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Relazioni tra i differenti fattori di rischio.

pagina 5 del nostro questionario (che poteva giustificarne anche la non compilazione)

2. gravità della percezione dello stesso da parte della donna (dominio PI) e al punteggio del dominio SM (misura di severità dello stesso).

4.2.2 DPPF vs ANAMNESI OSTETRICA

In un recente studio prospettico Serati (Serati M, 2008) studiava l’insorgenza delle DPPF dopo il primo parto in nullipare prima asintomatiche. Su 336 donne riportava rispettivamente a 6 e 12 mesi dopo l’evento parto la presenza di sintomi urinari nel 27% e 23% dei casi, incontinenza anale nel 7.1% e 6.8% delle donne e la dispareunia nel 24% e 8% delle donne. Gli autori sottolineavano come, eccetto la dispareunia, le altre DPPF raramente si risolvevano spontaneamente.

Anche Casey (Casey BM, 2005) studia i possibili fattori di rischio per lo sviluppo di DPPF in 3887 (37%) di 10643 primipare che avevano partorito non più di 7 mesi prima; segnalava che i sintomi di IUU raddoppiavano nelle donne sottoposte a parto operativo con forcipe, i sintomi di incontinenza anale erano più frequenti se il peso del bambino era superiore ai 4 kg e più che raddoppiati se le donne avevano ricevuto un’infusione ossitocica durante il travaglio con un’episiotomia. Le donne sottoposte a TC avevano minori sintomi di urge e stress incontinence.

Groutz (Groutz A, 1999) studiava prospetticamente 300 donne asintomatiche prima del parto a 3 mesi e 1 anno dopo il parto. Solo 21 donne riportavano incontinenza anale di cui 19 (6%) ai soli gas e 2 (0.7%) alle feci solide. Di queste 5 avevano una IUS concomitante. I fattori di rischio individuati erano una maggiore lunghezza del primo e secondo stadio del travaglio, un parto operativo vaginale e l’episiotomia); dopo un anno tutte le donne con double incontinence rimanevano sintomatiche.

Il dolore ai rapporti si correlava in maniera statisticamente significativa con l’aver

avuto un numero maggiore di TC senza travaglio, se non ne soffriva nessuna delle 41 donne con uno o due Tagli Cesarei senza travaglio, ne soffrivano 2 (25%) delle 8 che avevano avuto 2 TC senza travaglio e 1 (33%) di 3 che ne avevano avuti tre, sicuramente questo dato va ulteriormente approfondito indagando la storia ostetrica completa delle donne individuate.

Un’altra possibile ipotesi da verificare è che si tratti di un gruppo di donne che ha richiesto il TC “a domanda” perché affette da vaginismo. Più difficile pensare ad un possibile trauma chirurgico di tipo fibrotico-stenotico “maggiore” dovuto ai TC ripetuti in tessuti non preparati dal travaglio.

Dall’analisi della nostra popolazione le donne sottoposte a TC sembravano protette dallo sviluppo di DPPF, in contrasto con la letteratura più recente che differenzia i TC effettuati in travaglio e fuori travaglio di parto.

Si potrebbe dedurre che il TC sia di per sé protettivo rispetto al parto per via vaginale in accordo con molta letteratura internazionale. Per esempio Lal (Lal M,

2009) analizzava donne solo dopo primi TC (184) e dopo primi parti vaginali (100) evidenziando un ruolo protettivo del TC. Lo stesso autore riportava un tasso di dispareunia nel 27% delle donne con TC rispetto al 46% di quelle che avevano partorito. Allo stesso modo riportava tassi d’incontinenza urinaria inferiori nelle donne sottoposte a TC (IUS: 33% vs 54%) e di incontinenza anale superiori (51% vs 44%).

Inoltre il rischio relativo di dispareunia era di 1.02 quando comparava un TC d’emergenza rispetto a un TC elettivo.

In accordo con i nostri dati anche Lal riferiva una scarsissima percentuale di richiesta di terapia al proprio medico curante, nonostante una severa depressione, valutata tramite apposito questionario, fosse espressa dal 35% delle madri incontinenti, dal 30% di quelle con dispareunia e dal 26% di quelle con incontinenza anale.

Non era tra gli obiettivi primari del nostro studio valutare il peso dei differenti tipi di TC nella genesi delle DPPF, sebbene abbiamo considerato delle variabili, a nostro giudizio, correttamente riassuntive della storia ostetrica generale di ogni donna.

Groutz in uno studio prospettico randomizzato, per esempio ha dimostrato come ci sia un’effettiva differenza tra il TC effettuato durante il travaglio di parto o fuori dal travaglio di parto. Dai dati raccolti, anche noi siamo in grado di differenziare tra loro i TC effettuati in differenti stadi dl travaglio di parto.

Le variabili costruite per la nostra analisi non erano utilizzabili per questo scopo. Infatti, la variabile “storia ostetrica new” accorpava tutte le donne con TC indifferentemente dal momento in cui era stato effettuato. La variabile “storia ostetrica” non differenziava tra cesarei effettuati nel primo stadio dilatante o nel secondo espulsivo del travaglio di parto.

Certamente disponiamo di tutte le informazioni utili ad effettuare una tale indagine, avendo raccolto da ogni lavoratrice le informazioni circa il momento in cui le era stato effettuato il TC, in relazione allo stadio del travaglio. Pensiamo di aver limitato il bias dovuto al fattore “distanza dal parto” perchè rispetto ad altri studi con lo stesso disegno prospettico del nostro, gran parte della nostra popolazione era relativamente giovane. Per tali ragioni pensiamo che da un’apposita analisi dei nostri dati possano scaturire informazioni utili al corrente dibattito della letteratura internazionale circa il rischio attribuibile alla modalità del parto nei confronti dello sviluppo delle DPPF.

181 Qualora la nostra casistica non dovesse rivelarsi sufficiente per dimostrare in maniera statisticamente significativa una correlazione o meno tra una determinata modalità di parto con lo sviluppo di una particolare DPPF, riteniamo che il metodo d’indagine (dal disegno del questionario per la raccolta dati anamnestici al numero, qualità e tipologia dei dati anamnestici così rilevati, alla tipologia delle correlazioni studiate) da noi messo a punto sia accurato e valido, sulla base dell’attuale letteratura scientifica sull’argomento, nel rilevare un tale dato.

Un recente articolo (Buhling K, 2006) suddivide il trauma perineale al parto in maniera simile alla nostra evidenziando le seguenti percentuali associate di dispareunia persistente oltre i 6 mesi: il 3.5% dopo parto spontaneo senza lacerazioni (o con una lacerazione minima delle labbra), il 3.4% dopo taglio cesareo, l’11% dopo episiotomia o lacerazione perineale, 14% dopo un parto operativo.

Maggiore era il numero dei figli (da parto e TC) avuti o il numero dei figli avuti solo per via vaginale, minore era il grado di costipazione rilevato dal Costipation score nella nostra popolazione di studio.

Anche questi risultati dovrebbero essere approfonditi e correlati con altri fattori di rischio comportamentali (dieta, esercizio fisico, ecc…) e medico-internistici a cominciare dalla funzionalità epatica.

Nel nostro campione la parità e la gravità del trauma al parto si associava con la sola

IUS, non alla IUU e alla IUM, in parziale accordo con Rortveit (Rortveit G, 2001) che

dopo aver analizzato 27900 donne (con un tasso di risposta dell’80%) trovava un’associazione della parità sia con la IUS che con la IUM. Probabilmente ciò dipende dalla ridotta numerosità del nostro campione, specie riguardo alle donne con IUM.

La Menopausa (non l’età anagrafica alla compilazione del questionario) si

correlava all’incontinenza urinaria ma solo ai sottogruppi con una maggiore componente da iperattività detrusoriale (IUU e IUM) non con quella da sforzo, in accordo con Luber (Luber KM, 2001).

Si correlava in maniera statisticamente significativa con i sintomi urinari di nicturia e urgenza e con tutti i domini del prolasso.