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e continuità lavorativa ai fini della Cigs

Nel documento Guidaal Lavoro (pagine 31-34)

Il Ministero del Lavoro chiarisce che per i lavoratori addetti all'handling, in caso di esercizio della clausola sociale, il calcolo dell'anzianità aziendale dei lavoratori ai fini della Cigs prescinde dalla mera durata dell'ultimo rapporto di lavoro

Ministero del lavoro

Risposta a interpello 22 gennaio 2021, n. 1

Adriano Majolino

Consulente del Lavoro

Rapporto di Lavoro / Cassa integrazione guadagni straordinaria cui talune fattispecie astratte sono state sottoposte, ha reso necessario affermare alcuni principi interpre-tativi in modo chiaro e con dovizia di particolari. Nel caso di specie, si è reso necessario chiarire, anche per gli stessi funzionari INPS e Ministero del lavoro, co-me ci si debba regolare nel caso in cui per un handler sia in corso una CIGS e per effetto della citata clauso-la sociale questo stesso soggetto debba assumere nuovi lavoratori proveniente dall’handler uscente. Ciò in quanto non risulta di immediata percezione il sod-disfacimento o meno dei requisiti essenziali disposti dai commi secondo e terzo dell’art. 1, D.Lgs. 148/2015. In altre parole, nel caso in cui un handler sia in corso di godimento di un periodo di CIGS e nelle more di tale periodo, in virtù di un subentro, detto handler ac-quisisca nuovo personale in conseguenza dell’eserci-zio della clausola sociale, a quali condidell’eserci-zioni si può ri-tenere soddisfatto il requisito soggettivo dell’anziani-tà di effettivo lavoro svolto, almeno pari a 90 giorni, previsto dal comma terzo dell’art. 1, D.Lgs. 148/2015, ai fini del godimento delle integrazioni salariali? La risposta del Ministero del Lavoro

In sede di analisi del quesito, il Ministero del Lavoro concorda sul fatto che nel caso di specie sussiste l’og-gettiva difficoltà di individuare la continuità di servi-zio nello svolgimento da parte dei lavoratori della specifica attività appaltata da un determinato com-mittente e ciò risulta potenzialmente foriero di rica-dute negative sulla possibilità di utilizzo dei tratta-menti di integrazione salariale in favore dei lavorato-ri interessati.

Ciò posto, riconosciuto il fatto che il problema na-sce dalla specifica regolamentazione in essere, la quale però è tale nel nobile scopo di garantire unifor-mità ed efficacia nella regolazione delle reciproche prerogative presenti all’interno del particolare conte-sto degli operatori di servizi aeroportuali, il Ministero

del Lavoro ha inteso rispondere positivamente al quesito formulato.

Acquisiti i pareri della competente Direzione Gene-rale degli ammortizzatori sociali e della formazione, nonché dell’Ufficio legislativo, il Ministero del Lavoro ha infatti chiarito che può ritenenrsi soddifatto il re-quisito dell’anzianità del lavoratore nell’attività ap-paltata, prendendo in considerazione il mero impiego del lavoratore nella medesima attività (e unità pro-duttiva) oggetto dell’appalto, a prescindere dalla spe-cifica azienda committente per la quale l’attività di

handling è stata espletata. Con la conseguenza che, ai

fini del rispetto del requisito di cui a comma 3, arti-colo 1, D.Lgs. 148/2015, per il settore dell’handling ae-roportuale è sufficiente che il dipendente sia stato impiegato nella medesima attività lavorativa (e unità produttiva) oggetto dell’appalto, a prescindere dalla specifica azienda committente per la quale tale attivi-tà è stata espletata. Ciò in quanto, una diversa inter-pretazione della disposizione, infatti, non terrebbe conto delle specifiche esigenze di questo settore pro-duttivo, con la conseguenza di penalizzare ingiustifi-catamente i lavoratori occupati.

Conclusioni

In modo più che altro ragionevole, il Ministero del Lavoro apre ad un’interpretazione semplice e sempli-ficata che consente ai lavoratori che hanno operato per un determinato handler, in una determinata atti-vità lavorativa ed unità produttiva, di poter conside-rare utili tali periodi di servizio ai fini della matura-zione del requisito soggettivo di anzianità minima di servizio (pari a 90 giorni) per poter beneficiare del trattamento integrativo salariale allorquando per ef-fetto della clausola sociale dovessero passare ad altro

handler che fosse nel periodo di efficacia di una CIGS

nella medesima unità produttiva e per le medesime attività lavorative. •

Rapporto di Lavoro / Cassa integrazione guadagni straordinaria

IL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Ministero del lavoro

Risposta a interpello 22 gennaio 2021, n. 1

Oggetto: Interpello ai sensi dell'articolo 9 del d.lgs. n. 124/2004. Applicazione degli articoli 1, 19 e seguenti del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 e successive modificazioni.

Si fa riferimento all'istanza di interpello presentata da co-desta Associazione in merito alla possibilità che una so-cietà del settore aeroportuale "handling" ottenga l'esten-sione della CIGS, già in corso per i propri dipendenti, an-che nei confronti dei lavoratori assunti dalla stessa società in occasione dell'aggiudicazione di un appalto di servizio, in applicazione della clausola sociale contenuta nel CCNL Trasporto aereo - parte speciale Handlers.

In particolare, con l'interpello in esame si rappresenta che il servizio di handling aeroportuale - diretto a forni-re ai vettori aeforni-rei un insieme di servizi di assistenza a terra - è oggetto di uno specifico affidamento da parte dei singoli vettori a società specializzate. Queste ultime, però, impiegano il personale di cui dispongono per lo svolgimento del servizio in favore di tutti i propri vetto-ri-clienti, in modo promiscuo. Con la conseguenza che in caso di cambio di appalto, ciò non consente di verificare con certezza se i lavoratori assunti dalla società appalta-trice subentrante, in applicazione della clausola sociale, siano stati impiegati con continuità, dal precedente ap-paltatore, nelle attività di assistenza allo specifico vettore committente.

Tale peculiarità dell'handling aeroportuale - che com-porta l'oggettiva difficoltà di individuare la continuità nel-lo svolgimento da parte dei lavoratori della specifica atti-vità appaltata da un determinato committente - potrebbe determinare ricadute negative sulla possibilità di utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale in favore dei lavo-ratori. Infatti, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148, possono essere destinatari di tali trattamenti i lavoratori che, alla data della relativa doman-da di concessione, vantino un'anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni presso l'unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento. Mentre il successivo

com-ma 3 chiarisce che, per i lavoratori che passano alle dipen-denze dell'impresa subentrante nell'appalto, l'anzianità si computa «tenendo conto del periodo durante il quale il la-voratore è stato impiegato nell'attività appaltata.».

Con l'interpello in esame, pertanto, si chiede di definire come si possa accertare il possesso del requisito dell'an-zianità di effettivo lavoro contenuto all'articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 148 del 2015, con particolare riferimento al contesto organizzativo del settore aeroportuale.

Al riguardo, acquisiti i pareri della competente Direzio-ne GeDirezio-nerale degli ammortizzatori sociali e della formazio-ne e dell'Ufficio legislativo di questo Ministero, si rappre-senta quanto segue.

Nel caso di specie, per lo svolgimento del servizio di handling in favore del medesimo vettore aereo nello stes-so scalo aereoportuale si stes-sono succedute due stes-società ap-paltatrici. E tuttavia, considerate le peculiari caratteristi-che di tali servizi, si può individuare un continuum in-scindibile tra l'attività precedentemente prestata dai lavo-ratori per l'appaltatore uscente e quella prestata, successivamente, dai medesimi per l'appaltatore suben-trante.

In tali ipotesi si può ritenere soddisfatto il requisito dell'anzianità del lavoratore nell'attività appaltata, pren-dendo in considerazione il mero impiego del lavoratore nella medesima attività (e unità produttiva) oggetto dell'appalto, a prescindere dalla specifica azienda commit-tente per la quale l'attività di handling è stata espletata.

Pertanto, ai fini del rispetto del requisito di cui al com-ma 3 dell'articolo 1 del d.lgs. n. 148/2015, per il settore dell'handling aeroportuale è sufficiente che il dipendente sia stato impiegato nella medesima attività (e unità pro-duttiva) oggetto dell'appalto, a prescindere dalla specifica azienda committente per la quale tale attività è stata espletata e, dunque, il possesso da parte del lavoratore in-teressato dello specifico "know-how" maturato presso l'appaltatore uscente.

Una diversa interpretazione della disposizione, infatti, non terrebbe conto delle specifiche esigenze di questo set-tore produttivo, con la conseguenza di penalizzare ingiu-stificatamente i lavoratori occupati.

Rapporto di Lavoro COOPERATIVE

L

a deliberazione relativa alla riduzione temporanea dei trattamenti economici inte-grativi e di forme di apporto eco-nomico da parte dei soci lavoratori

della cooperativa, prevista dall’art. 6, lettere d) ed e), legge n. 142/2001, è legittimata unicamente dalla temporaneità del piano di crisi endo-societario.

È questo l’insegnamento offerto dalla Corte di Cas-sazione come recentemente ribadito con la Sentenza n. 25631 del 12 novembre 2020 che offre lo spunto per una ricognizione sulla materia.

Sul rapporto di lavoro tra socio e cooperativa prima della sua regolazione sostanziale

Prima dell’intervento normativo operato dalla legge 3 aprile 2001, n. 142 [sulla “Revisione della legislazione in

materia cooperativistica, con particolare riferimento al-la posizione del socio al-lavoratore”], al-la qualificazione del

rapporto di lavoro tra socio e società cooperativa di produzione e lavoro1 ha sempre destato forte inte-resse da parte della dottrina senza tuttavia trovare un assetto definitivo ed una autonoma collocazione.

In assenza di una qualificazione della fattispecie ad opera del legislatore, dottrina e giurisprudenza aveva-no offerto interpretazioni spesso contrastanti in mate-ria, venendosi così ad alimentare la scarsa padroneg-giabilità di un fenomeno giuridico che, proprio per la mancanza di una regolamentazione propria, aveva cre-ato notevoli difficoltà operative per gli addetti ai lavori

generando, per ragioni diverse ma contigue, un note-vole contenzioso di natura lavoristica e previdenziale.

Del resto, dalla collocazione sistematica del rapporto tra socio-lavoratore e cooperativa sulla faglia tra lavoro subordinato e disciplina societaria discendevano, allo-ra come oallo-ra, le connesse problematicità riferite alla ge-nesi, manutenzione e risoluzione del (doppio) vincolo negoziale, oltre che ai derivati obblighi previdenziali.

Si erano formate così due essenziali opzioni inter-pretative, concentrate, da una parte sulla teoria mo-nista e, dall’altra su quella dualista2.

Con la prima, anche se con differenti sfumature, si affermava che l’attività lavorativa prestata dal socio a favore della società cooperativa di produzione e lavo-ro, trovando la propria genesi nel patto sociale per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente, non desse luogo ad un rapporto di lavoro subordinato sviluppandosi unicamente in ambito endo-societario in ragione della effettiva volontà di entrambe le parti. La prestazione lavorativa, in questa direzione, costi-tuendo adempimento del patto sociale (e dello scopo del consesso collettivo), sarebbe stata scevra dall’ap-plicazione degli istituti normativi e retributivi tipici del rapporto di lavoro subordinato in quanto, per tale assunto, irrilevanti in una simile situazione3. La

so-Cooperative, riduzione

Nel documento Guidaal Lavoro (pagine 31-34)