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I salernitani verso gli anglo-americani e viceversa

L’INSTAURAZIONE DEL GOVERNO MILITARE ALLEATO DOPO LO SBARCO

2.3 Rapporti tra gli alleati e la popolazione locale

2.3.1 I salernitani verso gli anglo-americani e viceversa

Nella città di Salerno, come in tante altre città del Mezzogiorno, i civili assistettero con i propri occhi alle devastazioni prodotte dalla guerra, venendo a stretto contatto con le truppe alleate nella successiva occupazione militare 296.

Al di là delle mitologie che ancora circondano un evento di grande portata simbolica quale fu l’operazione Avalanche, cercheremo di mettere in luce (senza appiattirle o nasconderle) le contraddizioni manifestatesi nell’approccio dei soldati alleati con le popolazioni locali. L’analisi è resa più complessa considerando che all’indomani dell’armistizio il nemico di guerra diventava amico e gli invasori si tramutavano in liberatori 297.

Va premesso che a Salerno il contributo della popolazione civile nella lotta di liberazione dai tedeschi fu assai limitato rispetto al ruolo svolto dagli abitanti nella città di Napoli, per non parlare dei partigiani nella Resistenza nelle regioni del Nord Italia. La città fu infatti liberata quasi subito dagli alleati e molto rari furono i moti di ribellione spontanea contro i tedeschi 298.

Ciononostante, azioni sempre più frequenti e incisive compiute dalla popolazione civile contro le forze germaniche, come sabotaggi o attività di contrasto più dirette, furono registrate sul finire del mese di novembre del 1943 nelle località salernitane di Cava de’ Tirreni, Capaccio, Eboli e Vallo della Lucania 299.

D’altro canto, bisogna riconoscere che non vi fu da parte dei tedeschi una vera e propria occupazione militare come in altri territori occupati dalla Wehrmacht in quanto, pressati dall’avanzata alleata, essi si videro costretti a mettere in atto una ritirata strategica verso nord. Anche per questo, dunque, nel salernitano non si registrarono casi eclatanti di criminali (perché fuori dal rispetto del diritto internazionale) rappresaglie tedesche ai danni di civili né episodi di efferata crudeltà.

                                                                                                               

296 Gli amarcord di questi testimoni, alcuni dei quali ancora viventi, sono stati recentemente raccolti

in un volume da Antonio Palo, pubblicato in occasione delle celebrazioni per i settant’anni dello sbarco: Salerno: i Ragazzi del ’43. La guerra e la memoria, op. cit. Nel libro le testimonianze orali assurgono al ruolo di vera fonte storiografica, sebbene gli storici più tradizionalisti si ostinino a non equipararle per valore e interesse alle fonti scritte. Attraverso le storie orali, che restituiscono meglio la dimensione del significato attribuito agli eventi dai soggetti coinvolti, alla storia ufficiale si affiancano (micro-)storie dal basso di gente comune.

297 Specificamente, sulle contraddizioni dell’occupazione alleata in Italia si rimanda a: D.W.

Ellwood, L’alleato nemico. La politica dell’occupazione anglo-americana in Italia. 1943-1946, cit.

298 Da questo punto di vista, nel salernitano si possono riscontrare dinamiche comuni alla maggior

parte del Sud Italia «liberato prima della Liberazione». Alla mancata esperienza della guerra civile si aggiungeva un dopoguerra cominciato molto prima che nel resto della penisola decollasse la guerra di Resistenza. Per approfondimenti sul tema dell’ «altro dopoguerra» – espressione coniata da Enzo Forcella per indicare il periodo post-bellico nel Meridione italiano, tanto diverso rispetto al Nord – si veda la tradizione storiografica inaugurata da Nicola Gallerano, curatore del volume

L’Altro dopoguerra. Roma e il Sud 1943-1945, Franco Angeli, Milano, 1985.

299 ACS, Civilians Activity against German Army – Headquarters AMG 5^ Army, 24 November

1943, – Salerno Province, 26 November 1943, in «Miscellanous File, 1st Jacket, vol. 1, September

Di conseguenza, non fu particolarmente negativo il giudizio dei salernitani sui tedeschi: i soldati di Hitler erano temuti e, in un certo senso, apprezzati per il loro rigore, la disciplina e la compostezza. In alcuni casi fu riconosciuta tuttavia particolare durezza, come evidenzia l’episodio che ebbe come protagonista il generale italiano Ferrante Gonzaga del Vodice, pluridecorato della guerra 1915-18, che allora comandava la 222^ divisione costiera di presidio nel golfo di Salerno. L’8 settembre 1943, poche ore dopo l’annuncio dell’armistizio, il secco rifiuto del generale Gonzaga di consegnare le armi e la sua manifesta intenzione di resistere suscitarono una reazione spropositata nei tedeschi della 16^ Divisione Panzer, guidata dal generale Sieckenius, che risposero con una raffica di mitra colpendolo a morte 300.

Sulle truppe anglo-americane, prima dello sbarco, erano largamente diffusi stereotipi negativi, costruiti nel corso degli anni nelle maglie strette della censura fascista attraverso romanzi, opere musicali e cinematografiche destinati soprattutto ai ceti popolari. L’immagine degli alleati era carica della propaganda del regime mussoliniano: presentati come barbari che conducevano una guerra brutale e disumana, saccheggiatori e violentatori di donne, nonché bombardieri senza scrupoli che non facevano alcuna distinzione tra obiettivi civili e militari.

In maniera particolarmente negativa era stata pubblicizzata dal passato regime l’immagine del soldato di colore, materializzatosi agli occhi dei salernitani nei giorni successivi allo sbarco alleato. Fu grande la curiosità da parte della popolazione locale nel vedere, per la prima volta, quei soldati dalla pelle scura e dalle labbra pronunciate. All’inizio, il colore della pelle generò in tanti la paura (quasi una psicosi) dell’«uomo nero», ovvia conseguenza della retorica fascista, per cui pochi accettavano da essi caramelle o cioccolatini 301.

Lo stereotipo dello yankee cattivo, costruito con cura dalla propaganda fascista, si sfaldò ben presto nei giorni dell’occupazione, quando venne rimpiazzato da quello del soldato americano che regalava agli adulti sigarette, ai bambini caramelle e biscotti e alle segnorine due dollari per fare l’amore 302.

L’annuncio dell’armistizio, diffuso alla radio la sera dell’8 settembre 1943, generò un’esultanza generale tra la popolazione salernitana. Quando tre giorni dopo le truppe britanniche fecero il loro ingresso a Salerno, i pochi abitanti rimasti in città salutarono i nuovi arrivati come liberatori. La stampa americana e inglese sottolineò, da un lato, l’immagine salvifica degli alleati e, dall’altro, l’accoglienza gioiosa tributata loro dalla gente del luogo, in festa nell’illusione che la guerra e gli stenti che l’accompagnavano fossero finiti. I cronisti della BBC inglese, per motivi propagandistici, annunciarono la                                                                                                                

300 Cfr. Antonio Palo, Salerno: I Ragazzi del ’43. La guerra e la memoria, cit., pp. 65-66.

301 Sulla fobia dell’«uomo nero» è rivelatrice una vignetta satirica apparsa il 1° settembre 1944 sul

«Don Chisciotte», uno dei primi fogli dell’Italia liberata, fondato a Salerno nel 1944.

302 Al riguardo, si vedano le foto esposte al Museo dello Sbarco di Salerno tra cui ne spicca una

datata 11 settembre 1943 raffigurante un soldato britannico davanti al Municipio di Salerno nell’atto di offrire caramelle e cioccolatini a un gruppo di bambine. Gli americani, dal canto loro, cercavano di guadagnarsi la benevolenza degli abitanti in una prospettiva attenta al futuro: come vedremo meglio più avanti, la strategia del presidente Roosevelt per mantenere la leadership statunitense in Italia si basava proprio sul contatto diretto con la popolazione.

liberazione di Salerno lo stesso giorno dell’arrivo in città degli alleati, sebbene i tedeschi non fossero stati cacciati del tutto e non si fosse ancora insediato un presidio anglo- americano 303.

L’esperienza di quei giorni è documentabile soprattutto attraverso le testimonianze di coloro che nel 1943 erano ragazzi e giovani e che assistettero o parteciparono in prima persona agli eventi. Uno dei primi cittadini di Salerno a dare memoria storica prima della convivenza con la rigidità dei soldati tedeschi, e poi dell’incontro con l’arroganza degli inglesi e la giocherellona baldanza degli americani, fu Arturo Carucci, cappellano del sanatorio della città in cui furono ricoverati in quei giorni molti malati. Costui aveva annotato nel suo diario che gli americani, distinguendosi dai serissimi soldati tedeschi, erano quasi sempre rispettosi e disponibili verso la gente del posto, tanto gentili da fare una quantità di regali, ma nello stesso tempo anche guardinghi e attenti 304.

Sin dai primi giorni dell’occupazione, gli abitanti di Salerno si mostrarono generalmente affabili nei confronti degli alleati, mostrando uno spiccato senso di ospitalità e generosità. Chi tra i salernitani conosceva l’inglese, faceva da interprete e guida ai militari. La popolazione locale il più delle volte fraternizzò con i soldati e, nonostante l’altissimo numero di vittime provocato dai bombardamenti alleati, non sembrò covare sentimenti di rancore verso le truppe di occupazione.

Alcune vicende cariche di umanità, che interessarono occupanti e occupati, restano scolpite nella memoria dei salernitani, come emerge dalle narrazioni dei «ragazzi del 1943». I soldati che parlavano discretamente l’italiano si intrattenevano molte volte presso qualche famiglia a conversare, anche fino a tarda sera. La loro presenza era divenuta così familiare che le donne del luogo si offrivano di lavare le loro divise militari e non era raro il caso in cui, vedendoli mangiare cibi in scatola, le stesse portassero loro del cibo caldo. Capitava che i ragazzi li aiutassero a pompare benzina nei mezzi militari in cambio di sigarette e qualche pezzo di cioccolata o li accompagnassero a passeggio sul lungomare di Salerno, divenuto nel frattempo una distesa di tende e mezzi anfibi alleati 305.

Un rapporto compilato dal Transportation Corps del Sub-Port di Salerno descriveva «un atto di galanteria» compiuto da un lavoratore civile in favore di un soldato alleato, cui aveva salvato la vita mentre rischiava di annegare a seguito di un incidente nella zona del porto. Senza alcuna esitazione e mettendo a repentaglio la sua stessa vita, il civile si era gettato in acqua per salvarlo e soltanto grazie al suo pronto intervento fu possibile evitare                                                                                                                

303 Cfr. Antonio Palo, Salerno: I Ragazzi del ’43. La guerra e la memoria, cit., p. 100. Per

approfondimenti sul ruolo salvifico attribuito dalla popolazione agli alleati, identificati come “liberatori” dal giogo nazista, si veda: N. Gallerano, È arrivata l’America? Gli italiani e

l’occupazione alleata del Mezzogiorno (1943-45), in A. Placanica (a cura di), 1944: Salerno capitale. Istituzioni e società, Esi, Napoli, 1986, pp. 491-508.

304 Cfr. C. Carucci, Diario – La battaglia di Salerno, Tip. Il Progresso, Salerno, 1946. Più in

generale, sul tema del primo incontro con i “liberatori”, caratterizzato da un disperato tentativo di comunicazione, risultano significative alcune pellicole del cinema neorealista italiano come Paisà (1946) di Roberto Rossellini (il titolo deriva dall’espressione dialettale usata dai soldati di origini italo-americane per salutare le persone del luogo, loro connazionali).

l’annegamento 306. La Commissione Alleata di Controllo, riconoscendo che la condotta del lavoratore era stata «exemplary» e «worthy of the highest of commendation», il mese seguente decise di conferire al medesimo un compenso monetario come premio per il lodevole gesto e raccomandò al commissario regionale di preparare una scheda quanto più esaustiva possibile che comprendesse tutte le informazioni possibili sull’episodio, incluse le dichiarazioni giurate (affidavits) di sostegno dei testimoni che avevano assistito alla scena

307.

L’incontro con i militari alleati non fu tuttavia scevro da contraddizioni, a cominciare dai sentimenti ambigui e a volte contrastanti nutriti dai salernitani (come, del resto, gran parte dei meridionali) nei confronti degli anglo-americani, visti in parte come liberatori e in parte come invasori.

Dei due alleati la popolazione locale aveva una percezione diversa derivante probabilmente, in parte, dal fatto che essi ebbero un approccio differente nei rapporti con la gente del luogo. Gli inglesi, nemici dell’Italia fascista, con un atteggiamento orgoglioso, arrogante e scostante, erano per lo più invisi agli abitanti che palesavano una certa insofferenza nei loro confronti. Di segno opposto era l’impressione suscitata dagli americani, che apparivano giocherelloni, anche un po’ «fessacchiotti», più disponibili a stringere amicizia con gli italiani 308.

Durante tutto il periodo dell’occupazione, gli americani rifornirono gli abitanti del luogo di un gran numero di cose, molte delle quali fino ad allora sconosciute o quasi (Coca-Cola, burro di arachidi, pancakes o «frittelle di Paperino», chewing-gum sono solo alcuni esempi). Una delle cose che più impressionarono, in generale, le popolazioni liberate d’oltreoceano fu l’amichevolezza con cui i soldati americani, dovunque andassero, introducevano i loro costumi e le loro abitudini quotidiane, comprese marche commerciali come la Coca-Cola (imbottigliata in loco) che solevano chiamare con l’abbreviazione affettuosa «Coke». Nel semplice gesto di fare una pausa rinfrescante con una bottiglina di Coca-Cola ghiacciata era racchiusa l’essenza dell’«american way» 309.

                                                                                                               

306 ACS, Roma, Act of Gallantry by Civilian Worker: Sersanto Franco – Salerno, 20 February

1944, in «Miscellanous File, 2nd Jacket, vol. 2, November 1943-June 1944», ACC AMG/S/8,

10241/115/8, B811, 152.

307 ACS, Roma, Rewards for Italian Civilians – Headquarters ACC, 31 March 1944, in

«Miscellanous File, 2nd Jacket, vol. 2, November 1943-June 1944», ACC AMG/S/8, 10241/115/8,

B811, 152. La relazione sull’accaduto, redatta dal commissario regionale in data 13 aprile 1944, si articolava in quattro parti: 1) identity of civilian worker (nascita, residenza, documenti di identificazione posseduti, impiego, abilità fisiche); 2) identity of the allied soldier rescued by the

civilian worker (nazionalità, peso, altezza, vestiti indossati); 3) details of the incident; 4) personnel who witnessed the rescue of the soldier by the civilian (ACS, Roma, Act of Gallantry by Civilian Worker: Sersanto Franco – Salerno, 13 April 1944, in «Miscellanous File, 2nd Jacket, vol. 2,

November 1943-June 1944», ACC AMG/S/8, 10241/115/8, B811, 152).

308 Cfr. P. Cavallo, America sognata, America desiderata. Mito e immagini USA in Italia dallo sbarco alla fine della guerra (1943-1945), in «Storia contemporanea», 1985.

309 Si veda un manifesto pubblicitario intitolato La moda Americana…Have a Coke!, esposto al

Museo dello Sbarco di Salerno. In generale, la pubblicità dell’operazione Avalanche sulle riviste statunitensi dava ampio spazio alla moda americana della Coca-Cola.

Con l’arrivo degli alleati e di tantissime merci di provenienza americana, la popolazione locale scoprì nuovi gusti e nuove mode (come il jazz e il boogie-woogie in campo musicale o la sostituzione delle calze di seta con quelle più resistenti di nylon nell’abbigliamento femminile). Nuovi comportamenti e nuovi stili di vita si affermarono in pochi mesi non solo in città ma anche nel più chiuso mondo rurale; al riguardo, è emblematico il caso del sigaro e della pipa, modi di fumare tradizionali tipici dei contadini, rimpiazzati dalla più urbana sigaretta. Tra le marche di sigarette straniere più diffuse nel salernitano, zona di tabacchifici, si ricordano le Lucky Strike, le Camel, le Suit Corporal, le Chesterfield, le Buckingam (create ad hoc per l’esercito britannico, con la peculiarità di rimanere accese anche sott’acqua), le Navy Cut, le Releigh e le Woolbeen 310.

In quel momento, gli Stati Uniti dovevano apparire alle popolazioni locali come un paradiso terrestre che accendeva le speranze e le fantasie di molti, soprattutto delle giovani donne per le quali il «sogno americano» era personificato dal soldato a stelle e strisce con cui convolare a nozze 311.

Alla gente del luogo gli americani, cui piaceva ostentare, davano l’illusione di abbondanza, di una ricchezza da tempo dimenticata o forse mai avuta. Il consumismo di guerra dei vincitori cozzava però con l’economia di sopravvivenza dei salernitani, provocando un forte impatto sul piano psicologico. Non era raro che belle ragazze rinunciassero alla propria purezza per un pezzo di sapone o un paio di sigarette 312.