservato, valutato, esaminato da altri militanti in grado di garantire sulle doti criminali della recluta. Sennonché in alcuni sistemi mafiosi, il diritto si eredita già “in fasce” per il solo fatto di essere di sesso maschile e di discendere da una famiglia d’onore.
2. L’organizzazione, in secondo luogo. Perché si abbia un ordinamento giuridico, è necessaria una organizzazione a cui il gruppo attribuisca determinati poteri. Il carattere delle mafie come strutture organizzate e formali è stato a lungo negato71. Solo grazie al coraggio e alla collaborazione investigativa delle forze di polizia e della magistratura – in questo facilitate dai collaboratori di giustizia – si è riusciti a ricostruire e comprendere la strutturazione unitaria e gerarchizzata di organizzazioni criminali come la mafia siciliana. La realtà mafiosa è infatti venuta trasformandosi e articolandosi in una molteplicità di organizzazioni, facenti parte di un’unica struttura criminale, col mutare e l’ampliarsi del genere di interessi
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parassitari perseguiti (dall’edilizia, al contrabbando, dalla prostituzione alla droga) con l’estendersi delle zone territoriali di influenza.
3. Le norme costituiscono l’elemento più importante dell’ordinamento giuridico. Come ha chiarito il brano di Santi Romano, se il concetto di diritto complessivamente considerato coincide con quello di ordinamento, il diritto in senso stretto può identificarsi con uno degli elementi dell’ordinamento, e precisamente con la normazione.
L’importanza del sistema di norme, in ambito mafioso, si desume dal fatto che esistono norme che regolano le varie componenti dell’ordinamento:
a) vi sono norme sui soggetti (regole sui rituali di iniziazione e che individuano i soggetti che fanno parte dell’organizzazione): in questo senso è norma che il figlio di un uomo d’onore ucciso da Cosa Nostra non possa essere accolto nell’organizzazione cui apparteneva il padre72. Queste ed altre regole analoghe rappresentano l’esasperazione di valori e di comportamenti tipicamente siciliani.
b) vi sono, poi, norme sulla organizzazione (norme che definiscono la struttura dell’organizzazione, i ruoli e le funzioni al suo interno): norme organizzative su cui si innestano dal tradizionale obbligo di fedeltà e obbedienza ai capi sino al codice dell’omertà;
c) vi sono, infine, norme sulla normazione, cioè norme che stabiliscono come si debbano produrre le norme dell’ordinamento: così – stando alla ricostruzione risalente a Buscetta – era la Commissione regionale, composta da tutti i responsabili provinciali di Cosa Nostra, ad emanare i “decreti”, votare le “leggi” (come quella che proibisce in Sicilia i
72 Cfr.FALCONEG.PADOVANIM., Cose di Cosa Nostra, Fabbri Editori, Milano, 1991.
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sequestri di persona), risolvere le controversie tra le province. Nell’ambito delle organizzazioni mafiose assumono un ruolo centrale – al fine di mantenere l’ordine interno – la violenza e l’intimidazione, perché Cosa Nostra è come una società, una organizzazione, a suo modo, giuridica, il cui regolamento per essere applicato, necessita di meccanismi effettivi di tipo sanzionatorio. Infine, come ha chiarito Giannini, perché si parli di ordinamento giuridico, tuttavia, non è sufficiente che un gruppo sia regolato da norme, ma è necessario che tali norme siano “proprie” del gruppo ed “effettivamente vigenti”, cioè traggano origine da decisioni dei soggetti che fanno parte dell’ordinamento e si impongano alla loro osservanza. La tesi della mafia come ordinamento giuridico ha trovato autorevole conferma nella giurisprudenza di merito, ma anche di legittimità. La Corte di Cassazione73 afferma che l’esistenza dell’associazione di tipo mafioso
denominata Cosa Nostra è stata accertata da varie sentenze passate in giudicato che ne hanno elencato le caratteristiche specifiche, costituite da una struttura unitaria e verticistica dell’organizzazione criminale, articolata su base territoriale e disciplinata da precise regole comportamentali vincolanti per tutti i suoi aderenti, avvalentesi della forza di intimidazione del vincolo associativo ed operante allo scopo di porre sotto il suo controllo ogni attività economica, lecita od illecita, tale da assicurare ingenti profitti. Questa organizzazione è stata descritta come caratterizzata, inoltre, dall’assoluta disponibilità dei suoi associati, inseriti all’interno di una rigida struttura organizzata secondo vere e proprie gerarchie e ramificazioni territoriali e costituente un contropotere criminale dotato di un ben strutturato “ordinamento giuridico”. L’indefettibile irrogazione di sanzioni gravissime, garantita dai capi delle varie strutture territoriali, e per loro dagli uomini d’onore, i quali entrano a far parte organicamente del sodalizio mediante una formale cerimonia di iniziazione, la cui ritualità esprime già attraverso
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il giuramento di assoluta fedeltà, tutta la carica criminale e la contrapposizione, allo Stato ed alle sue regole, che sono insite in Cosa Nostra. Come è già stato rilevato due sono le motivazioni che hanno spinto la magistratura ad abbracciare tale tesi74: una, riguarda la struttura organizzativa e la potenza dei mezzi, a una sorta di Stato “altro” che si contrappone allo Stato legale; l’altra, la convinzione che nell’universo mafioso vigano norme di comportamento tendenzialmente ferree, dotate della stessa cogenza delle norme giuridiche, che consentono al magistrato di assumere queste stesse norme a criteri guida dell’accertamento probatorio e a fondamento del giudizio di responsabilità. È nelle parole di Falcone75 che troviamo un senso all’analisi appena effettuata, quando afferma che nel dialogo tra Stato e mafia, si dimostra chiaramente che Cosa Nostra non è un anti- Stato, ma piuttosto una organizzazione parallela che vuole approfittare delle discrepanze dello sviluppo economico, agendo nell’illegalità.