• Non ci sono risultati.

E TICA I: C AUSA SU

S PINOZA : L A DETERMINAZIONE UNIVERSALE

1. E TICA I: C AUSA SU

Abbiamo ricordato come la filosofia di Spinoza sia stata tradizionalmente riassunta con varie formule, ognuna delle quali ne restituisce i contenuti da un’angolazione differente, a seconda di quale punto d’accesso sia privilegiato: Dio (panteismo), l’unica sostanza (monismo), la natura (naturalismo), la ragione (razionalismo), ecc. Seguendo, tuttavia, l’ordine espositivo dell’Etica (ordine geometrico in senso genetico)1, la prima nozione che viene incontro è in realtà la nozione di causa, precisamente di causa sui: «Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica (involvit) esistenza, ossia (sive) ciò la

cui natura non può essere concepita se non esistente»2. Forse che il “dogmatismo” descritto da Kuno Fischer

sia la chiave del sistema spinoziano? E come si può far fronte all’obiezione di Nietzsche secondo la quale «il credere nelle cause coincide con il credere in τέλη (contro Spinoza e il suo causalismo)»3. Procediamo con ordine.

CA U S A D I S É, CI O È D I I N F I N I T E CO S E

L’idea che la filosofia tratti di causalità non è certo una novità: basti pensare al primo libro della Metafisica di Aristotele, che ad essa riconduce tutto il pensiero greco4. L’attività della causa prima è stata poi identificata, nel pensiero cristiano, con l’atto della creazione. In tale declinazione diventa essenziale la separazione tra causa ed effetto, ossia tra Creatore e creature, la quale è alla base dell’apparato teologico e morale elaborato dal cristianesimo: in esso i problemi riguardano il rapporto tra queste due istanze, pensate sin dall’origine come separate. Ciò è del resto conforme alla nostra concezione normale della causalità, in cui una causa e il suo effetto ci appaiono come distinti: il fuoco non è il fumo, la nuvola non è il lampo, il boccio non è il fiore. Il rapporto causale sembra inoltre produrre spesso resti durevoli o effetti autonomi, come nel caso della generazione, ed esaurirsi in un tempo circoscritto (quello della gestazione e del parto, ad esempio).

Spinoza riprende la tradizione “causalista”, ma la rovescia dall’interno, secondo il metodo che gli è proprio. La nozione di causa sui esclude precisamente la distinzione di causa ed effetto: l’effetto della causa è la causa e la causa dell’effetto è l’effetto stesso5. Il problema della comunicazione tra il

1 Cfr. in proposito F.AUDIÉ, Spinoza et les mathématiques, PUPS, Paris 2005, in part. pp. 83-102 (“La conception spinoziste

de la causalité des démonstrations mathématiques”).

2 B.SPINOZA, Opere, cit., p. 787 (De Deo, def. 1). «Il est significatif que le premier énoncé auquel est confronté le lecteur de

l’Éthique ait pour objet la causalité, dont le concept soutient de bout en bout la philosophie de Spinoza, qu’on pourrait présenter de manière générale comme un effort en vue d’expliquer toutes choses par leurs causes» (P. MACHEREY,

Introduction à l’“Éthique” de Spinoza. La première partie: la nature des choses, PUF, Paris 1998, p. 31). Come vedremo, è

possibile portare oltre questa sintesi di Pierre Macherey: la filosofia di Spinoza è lo sforzo di comprendere che le cose

sono cause.

3 F.NIETZSCHE, Frammenti postumi 1885-1887, cit., §2[83]. 4 Cfr. ARIST. Metaph. I 1-7, 980a-988b.

5 Hegel ha ben colto quest’aspetto: «“Causa di sé” è un’espressione importante; infatti, mentre noi ci immaginiamo che

piano di Dio e quello delle creature è in altri termini tagliato alla radice, per il semplice motivo che si dà un unico piano d’esistenza. L’esistenza non potrebbe essere ab alio neppure per ipotesi, perché non può essere concepita se non come esistente. Nell’esistenza si danno cause, ma l’esistenza è la causalità stessa. Nel lessico tradizionale: Dio non crea l’esistenza (cosa che non avrebbe senso), ma coincide con essa. Come ha notato Karl Löwith, con la nozione di causa sui Spinoza consegna agli scaffali della storia del pensiero l’idea di creatio ex nihilo6.

La filosofia non comincia immaginando il passaggio dal nulla all’essere, collocando l’origine in una qualche nebulosa anteriorità temporale. La filosofia s’interroga sull’origine logica dell’esistenza e comincia affermando la potenza d’esistere di ciò che esiste, l’infinita positività del mondo che accade nei suoi effetti7. Cominciare con la causa sui significa cominciare dal fatto, per così dire, che v’è

dell’esistenza e che quest’esistenza, sempre per così dire, fa qualcosa (non foss’altro che porsi come esistenza)8.

Se Spinoza apre l’Etica con la definizione di causa sui, è però vero che, nello sviluppo dell’argomentazione, essa non viene utilizzata fino alla proposizione 7. Le proposizioni precedenti muovono invece dalla definizione di sostanza: «Per sostanza intendo ciò che è in sé ed è concepito per sé, ossia

ciò il cui concetto non esige (indiget) il concetto di un’altra cosa, a partire dal quale debba essere formato»9. Se si tiene conto del fine a cui tendono le prime sei proposizioni, si comprende però facilmente la ragione di tale apparente “ritardo”. Esse rappresentano infatti una sorta di dimostrazione in negativo, mediata dalla nozione di sostanza, dell’identità di causa sui ed esistenza.

L’impossibilità di una causazione tra sostanze, sancita dalla proposizione 6 sulla base delle precedenti, è il risultato dell’argomentazione10. Senza ricostruire l’intera progressione, sia sufficiente

considerare come, affinché si dia causazione, deve esservi qualcosa in comune tra causa e causato (ad esempio, nei rapporti causali tra corpi, l’estensione)11; ma una sostanza non può aver nulla di

soltanto sé stessa, e quindi nel produrre toglie questa differenza. Il suo porre sé stessa come un altro è la caduta, e a un tempo la negazione di tale perdita: è questo un concetto veramente speculativo, anzi il concetto fondamentale d’ogni speculazione. La causa, nella quale la causa s’identifica con l’effetto, è la causa infinita […]: se Spinoza avesse svolto più in particolare ciò ch’è contenuto nella causa sui, la sua sostanza non sarebbe il “rigido” (das Starre)» (G.W.F.HEGEL, Lezioni

sulla storia della filosofia, a cura di E. Codignola e G. Sanna, La nuova Italia, Firenze 1964, p. 111).

6 Cfr. K.LÖWITH, Spinoza: Deus sive natura, cit., pp. 51-54. Sul significato storico del gesto spinoziano è utile richiamare la

bella sintesi data da Hans Blumenberg: «Das Mittelalter hinterließ eine Frage, die die Antike überhaupt nicht gekannt hatte; es hatte diese Frage gestellt, authentisch hervorgebracht, weil es auf sie eine Antwort zu besitzen glaubte – die Antwort schuf das Bedürfnis nach der Frage. Die Antwort war die überschwengliche Behauptung einer ständige, innigsten, radikalsten Abhängigkeit der Welt von Gott, der nicht nur ihr einmaliger Schöpfer, nicht nur ihr Regent und Verwalter, sondern „Erhalter“ im striktesten Sinne sein mußte. Beim konsequenten Ausbau dieser Antwort entstanden die dem Mittelalter höchst spezifischen Begriffe der creatio continua und des concursus divinus. Das Mittelalter zwingt sich gegen den Gesamtbestand seiner Rezeption antiker Metaphysik, das nihil gleichsam als den metaphysischen Normalzustand zu denken und die creatio ex nihilo als das gegen diese Normalität ständig durchzusetzende Wunder» (H. BLUMENBERG, Selbsterhaltung und Beharrung: Zur Konstitution der neuzeitlichen Rationalität, cit., pp. 156-157).

7 Sull’incipit dell’Etica cfr. C.SINI, Archivio Spinoza: la verità e la vita, cit., pp. 75-96 (“Il mondo”).

8 Wittgenstein all’inizio del Tractatus dice qualcosa di non dissimile: «Il mondo è tutto ciò che accade (alles, was der Fall

ist)» (L.WITTGENSTEIN,Tractatus logico-philosophicus, cit., §1).

9 B.SPINOZA, Opere, cit., p. 797 (De Deo, def. 3).

10 «Una sostanza non può essere prodotta da un’altra sostanza» (ivi, p. 790 – De Deo, prop. 6).

11 «Le cose che non hanno nulla in comune tra loro non possono essere l’una causa dell’altra» (ivi, p. 789 – De Deo, prop.

comune con un’altra sostanza, o non sarebbe in sé e per sé (come richiede invece la sua definizione). L’ipotesi che la sostanza sia ab alio la renderebbe “indigente” rispetto alla sua causa, il che è assurdo. Particolarmente interessante è notare come nell’argomentazione Spinoza mostri proprio che il rapporto causale non può essere inteso nel senso di una relazione tra “res distinctae” (evocate nella proposizione 4)12 e non possa dunque darsi separazione tra causa ed effetto: i poli della relazione

causale non sono concepibili come sostanze autonome.

La proposizione 7 – «Alla natura della sostanza compete (pertinet) di esistere»13 – può infine essere dimostrata a partire dal corollario della proposizione 6 – «Una sostanza non può essere prodotta da altro (ab alio)»14 – e dalla definizione 115. Essa esplicita dunque l’identità di causa sui e sostanza. Uno scolio collocato poco oltre chiarisce ulteriormente le implicazioni della proposizione 7, esplicitando la critica all’idea di creazione: solo per un giudizio confuso degli uomini può avvenire, infatti, che questi «attribuiscano alle sostanze un inizio (principium)»16. L’esistenza non ha un inizio, ma è eterna, come affermato già dalla definizione 817.

La proposizione 7 è richiamata a sua volta in tutte e tre le dimostrazioni dalla proposizione 11 – «Dio, ossia la sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita, esiste

necessariamente»18 –, la quale esplicita dunque anche l’identità di causa sui e Dio19. In Spinoza le dimostrazioni dell’esistenza di Dio diventano pertanto dimostrazioni dell’esistenza dell’esistenza. Esse assumono l’aspetto di una chiarificazione terminologica: Deus sive existentia, si potrebbe dire20.

Un altro passo in cui occorre la formula “causa sui” consente di chiarire ulteriormente questo concetto fondamentale: «In quel senso (eo sensu) nel quale Dio si dice causa di sé, deve anche dirsi causa di tutte le cose»21. Per Spinoza dunque dire che una cosa è causa di sé ha lo stesso significato

che dire che è causa di tutto. L’ente infinito è essenzialmente causa e non può non causare: non c’è nessun ozio divino che anticipa la creazione, né alcuna staticità della sostanza. Ma da una causa infinita seguono effetti infiniti e comprendiamo allora perché lo scolio della proposizione 25 (che in

12 «Due o più cose distinte si distinguono tra loro o per la diversità degli attributi delle sostanze o per la diversità delle

affezioni delle sostanze stesse» (Ibid. – De Deo, prop. 4).

13 Ivi, p. 791 (De Deo, prop. 7). 14 Ivi, p. 790 (De Deo, prop. 6, cor.). 15 Cfr. ivi, p. 791 (De Deo, prop. 7, dem.). 16 Ivi, p. 792 (De Deo, prop. 8, schol. 2).

17 «Per eternità intendo l’esistenza stessa (ipsam existentiam) in quanto è concepita seguire necessariamente dalla sola definizione di una cosa

eterna» (ivi, p. 788 – De Deo, def. 8).

18 Ivi, p. 795 (De Deo, prop. 11).

19 Cfr. Ivi, pp. 795-797 (De Deo, prop. 11, dem.). L’identità tra Dio, sostanza ed ente infinito è affermata già nella

definizione 6: «Per Dio intendo l’ente assolutamente infinito, ossia la sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime

un’essenza eterna e infinita» (ivi, p. 787 – De Deo, def. 6).

20 «Plutôt qu’elle ne démontre l’existence de Dieu, la proposition 11 fait comprendre que, cette existence étant

intrinsèquement nécessaire, elle n’a pas du tout besoin d’être démontrée: et l’on voit bien comment Spinoza ici retourne le topos traditionnel des preuves de l’existence de Dieu, en le ramenant à la thèse selon laquelle il y a du réel» (P. MACHEREY, Introduction à l’“Éthique” de Spinoza. La première partie: la nature des choses, cit., p. 100-101). Quest’aspetto non sembra invece colto appieno nella lettura di J.-L. MARION, Spinoza et les trois noms de Dieu, in R.BRAGUE, F.CORTINE (a cura di), Herméneutique et ontologie: mélanges en hommage à Pierre Aubenque, PUF, Paris 1990.

effetti è quasi una dimostrazione alternativa, un aliter) rimandi alla proposizione 1622. Essa recita: «Dalla necessità della natura divina devono seguire infinite cose in infiniti modi (cioè tutte le cose che possono cadere

sotto un intelletto infinito)»23. La dimostrazione rimanda alla definizione 6 che, come abbiamo visto, pone Dio come infinito24.

CA U S A L I B E R A, CI O È D E T E R M I N A T A

L’uso del verbo debere richiede però una certa cautela, perché sembra implicare un qualche tipo di obbligazione. Spinoza chiarisce nella proposizione successiva: «Dio agisce per le sole leggi della sua

natura e non costretto da nessuno»25. La dimostrazione si basa sul fatto che non v’è nulla al di fuori di Dio che possa costringerlo26. Più interessante per noi è però il secondo corollario, che consente di dare

una sintesi di queste prime considerazioni e apre a sviluppi ulteriori: «Segue in secondo luogo che soltanto Dio è causa libera. Dio solo, infatti, esiste per la sola necessità della sua natura (P11 e P14C1) e agisce per la sola necessità della sua natura (per la proposizione precedente). Perciò (Def7) Dio solo è causa libera. C.D.D.»27.

Il termine “solo” e il rimando al corollario della proposizione 14 – così come già la dimostrazione della proposizione 17 – fanno riferimento al filone argomentativo volto a dimostrare che Dio coincide con l’unica sostanza, sul quale non soffermiamo. Familiari ci sono invece il l’identificazione di Dio con l’esistenza (con il relativo rimando alla proposizione 11) e con la sua azione. Sulla base del percorso svolto possiamo anzi affermare: l’esistenza necessaria di Dio è la sua azione causale necessaria. Ma allora la necessità non rappresenta uno stato difettivo, come chiarisce meglio il rimando alla definizione 7. Essa recita: «Si dice libera quella cosa che esiste per sola necessità della

sua natura e che è determinata ad agire soltanto da sé stessa; necessaria, o meglio (vel potius), coatta, la cosa che è determinata da altro a esistere e a operare in una certa e determinata maniera»28.

Incontriamo, dunque, la nozione di determinazione. Essa appare, con una certa sorpresa, da entrambi i lati della definizione: anche la cosa libera (Dio, come già sappiamo) è determinata. Commenta efficacemente Filippo Mignini: «La nozione di libertà non si definisce mai per esclusione della determinazione, neppure in Dio»29. La libertà non ha nulla a che vedere con l’arbitrio, essa coincide invece con la necessaria estrinsecazione della propria potenza di agire. L’azione (la causazione) può accadere per determinazione propria o per determinazione altrui, ma non può non

22 «Questa proposizione si deduce (sequitur) anche più chiaramente dalla P16…» (Ibid.). 23 Ivi, p. 805 (De Deo, prop. 16).

24 Cfr. ivi, pp. 805-806 (De Deo, prop. 16, dem.). 25 Ivi, p. 806 (De Deo, prop. 17).

26 Cfr. Ibid. (De Deo, prop. 17, dem.). 27 Ivi, pp. 806-807 (De Deo, prop. 17, cor.). 28 Ivi, p. 788 (De Deo, def. 7).

accadere. Spinoza deve pertanto riformulare anche la nozione di necessità, che non è pensabile come semplice coazione. Essa coincide piuttosto con la libera esistenza e azione divina.

A partire dalla definizione 7 possiamo quindi declinare la determinazione in tre modi, che riecheggiano la polivocità del termine: 1) determinazione come relazione necessaria di causazione (determinazione della causa sui negli infinita infinitis modis)30; 2) determinazione come risolutezza nella

causazione (autodeterminazione); 3) determinazione come costrizione nella causazione (codeterminazione)31. Il primo senso di determinazione è comune ad entrambi i lati della definizione ed è condizione di possibilità per la discriminazione degli altri due significati. Altrimenti detto, utilizzando una terminologia che Spinoza introduce più in là nel testo: dev’esserci causazione perché si dia causazione adeguata o inadeguata (parziale, co-agente con altre cause). Anche in questo caso, non s’intende però un’anteriorità temporale: ogni causa esprime immediatamente un grado di adeguazione.

Prendendo atto della polivocità dell’idea di determinazione, possiamo anzitutto notare come ciò che normalmente s’intende con “determinismo” si limiti a intendere i processi causali nel terzo senso indicato. Senza essere errato in senso assoluto, esso comprende però la determinazione in modo parziale e inadeguato, ossia come predestinazione. Il determinismo spinoziano e, in generale, un determinismo che voglia essere filosoficamente ben formato, richiedono invece una nozione di determinazione più articolata: essa corrisponde ad una concezione della causalità che non è semplice meccanismo, ma potenza dell’esistenza.

In secondo luogo, notiamo come la possibilità di considerare la determinazione a partire da una pluralità di angolazioni consenta anche di chiarire l’apparente contraddizione tra questi passi dell’Etica e alcune lettere, in cui Spinoza formula la famosa identità di determinazione e negazione32. La determinazione è infatti negazione solo se considerata inadeguatamente, isolata dalla relazione necessaria con la causa sui33.

La nozione di determinazione interviene in altri due momenti iniziali del De Deo. Il primo introduce il concetto di finito: «Si dice finita nel suo genere la cosa che può essere determinata da un’altra della

30 Se Dio non fosse determinato a causare le cose, non esisterebbe: «Si en Dieu n’était donnée aucune détermination, ce

sont l’existence des choses et la sienne propre qui seraient remises en question» (P. MACHEREY, Hegel ou Spinoza, Maspero, Paris 1979, p. 179).

31 Sui differenti significati del termine “determinatio” in Spinoza cfr. P.MACHEREY, Hegel ou Spinoza, cit., pp. 175-180. 32 «Il determinato non denota nulla di positivo (nihil positivi), ma soltanto privazione di esistenza della stessa natura che si

concepisce come determinata» (B.SPINOZA, Opere, cit., p. 1400 – Lettera di Spinoza a Hudde, <giugno 1666>); «Questa determinazione non appartiene alla cosa secondo il suo essere; al contrario, essa è il suo non essere. Poiché [la figura] non è altro che determinazione e la determinazione è una negazione (determinatio negatio est), essa non può essere altro, come si è detto, che una negazione» (Ivi, p. 1421 – Lettera di Spinoza a Jelles, 2 giugno 1674). Sul confronto di Hegel con quest’aspetto della filosofia di Spinoza cfr. P.MACHEREY, Hegel ou Spinoza, cit., pp. 139-260 (“Omnis determinatio est negatio”).

33 «Déterminer une chose négativement, c’est la représenter abstraitement à partir de ses limites, en la séparant de Dieu

qui agit en elle, en tentant de lui adapter les normes formelles, purs êtres de raison, forgés par l’imagination […]. Déterminer une chose positivement, c’est au contraire la percevoir dans sa réalité physique, singulière, d’après la nécessité immanente qui l’engendre dans la substance, selon une loi de causalité qui est celle même par laquelle la substance se produit elle-même» (Ivi, p. 174).

stessa natura. Ad esempio, un corpo si dice finito perché ne concepiamo un altro sempre maggiore; così un pensiero è determinato da un altro pensiero. Ma il corpo non è limitato (terminatur) dal pensiero né il pensiero dal corpo»34. In

questa definizione Spinoza utilizza in effetti il verbo terminare, ponendo dunque l’accento sull’idea di limitazione. Essa aiuta a comprendere in modo concreto in cosa consista il terzo significato della relazione di determinazione: una sedia non può fluttuare perché confinata da altri corpi; né può conoscere la propria composizione chimica. Possiamo già dire che la nozione di finito è in realtà astratta, perché il finito non è in sé, né si concepisce per sé: se lo concepiamo solo come finito, lo intendiamo perciò solo parzialmente. In altri termini: anche il finito è, in un certo senso, infinito35.

Il secondo momento in cui interviene il concetto di determinazione esprime quello che Mignini presenta come un “principio di assoluta determinazione universale”: «Da una causa

determinata segue necessariamente un effetto; al contrario, se non è data alcuna causa determinata è impossibile che segua un effetto»36. L’assioma formula dunque in modo generale un’idea che abbiamo già visto espressa nella nozione di causa sui (che è a sua volta “causa determinata”): non c’è interruzione tra causa ed effetto. Il risvolto negativo, esposto nella seconda parte dell’assioma, può anche essere considerato come un compendio dell’argomentazione contro i miracoli.

L A CA U S A L I T À CO S A L E

L’introduzione delle definizioni e degli assiomi dell’Etica che riguardano la determinazione è necessaria per comprendere la seconda parte del De Deo. Le proposizioni 16 e 17 funzionano infatti come una cerniera tra due sezioni che corrispondono, per certi aspetti, alle prime due definizioni del libro (“causa sui” e “cosa finita”). In sintesi: la prima parte si occupa della sostanza, la seconda delle cose. Questa struttura è però astratta: le proposizioni-soglia mostrano infatti che la sostanza è le cose e che le cose sono la sostanza (sebbene non siano sostanze).

Come spesso accade nell’Etica, il transito tra le sezioni è segnalato da uno scolio, che riprende le varie argomentazioni sottolineandone la natura critica:

Altri pensano che Dio sia causa libera perché può far sì che le cose che abbiamo detto seguire dalla sua natura, cioè che sono in suo potere (potestate), non vengano a essere o non siano da esso prodotte. Questo equivale a dire che Dio può far sì che dalla natura del triangolo non segua che i suoi tre angoli siano uguali a due retti; oppure che da una causa data non segua un effetto, il che è assurdo […]. Hanno preferito stabilire che Dio è indifferente a tutto e che non crea altro al di fuori di ciò che ha decretato di creare con una certa assoluta volontà. Al contrario, penso di aver mostrato con sufficiente chiarezza (P16) che dalla somma potenza (potentia) o natura infinita di Dio sono fluite necessariamente, o seguono sempre con la stessa necessità, infinite cose in infiniti modi, cioè tutte le cose; come dalla natura del triangolo segue, dall’eternità e per l’eternità, che i suoi tre angoli sono uguali a due retti. Perciò l’onnipotenza di Dio è stata in atto dall’eternità e resterà nella sua stessa attualità per l’eternità37.

34 B.SPINOZA, Opere, cit., p. 787 (De Deo, def. 2).

35 «Toute détermination finie est aussi infinie, à la fois par la puissance infinie de sa cause immanente, qui est la

substance elle-même, et par la multiplicité infinie de ses causes transitives» (P.MACHEREY, Hegel ou Spinoza, cit., p. 192).

36 B.SPINOZA, Opere, cit., p. 788 (De Deo, ax. 2); cfr. anche ivi, p. 1628. 37 Ivi, pp. 807-808 (De Deo, prop. 17, schol.).

Anche l’onnipotenza divina subisce dunque quel peculiare trattamento a cui Spinoza