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L’INSTAURAZIONE DEL GOVERNO MILITARE ALLEATO DOPO LO SBARCO

2.2 Il ritorno alla normalità sotto l’occupazione anglo-americana

2.2.1 Il dramma degli sfollat

Diversamente dal primo conflitto mondiale combattuto in gran parte sulle trincee, con la Seconda guerra mondiale si assistette al coinvolgimento totale della popolazione civile, tipico in presenza di eserciti in movimento.

                                                                                                               

204 ACS, Roma, Posting Headquarters 5th Army Orders (Headquarters Region III), 25 September 1943, in «Miscellanous File, 1st Jacket, vol. 1, september 1943-january 1944», ACC AMG/S/8,

10241/115/7, B811, 152.

205 Il 18 luglio 1945 fu creata un’apposita struttura per la duplicazione degli archivi prodotti nel

corso della guerra, ovvero l’Allied Force Record Administration (AFRA), con il compito di provvedere alla concentrazione, al riordinamento e alla riproduzione fotografica della documentazione in questione per dotare entrambe le amministrazioni alleate di una copia di tali archivi. Oggi una copia dei microfilm delle serie archivistiche delle varie sezioni dell’AFHQ e dei comandi subordinati, tra cui l’ACC, si trova a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato. Gli originali dell’AFHQ sono conservati al Public Record Office di Londra, fra gli archivi del War

Office, class 204 (sigla archivistica: WO 204), mentre l’archivio originale dell’ACC è stato versato

negli USA ai National Archives, General Division, Maryland, come parte del Record Group 331 (cfr. Guide to the National Archives of the United States, National Archives and Record Service Administration, Washington, 1974, pp. 191-193; cfr. anche D. Ellwood, J. Miller, Introductory

Guide to American Documentation of the European Resistance Movement in World War II,

University Institute of European Studies, Torino, 1975, pp. 16-22; dello stesso Ellwood cfr. anche:

Nuove fonti americane sull’Italia nella Seconda guerra mondiale, in «Rassegna degli Archivi di

A Salerno e provincia la situazione era disastrosa con danni ingenti a cose e persone e i centri abitati coinvolti dai combattimenti ridotti a cumuli di rovine. La città capoluogo ebbe un terzo dei suoi edifici danneggiati, con oltre settecento morti, di cui seicento solo nei primi due bombardamenti del 21 e 22 giugno 1943 206. Dunque moltissime costruzioni

erano state devastate o compromesse dai bombardamenti e i pochi edifici rimasti in piedi vennero occupati dalle unità militari alleate 207. Battipaglia, occupata dagli americani il 18 settembre 1943, fu quasi completamente distrutta a causa di un violentissimo bombardamento sulla zona della stazione (il 5 settembre 1943), mentre centri come Eboli, Campagna e Serre, dove il fronte dei combattimenti fu particolarmente acceso, oltre ai danni al patrimonio edilizio contarono un notevole numero di caduti, tra le percentuali relativamente più alte in Italia 208. Alla fine delle operazioni alleati, la maggior parte di queste cittadine si presentava come uno sconfortante scenario di macerie.

A riprova del fatto che la provincia salernitana fosse stata attraversata da una furiosa battaglia e non fosse stata risparmiata da incendi e devastazioni, numerose richieste per il risarcimento dei danni di guerra furono inviate al governo militare alleato nei mesi successivi allo sbarco 209.

Nell’emergenza bellica, la potente macchina burocratico-amministrativa alleata dovette fronteggiare la sfida rappresentata dal dramma degli sfollati 210, ossia l’estremo tentativo da

parte degli abitanti di sottrarsi alla guerra, giunta ormai, letteralmente, nelle loro case. Durante i giorni della battaglia ben pochi civili erano rimasti in città, i più, in gruppi, avevano evacuato i centri abitati sconvolti dalle distruzioni e dai bombardamenti alla ricerca di rifugi più sicuri nelle campagne, giungendo anche fuori regione. Molti trovarono riparo in vecchie masserie abbandonate, altri si rifugiarono nelle grotte.

In una comunicazione ufficiale il CAO del distretto di Eboli informava il Senior Civil Affairs Officer (SCAO) della provincia di Salerno che nelle vicinanze della stazione di Montecorvino gli sfollati avevano dato vita a una sorta di baraccopoli (slums) formata da                                                                                                                

206 Oltre l’80% degli immobili nel capoluogo di provincia era stato danneggiato e un quarto dei

fabbricati industriali distrutto. Secondo i dati del Genio Civile, 7.627 vani erano stati completamente distrutti, 4.940 semidistrutti e 21.800 parzialmente danneggiati, per un danno complessivo di circa tre miliardi (cfr. C. Carucci, Diario – La battaglia di Salerno, Tip. Il Progresso, Salerno, 1946).  

207 Tra gli edifici non compromessi dalle bombe, requisiti dagli alleati per stabilirvi i loro uffici o

alloggi, si ricordano: il Palazzo di Giustizia divenuto la sede della Commissione Alleata di Controllo; molti istituti scolastici che furono trasformati in dormitori per i soldati; alcuni orfanotrofi adibiti a ospedali; e in campagna la tenuta agricola Ricciardi occupata dagli ufficiali alleati per circa due anni.

208 Cfr. M. Scozia, La sciarpa, op. cit., pp. 101-104; e A. Carucci, Lo sbarco anglo-americano a Salerno: settembre 1943, op. cit., p. 7.

209 Le lettere inoltrate all’AMGOT sono oggi raccolte e consultabili presso il Museo dello Sbarco di

Salerno: esse tracciano una mappa abbastanza precisa dell’impatto della «guerra totale» nel territorio salernitano. Ne emerge che i segni dei combattimenti furono registrati specialmente nelle zone dove più accanito era stato lo scontro tra tedeschi e alleati, come le parti elevate della città (ad esempio, la collina de La Mennola e il Gelso fino a Fratte).

210 Si dissero «sfollati» coloro che abbandonavano le città, dove la vita era diventata più pericolosa

catapecchie occupate da un gran numero di famiglie senza casa, provenienti da Battipaglia (ogni baracca ospitava in media sei famiglie con circa sette figli ciascuna). L’ufficiale notava inoltre che le costruzioni si trovavano in uno stato pessimo, erano sporche e del tutto inadatte ad alloggiare le truppe. Le precarie condizioni igienico-sanitarie unite all’affollamento rendevano tale area particolarmente esposta al rischio di un’epidemia di tifo. D’altro canto, non era possibile trovare dei ricoveri alternativi decenti per quelle famiglie visto che quasi tutti gli edifici della zona erano stati distrutti. Non era ingiustificato, allora, il timore del diffondersi di malattie che avrebbero potuto contagiare gli stessi soldati 211.

Tuttavia, stando alle testimonianze dei sopravvissuti, dopo qualche mese di lontananza le famiglie sfollate facevano ritorno nei loro paesi, dove oltre agli affetti avevano lasciato abitazioni ed esercizi commerciali incustoditi. Approfittando dell’assenza delle autorità, nelle cittadine deserte non erano mancati nel frattempo episodi di saccheggio finalizzati a rubare soprattutto derrate alimentari. Così, man mano che gli sfollati tornavano in città, le vecchie miserie si aggiungevano alle nuove, trovando con amara sorpresa le case danneggiate e con grossi buchi nelle pareti esterne, oltre ai negozi sventrati e svuotati della merce. Non risultava sempre possibile rientrare immediatamente in possesso delle proprie abitazioni: alcune erano state distrutte, altre saccheggiate, altre ancora occupate dagli sfollati o requisite dai comandi alleati 212.

Sul tema dei rifugiati nella provincia di Salerno insistevano diversi documenti che indirettamente studiavano la capacità di accoglienza dei territori rispetto alle forze di occupazione alleate. Da essi apprendiamo che, dopo un attento studio del territorio, era stata tracciata una linea immaginaria che da Agropoli, all’estremità meridionale del golfo salernitano, andava fino a Sala Consilina, usata come discriminante per l’accesso o meno dei rifugiati. Infatti, se a sud di questa linea, in un’area quasi spopolata e puntellata da Comuni di piccole dimensioni (con una popolazione complessiva di 162.396 abitanti al 1° aprile 1943), era consentito l’ingresso ai rifugiati, a nord della stessa, dove era situata anche la città di Salerno che da sola aveva una popolazione di quasi 75.000 persone e in totale contava 581.580 abitanti, i rifugiati non erano ammessi. Ne derivava, come riportato in un telegramma della Commissione Rifugiati in Italia, che in base alle stime demografiche complessivamente non più di 800 rifugiati potevano essere accolti nella provincia salernitana 213.

Come per lo sbarco in Nord Africa e come emergeva in particolare dal Memorandum sul Marocco redatto da Jean Gottmann, anche nel caso di Salerno furono compiuti, sia nel periodo antecedente che immediatamente successivo ad Avalanche, degli studi statistici che                                                                                                                

211 ACS, Roma, Barracks Buildings, District Eboli, s.d., in «Miscellanous File, 1st Jacket, vol. 1,

september 1943-january 1944», ACC AMG/S/8, 10241/115/7, B811, 152.

212 Cfr. Antonio Palo, Salerno: I Ragazzi del ’43. La guerra e la memoria, cit., p. 126.

213 ACS, Roma, Refugees - HQ Region III, 6 April 1944, in «Allied e Italian Refugees», 811B, 152,

Gen. 115/20. Sulla base dei dati demografici, era poi calcolata anche la ripartizione dei profughi nei vari Comuni che si trovavano a sud della linea Agropoli-Sala Consilina (ACS, Roma, List A:

Communes North of the Line, List B: Communes South of the Line e Schema di Smistamento Profughi, 26 April 1944, in «Allied e Italian Refugees», 811B, 152, Gen. 115/20).

presupponevano conoscenze e competenze da parte degli alleati nel campo della demografia.

Da stime demografiche effettuate a metà agosto del 1943 risultava che il Mezzogiorno d’Italia, pur essendo popolato quasi interamente da italiani, in quel momento accoglieva sul suo territorio diverse migliaia di persone di nazionalità tedesca in qualità di tecnici, diplomatici, agenti, ecc., introdotti nel Paese allo scopo di incrementare lo sforzo bellico dell’Asse 214.

Nella categoria degli studi a carattere umano e sociale, condotti all’indomani dell’occupazione del salernitano, può essere incluso un elenco di sessantatre Comuni facenti parte del distretto di Vallo della Lucania, redatto da un esponente dell’Ufficio di Affari Civili in data 12 ottobre 1943. Il documento, arricchito dall’ufficiale con integrazioni, correzioni e note al margine scritte a penna, presupponeva non solo un lavoro certosino e affatto superficiale compiuto da geografi e cartografi ma anche un’accurata indagine preliminare sulla popolazione, effettuata oltretutto nei tempi brevissimi disponibili per approntare i piani di invasione rispetto agli standard cui erano abituati gli alleati 215. Un simile documento era collegato e propedeutico a una relazione posteriore datata 11 novembre 1943 che descriveva in maniera particolareggiata lo stato dei collegamenti postali, telefonici e telegrafici tra gli oltre sessanta Comuni del suddetto distretto, il che dava l’idea del grado di isolamento e desertificazione delle campagne salernitane. Risulta tuttavia che i Comuni di maggiori dimensioni fossero dotati di un numero più alto di uffici postali, direttamente proporzionale al numero di frazioni di cui erano composti, e quelli più grandi in assoluto erano attrezzati anche con apparecchi del telefono e del telegrafo 216. Una nota dell’Allied Control Commission, indirizzata ai commissari regionali a capo delle tre Regioni dell’amministrazione alleata create nel Sud Italia e poste sotto il controllo alleato, aveva ad oggetto la questione della raccolta e dello smistamento di profughi e rifugiati, uno dei principali problemi che i quartieri generali alleati dovettero affrontare nei territori occupati. Infatti a mano a mano che le truppe anglo-americane avanzavano verso l’interno, le zone di sbarco costiere diventavano retrovie nelle quali venivano allestiti centri di raccolta provvisori per gli sfollati fuggiti a causa dei bombardamenti alleati. Per ogni provincia fu stabilita una quota massima di rifugiati calcolata sulla base della popolazione presente in ciascuna di esse. Quindi, relativamente alle tre Regioni dell’AMG vennero calcolate le seguenti stime: a) la popolazione totale per provincia dal 1943 al 1944; b) la popolazione dei Comuni di ogni provincia in cui erano stanziate le truppe alleate; c) i danni

                                                                                                               

214 NA, London, UK, G-2 Estimate – Appendix 1 to Annex 4 to Outline Plan “Avalanche”, 13

August 1943, in «VI Corps - Operation Avalanche: Outline plan», 1 May 1943 – 30 September 1943, WO 204/6986.

215 ACS, Roma, List of Communes in District of Vallo della Lucania, 12 October 1943, in «Salerno

City», 810B, 152, 10241 – Gen. 115/2.

216 ACS, Roma, Future Operations Civil Communications, 11 November 1943, in «Salerno City»,

e le devastazioni riportati dai singoli Comuni a seguito dei combattimenti, con una particolare attenzione al patrimonio edilizio pubblico e privato 217.

Alla sopra citata lettera dell’ACC del 17 marzo 1944 faceva seguito la seguente risposta contenente le stime della popolazione e dei danni subìti, come richieste: a) la popolazione complessiva della provincia di Salerno ammontava a 743.976 abitanti nell’aprile 1943 contro i 772.868 dell’aprile 1944; b) la popolazione dei Comuni destinati allo stanziamento delle truppe alleate era pari a circa 600.000 abitanti; c) i Comuni che avevano sopportato distruzioni equivalenti al 50% dei fabbricati erano pochi (tra questi Eboli e Battipaglia), molti erano invece quelli danneggiati tra il 10 e il 20%. Tali stime demografiche furono poi utilizzate dall’Italian Refugees Branch per lo svolgimento dei compiti di propria pertinenza

218.